Per plasmare il futuro serve riflettere sulle nostre azioni e le loro conseguenze, come “Reflaction” - THE VISION

Da sempre l’essere umano si interroga sul significato più profondo e sulle dinamiche del suo agire. L’agire infatti è qualcosa che ci determina talmente tanto, e così costantemente, da sovrapporsi al nostro senso di identità più intimo. Agire significa determinare il proprio effetto, esercitare la propria azione sul mondo, fare, operare, verbo fondamentale della trasformazione che caratterizza ogni esistenza, tradurre in azioni concrete le parole o il pensiero. Agire è diventato uno dei verbi fondamentali per raccontare l’impegno e la direzione assunta ormai da anni da Audi, co-producer assieme ad Interni del Fuorisalone. E quest’anno, in occasione della Design Week di Milano, questa parola torna a informare il concept dell’Audi House of Progress nel cortile storico del Portrait Milano, in Corso Venezia 11, nell’ambito della mostra-evento che coinvolge anche l’Università Statale INTERNI CROSS VISION.

Reflaction, questo il titolo del progetto di grande impatto visivo sviluppato dallo studio internazionale BIG (Bjarke Ingels Group) che si potrà visitare fino al 28 aprile. Una croce riflettente di 21,2×21,2 metri inscritta in un cerchio che ordina e suddivide lo spazio, in maniera equa eppure decisa. La crasi tra “reflection” e “action” ci invita già a livello linguistico ed evocativo a riflettere sulle conseguenze di ciò che facciamo, per poi suggerire, attraverso l’immagine che ci rimandano i bracci della croce, che i nostri pensieri e le nostre azioni siano intrinsecamente un riflesso del mondo, e in quanto tali strettamente collegate a esso. Arrivando così al concetto di “reaction”, e richiamando l’effetto domino positivo che caratterizzava il padiglione dell’anno scorso, firmato da Gabriele Chiave. Siamo infatti portati a credere di essere un’identità prima che un’entità, ma non è così: noi non siamo qualcosa di predefinito, anche se la cognizione genera questa illusione, noi siamo frutto delle contingenze, ovvero dell’impronta del mondo, e di tutte quelle esperienze che ci hanno plasmati, attraverso la nostra reazione a esse. Dunque siamo ciò che facciamo. Così, il progetto di BIG vuole spingere ciascuno di noi, in quanto singolo, a riflettere la sua essenza sul suo contesto, ovvero a compiere azioni che riflettano i suoi valori, partecipando a un’azione collettiva, sempre più potente, e lasciando così una traccia alle generazioni future.

Reflaction ci offre l’occasione di vedere come intenzioni e valori possano cambiare forma nel tempo, senza snaturarsi, anzi, andando ad aprire un fertile dialogo, che coinvolge tutte le fasi della filiera produttiva: dal progetto, passando per la produzione, fino alle macchine e ai prototipi – come Audi Q6 e-tron ora esposta in anteprima mondiale nella Piazza del Quadrilatero. BIG ha scelto di realizzare una struttura che si fa letteralmente in quattro per raccontare la visione coraggiosa e avanguardistica della casa dei quattro anelli per realizzare una nuova idea di mobilità sostenibile, creando un luogo d’incontro tra conoscenza, performance e tecnologia aperto alla comunità, che invita tutti ad avvicinarsi e a far parte di questa realtà, votato all’inclusività. Anche per questo motivo, l’House of Progress quest’anno ospiterà momenti di scambio con l’intento di sensibilizzare il grande pubblico e generare una nuova consapevolezza attraverso il confronto tra saperi trasversali e multidisciplinari, capaci non solo di immaginare il futuro della mobilità, ma dando risposte concrete a quelle che si delineano come le esigenze del domani.

Per dare forma al futuro infatti è fondamentale trascendere l’ormai anacronistica suddivisione tra saperi umanistici e scientifici. Chiunque abbia avuto occasione di sperimentare da vicino entrambi questi ambienti, infatti, sa quanto siano non solo complementari ma per certi aspetti generati da una stessa radice che affonda nel linguaggio, nella logica, ma anche nella percezione e nel desiderio umano di dare un senso alle cose, di organizzarle, di scoprirle e di comprenderle. Ogni ricerca, infatti, ha la capacità rizomatica di estendersi e di creare connessioni e corrispondenze. Una visione olistica del sapere ci permette quindi di arricchire il dominio del nostro agire, andando ad attingere a possibilità e occasioni impensabili per un approccio più chiuso e settoriale. Ampliare il campo infatti non significa perdersi nel generico, ma per muoversi in tante dimensioni mantenendo una rotta la creatività deve giocare un ruolo fondamentale, proprio grazie all’esercizio dell’invenzione, che altro non è che un altro modo di chiamare l’innovazione.

A questo proposito, osservata dall’alto, l’installazione assume la forma di un segno più, che non significa solo “di più”, in senso aritmetico, ma racchiude anche una rappresentazione programmatica, in cui il tutto è più della somma delle singole parti. Con una selezione minimalista di elementi, lo spazio, diviso in quattro – chiaro rimando ai quattro anelli – accoglie quattro funzioni e sezioni distinte, che danno forma ai rispettivi quattro capisaldi tematici della mostra. Nello spazio “Community/Comunità” è possibile sostare per uno scambio di idee e una parentesi di convivialità, per poi passare al settore “Knowledge/Conoscenza”, un anfiteatro che ospita incontri e approfondimenti; la parte “Audi Digital Light/Tecnologia” è dedicata invece a esempi d’eccellenza nel campo dell’illuminotecnica, in cui da sempre è pioniera (l’illuminazione del progetto è stata sviluppata in collaborazione con Artemide). Lo spazio espositivo comprende infine l’area “Performance”, dove poter conoscere per la prima volta dal vivo la nuova Audi Q6 e-tron, nella versione sportiva SQ6. Prima elettrica prodotta a Ingolstadt e certificata carbon neutral, che è stata realizzata con l’obiettivo di rispettare al tempo stesso l’esperienza dell’essere umano e l’equilibrio del suo habitat, inscindibili, proprio per questa continua relazione di influssi – dall’interno verso l’esterno, e viceversa.

Il tema della relazione tra forma ed essenza è antico, spesso ammantato di moralità, Goethe ne scrisse a lungo, riprendendo le riflessioni contenute nel De Rerum Natura di Lucrezio, ma anche nelle Metamorfosi di Ovidio. Le sue riflessioni poi ispirarono indirettamente l’architettura del maestro dell’architettura olandese Hendrik Petrus Berlage, fino a porsi alla base della famosa citazione “Form follow function” di Louis Sullivan e raggiungere anche la poetica di Mies van der Rohe, denunciando come gratuito e appunto “superficiale” ogni ornamento. La forma e la sostanza, dunque, per essere buone, devono essere congiunte, una specchio dell’altra. La forma non è quindi qualcosa di superficiale, ma è diretta espressione dell’essenza, e viceversa, qualcosa che non viene dato a priori ma è in continuo mutamento ed evoluzione. È proprio da questo principio che muove la ricerca progettuale e organizzativa di Audi. 

E Frank Lloyd Wright, allievo di Sullivan, non sbagliava certo quando disse che il concetto di “Form follows function” fu frainteso: “forma e funzione dovrebbero essere una cosa sola”. È questo ciò a cui tutti ci dovremmo ispirare per vivere bene, la consonanza tra ciò in cui decidiamo di credere e come ci comportiamo, così da liberarci dallo iato causato dall’incongruenza, da quella discrepanza generata dall’abitudine, o dalla pigrizia, che ci mina nel profondo, ci intossica come se stessimo costantemente vivendo in una macchinosa bugia. Quando invece è possibile cambiare, ma per farlo, nella direzione voluta, è fondamentale agire, modificando il nostro riflesso sul mondo, riconoscendosi in una nuova immagine, quella che desideriamo avere, che rispecchia i nostri ideali.

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