Un esperimento degli anni ‘60 ci spiega perché, spesso, ci sentiamo impotenti di fronte alla realtà

Nel 1967, lo psicologo e saggista Martin Seligman avviò degli studi sul concetto di “impotenza appresa”, dimostrando come le persone che sviluppano un senso di impotenza pervasivo e duraturo nel tempo siano accomunate dalla percezione che la causa degli eventi che li rendono impotenti sia poco controllabile o gestibile, e che intaccherà tutte le sfere dell’esistenza. Questa percezione ha effettivamente tutte le caratteristiche comuni al senso di impotenza e frustrazione che stiamo sperimentando oggi, e che ci fa credere di non riuscire mai a cambiare il corso della realtà.

Anche gli orologi rotti segnano l’ora giusta due volte al giorno, ma non Salvini

Salvini sembra non essersi accorto della sua caduta e continua a comunicare a un esercito di fedeli ormai convertiti da anni ad altri culti, perseguendo nell’azione che lo contraddistingue dall’inizio della sua avventura politica: essere costantemente, ineluttabilmente dalla parte sbagliata della Storia. Incurante delle ferite elettorali e di un ruolo sempre più marginale nel panorama politico italiano e internazionale.

“Unrelated” ci mette davanti alle possibili scelte che avremmo potuto prendere e non abbiamo preso

La potenza di “Unrelated”, esordio alla regia del 2007 dell’autrice inglese Johanna Hogg, sta nella ricostruzione della protagonista Anna alla ricerca di una casa, intesa come luogo interiore più che fisico. La sua permanenza in un casale in Toscana, ospite di un’amica d’infanzia che sta trascorrendo le vacanze estive in compagnia della famiglia, diventa la metafora di un’impresa che è faticosa per chiunque tenti di compierla: mettere radici, trovando rispecchiamento non solo in un particolare luogo del mondo, ma soprattutto nelle scelte che per mille diversi motivi ci hanno portato ad abitarlo.

Desideriamo solo che il mostro dentro di noi sia accettato e amato, come in “The Elephant Man”

Tutti noi vorremmo poter esistere senza la costante paura di doverci conformare a delle norme violente e parziali che soffocano la nostra identità. Solo spezzando questo incantesimo possiamo percepire quello stato di grazia e profonda stabilità che ci rimanda la storia di “The Elephant Man”, film del 1980 di David Lynch, che ci ricorda come ognuno di noi desideri che il mostro che ci portiamo dentro possa essere accettato e amato, nonostante tutto.

Il basso valore che l’Italia dà alla scuola si vede già dalla vita poco dignitosa dei docenti

Basta guardare le condizioni dei docenti negli altri Paesi europei per capire quanto quelli italiani siano schiacciati da stipendi bassi e disagi vari, come quelle dei precari che si ritrovano a dover insegnare tra due scuole diverse, talvolta addirittura in comuni diversi e distanti tra loro, con lo stress e le ulteriori spese che gli spostamenti comportano, oltre che costretti ad anni e anni di precariato e a spese esorbitanti per partecipare a continui concorsi e corsi di formazione. In Italia, i docenti, sono praticamente l’ultima ruota del carro.

Israele non tutela davvero diritti LGBTQ+ e donne. È solo marketing per giustificare la violenza.

L’operazione di rainbow e pink washing di Israele, che si racconta come l’unico difensore dei diritti LGBTQ+ e della parità di genere in Medio Oriente, è cominciata più di vent’anni fa, quando il governo contattò una delle più famose agenzie pubblicitarie americane, Young and Rubicam, per una consulenza di rebranding. Secondo le stime, “Brand Israel” sarebbe costata intorno ai 200 milioni di dollari. L’obiettivo era quello di rendere l’immagine di Israele all’estero meno legata alla religione e all’esercito e più cool e moderna.

“La ragazza con la pistola”, di Monicelli, non si piange addosso, ma ride guardandosi alle spalle

“La ragazza con la pistola”, film del 1968 di Mario Monicelli con Monica Vitti, è tra le pellicole che meglio mettono in scena non solo l’ironia senza pietà e la comicità tragica dell’universo monicelliano, ma anche la rappresentazione di una fase della storia d’Italia in cui la spinta verso la modernità e il progressismo sembravano voler dare davvero un nuovo volto al nostro paese.

Se mancano giovani per lavorare non è solo per salari e orari da fame, ma perché non ce ne sono più

Se a ogni stagione turistica i ristoratori e gli albergatori si lamentano della scarsità di personale non è solo per gli stipendi irrisori, gli orari infiniti e le posizioni spesso irregolari, ma anche perché in Italia a mancare non è tanto la voglia di lavorare, quanto sempre più proprio i giovani che possono farlo. Se vogliamo evitare il collasso economico e sociale dobbiamo cominciare ad affrontare sul serio la questione della denatalità.

Non sono poche le donne che denunciano, sono troppe quelle che pur facendolo vengono lasciate sole

Ogni volta che una donna muore per femminicidio, si alza il consueto coro di persone che credono di saperla lunga: “avrebbe dovuto denunciare”. Un coro di ipotesi, di verbi al condizionale, che crolla miseramente ogni volta – e purtroppo accade troppo spesso – che la vittima di femminicidio sia una donna che aveva sporto denuncia, rimanendo comunque sola nelle mani del proprio aguzzino. E allora ci si chiede cosa debba fare una donna vittima di violenza per ricevere aiuto e protezione adeguati.

Il meme sta sostituendo la vita di Berlusconi, cancellando gli aspetti più gravi della sua storia

Berlusconi, nell’ottica della destra, da martire della giustizia è diventato adesso una figura mitologica, un eroe dei nostri tempi. A sinistra, però, dovremmo conferire alla vita di Berlusconi una serietà che non riusciamo ancora a ottenere. Così, la sua condanna per frode fiscale e la sua conoscenza dei contatti di Dell’Utri con Cosa Nostra, stanno venendo cancellate dalla figura di “Silvio il buontempone”. Ma renderlo un meme è un errore.

Taylor Swift è la più amata e la più odiata da tutti. Ed è questa la sua forza.

Tra braccialetti dell’amicizia, organizzazioni militari per accamparsi fuori dagli stadi, biglietti che arrivano a costare migliaia di euro, è evidente che ridurre la carriera di Taylor Swift a un mero fenomeno adolescenziale è fuorviante. C’è qualcosa in lei che ha reso possibile una crescita così esponenziale, ed è molto probabile che tra le cause di questa esplosione mondiale ci sia il fatto che abbia saputo utilizzare così bene non solo le narrazioni a suo favore, ma anche, e soprattutto, quelle a suo sfavore.

Ti voglio bene Elly

Oltre che nei contenuti, Elly Schlein si differenzia da tutti gli altri politici anche nello stile e nel linguaggio: usa parole come “intersezionale”, ha fatto serenamente coming out in tv dicendo “sto con una ragazza e sono felice, finché mi sopporta”, e si fa riprendere mentre si scatena al Pride con una camicia fiorata. La sua sensibilità nell’aver colto il “bisogno di sinistra” nel Paese la rende la figura politica che più di tutte sta contribuendo a costruire una concreta alternativa alle destre.

Giorgia Meloni, fascipop

A differenza di Salvini e Renzi, Giorgia Meloni tenta di combinare la severità risoluta della vecchia politica con un linguaggio nazionalpopolare. Mentre Berlusconi puntava a costruire più che altro un immaginario, che di fatto ha realizzato, lasciandoci in eredità una subcultura difficile da estirpare, Meloni sfrutta a suo vantaggio i simboli di un universo pop, per accaparrarsi simpatia e autorevolezza, dissimulando l’estremismo più nero e autoritario del suo partito.

Dovremmo smetterla di stupirci per le gaffe degli studenti visto il livello della classe dirigente

In un Paese in cui il ministro della Cultura e altri esponenti della classe politica dimostrano di non conoscere alcune nozioni comuni di cultura generale, è inevitabile che i giovani smettano di dare valore alla scuola, all’istruzione e allo studio; non penseranno alla formazione culturale come a uno strumento indispensabile per progredire dal punto di vista sociale, semplicemente perché, in Italia, studiare non ti dà affatto questo tipo di garanzia o sicurezza.

La Francia ha scelto di restare antifascista

Anche se Macron e Jean-Luc Mélenchon si detestano e nonostante le differenze di vedute all’interno della stessa gauche del Nuovo Fronte Popolare, hanno deciso di evitare il peggio creando intorno alle elezioni una sorta di clima da “salviamo la nazione, poi si vedrà”. Ha funzionato. Che le opposizioni italiane prendano appunti.

Oggi consideriamo “sano” essere belli e impermeabili al dolore, come in “Crimes of the future”

L’attualità di “Crimes of the future”, pellicola del 1970 di David Cronenberg, di cui poi verrà ripreso il titolo nel 2022, sta nella descrizione di un’umanità ossessionata dallo stato del proprio corpo, che per essere definito “sano” deve risultare anche bello, vigoroso, apparentemente impermeabile al dolore e al cambiamento. Proprio questa esasperazione dell’ipocondria illude i personaggi di poter in un certo senso dimenticare le condizioni emotive disperate in cui l’umanità si trova, mentre tenta di sopravvivere in un mondo al collasso.

Dobbiamo sviluppare una nuova sensibilità comune verso ciò che significa vivere la montagna

Sempre più spesso capita di sentire accese discussioni tra gli amanti della montagna, e sempre più spesso, come ormai sembra accadere endemicamente in tutti gli ambiti di confronto, la dialettica diventa sempre più tranchant e polarizzata. Ciò che serve è una nuova visione che, basandosi su sensibilizzazione ed educazione, trasformi l’interpretazione di ciò che oggi consideriamo il vivere la montagna in un’ottica nuova e sostenibile. È in questo scenario che si inserisce il progetto Mountain Progress Lab di Audi.

Il terrore degli Stati Uniti per il socialismo condiziona ancora oggi l’intero pianeta

A noi europei probabilmente risulta difficile comprendere fino in fondo la politica statunitense. Altrimenti non ci stupiremmo di fronte a una corsa presidenziale tra un uomo che è, sentenze alla mano, ufficialmente un pregiudicato, e un altro che mostra i segni di intervenute difficoltà mentali. Se l’alternativa democratica resta ancora Biden, invece di puntare su Bernie Sanders o Alexandria Ocasio-Cortez è perché, non avendo smaltito del tutto il maccartismo, resiste un profondo terrore americano per il socialismo.

“Orlando, My Political Biography” è un invito a cambiare e a lasciarsi trasformare dal tempo

“Orlando, My Political Biography”, il primo film dello scrittore e filosofo Paul B. Preciado, riscrive un classico della letteratura mescolando stralci dell’omonimo romanzo di Virginia Woolf alle testimonianze di diversi Orlando attuali, cioè persone trans e non binarie, di diverse esperienze e generazioni. Un invito a lasciarsi sempre trasformare dal tempo, non essendo mai uguali a se stessi, e che ci riguarda tutti, essendo soggetti politici che potrebbero perdere da un momento all’altro ciò che davano per scontato.

Gioventù Nazionale è un orrore fascista, il Fronte della Gioventù peggio. Meloni ne ha fatto parte.

In queste settimane ha fatto clamore l’inchiesta di Fanpage “Gioventù Meloniana”, un affresco del sottobosco giovanile di Fratelli d’Italia, tra inneggiamenti al Duce, saluti romani, antisemitismo e razzismo. In passato, non sarebbe servito nemmeno infiltrarsi: le organizzazioni giovanili dell’MSI – e in parte anche di AN – avevano gli stessi ideali e non li nascondevano, né in piazza né con i media. In queste sono cresciuti esponenti dell’attuale governo.

“Great Freedom” ci ricorda che l’amore è l’essenza della natura umana, un atto di ribellione

Nel secondo dopoguerra, in Germania, centinaia di migliaia uomini furono condannati secondo il Paragrafo 175 del codice penale per aver avuto rapporti con altri uomini, passando direttamente dai campi di concentramento alle prigioni di Monaco o Berlino. “Great Freedom”, lungometraggio di Sebastian Meise vincitore del premio della giuria nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2021, ce ne ricorda la storia dimenticata.

“Festen”, di Vinterberg, non è fatto per intrattenerci ma per aprirci, in due o più parti

“Festen – Festa in famiglia”, film del 1998 scritto e diretto dal regista danese Thomas Vinterberg, ci trasporta in un mondo che davvero pare uscire dai nostri stessi occhi, come un’estrusione della realtà, facendoci entrare come testimoni nella vita di una grande e ricca famiglia danese. Il film si inserisce in quel filone di film che puntano la camera sui legami distorti delle famiglie, su quanto il nostro stare insieme generi rabbia, odio, invidie, sofferenze, umiliazioni, quasi spontaneamente, come una coltivazione di sentimenti negativi.

Sfruttare il cibo “tradizionale” per dividere ed escludere è l’ennesima strategia populista

Il valore identitario di cui è investita l’alimentazione è talmente forte da surclassare temi ben più pressanti della presunta invasione di kebab, tofu e insetti, come la crisi climatica e la salute. Buona parte di questi prodotti che oggi difendiamo a tutti i costi, infatti, non sono esattamente un toccasana e rappresentano, anzi, un retaggio di un’epoca in cui l’Italia scopriva il benessere economico e lo associava al consumo, prospettiva che sarebbe ora di superare.

La storia dei partigiani è di chi si oppose a rigide visioni ed educazioni. Come dovremmo far oggi.

Il regime fascista esercitò la sua influenza sulle nuove generazioni servendosi soprattutto di due strumenti, le organizzazioni giovanili e la scuola, mettendo in atto un vero e proprio esperimento di pedagogia politica di massa e chiamando i giovani a rifiutare qualsiasi forma di solidarietà con la generazione precedente. Molti, però, si rifiutarono, diventando partigiani e praticando una sana disobbedienza civile che dovremmo riscoprire anche oggi.

Sentirsi una nullità, a volte, è una grande lezione esistenziale. Come in “Ghost Dog” di Jarmusch.

“Ghost Dog”, di Jim Jarmusch, del 1999, ha riscritto il genere del gangster movie nel senso più profondo del termine. Attraverso la storia del protagonista, Ghost Dog appunto, affezionato al libro “Il codice segreto del samurai”, il film ci invita a immedesimarci in una nullità, perché anche se nella nostra cultura è sempre qualcosa di estremamente negativo, in realtà per millenni le filosofie orientali hanno sostenuto che il suo contrario, il sentirsi qualcuno, non sia altro che un fraintendimento, molto doloroso, per sé e gli altri.

L’autonomia differenziata è un suicidio collettivo. Renderà il divario tra Nord e Sud incolmabile.

L’approvazione definitiva dell’autonomia differenziata aumenterà notevolmente il divario tra Nord e Sud fino a renderlo incolmabile. Il regalo di Meloni all’ala leghista del governo è un suicidio collettivo, con cui il Meridione sarà completamente abbandonato, condannandolo a essere l’Italia di serie B.

Meloni, facciamo un gioco? O la va o la spacca. Se il referendum sul premierato non passa, si dimetta.

Questo è un appello, forse una sfida, sicuramente un messaggio su un tema che cambierà il futuro del nostro Paese. Giorgia Meloni, facciamo un gioco? Non c’è nessun agguato, è tutto trasparente. Lei porta avanti il suo progetto di premierato alla Camera e al Senato, che ha definito “la madre di tutte le riforme”, fino ad arrivare al referendum. C’è un unico dettaglio, ovvero la posta in gioco: in caso di sconfitta deve dimettersi.

“Kokomo City” rompe gli stigmi sociali mostrando senza filtri le vite di sex worker trans e nere

“Kokomo City”, il documentario d’esordio della cantautrice e produttrice musicale transgender D. Smith, racconta le storie di quattro donne trans nere, che vivono e lavorano come sex workers a New York e ad Atalanta: Daniella Carter, Koko Da Doll, Liyah Mitchell e Dominique Silver. Queste donne parlano della loro vita senza tabù, mostrando una visione estremamente lucida e consapevole del reale, molto di più di quella di cui per svariati pregiudizi il pubblico si crede portatore.

Sempre più città stanno vietando il fumo all’aperto. Servono però anche strategie a lungo raggio.

Sempre più città stanno vietando il fumo anche all’aperto – presso fermate dei mezzi pubblici, parchi, aree cani, cimiteri, stadi e code per uffici comunali e musei –, un segno di civiltà che contribuisce alla convivenza civile, considerati i danni del fumo passivo, e all’ambiente. L’efficacia di divieti proibizionisti e moralisti, però, è scarsa: servono strategie di lungo raggio che rendano il nostro Paese “smoking free” e permettano alle nuove generazioni di non acquisire questa abitudine.

“La pianista” ci costringe a confrontarci con gli abissi umani che nascono dalla solitudine

“La pianista”, il film del 2001 di Michael Haneke tratto dall’omonimo romanzo, con Isabelle Huppert e Benoît Magimel, racconta il compromesso rapporto con il mondo di Erika, dotata di un incredibile talento come musicista ma incapace di andare oltre, costretta a una vita di alienazione. I suoi desideri e le sue pulsioni represse ci costringono a confrontarci con la brutalità della solitudine senza alcuna via di fuga davanti alla violenza, sia carnale che psicologica.

In “Kinds of Kindness”, di Lanthimos, il limite tra nauseante e attraente è sempre più sottile

“Kinds of Kindness”, il nuovo film di Yorgos Lanthimos con Emma Stone, Willem Dafoe e Jesse Plemons, è un ritorno alle origini per il regista greco, che rende sempre più sottile il limite tra nauseante e attraente. La pellicola fa qualcosa di coraggioso e insolito per il panorama hollywoodiano contemporaneo, mettendo in scena una storia che può risultare respingente, fastidiosa o perturbante, ma anche molto accattivante.

Gli under30 votano a sinistra mentre FdI cresce. Per combattere le destre serve puntare sui giovani.

Il dato più interessante delle elezioni europee riguarda sicuramente il voto dei giovani. Sia gli studenti fuorisede che in generale gli under 30 italiani hanno infatti optato nettamente per i partiti che guardano a sinistra. In Italia, insomma, la Gen Z ha confermato di avere a cuore ambiente, antifascismo, giustizia sociale e inclusività. I discorsi polarizzanti fondati sulla dialettica amico-nemico, sul populismo da sagra e sull’intolleranza verso il diverso non sembrano aver attecchito come nelle generazioni più anziane.

Il dato principale delle europee è uno: destra e sinistra esistono ancora.

Il dato principale che emerge dalle elezioni europee, nonostante l’alto astensionismo italiano, è che destra e sinistra esistono ancora. Sono due blocchi che negli ultimi tre lustri hanno subito il tentativo di essere ridotti a entità astratte, retaggi ormai superati del Novecento, invece a perdere è stata proprio la post-ideologia del “né di destra né di sinistra”. L’ideologia è tornata a essere un valore preponderante, il tempo dell’adattamento è finito.

“Shakedown” è un viaggio sensoriale nel piacere libero

“Shakedown”, il primo documentario dell’artista e regista americana Leilah Weinraub, racconta ciò che succedeva durante una serie di feste fondate da e per le donne nere di Los Angeles con go-go dance e spogliarelli. Catapultandoci a cavallo tra gli anni Novanta e i primi Duemila, il film è un racconto onesto e complesso sulla libertà e la connessione umana, che non mostra la sessualità semplicemente per amore dello spettacolo, in modo voyeuristico, ma come mezzo per interrogare se stessi.

La nostra Costituzione è stata scritta per evitare governi come quello Meloni, che cerca di sabotarla

Giorgia Meloni è nata politicamente nel MSI e ha sempre definito Almirante il suo punto di riferimento politico. All’interno del suo partito ci sono parecchi elementi che non solo nel MSI erano figure di spicco, ma che tuttora continuano a collezionare cimeli del Ventennio. Può sembrare il prologo di una riflessione che gli elettori di destra minimizzerebbero con la frase: “La sinistra vede fantasmi ovunque”. Forse la lobotomia ha davvero fatto effetto: non ci sembra nemmeno troppo strano che abbiamo un governo neofascista sotto una costituzione antifascista.

“I dannati” ci mostra che spesso non siamo solo vittime o solo carnefici, ma molte cose nel mezzo

“I dannati”, l’ultimo film di Roberto Minervini, con cui ha vinto il premio alla miglior regia all’ultimo festival di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, si sviluppa intorno alla fede, religiosa e laica, a quante illusioni è possibile resistere e rialzarsi, cosa ci spinge a mettere in gioco la nostra stessa vita, ricordandoci che non siamo solo vittime o solo carnefici, ma spesso molte forme intermedie tra le due cose.

La Decima Mas la X la faceva sui cadaveri dei partigiani, non per votare

In vista delle elezioni Europee, a destra i candidati sembra stiano facendo una gara sul modo più deprecabile per istruire i propri elettori riguardo il modo di votare sulla scheda. Se la presidente del Consiglio Meloni ha chiesto di scrivere semplicemente Giorgia, come fosse un gioco, la Lega sta cercando di recuperare consensi andando più a destra di Fratelli d’Italia. Così, sia il generale Roberto Vannacci che la sottosegretaria Pina Castiello hanno tirato in ballo la Decima Mas, corpo militare alleato della RSI e dei nazisti che la X la incidevano sui corpi dei partigiani, non sulle schede elettorali.

È fondamentale interrogarci sul nostro rapporto col tempo per dare una direzione al nostro esistere

Il rapporto col tempo, e col modo che abbiamo di viverlo e percepirlo è davvero un punto fondamentale della nostra vita, e della contemporaneità. Per questo è fondamentale interrogarci quotidianamente a riguardo per imprimere una direzione alla nostra esistenza, alle nostre idee. In una realtà che scorre sempre più velocemente, serve allenare la nostra capacità di messa a fuoco. Non si può dire che il terzo summit di Tech.Emotion, “Frames / Fotogrammi: learning for future vision” non ci abbia aiutato a farlo.

“Gasoline Rainbow” racconta quel momento unico dell’adolescenza in cui possiamo essere ancora tutto

“Gasoline Rainbow”, il nuovo film dei Ross Brothers, presentato nella sezione Orizzonti della scorsa Mostra del cinema di Venezia, e disponibile da oggi su MUBI, mostra la libertà di non ragionare secondo ciò che sarebbe potuto essere, ma di ciò che potrebbe essere ancora, propria dell’adolescenza. Imparare a stare nel presente è uno dei mantra del diventare adulti, anche se forse nemmeno a diciassette, diciotto anni, lo si saprebbe davvero fare, perché si vive un tempo che è più che mai presente e futuro nello stesso momento, in continuo divenire.

Essere se stessi richiede un prezzo da pagare, ma la libertà è inestimabile. Come in “Rosalie”.

“Rosalie”, il nuovo film della regista e sceneggiatrice francese Stephanie di Giusto, nelle sale dal 30 maggio, affronta molti temi attuali, come i diktat estetici dei social, l’esigenza di trovare un capro espiatorio, l’incapacità di stare in relazione con l’Altro, ma ha a che fare soprattutto con due questioni diventate impellenti: l’amore, nel suo farsi bisogno, nell’esperienza di cosa implichi amare ed essere amati quando si è considerati dei mostri; e la libertà, non solo quella di essere se stessi, ma la libertà di poter creare se stessi in continuazione.

Solo analizzando i punti di cambiamento del passato e del presente possiamo creare un nuovo futuro

Il 2024 sarà un anno cruciale a livello globale: sono trascorsi circa 25 anni dallo scoppio della bolla di Internet, siamo alla vigilia delle prossime elezioni negli Stati Uniti, in Europa, in Inghilterra e in India, continuano i conflitti bellici e crescono quelli sociali, mentre la tecnologia ha raggiunto velocità inedite con conseguenze sulle nostre vite – intime e lavorative – ancora imponderabili. Per questo motivo è necessario fermarsi a ricordare, riconoscere ed esaminare i punti di discontinuità del passato e del presente che hanno fatto sì che il futuro cambiasse, così da costruirlo ancora al meglio.

Dobbiamo inserire l’educazione elettorale a scuola, oggi molti non sanno come funziona la democrazia

In questi anni c’è chi ha tentato di mettere in discussione il suffragio universale, portando avanti proposte su fantomatici esami per poter votare o patentini dell’elettore di vario genere. Ma il diritto di voto in uno Stato democratico è sacro. È però vero che una fetta sostanziosa dell’elettorato vota senza nemmeno sapere cosa sia una democrazia rappresentativa, cosa siano le liste e i collegi plurinominali o tutti gli altri meccanismi necessari per comprendere la funzione stessa del voto. La soluzione però non è restringere la cerchia degli elettori. Serve quindi considerare l’ipotesi di inserire l’Educazione elettorale come materia scolastica.

“Human Nature”, di Gondry, ci mette davanti ai nostri limiti, mostrando quanto siamo ridicoli

“Human Nature” – primo lungometraggio di Michel Gondry uscito nel 2001, che dà forma alla seconda sceneggiatura di Charlie Kaufman – ci mette davanti a tutti i nostri limiti, mostrandoci quanto siamo profondamente ridicoli e come abbiamo la presunzione di capire il mondo quando siamo perennemente sperduti nei meandri delle nostre stesse meningi, attraversati costantemente da stimoli che siamo incapaci di comprendere e di gestire.

L’ondata populista di estrema destra che ha travolto l’Europa è un danno enorme. Anche economico.

Gran parte del successo che il populismo di destra sta avendo, in Italia e in Europa, si deve alla disinvoltura con cui i leader di questa parte politica continuano a proporre ricette semplici per problemi complessi, dato che al confronto con la realtà queste stesse ricette si rivelano puntualmente sbagliate e quasi sempre inattuabili. Una strategia che funziona, com’è evidente, a livello propagandistico, ma le cui falle stanno diventando sempre più tangibili nei loro effetti negativi, sul piano ideologico, culturale, dei diritti, ma anche concretamente su quello economico, incrementando l’instabilità finanziaria in cui già versa l’Europa.

Molti giovani non votano perché la politica li ignora, così però non spezziamo mai un circolo vizioso

Alle prossime elezioni europee c’è in ballo il futuro delle nuove generazioni eppure secondo un recente sondaggio molti giovani non andranno al voto perché stanchi di una politica che li ignora e che non ha a cuore le loro priorità, come lavoro, scuola e ambiente. Così si innesca un circolo vizioso per cui la classe politica continuerà a ignorarli e loro continueranno a non votare. È tempo di spezzare questo ciclo infinito.

“Sick of Myself” racconta perfettamente il nuovo paradigma della nostra epoca: soffro, dunque sono.

“Sick of Myself”, del regista norvegese Kristoffer Borgli, disponibile su Mubi nella rassegna dedicata al Festival di Cannes, dove il film è stato presentato nel 2022, mettere perfettamente in scena il nostro costante bisogno di dipingerci come “vittime” – ideali, mai reali – per attirare l’attenzione altrui e ottenere successo, in tutto il suo essere grottesco. Un atteggiamento che nel quotidiano coinvolge soprattutto i social, dove il concetto di trauma è stato elevato per ottenere legittimazione.

Il socialismo è l’unica strada per ripartire a sinistra. Dobbiamo riabilitarlo.

L’Ulivo prima e il PD adesso hanno abbandonato le istanze socialiste perché in Italia erano ormai associate al pentapartito e a posizioni più centriste, se non a veri e propri scandali, e come conseguenza abbiamo smarrito quell’identità, a differenza di Spagna, Francia o Germania. Oggi dovrebbe invece esistere un socialismo universale, quello di Pertini, di una visione internazionale del futuro. La rivoluzione non può che essere socialdemocratica, anche se nella nostra sinistra di socialismo sembra che non ci sia più nemmeno l’ombra, ed è un peccato.

“Il giardino delle vergini suicide” è immortale

“Il giardino delle vergini suicide”, al contrario di altri film che raccontano l’adolescenza, più passano gli anni più rinforza il suo valore universale e astratto dal tempo. Ed è qui che risiede la differenza tra il racconto e la creazione di un’estetica, che parte da un lavoro di reinterpretazione di icone e topoi narrativi che prescindono dal periodo in cui prende luogo il racconto.

L’uso bellico dell’AI rischia di essere la nuova bomba atomica. E forse è già tardi.

L’uso bellico dell’intelligenza artificiale, sempre più utilizzata in guerra come dimostrano i casi dell’Ucraina e di Gaza, rischia di aprire una nuova guerra fredda: l’AI a sostituire la bomba atomica – del resto, la deterrenza non è una novità nella tattica militare. Il suo impiego mostra nuovi e sconcertanti scenari che devono prima di tutto sollevare riflessioni etiche, invitandoci a chiederci quante vittime innocenti siamo disposti a considerare solo “incidenti di percorso” nell’apprendimento della tecnologia.

Il grillismo si basava su un’idea che crea danni tutt’oggi: che ognuno di noi potesse essere un dio.

Il M5S, per lo meno quello al suo apice, ha un aspetto in comune con Forza Italia: essere un partito-azienda. Se per Forza Italia si trattava di un culto della personalità esistente solo in funzione del suo leader, il M5S ha invece dato vita a un culto più da setta, e gli adepti non venivano più pescati dalla televisione, ma dal web, sdoganando l’idea che il dio potessi essere tu, l’uomo qualunque.

“Monte di pietà”, in Fondazione Prada, ci mostra il debito come radice della società e del potere

“Monte di Pietà”, l’ultimo progetto ideato dall’artista svizzero Christoph Büchel negli spazi veneziani di Fondazione Prada, è indagine-voragine del concetto di debito come radice della civiltà umana e come veicolo primario con cui è sempre stato esercitato il potere politico e culturale. Grazie alla sua complessa rete di riferimenti spaziali, economici e culturali, la mostra ci attrae nei meandri di un inconscio, e ben presto, ci si accorge di non poter più tornare indietro.

L’Ue hai i suoi difetti ma è ancora il posto migliore dove vivere. E va difesa.

Da anni ormai ci lamentiamo per gli errori dell’Unione Europea e dell’Europa in generale ma, soprattutto in vista delle europee, forse dovremmo acquisire una visione più ad ampio raggio e renderci conto dei privilegi che abbiamo. In mezzo agli innumerevoli difetti, vivere in Europa infatti garantisce certe protezioni e certi vantaggi che né il blocco russo e orientale né quello americano hanno. Il tafazzismo contro il nostro continente dovrebbe essere sostituito da un senso comune di unità, da una consapevolezza maggiore delle conquiste storiche che abbiamo ottenuto e da una voglia di risolvere i problemi rafforzando l’Europa invece di indebolirla.

Il social freezing rischia di essere l’ennesimo modo capitalista per far soldi sull’ansia delle donne

Sempre più spesso, negli ultimi tempi, si sente parlare di “social freezing”, cioè la possibilità di congelare i propri ovuli per motivi sociali – che sia cambiare idea in futuro o l’assenza di politiche per la natalità nel presente. Diverse aziende hanno rapidamente intravisto gli enormi margini di guadagno di questo scenario, facendo appunto leva sulla fragilità delle persone, sul loro senso di vergogna, di inadeguatezza, e ultimo ma non ultimo sulla loro indecisione. Sembra che il capitalismo, dunque, trovi in questo modo il metodo per attingere alle risorse finanziarie, ed emotive, oltre che biologiche, anche di quelle donne che non vogliono essere madri adesso ma che, forse, potrebbero volerlo essere in futuro.

“Lo spacciatore” ci mostra che il costo che paghiamo per cambiare è fare i conti con noi stessi

“Lo spacciatore”, di Paul Schrader con Willem Dafoe e Susan Sarandon, è soprattutto un ritratto di insoddisfazione esistenziale, in cui l’assoluzione, la redenzione a quelle che pensiamo siano le nostre colpe, non è a portata di mano. C’è sempre per ognuno, però, una possibilità di cambiare. Il costo che paghiamo per farlo, impareremo, è prima di tutto un conto con noi stessi.

I complottisti del noncelodicono sono i primi a supportare Paesi dove non glielo dicono davvero

Sebbene l’analfabetismo funzionale riguardi ancora una cospicua fetta della popolazione italiana, adesso tra i cittadini c’è stata una sorta di maturazione digitale, è più facile stanare i complottisti e “non ce lo dicono” è diventato un meme. C’è però altro, e il paradosso finale consiste nel fatto che i principali esponenti del “noncelodicono” siano allo stesso tempo sostenitori di nazioni – spesso dittature liberticide – dove “non glielo dicono davvero”.

Facciamo gli anti-americanisti usando slogan, cultura e strumenti americani. È una ipocrisia.

L’antiamericanismo, che in questo periodo pulsa con una rinnovata veemenza, viene espresso con modalità bizzarre che spesso disorientano. Che vengano da destra o da sinistra, nel 2024 le proteste contro gli Stati Uniti hanno linguaggi e ideologie che abbiamo inconsapevolmente importato da loro. E non solo perché vengono propagandate da un un dispositivo probabilmente americano, scrivendo su un social americano, ripetendo concetti americani, ma questo perché si tenta di sconfiggere un sistema usando gli stessi codici da esso generati. In poche parole: siamo antiamericanisti con il mindset americano.

Isabella Rossellini, con i corti sul sesso animale, mostra che siamo animali più di quanto accettiamo

Se fossi ape, libellula, lucciola, mosca, mantide religiosa, lumaca, ragno, verme che forma avrei, e come questa forma entrerebbe in contatto con l’altro, entrerebbe nell’altro? Come farei sesso, o come farei l’amore, e perché lo farei, cosa mi piacerebbe? È a queste domande che, mescolando mondi onirici a una forma di divulgazione quasi infantile, Isabella Rossellini risponde con le serie di cortometraggi “Green Porno”, “Seduce me” e “Mammas”, in cui espande la sua – e di rimando la nostra – identità in una sorta di allegra perversione priva di giudizi.

“Una spiegazione per tutto” è il ritratto di un’Europa spaccata in due, incapace di comunicare

“Una spiegazione per tutto”, la nuova pellicola del regista ungherese Gábor Reisz, presentata alla 80° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ha vinto il premio Orizzonti come miglior film, recupera la funzione politica del cinema mostrandoci un’Europa divisa e incapace di confrontarsi. È una polarizzazione affettiva, più che ideologica, determinata non tanto dalla condivisione di idee e progetti, quanto da un sentimento di avversione totale per la parte opposta che ci impedisce di trovare punti in comune.

Per arginare gli antiabortisti è ora di eliminare dalla legge 194 l’obiezione di coscienza illimitata

Il processo che ha portato la legittimazione delle associazioni antiabortiste nei consultori da parte della destra arriva da lontano ed è stato testato con successo dalle amministrazioni locali prima di essere esteso a livello nazionale. Di fronte alle critiche, il governo si è sempre difesa richiamando la legge 194/78. L’unico modo per arginare questo fenomeno sarebbe proprio modificarla, però, rendendola una legge che si occupi esclusivamente di garantire l’accesso all’IVG e che non preveda più l’obiezione di coscienza illimitata.

I postumi della guerra persistono in chiunque l’abbia vissuta, come in “Allucinazione perversa”

I film che raccontano l’esperienza dei soldati che hanno vissuto in prima persona la guerra in Vietnam sono molti, a riprova della centralità di questo fatto storico nella coscienza collettiva statunitense. In “Allucinazione perversa”, film cult degli anni Novanta di Adrian Lyne, la rappresentazione di ciò che è stato il Vietnam passa attraverso non solo il conflitto sul campo, ma soprattutto l’impossibilità del suo superamento una volta finito, in un sempre più labile confine tra incubo e realtà.

Un’opposizione incapace di far sentire la sua voce è complice dei disastri governativi

Quando Giorgia Meloni prese il potere, il timore era che ci trovassimo di fronte alla sciagura di avere all’orizzonte il peggior governo possibile ma era stato sottovalutato il fenomeno che consiste nella simultaneità di ben due piaghe: un pessimo governo accompagnato da una pessima opposizione. La conseguenza di questa combinazione è l’impossibilità del nostro Paese di stare al passo coi tempi, a seguire la velocità delle nazioni che inevitabilmente aumentano il loro peso decisionale rispetto al nostro. Meloni può far credere che l’Italia conti qualcosa a livello internazionale, ma non è così. E un’opposizione incapace di far sentire la sua voce è complice dei disastri governativi.

Le nostre azioni sono un riflesso del mondo, e viceversa. Serve essere consapevoli del loro impatto.

Le autovetture per certi aspetti sono un ambito molto vicino all’architettura. Sono oggetti, ma anche spazi, che ci accolgono, proteggono e grazie ai quali possiamo spostarci liberamente, vivere nuove atmosfere, fare nuove esperienze. Con “Reflaction”, l’invito di Audi è a riflettere sul nostro agire, sulla consapevolezza che abbiamo delle conseguenze del nostro vivere su tutto ciò che ci circonda, che possiamo sviluppare anche un passo alla volta, un settore alla volta, mantenendo però gli occhi fissi sull’immagine riflessa che ci viene restituita.

La Spagna ha compreso che la sinistra, per essere tale, deve essere davvero progressista. Noi no.

Guardando alla Spagna e alle azioni messe in atto prima da Zapatero e poi da Sanchez insieme al Psoe, sarebbe davvero il caso che il PD prendesse spunto dalla loro evoluzione politica per colmare parecchie delle nostre lacune. Tra salario minimo, riduzione dell’IVA su pannolini e assorbenti, diritti LGBTQ+, aumento dei contratti a tempo indeterminato e “contributo di solidarietà” da parte dei più ricchi, in Spagna la sinistra sta facendo davvero la sinistra, e non si comporta come da noi come un suo sbiadito palliativo.

Per plasmare il futuro serve riflettere sulle nostre azioni e le loro conseguenze, come “Reflaction”

Da sempre l’essere umano si interroga sul significato più profondo e sulle dinamiche del suo agire. L’agire infatti è qualcosa che ci determina talmente tanto, e così costantemente, da sovrapporsi al nostro senso di identità più intimo. Agire è diventato uno dei verbi fondamentali per raccontare l’impegno e la direzione assunta ormai da anni da Audi, co-producer assieme ad Interni del Fuorisalone. E quest’anno, in occasione della Design Week di Milano, questa parola torna a informare il concept dell’Audi House of Progress nel cortile storico del Portrait Milano.

La Lombardia è la California d’Italia: ricca e inarrivabile.

La Lombardia è la locomotiva d’Italia. Questa frase la sentiamo da anni e, seguendo i parametri economici, non può essere smentita. Il paradosso del capitalismo però è che la ricchezza di una città, di una regione o di uno Stato non equivale sempre a una miglior qualità della vita. Tra canoni d’affitto alle stelle, sanità sempre più privatizzata e costi inflazionati, la Lombardia si trova di fronte a una verità inconfutabile: è diventata ricca, aspirazionale ma inarrivabile.

“La canzone della Terra” ci spinge a confrontarci con la misura del nostro vivere

“La canzone della Terra”, l’ultimo film, un documentario, della famosa regista norvegese Margreth Olin, prodotto nientemeno che da Liv Ullmann e Wim Wenders, nelle sale dal 15 al 17 aprile, è un film sui luoghi in cui ci sentiamo a casa, i posti delle radici, che ci hanno cresciuti e nutriti, che hanno dato forma alla nostra identità. Scandito dal lento susseguirsi delle stagioni e dei cambiamenti che esse portano con sé, nell’ambiente così come nella fauna e nella flora, nel nostro corpo e nella nostra mente, il film fa emergere con delicatezza il tema della direzione, e dell’intenzione, della nostra prospettiva esistenziale. Della maniera di trovare la rotta e di agire di conseguenza.

Siamo sempre più le comparse della nostra vita, non protagonisti, immobili davanti a ciò che accade

Oggi tendiamo a rispecchiarci sempre più di rado nel ruolo di protagonisti, capaci di rispondere efficacemente a ciò che accade, percependoci invece sempre più come delle comparse paralizzate, che assistono inermi al costante restringimento del proprio campo d’azione. In questo stato di “ipertrofia emotiva” non sappiamo più collocare su una scala di grandezza paure ed emozioni negative, che ci sembrano insormontabili. In uno scenario dove ogni evento è un’emergenza, però, nulla finisce per esserlo davvero.

Tra mental coach, guru ed esperti social, il marketing sta diventando l’inganno più abusato del web

Il culto del successo, proprio del capitalismo neoliberale, e il marketing da salotto, con i suoi inglesismi e le sue formule a effetto simili a quelle dei film Blockbuster, sono sempre più inflazionati da sedicenti guru, mental coach ed esperti che propongono facili formule per farsi notare e avere fortuna. Il loro proliferare testimonia in che misura questo indottrinamento culturale abbia inquinato il nostro modo di interpretare il concetto di realizzazione personale e di successo.

“How to Have Sex” mostra come l’impatto con la sessualità, per tante ragazze, sia spesso violento

La scoperta del sesso, per quanto un impulso universale più o meno per tutti, non è detto che sia sempre un’esperienza semplice e spontanea. Anzi, l’ansia che questo momento arrivi, la preoccupazione di essere indietro rispetto ai propri coetanei, la fretta o il sovraccarico emotivo che si riversa nelle aspettative, fomentate anche da una mitologia cinematografica e televisiva, possono contribuire a renderlo una prova tutt’altro che piacevole, per non dire traumatica. È di questo che parla “How to Have Sex”, film della regista inglese Molly Manny Walker disponibile da oggi su MUBI.

“Priscilla”, di Sofia Coppola, racconta due solitudini opposte ma convergenti: Elvis e Priscilla.

“Priscilla”, il nuovo film di Sofia Coppola, racconta le infinite attese, la noia e le sofferenze che hanno segnato l’amore di Priscilla per Elvis Presley. Tanto il movimento frenetico e ossessivo fa da perno alla storia di lui, quanto l’immobilità e la vacuità lo fanno a quella di lei. Priscilla ed Elvis, infatti, vivono insieme una dimensione esistenziale opposta ma convergente nel paradosso della solitudine, nonostante abbiano tutto quello che desiderano.

Per Pino Pascali l’arte era soprattutto un amuleto per esplorare un modo diverso di essere se stesso

Pino Pascali, tra i massimi esponenti dell’arte povera postbellica italiana, attivava le sue opere, ci parlava, ci giocava, ci entrava, le usava come oggetti di scena, amuleti che lo traghettavano in un altro regno e contesto, in cui poter esplorare un modo diverso di essere se stesso, o meglio una sfaccettatura del suo essere se stesso: missili, costumi, cilindri, sagome stilizzate, reti, trappole, piedistalli, rivoltelle, enormi sezioni di animali, ossa di dinosauri. La grande mostra di Fondazione Prada, aperta fino al 23 settembre, declina la breve eppure ricchissima parabola di questo artista in maniera esaustiva.

“Il mio amico Robot” ci ricorda che l’amicizia, spesso, significa anche saper convivere con il dolore

“Il mio amico Robot”, di Pablo Berger, è come un invito. Ci dice di osservare con calma le scene, di concentrarci sulle cose più piccole, e poi ci chiede di credere. È un film animato che cerca la complicità dei sentimenti e della visceralità spontanea delle emozioni prima ancora che il sostegno degli occhi. In questo modo ci parla di temi complessi come la sofferenza, il lutto e il sacrificio senza farci perdere di vista la meraviglia che deve regalare ascoltare una storia.

Uomini e donne della Gen Z hanno idee politiche e visioni del mondo sempre più contrapposte

Secondo un’analisi dell’Economist, che ha comparato dati provenienti da 20 nazioni ricche, tra cui l’Italia, i giovani uomini stanno diventando sempre più conservatori, mentre le giovani donne sempre più progressiste. Molti uomini, infatti, pensano che la società li discrimini e li punisca “per il solo fatto di essere uomini”.

“Il teorema di Margherita” racconta il tentativo di confrontarsi con l’infinito e addomesticarlo

“Il teorema di Margherita”, nelle sale italiane dal 28 marzo, racconta la matematica come un’immensa fase maniacale, una dimensione in cui si vive agli estremi del dominio della neutralità, nel bene e nel male, è la passione a muoverla, sia essa felice, sia triste. È qualcosa di molto simile a uno sforzo agonistico, fisico. Una brama fatta di notti insonni, pranzi frugali, alienazione, isolamento, pulsione ossessiva verso un oggetto. Margherita ha un solo obiettivo: risolvere la congettura di Goldbach, confrontarsi con l’infinito e possibilmente addomesticarlo, comprenderlo.

Depuratori di lusso e immobili all’avanguardia: anche l’aria è un discrimine tra ricchi e poveri.

Secondo una recente indagine, nei quartieri di periferia, in cui le case costano meno ma passano le tangenziali, c’è meno verde, maggiore densità abitativa e un’età media più alta, il tasso di decessi per inquinamento dell’aria è più alto che in centro. Per una serie di ragioni, geografiche ma anche e soprattutto di potere d’acquisto – lussuosi impianti di depurazione e case dagli infissi sigillati non sono alla portata di tutti – anche l’aria sta diventando un significativo fattore di disuguaglianze.

“Anatomia di una caduta” mette profondamente in crisi la nostra capacità di definire ciò che è reale

“Anatomia di una caduta”, disponibile da oggi su MUBI e vincitore dell’Oscar per miglior sceneggiatura originale e della Palma d’oro al Festival di Cannes, ci mostra ancora una volta come i due strumenti principali dell’agire e del percepirsi umano siano limitati: il nostro sguardo infatti è fallace, ed è ben lungi dall’essere uno strumento scientifico e affidabile; e il nostro linguaggio, allo stesso modo, invece che aiutarci a comprendere e a discernere nella maggior parte dei casi non fa che allontanarci ancora di più dalla realtà delle cose, facendoci credere che la nostra interpretazione della realtà sia la realtà, sia la verità e non semplicemente “una cosa vera”.

Le opportunità non sono uguali per tutti, per le donne il cammino verso la parità è ancora un labirinto

Si sente spesso dire che le donne sono il futuro del nostro Paese, o meglio, di qualsiasi Paese. Eppure, al momento nessun Paese al mondo raggiunge la piena parità di genere, nemmeno l’Italia, che ha perso 16 posizioni. Ciò significa che ci troviamo di fronte a un complesso sistema di ingiustizie sistematiche a vari livelli e di varia natura, ma costantemente presenti, che le donne devono subire e che rende la strada per la parità ancora un labirinto senza uscita.

“Mulholland Drive”, di Lynch, gioca sull’identità e sull’illusione che guidano la nostra esistenza

“Mulholland Drive”, film cult di David Lynch del 2001, fin dall’inizio gioca tutto sull’identità e sull’illusione che guidano la nostra esistenza. Nella pellicola, il regista mette a tema tutti i topoi della riflessione filosofica sul teatro, e quindi sulla maschera; sull’aderenza a un Io; sulla sua poliedricità e frattura; su come questo sentimento di identità si innesti in un corpo, sia un’esperienza fisica, ma al tempo stesso una sorta di allucinazione mentale; su come gli altri a loro volta ci vedono, ci ri-conoscono, ci identificano.

“Estranei” racconta tutta la bellezza e il dolore di ricordare un passato che vorremmo presente

“Estranei”, di Andrew Haigh, è senza ombra di dubbio un film sulla morte, sull’amore e sulla solitudine. Sono questi i temi centrali che affrontano i due protagonisti, Adam e Harry, interpretati da Andrew Scott e Paul Mescal, ma sebbene siano fondamentali, non sono tutto ciò che colpisce di più. La pellicola mescola infatti i piani della vita e della morte attraverso le immagini per far vivere un passato che vorremmo fosse il presente.

Tra scienza e mito, la corsa alla longevità è uno dei dibattiti urgenti del nostro presente

Il nostro tempo sulla terra è limitato, anche se nell’ultimo secolo grazie allo sviluppo della scienza e della tecnologia e, in parallelo, dell’innalzamento della qualità della vita e del benessere globale delle persone, la nostra aspettativa di vita si è dilatata enormemente. Il tema della longevità, soprattutto in un Paese come l’Italia, tra i più vecchi del mondo, è un tema fondamentale non solo a livello filosofico e antropologico, ma ancor di più a livello socio-economico, perché va a toccare una serie di ambienti rilevanti e interconnessi, come il lavoro, le pensioni, le città, la questione di genere, l’ambientalismo. Dialogare su come invecchiare bene e sul prolungamento della vita è sempre più urgente. Fino al 27 marzo, per farlo, a Milano c’è il Milan Longevity Summit, con oltre quaranta incontri gratuiti e sessanta scienziati di fama mondiale.

Meloni e Salvini continuano a lamentarsi dei problemi d’Italia come se non fossero loro al governo

Salvini e Meloni continuano a parlare dei problemi dell’Italia come se al potere ci fosse un’entità sconosciuta che per dispetto o incapacità non è in grado di risolverli, e non loro. A questo si aggiunge una pratica cara alla maggioranza: screditare non soltanto l’avversario politico, ma pure gli elettori che hanno votato a sinistra o che in generale non hanno votato la destra. Il problema è che abbiamo al governo delle forze politiche che ancora non si sono accorte di non essere più all’opposizione.

La transizione ecologica va accelerata ma non può avvenire nel solco del colonialismo

Tra inquinamento e sfruttamento dei lavoratori e delle aree meno ricche per l’estrazione dei metalli necessari alla transizione ecologica, al momento l’azione globale per la transizione ecologica non sembra in grado di garantire la giustizia sociale. Per rendere equa la filiera di questi minerali cruciali servono maggiori regolamentazioni, accordi internazionali e una vigilanza che garantisca il rispetto dei diritti dei lavoratori. Senza tutele, infatti, non si farà altro che alimentare nuovamente azioni colonialiste che renderanno le azioni per la sostenibilità nient’altro che giardinaggio.

Trump di nuovo candidato presidente è il paradosso di un Paese dove si comprano armi al supermercato

Fa quasi impressione, ma dopo quattro anni Trump sarà di nuovo il candidato dei repubblicani, considerando che alle primarie sta sbaragliando tutti. E sfiderà di nuovo Biden. È uno dei tanti cortocircuiti di una nazione dove è possibile comprare in un supermercato un’arma da fuoco ma non un Ovetto Kinder, in quanto considerato “pericoloso per i bambini”. Questo, nonostante l’ex presidenta debba affrontare quattro processi, tra i documenti classificati trovati nella sua residenza a Mar-a-lago e i tentativi di ribaltare la sconfitta del 2020.

Le aesthetic social non sono una forma di libertà ma l’ennesima scelta di modelli a cui adeguarsi

L’ossessione della cultura di Internet per le aesthetic, parcellizzate in categorie sempre più specifiche, ha a che fare con quella che è stata ormai riconosciuta come la morte delle sottoculture. Questa metamorfosi da corpo a core si realizza necessariamente nel capitalismo: per abbracciare una aesthetic non basta esistere, ma bisogna anche consumare tutto ciò che è legato a quella specifica core: acquistare l’abbigliamento adatto, leggere i libri giusti, persino sottoporsi a interventi di chirurgia plastica per avere il naso alla Barbiecore. Così, più che un innocente trend social, diventa l’ennesima imposizione a modelli culturali a cui adeguarsi.

“Tokyo Sonata” ci mostra che non siamo ciò che siamo stati ma ciò che decidiamo di diventare

“Tokyo Sonata”, il film del 2008 di Kiyoshi Kurosawa, disponibile da oggi nella rassegna “La luce giusta: Le direttrici della fotografia” su Mubi, è una storia familiare che porta alla luce importanti tematiche sociali della società giapponese, e non solo, come l’alienazione giovanile nelle periferie delle grandi città, la violenza domestica, l’epidemia di suicidi, la mancanza di comunicazione, ma anche i danni profondi di una struttura sociale fondata sul patriarcato, estremamente rigida e castrante.

“Los colonos”, o dell’abitudine a cancellare la Storia scomoda a noi occidentali

Alla fine del XIX secolo, nella Terra del Fuoco, la popolazione indigena dei Selk’nam venne sterminata dai coloni cileni ed europei, per occuparne le terre. Eppure, nonostante la sua brutalità, l’avvenimento è stato a lungo dimenticato tra le pagine di storia. Recuperandone i fatti reali e mescolandoli con la finzione, “Los colonos”, vincitore del FIPRESCI al Festival di Cannes, porta in scena la doppia natura della violenza colonialista, fisica e culturale, creando un racconto senza alcuna redenzione.

Le big tech ci stanno costringendo a ribaltare il principio base della cultura di internet: la libertà.

La regolamentazione di internet è una questione considerata complessa ma, almeno in Europa, sta diventando apparentemente banale. Negli ultimi tempi gli sforzi dell’UE per regolamentare l’operato delle Big Tech sono stati molti e il culmine è il pacchetto di leggi entrato in vigore definitivamente pochi giorni fa. Il prezzo da pagare per queste tutele, però , è stato il ribaltamento del principio da cui nasce la stessa cultura di internet: la libertà dalle regole dello stato.

Come i social hanno sdoganato la mitomania

Sui social abbiamo sdoganato la mitomania, superandone il senso clinico e facendola entrare a pieno titolo nella normalità, in ciò che consideriamo buon senso. Così tutti siamo convinti che la ragione sia la nostra, di essere gli unici a informarsi correttamente, di non poter sbagliare mai. Ci facciamo carico cioè di un immenso sapere che, pur non sapendo gestire, ci sentiamo in dovere di trasmettere alla nostra bolla per sentirci speciali e unici. Un giorno esperti di geopolitica, quello dopo di virologia, poi di tennis. Il pensiero che tutti abbiano un piedistallo, però, equivale alla realtà in cui nessuno lo possiede. Ed è questa la vera, nuova frontiera dell’ottusità inconsapevole.

La costruzione della pista da bob a Cortina è la metafora perfetta del nostro rapporto con la natura

Vedere le seghe elettriche abbattersi su centinaia di alberi di Cortina d’Ampezzo per fare spazio alla nuova pista da bob per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, nonostante non ve ne fosse alcun bisogno e probabilmente sarà usata solo poche volte, dimostra che pur vivendo nel pieno della crisi climatica continuiamo a considerare l’ambiente solo come una risorsa da sfruttare. Dovremmo porci degli interrogativi sulla nostra incapacità di fruire di un luogo se non antropizzandolo e sulla nostra spinta a trasformare l’ambiente incontaminato in un parco giochi come unico modo per apprezzarlo.

È nota la banalità del male molto meno quella del bene, “La zona d’interesse” lo mostra perfettamente

Ne “La zona d’interesse”, di Jonathan Glazer, tutto l’orrore è nascosto da una prospettiva di alterità; non vederlo però non significa nasconderlo. Con la storia della famiglia di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, l’estetica realista e scarna dentro cui è incorniciata e il rumore di sottofondo che evidenzia il cortocircuito tra bene e male, la pellicola riesce a rimetterci davanti agli occhi non solo un ritratto indimenticabile, ma un monito sull’indifferenza asettica che ancora oggi spesso vediamo di fronte alla sofferenza altrui. È la banalità del bene, infatti, quella che sembra percepirsi, più che la banalità del male; un bene intimo e quotidiano, espresso senza ostacoli né dubbi, con piena coscienza di ciò che prendeva luogo in uno spazio connotato dal male diffuso in ogni suo centimetro.

L’unica violenza di Pisa è quella dei poliziotti. Serve un governo responsabile e codici identificativi.

Le reazioni della destra alla violenta repressione delle forze dell’ordine della manifestazione di studenti a Pisa non fanno che dimostrare un pressappochismo che affonda le sue radici nell’ideologia, ricordando un po’ il berlusconismo, quando tutti i contestatori erano dei poveri comunisti. Oggi sono dei presunti violenti spalleggiati dalla sinistra. Per la destra, infatti, il dissenso è sempre una depravazione, una falla nel sistema che prevede un complotto, un pericolo da arginare, con le cattive. Il mancato esame di coscienza dopo questi episodi vergognosi, però, appare come il marchio d’infamia di un governo estremista e liberticida. È ora di porre fine all’impunità delle forze dell’ordine, ogni agente deve avere un codice identificativo esposto in modo ben visibile sulla divisa.

Chiediamo agli uomini di cambiare ma poi non accettiamo che non siano più “quelli di una volta”

Mentre parliamo sempre più spesso, e a ragion veduta, della necessità di raggiungere la parità di genere, la sensazione è che nei discorsi pubblici mainstream le trasformazioni dei concetti di femminilità e mascolinità non abbiano ancora la stessa rilevanza. Se cioè la conquista di una maggiore indipendenza femminile – seppur, purtroppo, non ancora consolidata – viene giustamente vista come un traguardo, i cambiamenti che coinvolgono l’idea di “vero uomo” sono ancora percepiti come una perdita. Questo nonostante le due questioni siano indissolubilmente legate tra loro, a volte anche attraverso un rapporto di causa-effetto.

Tra vicinanza alla Russia e antiamericanismo, su Gaza e Ucraina c’è un doppio standard inaccettabile

Il doppio standard è una delle più grandi cialtronerie in politica e in generale nella società, eppure ha coinvolto anche i dibattiti su quanto sta accadendo in Medio Oriente. Tra vicinanza all’universo russo e antiamericanismo di alcuni esponenti pubblici, infatti, per alcuni è normale pretendere che l’Ucraina si arrenda mentre si chiede, giustamente, il cessate il fuoco a Gaza. Se non fossimo accecati dalla faziosità, riusciremmo ad appoggiare tutti i popoli invasi e vessati senza soffermarci su quei contorni che sfociano nel motto “il nemico del mio nemico è il mio amico”.

È una caratteristica genetica della destra: più militari, più armi, più violenza. Senza motivo.

È una caratteristica genetica della destra: più militari, più armi, più violenza anche per placare una non-violenza. Dalle manganellate durante i presidi sotto le sedi Rai all’identificazione di chi ha omaggiato dei fiori all’oppositore russo di Putin Alexei Navalny o ha gridato “viva l’Italia antifascista”, il governo Meloni sembra fare quello che alla destra riesce meglio: aggrapparsi alla muscolarità dello Stato utilizzando le forze dell’ordine per reprimere indistintamente ogni dissenso. Di questo passo non solo finiremo per essere la Repubblica dei manganelli ma il pericolo è che ogni indignazione venga sedata sempre sul nascere.

Voyeurismo, bisogno di attenzione, controllo: l’esperimento “Quiet” del ’99 ha predetto i social

Alla fine del 1999, circa 150 persone si fecero rinchiudere insieme in un bunker sotterraneo di New York trasformato in una sorta di capsule hotel con 110 telecamere a riprendere tutto e a mostrare le loro vite in diretta sul web. Era l’esperimento “Quiet: We Live in Public”, del giovane imprenditore digitale multimilionario Josh Harris. Rispetto a progetti simili, come il Grande Fratello, l’esperimento di Harris non soltanto non aveva censure, ma aveva l’intento di spingere i partecipanti al loro limite più estremo, fin quasi a tornare allo stato brado, primitivo. Oggi, con i social, quel bunker si è ingigantito a dismisura, e la politica del controllo, soprattutto quello invisibile, condiziona le nostre vite ogni giorno.

Assecondare ogni bisogno del bambino è utile ma senza ascoltare i propri si finisce in burnout

Tra i messaggi del mercato del benessere e della genitorialità, che fanno leva sulle nostre insicurezze, e la voglia di sentirci genitori migliori dei nostri, negli ultimi tempi è emerso un nuovo trend, il gentle parenting. Il problema però è che spesso la genitorialità gentile si trasforma in intensiva, rendendo l’accudimento di ogni bisogno del bambino una performance in cui viene meno la consapevolezza delle proprie necessità da adulto. Così, il più delle volte, finiamo in burnout.

“La natura dell’amore” ci ricorda che amare è soprattutto imparare a rivedere noi stessi negli altri

“La natura dell’amore”, della regista e attrice canadese Monia Chokri, selezionato per la sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes dello scorso anno e distribuito nelle sale italiane da Wanted Cinema dal 14 febbraio, è un film comico, sensuale e serio sull’amore, sul tradimento, su quanto il giudizio della società impatti su una relazione più del sentimento e soprattutto sulla capacità di accettare le differenze. L’amore infatti è un verbo e, come tale, possiamo scegliere attivamente di amare, imparando ad accoglierci e accogliere.

Il comunicato Rai su Israele conferma: siamo “un Paese di musichette mentre fuori c’è la morte”

Cancellare dalla narrazione del conflitto israelo-palestinese quanto sta accadendo a Gaza, dove negli ultimi quattro mesi sono state uccise circa 28mila persone, è l’esasperazione della faziosità, soprattutto se viene fatto abusando dei propri poteri attraverso i mezzi pubblici. La Rai è sempre di più Tele-Meloni, il megafono di un governo che, non sapendo dare risposte concrete ai cittadini, usa i mezzi di comunicazione per portare avanti una propaganda sbilenca e per costruire una narrazione che non sta in piedi.

No, per salvarsi da una violenza sessuale nel metaverso non basta “staccare il visore”

Negli ultimi giorni ci sono stati orribili casi di cronaca di violenze di gruppo su minorenni. La portata traumatica di un evento del genere, per molti, è inimmaginabile. Anche la realtà virtuale, per quanto in maniera molto diversa, nasconde dei pericoli che non bisogna sottovalutare. La notizia di uno stupro nel metaverso, diffusa qualche settimana fa, è stata presa ingiustamente per una ‘fake news’ o un’esagerazione, ma il mondo virtuale non è altro che uno specchio di quello reale.