In Italia esiste un problema di percezione storica: la convinzione che la fine del regime fascista sia coincisa con la fine dei fascisti. In realtà, non è mai stato così. L’anno dopo la Liberazione entrò in vigore il “Decreto presidenziale di amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari”, meglio noto con il nome “Amnistia Togliatti”. L’intenzione era quella di lavorare per una pacificazione nazionale, escludendo però dal decreto i fascisti che si erano macchiati dei crimini più gravi. Togliatti fu ingenuo, perché contava sul buonsenso della magistratura, anche se facevano parte della Suprema corte di cassazione gli stessi elementi che poco prima rientravano nel Tribunale per la difesa della razza. Non essendoci stata una reale epurazione, i magistrati scarcerarono più di 10mila fascisti e graziarono quelli che erano fuggiti. Tra questi, gerarchi, firmatari delle leggi razziali, stupratori di partigiane, generali che avevano ordinato delle stragi. Su tutti spiccava un nome: Giorgio Almirante, segretario di redazione de La difesa della razza, successivamente Capo di Gabinetto del MinCulPop della RSI e firmatario dell’ordine per la strage di Niccioleta, con 83 minatori trucidati per non essersi piegati alle forze nazifasciste locali.
Almirante passò più di un anno in clandestinità e risbucò fuori proprio dopo l’Amnistia Togliatti. Fondò subito i Fasci di Azione Rivoluzionaria e, dopo nemmeno due mesi, fu in prima fila alla riunione costitutiva del Movimento Sociale Italiano. Poco più di un anno dopo Piazzale Loreto, i fascisti erano stati graziati e si erano radunati con la promessa di mantenere viva la fiamma del Duce, la stessa che diventò il simbolo del partito. Le altre forze politiche, rendendosi conto dell’ingenuità commessa, decisero di creare uno scudo per escluderli dall’arco democratico. Il primo gennaio del 1948 entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana. La scrissero socialisti e democristiani, comunisti e cattolici, tutti i partiti tranne i fascisti rinati dalle ceneri. Era principalmente un monito: una costituzione antifascista per non rivivere più quell’orrore nero. Oggi, i figli politici di Almirante sono al governo e conservano nel simbolo quella fiamma del Duce.
Giorgia Meloni è nata politicamente nel MSI e ha sempre definito Almirante il suo punto di riferimento politico. All’interno del suo partito ci sono parecchi elementi che non solo nel MSI erano figure di spicco, ma che tuttora continuano a collezionare cimeli del Ventennio, a fare saluti romani, a festeggiare gli anniversari della Marcia su Roma e a dichiararsi orgogliosamente fascisti. Può sembrare il prologo di una riflessione che gli elettori di destra minimizzerebbero con la frase: “La sinistra vede fantasmi ovunque”. In realtà, anche facendo finta di nascondere la natura neofascista di Fratelli d’Italia, ci sono svariati indizi che pongono l’attuale governo nella sfera dell’incostituzionalità. Sempre i destrorsi potrebbero dire: “Si sono svolte delle regolari elezioni rispettando la Costituzione e il popolo ha eletto i suoi rappresentanti”. Tutto questo è vero. Non c’è stata nessuna violazione costituzionale nella formazione di questo governo. Non sono però così sicuro che le sue caratteristiche siano compatibili con tutti gli articoli della Costituzione. Dunque, spinto dalla curiosità e da un timore latente, mi sono messo a sfogliarla. Le preoccupazioni si sono rivelate fondate: questo governo è un affronto alla nostra costituzione.
Il governo Meloni spinge per il premierato attraverso il ddl Casellati, di fatto sottraendo potere al presidente della Repubblica per accentrarlo su quello del Consiglio. La senatrice Liliana Segre è intervenuta qualche giorno fa al Senato spiegando che non può e non vuole più tacere, definendo il ddl una “palese mortificazione del potere legislativo” che “presenta vari aspetti allarmanti” e produrrebbe “un’abnorme lesione della rappresentatività del parlamento”. Se il progetto meloniano andasse in porto, bisognerebbe di fatto ristrutturare l’intera Costituzione e cancellare quasi di netto gli articoli che vanno dall’83 al 91, ovvero quelli dedicati al ruolo del presidente della Repubblica. Qui non siamo nemmeno di fronte a una forma di incostituzionalità, ma a un’antitesi rispetto ai principi sottesi alla costituzione vigente.
Andando con ordine, è impossibile non imbattersi nell’Art.3 senza notare la discrepanza con le politiche del governo. L’articolo recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. La destra da anni ha impostato la sua identità proprio sulle distinzioni fino a renderle discriminazioni. Per cui una donna senza figli avrebbe meno “dignità sociale” di una con i figli (come fatto intendere da Meloni), il sentimento avverso viene ad accentuarsi nei confronti di cittadini di una religione che non sia quella cattolica (come esplicitato da Salvini, che ha anche organizzato manifestazioni contro l’Islam), e in generale i cittadini vengono vessati da esponenti di destra anche solo per l’orientamento sessuale, l’origine geografica o l’appartenenza etnica. Gli esempi sono innumerevoli, ma per comodità possiamo citare la candidatura di Roberto Vannacci come capolista della Lega in Italia centrale e la sua presenza in tutte le circoscrizioni per le imminenti europee. Dalle femministe “moderne fattucchiere” agli omosessuali che non sono normali e devono farsene una ragione, etichettati senza problemi come “froci” o “ricchioni”, passando per l’italianità in base ai “tratti somatici” e al rifiuto delle culture altrui, Vannacci sta alla Costituzione come Netanyahu sta all’armonia tra i popoli.
Secondo l’Art.10, “lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”. Se per Vannacci e altri destrorsi lo straniero non merita di condividere lo stesso suolo con chi “ha nelle vene il sangue di Giulio Cesare”, Meloni ha compiuto diverse giravolte, e sempre non rispettando il diritto d’asilo. Durante la campagna elettorale per le nazionali ha portato avanti l’idea aberrante – e per fortuna irrealizzabile – del blocco navale, per poi virare sui centri per migranti in Albania, una sorta di progetto astruso che intende creare dei luoghi pericolosamente simili a zone di detenzione in un’altra nazione. Per la destra prevale la paura dello straniero in quanto “diverso”, come può essere diverso nella sua mentalità una persona omosessuale o la carta d’identità di Paola Egonu. Anche la componente religiosa ha la sua valenza in questa intolleranza. Eppure l’Art.8 parla chiaro: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti”. Per essere ancora più chiari, i padri costituenti hanno voluto ribadirlo anche nell’Art.19: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto”.
Ricordo nitidamente una vecchia sceneggiata della Lega, quando Calderoli e Borghezio per protestare contro la costruzione di una moschea a Padova portarono su quel terreno un “maiale padano” per scacciare i fedeli di Allah. Borghezio è stato europarlamentare per otto anni e Calderoli è tuttora un ministro della Repubblica. La stessa Meloni nel 2015 bloccò la candidatura di Pietrangelo Buttafuoco come Governatore della Sicilia spiegando in modo semplice il motivo: “È musulmano, e noi dobbiamo rivendicare le origini greche, romane e cristiane”. Il problema è che come cittadini ci siamo abituati alla farsa, alla politica che calpesta i principi costituzionali, ai fondali della decenza che diventano sempre più abissali. È come una lobotomia di massa: osserviamo dei ministri o dei sottosegretari imbarazzanti e li associamo all’ordinarietà. Probabilmente è stato il berlusconismo a cementificare la resa di fronte ai tratti più macchiettistici e meschini della politica. Questo vuol dire che per decenni le sue televisioni hanno avuto più potere della Costituzione. E d’altronde conosciamo il nome del conduttore del Grande Fratello e non l’Art. 17 della Costituzione.
Per intenderci è questo: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi”. Nell’ultimo anno abbiamo assistito a manganellate contro minorenni disarmati. E non ho memoria di un intervento come quello di Mattarella di qualche mese fa, quando come presidente della Repubblica si è scusato invitando neanche troppo velatamente il ministero dell’Interno a evitare scene del genere. È un altro tratto distintivo di questo governo: il dissenso va silenziato, con le buone o con le cattive. A costo di andare contro un altro articolo della Costituzione, il 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Se persino i giornalisti della RAI si sono mobilitati perché “la maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono” vuol dire che la questione è seria, come dimostrano anche le epurazioni di TeleMeloni e la censura al monologo di Scurati.
Il punto è che il governo risulta irrispettoso nei confronti della Costituzione sotto tutti i punti di vista. Secondo l’Art.9, “la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Eppure, per Salvini la transizione green “è un omicidio”. È ironico che questo passaggio dell’Art.9 sulla tutela dell’ambiente sia stato aggiunto nel 2022 e che l’astensione su questa scelta sia arrivata proprio da Fratelli d’Italia. Partito che, una volta al governo, come denunciato da un report del WWF, sull’ambiente ha portato il Paese a “passi indietro normativi e culturali”. Nel discorso di fine anno Meloni, poi slittato e trasformato in una conferenza stampa, in tre ore e mezzo non ha mai parlato di cambiamento climatico. Nemmeno una parola. D’altronde “l’interesse delle future generazioni” non ha quell’appeal giusto per spingere gli elettori alle urne, e l’atteggiamento della destra sull’ambiente è sempre stato negazionista.
È svilente appurare come in Italia la Costituzione sia ormai carta straccia, un documento vetusto su cui non fare affidamento. Addirittura un ostacolo. Ma i politici che vanno contro la nostra costituzione bistrattano il passato, umiliano il presente e ci condannano a un futuro instabile. Forse la lobotomia ha davvero fatto effetto: non ci sembra nemmeno troppo strano che abbiamo un governo neofascista sotto una costituzione antifascista. E, ironia della sorte, è stata scritta proprio per evitare di avere al potere governi come quello di Meloni. La sconfitta è organica, riguarda classe politica e cittadini, perché smarrendo la mappa costituzionale abbiamo aperto le porte a chi non doveva avere l’accesso. Probabilmente è quello che meritiamo, se oltre alla memoria abbiamo perso anche l’aderenza a un testo scritto, a parole semplici che dovrebbero riecheggiare per proteggerci da ciò che invece è avvenuto.