In queste settimane ha fatto clamore l’inchiesta di Fanpage “Gioventù Meloniana”, un affresco in due parti del sottobosco giovanile di Fratelli d’Italia. Gioventù nazionale, l’organizzazione del partito che forma le nuove leve, ha infatti dimostrato la sua provenienza culturale e politica, tra inneggiamenti al Duce, saluti romani, antisemitismo, razzismo e tutte le caratteristiche che – parliamoci chiaro – non dovrebbero nemmeno sorprendere più di tanto se associate a un partito ideologicamente neofascista ed erede del Movimento Sociale Italiano. Il fatto che il partito in questione sia il più votato in Italia e sia arrivato al potere come forza maggioritaria, dando vita al governo più di estrema destra della storia repubblicana, è un evento con cui non abbiamo ancora fatto del tutto i conti, se ancora ci stupiamo quando emergono inchieste sulla sua anima nera. La sostanziale differenza è che adesso gli orrori dei gruppi giovanili dei partiti di estrema destra vengono smascherati attraverso infiltrazioni dall’esterno e sofisticate inventive giornalistiche. Anche perché la strategia principale di Meloni è sempre stata quella di fingere – senza nemmeno troppo successo – una distanza tra Fratelli d’Italia e certe nostalgie, tentando di proiettare un’immagine ripulita del suo partito. In passato non era così. Le organizzazioni giovanili dell’MSI – e in parte anche di AN – avevano gli stessi ideali e non li nascondevano, né in piazza né con i media. D’altronde, uno dei militanti apparsi nell’inchiesta di Fanpage l’ha ammesso candidamente: “Ci vorrebbe un bel manganello. Il problema è che un tempo si poteva fare, adesso no”.
Nel 1992 una ragazza quindicenne della Garbatella si iscrive al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile dell’MSI. I suoi anni scolastici sono segnati dalla militanza missina, con Giorgio Almirante – morto pochi anni prima – come punto di riferimento politico. In seguito alla svolta di Fiuggi del 1995 e alla nascita di Alleanza Nazionale, i missini confluiscono nel nuovo partito, dando vita anche a un’organizzazione erede del Fronte della Gioventù: Azione Giovani. Il logo raffigura una mano nera che impugna a mo’ di fiaccola una fiamma tricolore. I media stranieri si incuriosiscono, si chiedono se ci sia una continuità con il Fronte della Gioventù e con quei rimandi “nostalgici” che hanno sempre caratterizzato l’esperienza dei giovani un tempo missini. La trasmissione francese Soir 3 realizza nel 1996 un servizio dedicato alla politica italiana e si sofferma sulla “giovane destra”. Viene intervistata la stessa ragazza della Garbatella che quattro anni prima si era affacciata al mondo dell’MSI. Ha gli occhi vispi, dietro l’aspetto da adolescente nasconde una maturità e una consapevolezza politica che stupisce gli spettatori. Non tentenna quando elogia senza remore Benito Mussolini: “Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per l’Italia”, continua con un francese fluente. Chiude con un velo d’amarezza, dicendo che nessun politico italiano negli ultimi cinquant’anni è stato come lui.
Non si tratta di una ripresa con telecamere nascoste, ma di un’intervista concordata. E se oggi un giovane di Fratelli d’Italia pronunciasse le stesse frasi con un microfono davanti a una telecamera scoppierebbe – giustamente – il finimondo. Per questo per raccogliere certi pensieri, ovvero quelli reali dei giovani di estrema destra, sono necessarie inchieste giornalistiche. All’epoca era diverso. Il Fronte della Gioventù e i suoi derivati mostravano alla luce del sole la loro ammirazione per il fascismo. E quasi tutti i membri attuali di Fratelli d’Italia vengono da lì, da quell’organizzazione giovanile che è stata la fucina del pensiero di estrema destra del Paese. Compresa quell’adolescente dallo sguardo fiero e così spigliata con la parlantina, anche in francese. In quel video di Soir 3, reperibile ovunque online, spunta a schermo il nome della ragazza: Giorgia Meloni, l’attuale presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.
Per capire cos’è stato il Fronte della Gioventù bisogna partire dalla genesi dell’MSI. Almirante l’ha spesso chiamato “il movimento degli emarginati”. Oggi si ironizza parecchio su quello che viene definito “il vittimismo dei camerati”, ormai una frase che ha dato vita anche a pagine social di stampo satirico. In realtà è un argomento serissimo che la destra si porta ancora dietro. I neofascisti non hanno mai superato il complesso di inferiorità per non aver partecipato alla costruzione democratica del Paese dopo la seconda guerra mondiale. Sono stati esclusi dalla scrittura della Costituzione – in quanto “carta antifascista” – e per anni sono stati ai margini dell’arco democratico della nazione. Inizialmente per un motivo pratico: gerarchi, dirigenti e politici di ogni grado che un tempo facevano parte del partito fascista e, in seguito, della RSI,sono spariti dalla circolazione. Altri sono finiti in carcere. L’Amnistia Togliatti del 1946 arriva come un colpo di spugna: le pene vengono annullate per l’interesse della coesione nazionale, e così i fascisti tornano in Italia o escono dalle galere. Lo stesso Almirante si era dato alla clandestinità, rimanendoci dall’aprile 1945 al settembre 1946. Per tale motivo ha sempre parlato di “emarginati”, e ha subito capito che per ridare vigore alla fiamma bisognava non soltanto ripartire da chi aveva collaborato e combattuto con il Duce, ma anche formare i loro eredi attraverso organizzazioni giovanili, cominciando dagli studenti. Nascono così, sotto l’ala dell’MSI, Giovane Italia e Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori. Con il partito che intanto era tornato alla carica trovando spazio alle tornate elettorali, era necessario potenziare il vivaio dei virgulti neofascisti. Così, le due organizzazioni si fondono nel 1971 per dar vita al Fronte della Gioventù. In un comizio di quell’anno, filmato anche da Marco Bellocchio e utilizzato nel capolavoro Sbatti il mostro in prima pagina, a parlare è il responsabile del Fronte della Gioventù di Milano. In quegli anni sono diverse le foto in cui appare davanti a ritratti di Mussolini. Una passione che gli è rimasta nel tempo, essendo ancora oggi un collezionista di cimeli del Ventennio. Si tratta dell’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa.
Il Fronte della Gioventù negli anni Settanta assorbe i connotati degli anni di Piombo. I suoi membri sono soliti girare per le città con catene e coltelli, le risse con i “rossi” sono sempre dietro l’angolo. Poi la strategia diventa ancora più violenta: si passa alle bombe. Il 12 aprile del 1973, conosciuto come Giovedì nero, un folto gruppo di militanti del Fronte della Gioventù e altri neofascisti seminano il panico a Milano con una manifestazione non autorizzata dalle forze dell’ordine. In prima fila ci sono i fratelli Ignazio e Romano La Russa. All’interno del corteo si passa da atti di teppismo al lancio di bombe a mano SRCM Mod contro la polizia. Una di queste uccide il giovane Antonio Marino. Vengono condannati a 18 anni anni di reclusione Vittorio Loi e Maurizio Murelli, di 21 e 19 anni d’età. Entrambi riferiscono che i fratelli La Russa fossero a conoscenza della disponibilità delle bombe da parte dei manifestanti. Ritrattano successivamente e le accuse nei confronti dei due fratelli cadono nel vuoto. Ignazio La Russa non viene rinviato a giudizio, mentre Romano viene poi assolto.
La creatura di Almirante, una sorta di organizzazione per svezzare i giovani neofascisti, si trasforma rapidamente in una palestra di violenza. Molti tra i protagonisti del Fronte della Gioventù iniziano a concepire la lotta armata come unico chiavistello per ristabilire le gerarchie nere nella società, ed entrano dunque in organizzazioni terroristiche come Ordine Nuovo e i NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari). Già nel 1973 Ordine Nuovo viene sciolto dalla Giustizia con l’accusa di tentativo di ricostruzione del Partito Nazionale Fascista. Una giovane componente del Fronte della Gioventù, Francesca Mambro, aderisce ai NAR incontrando un altro ragazzo passato dalla gioventù missina: Valerio Fioravanti. I figli del Fronte della Gioventù pongono le basi per il nuovo terrorismo nero. Omicidi, squadrismo, stragi – di cui la più nota è quella di Bologna. Mambro e Fioravanti diventano una coppia. Vengono condannati rispettivamente a nove e a otto ergastoli per l’omicidio di 96 e 95 persone, comprese quelle del 2 agosto del 1980.
Le responsabilità dell’MSI non sono soltanto indirette, ovvero con la formazione di militanti poi diventati terroristi: ci sono episodi che coinvolgono direttamente Almirante. A Peteano, nel 1972, dei membri di Ordine Nuovo uccidono tre carabinieri. Tra i fautori dell’atto c’è Carlo Cicuttini dell’MSI, che fugge in Spagna per non essere arrestato. Un’indagine documenterebbe il pagamento di 35mila dollari, tramite una banca di Lugano, da parte di Almirante a Cicuttini. Soldi che sarebbero serviti al latitante per operarsi alle corde vocali e non farsi rintracciare con la nuova voce camuffata. Almirante viene rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato. Nessuna assoluzione e nessuna condanna: il leader missino si protegge dietro lo scudo dell’immunità parlamentare.
Oggi, i figli politici di Almirante governano l’Italia, con premier e presidente del Senato passati entrambi dal Fronte della Gioventù. E Gioventù Nazionale, dell’era meloniana, non si discosta dal Fronte giovanile dei tempi di Almirante: il filo conduttore è l’ideale fascista da portare avanti. Non siamo di fronte a uno scenario di stragi e omicidi di stampo neofascista come negli anni di piombo, certo. Permane però la cultura fascista della riabilitazione del Ventennio, ma senza esporsi esplicitamente alla luce del sole. I busti del Duce restano nelle nicchie delle abitazioni e degli studi privati, le frasi fasciste rimbalzano tra le chat, le dichiarazioni ufficiali sono caute. È l’imposizione di Meloni: essere di estrema destra fingendo di non esserlo. E così Fratelli d’Italia ha superato i filtri democratici passando per semplice partito di centrodestra, e quando le organizzazioni giovanili del partito esplicitano la loro appartenenza ideologica regna il silenzio. Quello di una presidente del Consiglio che non commenta ciò che avviene all’interno del proprio partito. Ora abbiamo le creature di Almirante al potere; nei prossimi decenni potrebbero esseri quelle di Meloni. E la continuità nostalgica preoccupa.