“Estranei” racconta tutta la bellezza e il dolore di ricordare un passato che vorremmo presente

“Estranei”, di Andrew Haigh, è senza ombra di dubbio un film sulla morte, sull’amore e sulla solitudine. Sono questi i temi centrali che affrontano i due protagonisti, Adam e Harry, interpretati da Andrew Scott e Paul Mescal, ma sebbene siano fondamentali, non sono tutto ciò che colpisce di più. La pellicola mescola infatti i piani della vita e della morte attraverso le immagini per far vivere un passato che vorremmo fosse il presente.

Tra scienza e mito, la corsa alla longevità è uno dei dibattiti urgenti del nostro presente

Il nostro tempo sulla terra è limitato, anche se nell’ultimo secolo grazie allo sviluppo della scienza e della tecnologia e, in parallelo, dell’innalzamento della qualità della vita e del benessere globale delle persone, la nostra aspettativa di vita si è dilatata enormemente. Il tema della longevità, soprattutto in un Paese come l’Italia, tra i più vecchi del mondo, è un tema fondamentale non solo a livello filosofico e antropologico, ma ancor di più a livello socio-economico, perché va a toccare una serie di ambienti rilevanti e interconnessi, come il lavoro, le pensioni, le città, la questione di genere, l’ambientalismo. Dialogare su come invecchiare bene e sul prolungamento della vita è sempre più urgente. Fino al 27 marzo, per farlo, a Milano c’è il Milan Longevity Summit, con oltre quaranta incontri gratuiti e sessanta scienziati di fama mondiale.

Meloni e Salvini continuano a lamentarsi dei problemi d’Italia come se non fossero loro al governo

Salvini e Meloni continuano a parlare dei problemi dell’Italia come se al potere ci fosse un’entità sconosciuta che per dispetto o incapacità non è in grado di risolverli, e non loro. A questo si aggiunge una pratica cara alla maggioranza: screditare non soltanto l’avversario politico, ma pure gli elettori che hanno votato a sinistra o che in generale non hanno votato la destra. Il problema è che abbiamo al governo delle forze politiche che ancora non si sono accorte di non essere più all’opposizione.

La transizione ecologica va accelerata ma non può avvenire nel solco del colonialismo

Tra inquinamento e sfruttamento dei lavoratori e delle aree meno ricche per l’estrazione dei metalli necessari alla transizione ecologica, al momento l’azione globale per la transizione ecologica non sembra in grado di garantire la giustizia sociale. Per rendere equa la filiera di questi minerali cruciali servono maggiori regolamentazioni, accordi internazionali e una vigilanza che garantisca il rispetto dei diritti dei lavoratori. Senza tutele, infatti, non si farà altro che alimentare nuovamente azioni colonialiste che renderanno le azioni per la sostenibilità nient’altro che giardinaggio.

Trump di nuovo candidato presidente è il paradosso di un Paese dove si comprano armi al supermercato

Fa quasi impressione, ma dopo quattro anni Trump sarà di nuovo il candidato dei repubblicani, considerando che alle primarie sta sbaragliando tutti. E sfiderà di nuovo Biden. È uno dei tanti cortocircuiti di una nazione dove è possibile comprare in un supermercato un’arma da fuoco ma non un Ovetto Kinder, in quanto considerato “pericoloso per i bambini”. Questo, nonostante l’ex presidenta debba affrontare quattro processi, tra i documenti classificati trovati nella sua residenza a Mar-a-lago e i tentativi di ribaltare la sconfitta del 2020.

Le aesthetic social non sono una forma di libertà ma l’ennesima scelta di modelli a cui adeguarsi

L’ossessione della cultura di Internet per le aesthetic, parcellizzate in categorie sempre più specifiche, ha a che fare con quella che è stata ormai riconosciuta come la morte delle sottoculture. Questa metamorfosi da corpo a core si realizza necessariamente nel capitalismo: per abbracciare una aesthetic non basta esistere, ma bisogna anche consumare tutto ciò che è legato a quella specifica core: acquistare l’abbigliamento adatto, leggere i libri giusti, persino sottoporsi a interventi di chirurgia plastica per avere il naso alla Barbiecore. Così, più che un innocente trend social, diventa l’ennesima imposizione a modelli culturali a cui adeguarsi.

“Tokyo Sonata” ci mostra che non siamo ciò che siamo stati ma ciò che decidiamo di diventare

“Tokyo Sonata”, il film del 2008 di Kiyoshi Kurosawa, disponibile da oggi nella rassegna “La luce giusta: Le direttrici della fotografia” su Mubi, è una storia familiare che porta alla luce importanti tematiche sociali della società giapponese, e non solo, come l’alienazione giovanile nelle periferie delle grandi città, la violenza domestica, l’epidemia di suicidi, la mancanza di comunicazione, ma anche i danni profondi di una struttura sociale fondata sul patriarcato, estremamente rigida e castrante.

“Los colonos”, o dell’abitudine a cancellare la Storia scomoda a noi occidentali

Alla fine del XIX secolo, nella Terra del Fuoco, la popolazione indigena dei Selk’nam venne sterminata dai coloni cileni ed europei, per occuparne le terre. Eppure, nonostante la sua brutalità, l’avvenimento è stato a lungo dimenticato tra le pagine di storia. Recuperandone i fatti reali e mescolandoli con la finzione, “Los colonos”, vincitore del FIPRESCI al Festival di Cannes, porta in scena la doppia natura della violenza colonialista, fisica e culturale, creando un racconto senza alcuna redenzione.

Le big tech ci stanno costringendo a ribaltare il principio base della cultura di internet: la libertà.

La regolamentazione di internet è una questione considerata complessa ma, almeno in Europa, sta diventando apparentemente banale. Negli ultimi tempi gli sforzi dell’UE per regolamentare l’operato delle Big Tech sono stati molti e il culmine è il pacchetto di leggi entrato in vigore definitivamente pochi giorni fa. Il prezzo da pagare per queste tutele, però , è stato il ribaltamento del principio da cui nasce la stessa cultura di internet: la libertà dalle regole dello stato.

Come i social hanno sdoganato la mitomania

Sui social abbiamo sdoganato la mitomania, superandone il senso clinico e facendola entrare a pieno titolo nella normalità, in ciò che consideriamo buon senso. Così tutti siamo convinti che la ragione sia la nostra, di essere gli unici a informarsi correttamente, di non poter sbagliare mai. Ci facciamo carico cioè di un immenso sapere che, pur non sapendo gestire, ci sentiamo in dovere di trasmettere alla nostra bolla per sentirci speciali e unici. Un giorno esperti di geopolitica, quello dopo di virologia, poi di tennis. Il pensiero che tutti abbiano un piedistallo, però, equivale alla realtà in cui nessuno lo possiede. Ed è questa la vera, nuova frontiera dell’ottusità inconsapevole.

La costruzione della pista da bob a Cortina è la metafora perfetta del nostro rapporto con la natura

Vedere le seghe elettriche abbattersi su centinaia di alberi di Cortina d’Ampezzo per fare spazio alla nuova pista da bob per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, nonostante non ve ne fosse alcun bisogno e probabilmente sarà usata solo poche volte, dimostra che pur vivendo nel pieno della crisi climatica continuiamo a considerare l’ambiente solo come una risorsa da sfruttare. Dovremmo porci degli interrogativi sulla nostra incapacità di fruire di un luogo se non antropizzandolo e sulla nostra spinta a trasformare l’ambiente incontaminato in un parco giochi come unico modo per apprezzarlo.

È nota la banalità del male molto meno quella del bene, “La zona d’interesse” lo mostra perfettamente

Ne “La zona d’interesse”, di Jonathan Glazer, tutto l’orrore è nascosto da una prospettiva di alterità; non vederlo però non significa nasconderlo. Con la storia della famiglia di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, l’estetica realista e scarna dentro cui è incorniciata e il rumore di sottofondo che evidenzia il cortocircuito tra bene e male, la pellicola riesce a rimetterci davanti agli occhi non solo un ritratto indimenticabile, ma un monito sull’indifferenza asettica che ancora oggi spesso vediamo di fronte alla sofferenza altrui. È la banalità del bene, infatti, quella che sembra percepirsi, più che la banalità del male; un bene intimo e quotidiano, espresso senza ostacoli né dubbi, con piena coscienza di ciò che prendeva luogo in uno spazio connotato dal male diffuso in ogni suo centimetro.

L’unica violenza di Pisa è quella dei poliziotti. Serve un governo responsabile e codici identificativi.

Le reazioni della destra alla violenta repressione delle forze dell’ordine della manifestazione di studenti a Pisa non fanno che dimostrare un pressappochismo che affonda le sue radici nell’ideologia, ricordando un po’ il berlusconismo, quando tutti i contestatori erano dei poveri comunisti. Oggi sono dei presunti violenti spalleggiati dalla sinistra. Per la destra, infatti, il dissenso è sempre una depravazione, una falla nel sistema che prevede un complotto, un pericolo da arginare, con le cattive. Il mancato esame di coscienza dopo questi episodi vergognosi, però, appare come il marchio d’infamia di un governo estremista e liberticida. È ora di porre fine all’impunità delle forze dell’ordine, ogni agente deve avere un codice identificativo esposto in modo ben visibile sulla divisa.

Chiediamo agli uomini di cambiare ma poi non accettiamo che non siano più “quelli di una volta”

Mentre parliamo sempre più spesso, e a ragion veduta, della necessità di raggiungere la parità di genere, la sensazione è che nei discorsi pubblici mainstream le trasformazioni dei concetti di femminilità e mascolinità non abbiano ancora la stessa rilevanza. Se cioè la conquista di una maggiore indipendenza femminile – seppur, purtroppo, non ancora consolidata – viene giustamente vista come un traguardo, i cambiamenti che coinvolgono l’idea di “vero uomo” sono ancora percepiti come una perdita. Questo nonostante le due questioni siano indissolubilmente legate tra loro, a volte anche attraverso un rapporto di causa-effetto.

Tra vicinanza alla Russia e antiamericanismo, su Gaza e Ucraina c’è un doppio standard inaccettabile

Il doppio standard è una delle più grandi cialtronerie in politica e in generale nella società, eppure ha coinvolto anche i dibattiti su quanto sta accadendo in Medio Oriente. Tra vicinanza all’universo russo e antiamericanismo di alcuni esponenti pubblici, infatti, per alcuni è normale pretendere che l’Ucraina si arrenda mentre si chiede, giustamente, il cessate il fuoco a Gaza. Se non fossimo accecati dalla faziosità, riusciremmo ad appoggiare tutti i popoli invasi e vessati senza soffermarci su quei contorni che sfociano nel motto “il nemico del mio nemico è il mio amico”.

È una caratteristica genetica della destra: più militari, più armi, più violenza. Senza motivo.

È una caratteristica genetica della destra: più militari, più armi, più violenza anche per placare una non-violenza. Dalle manganellate durante i presidi sotto le sedi Rai all’identificazione di chi ha omaggiato dei fiori all’oppositore russo di Putin Alexei Navalny o ha gridato “viva l’Italia antifascista”, il governo Meloni sembra fare quello che alla destra riesce meglio: aggrapparsi alla muscolarità dello Stato utilizzando le forze dell’ordine per reprimere indistintamente ogni dissenso. Di questo passo non solo finiremo per essere la Repubblica dei manganelli ma il pericolo è che ogni indignazione venga sedata sempre sul nascere.

Voyeurismo, bisogno di attenzione, controllo: l’esperimento “Quiet” del ’99 ha predetto i social

Alla fine del 1999, circa 150 persone si fecero rinchiudere insieme in un bunker sotterraneo di New York trasformato in una sorta di capsule hotel con 110 telecamere a riprendere tutto e a mostrare le loro vite in diretta sul web. Era l’esperimento “Quiet: We Live in Public”, del giovane imprenditore digitale multimilionario Josh Harris. Rispetto a progetti simili, come il Grande Fratello, l’esperimento di Harris non soltanto non aveva censure, ma aveva l’intento di spingere i partecipanti al loro limite più estremo, fin quasi a tornare allo stato brado, primitivo. Oggi, con i social, quel bunker si è ingigantito a dismisura, e la politica del controllo, soprattutto quello invisibile, condiziona le nostre vite ogni giorno.

Assecondare ogni bisogno del bambino è utile ma senza ascoltare i propri si finisce in burnout

Tra i messaggi del mercato del benessere e della genitorialità, che fanno leva sulle nostre insicurezze, e la voglia di sentirci genitori migliori dei nostri, negli ultimi tempi è emerso un nuovo trend, il gentle parenting. Il problema però è che spesso la genitorialità gentile si trasforma in intensiva, rendendo l’accudimento di ogni bisogno del bambino una performance in cui viene meno la consapevolezza delle proprie necessità da adulto. Così, il più delle volte, finiamo in burnout.

“La natura dell’amore” ci ricorda che amare è soprattutto imparare a rivedere noi stessi negli altri

“La natura dell’amore”, della regista e attrice canadese Monia Chokri, selezionato per la sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes dello scorso anno e distribuito nelle sale italiane da Wanted Cinema dal 14 febbraio, è un film comico, sensuale e serio sull’amore, sul tradimento, su quanto il giudizio della società impatti su una relazione più del sentimento e soprattutto sulla capacità di accettare le differenze. L’amore infatti è un verbo e, come tale, possiamo scegliere attivamente di amare, imparando ad accoglierci e accogliere.

Il comunicato Rai su Israele conferma: siamo “un Paese di musichette mentre fuori c’è la morte”

Cancellare dalla narrazione del conflitto israelo-palestinese quanto sta accadendo a Gaza, dove negli ultimi quattro mesi sono state uccise circa 28mila persone, è l’esasperazione della faziosità, soprattutto se viene fatto abusando dei propri poteri attraverso i mezzi pubblici. La Rai è sempre di più Tele-Meloni, il megafono di un governo che, non sapendo dare risposte concrete ai cittadini, usa i mezzi di comunicazione per portare avanti una propaganda sbilenca e per costruire una narrazione che non sta in piedi.

No, per salvarsi da una violenza sessuale nel metaverso non basta “staccare il visore”

Negli ultimi giorni ci sono stati orribili casi di cronaca di violenze di gruppo su minorenni. La portata traumatica di un evento del genere, per molti, è inimmaginabile. Anche la realtà virtuale, per quanto in maniera molto diversa, nasconde dei pericoli che non bisogna sottovalutare. La notizia di uno stupro nel metaverso, diffusa qualche settimana fa, è stata presa ingiustamente per una ‘fake news’ o un’esagerazione, ma il mondo virtuale non è altro che uno specchio di quello reale.

Con 76 elezioni a rischio, il 2024 è il banco di prova per la tenuta della democrazia nel mondo

Se il voto è il diritto politico per eccellenza e le elezioni rappresentano la più alta manifestazione di democrazia, in teoria il 2024 dovrebbe essere l’anno più democratico della Storia: più della metà della popolazione mondiale – per l’esattezza oltre 4 miliardi di persone – andrà al voto. Ma delle 76 nazioni che andranno alle urne, ben 28 non soddisfano i requisiti per un’elezione democratica.

“Smoke Sauna Sisterhood” mostra il senso profondo di unione che emerge quando ci si spoglia di tutto

“Smoke Sauna – I segreti della sorellanza” è un acclamato documentario della regista estone Anna Hints, nelle sale italiane il 5, il 6 e il 7 febbraio. Nelle tenebre di una “smoke sauna” – la tipica sauna a fumo e vapore di origine finlandese – un gruppo di donne condivide il racconto delle proprie esperienze più intime, gioiose o tragiche.

Di questo passo raggiungeremo la parità di genere solo nel 2155. Serve abbattere i muri delle disuguaglianze.

Il nostro Paese non solo si posiziona 25esimo su 35 Paesi europei per occupazione femminile, ma ha anche il dato più basso in UE, con solo un 51,2% di donne che lavorano regolarmente. Questo rende l’indipendenza economica un miraggio per un’italiana su due tra i 15 e i 64 anni e di questo passo la parità sarà raggiunta solo nel 2155. Misoginia, sessismo e diseguaglianze, però, non sono solo concetti astratti, ma azioni e parole che possiamo e dovremmo cambiare, a partire da oggi.

Col tempo rischiamo che la coscienza collettiva dimentichi gli orrori del fascismo e che li replichi

A quasi 80 anni dalla Resistenza, è fondamentale lavorare da un lato per restituire una piena coscienza di ciò che ha rappresentato il Fascismo nel nostro Paese, superando la visione distorta e positiva che spesso viene trasmessa con una lettura di questo fenomeno del tutto parziale e strumentale; dall’altro, serve valorizzare chi attualizza i valori che l’antifascismo ha garantito nel dopoguerra e che oggi vengono minacciati sempre più spesso.

Oltre il riscatto femminile, Povere creature! è la metafora dissacrante del sogno socialista

La storia che ha scelto di raccontare Yorgos Lanthimos con “Povere creature!” ha diversi aspetti che lo collocano in un genere a oggi molto richiesto, ossia quello delle narrazioni femminili che vertono sul riscatto, sull’emancipazione, sull’autonomia. Eppure, il film sembra andare oltre questa categoria, diventando la metafora favolesca e steampunk, dall’estetica dissacrante, del sogno socialista.

Ok la libertà di scelta individuale, ma chi vota PD non può pagare scelte da obiettori di coscienza

La bulimia politica del centrosinistra è stata la sua stessa condanna, perché incamerare realtà opposte tra loro ha sempre fatto saltare il banco, come dimostra anche l’astensione della consigliera dem del Veneto, Anna Maria Bigon, sulla legge regionale sul fine vita. Così il PD resta arenato nella rete delle correnti di partito, impotente di fronte alla guerra fratricida tra chi è ancorato al passato e chi ha la mente rivolta al futuro.

La più grande eredità di Berlusconi è considerare ancora “comunista” chiunque critichi la destra

Nonostante il centrosinistra sia ai minimi storici e gli eredi del comunismo portino avanti programmi politici non troppo distanti da quelli di CasaPound, qualsiasi avversario della destra, persino quella più estrema, viene ancora definito “comunista” o “zecca rossa”. Non sarebbe male constatare che parlare di comunisti era anacronistico già nel 1994, quando Berlusconi ci basò la sua strategia politica, figuriamoci trent’anni dopo.

Gypsy Rose Blanchard ha organizzato l’omicidio della madre. Ora è una star per social e aziende.

Gypsy Rose Blanchard aveva 23 anni quando fu arrestata per aver organizzato l’omicidio di sua madre Dee Dee, accusata di tenere la figlia in uno stato di semi-reclusione perché convinta che fosse affetta da gravi patologie. Oggi, dopo otto anni in carcere, è diventata una star: su Instagram ha già 8,5 milioni di follower e anche su TikTok è già seguita da 9,8 milioni di persone, cui vanno aggiunte le ospitate in tv, le interviste e le collaborazioni con le aziende. Il suo caso è la versione più assurda e crudele della stan culture.

Il nostro modello di coppia si sta trasformando nella simulazione della coppia stessa

In un contesto segnato sempre più dalla precarietà, anche il nostro modello di coppia sta subendo un momento: troviamo consolazione nella compagnia perché non possiamo, o non vogliamo, stare davvero da soli, ma al contempo, le pressioni sociali che viviamo quotidianamente portano a non voler aggiungere un’ulteriore responsabilità nell’insieme confuso delle nostre emozioni. È l’era della situationship, che sappiamo con certezza quel che non è, ma ancora ci sfugge il resto.

Dopo 25 anni, I Soprano è una delle serie più belle di sempre ma ampiamente sottovalutata in Italia

Sebbene nel 1999 il New York Times l’abbia definita “la più grande opera della cultura pop americana dell’ultimo quarto di secolo”, la serie tv “I Soprano” è stata a lungo sottovalutata nel nostro Paese. A distanza di 25 anni dal primo episodio, però, si può dire che la serie è tra le più belle mai realizzate e che si è rivelata la prima capace di spogliare dall’epicità e dal mito la narrazione sulla mafia italo-americana.

Manifestazione fascista impunita a Roma, il doppio standard del governo è già un trend del 2024

Se prendete il video della commemorazione fascista in via Acca Larentia, a Roma, e gli togliete i colori, sembra di assistere a una scena del 1924 documentata dall’Istituto Luce: una parata con saluti romani, centinaia, sincronizzati alla perfezione, e intorno anche delle croci celtiche. È vero, anche con altri governi abbiamo assistito a queste orrende nostalgie, ma l’ipocrisia del governo Meloni sta nel cadere dalle nuvole di fronte ad azioni fasciste mentre fa di tutto per contrastare il dissenso.

“Ricomincio da me” mostra quanta forza è necessaria a una madre per ricominciare da sé

Ci sono storie che non ci sappiamo immaginare. Non sono storie incredibili, sono le storie qualsiasi delle persone che ci stanno accanto, a volte anche molto vicine, anche sotto lo stesso tetto. Facciamo poche domande, abbiamo poco tempo, dobbiamo concentrare al massimo le nostre risorse e la nostra efficacia, misurata coi parametri dell’economia, il famoso capitale umano. Così tutto sbiadisce, si impoverisce. “Ricomincio da me”, diretto da Nathan Ambrosioni, in uscita nelle sale italiane in queste ore, sembra parlare proprio di questo, riuscendo a condensare in quella strana ma efficace alchimia del cinema francese sia la commedia che il dramma.

Questi secondo noi i 10 migliori film del 2023

Il 2023 è stato un anno singolare per il cinema, tra lo sciopero degli sceneggiatori e degli attori a Hollywood e l’aumento degli esordi di registe. Da pellicole più emotive come “Aftersun” e “Foglie al vento”, fino alle narrazioni più contemporanee, come “Tár”, “Dumb Money” e “Anatomia di una caduta”, ecco, secondo noi, quali sono i dieci migliori film usciti in Italia nel 2023.

Queste secondo noi le 10 migliori serie del 2023

Il 2023 è stato un anno di grandi transizioni per le serie, tra cambiamenti sulle piattaforme, show di successo arrivati al termine, e nuovi franchise. Dalla seconda stagione di “The Bear” alla quarta di “Succession”, passando per “A Murder at the End of the World” e “The Curse”, queste sono le 10 che, a nostro parere, vale la pena guardare, pronti a sacrificare la propria sconvolgente vita sociale.

Coma Cose: la semplicità di una coppia eccezionale

Se è difficile gestire il processo creativo quando si è soli, all’interno di un microcosmo trovare il giusto equilibrio è davvero qualcosa che si approssima all’alchimia. Lo sanno bene i Coma Cose che hanno dato forma a una realtà che rappresenta tutto ciò che amano, una sorta di contenitore in cui far confluire impressioni, sensazioni e l’impronta di Milano sulla loro vita.

Il futuro della mobilità è la condivisione

La sharing economy può dare il suo contributo al superamento del modello economico capitalistico che si fonda sul possesso esclusivo, consentendo di recuperare un approccio condiviso ai beni e ai consumi. Opponendosi al modello di economia lineare che produce sprechi ormai insostenibili può infatti aiutarci a superare degli inconvenienti quotidiani – come il rimanere imbottigliati nel traffico, ognuno con la sua auto –, ma anche contribuire a una prospettiva sociale alternativa, opposta a quell’egoismo che sta ormai mostrando tutti i suoi effetti deleteri.

Prendersi cura di sé è un atto politico, non un claim pubblicitario

Le costanti attraverso cui la cura di sé viene mostrata online sono i product placement e sponsorizzazioni, mentre ormai sembra non trovare più spazio il potente significato politico che essa può avere. In questo senso la vera cura implica che si parta dal proprio io per riscoprirsi parte di una società, di un gruppo, al quale l’attenzione, l’ascolto, l’accoglimento si deve estendere. Perché noi stessi siamo la nostra prima relazione, il mezzo tramite cui situarci nel mondo.

Introiettiamo il modello di mascolinità violenta da adolescenti. Come società dobbiamo estirparlo.

Per aderire a un modello tradizionale di mascolinità e accedere ai vantaggi sociali dell’essere uomini, sempre più adolescenti si addestrano all’aggressività, interiorizzando meccanismi di dominio e prevaricazione, e si condannano a provare emozioni silenziose e a dare costanti esibizioni della loro potenza virile, come se ciò consentisse loro di accedere a una “patente maschile”. Alla luce di questa cultura non si possono considerare i casi di violenza ai danni delle donne come fossero degli eventi sporadici, fatti straordinari e privati, ma occorre rivedere un intero sistema culturale, che danneggia anche gli stessi uomini.

“The Day After” voleva essere un monito. È diventato una premonizione.

Quarant’anni fa, nel novembre 1983, metà della popolazione statunitense si sintonizzava sul canale ABC per vedere “The Day After”, un’ipotesi tutt’altro che implausibile della fine del mondo, non tanto per esorcizzare un trauma passato, quanto, forse, per prevenirne uno futuro. Gli effetti speciali utilizzati risultano ormai ampiamente superati e riguardarlo oggi non ha la stessa potenza del passato ma, paradossalmente, l’escalation di eventi che nel film portano allo scoppio di una terza guerra mondiale immaginaria, iniziata con un attacco atomico, è ben più attuale e concreta ora di quanto lo fosse qualche decennio fa.

“A Room for Romeo Brass” mostra perché la violenza skinhead è parte integrante dell’identità inglese

“A Room for Romeo Brass”, è un film che pur esplorando un gruppo di relazioni estremamente ristretto, riesce a ritrarre il cambiamento culturale che ha interessato l’intera società inglese tra anni Ottanta e Novanta, con il tramonto dell’immaginario skinhead e la presa di distanza dalla sua radice ideologica, ormai apertamente di estrema destra. Nell’accostare la ricostruzione storica e quella diaristica, riguardante l’esperienza personale del protagonista, il film fa scorrere la ribellione di un adolescente in parallelo ai primi cenni di diffidenza nei confronti di un moto sociale che era stato altrettanto ribelle, ma ben più violento e distruttivo.

“Todo Modo” trascende il tempo, raccontando come opera il potere e la sua corruzione in Italia

Ancora oggi Todo modo di Leonardo Sciascia è un’opera che descrive magistralmente la spartizione del potere in Italia. Dopo la pubblicazione del romanzo, nel 1974, abbiamo infatti assistito a innumerevoli casi simili a quelli narrati, in una sorta di premonizione dello scandalo della P2, di Tangentopoli o del caso Emanuela Orlandi. Nonostante i quasi quarant’anni trascorsi, la rete di relazioni che muove le sorti del nostro Paese non è diversa da quella tessuta da don Gaetano, con tutte le sue storture e contraddizioni.

L’aborto deve tornare a essere un tema collettivo per non lasciare sole le donne a chi le ostacola

Oggi diamo per scontato che l’aborto sia una questione politica ma si tratta di una conquista piuttosto recente: per tutta la storia dell’umanità, l’aborto è invece esistito come una questione privata che riguardava soltanto le donne e il loro corpo, senza che venisse pubblicamente affrontata da un punto di vista morale o legale. I dibattiti in questo senso si sono intensificati nella prima metà del Novecento, quando c’era la necessità di legiferare sull’aborto. Ora, invece, assistiamo quasi al movimento inverso, come se l’interruzione di gravidanza stesse tornando nella sfera del privato, ma con conseguenze per certi aspetti molto più negative rispetto al passato.

“Paraventi”, in Fondazione Prada, l’importanza dell’invisibile

Ibridando culture ed epoche diverse, così come tecniche e sensibilità, “Paraventi”, in Fondazione Prada, ci porta a sporgerci sul limite del conosciuto, riconoscendo le contraddizioni e la parzialità su cui si fonda la nostra conoscenza, invitandoci a decifrare con occhi nuovi la maniera in cui si manifesta il presente, esercitandoci ad abitare la liminarità.

“Dream Scenario” mostra l’esasperazione del dualismo con cui viviamo la nostra identità digitale

“Dream Scenario”, di Kristoffer Borgli, è un film che riflette sul nostro modo distorto di vivere la notorietà, da quando essa sta venendo sempre più a coincidere con il concetto di viralità. La storia di Paul, un uomo che inizia a comparire nei sogni di migliaia di persone, rappresenta infatti una versione materiale, incarnata dello schermo attraverso cui quotidianamente ci nutriamo non solo di altre immagini, ma anche di informazioni, storie, nomi e notizie virali che dovrebbero rimanere in quello spazio etereo, ma che diventano invece sempre più concrete, con effetti tangibili e non sempre positivi sul nostro stato emotivo e sulla nostra vita reale.

Con la crisi climatica, amare la montagna è lasciare meno tracce di sé. Non salire a tutti i costi.

Frequentare la montagna in tempi di cambiamento climatico significa accrescere la propria consapevolezza e farsi carico delle proprie scelte. Non possiamo permetterci di fingere di ignorare le conseguenze di ciò che facciamo, e allo stesso tempo dobbiamo trovare un equilibrio per continuare a fruirne evitando che il nostro passaggio lasci segni incancellabili, precludendo alle prossime generazioni la possibilità di avere le nostre stesse opportunità.

Condannare l’antisemitismo è doveroso. Farlo sotto il segno della fiamma tricolore, un’ipocrisia.

A partire dal giorno degli attacchi di Hamas a Israele, ogni commento sul conflitto sembra nascondere un sottotesto, che viene spesso strumentalizzato per accusare di antisemitismo chi critica le azioni ai danni dei palestinesi, come se le due posizioni fossero inscindibilmente correlate. Sentir avanzare delle accuse simili da un partito che non ha mai rinnegato i simboli – come la fiamma tricolore – e l’eredità del Movimento Sociale Italiano fa però riflettere ancora una volta sulla necessità, anche per la destra italiana, di fare i conti con il proprio passato, per potersi muoversi nel presente senza ambiguità.

Non basta parlare di sostenibilità. Serve agire di conseguenza.

Sempre più spesso si sente parlare di sostenibilità, ma c’è un problema, ed è proprio che se ne parla e basta. Oggi, però, bisogna agire, e farlo molto rapidamente. Audi ha dimostrato di porsi in maniera netta rispetto a questo tema, con un approccio innovativo e rivoluzionario per quanto riguarda il settore dell’automotive, che apre una possibilità di ridefinire il futuro, impegnandosi in tempo record a ottenere un cambiamento nel presente.

Il premierato voluto dalla destra va fermato perché spiana la strada ad autocrazie e dittature

Ora che è al governo, Meloni sta applicando pienamente la linea dell’estrema destra, con la sua tendenza accentratrice e pretesa di pieni poteri, pur tentando di mascherarla attraverso dei meccanismi di distrazione. Questo atteggiamento è evidente se si guarda all’ultima manovra dell’esecutivo, in cui l’attenzione è stata distolta da misure come l’aumento dell’IVA sugli assorbenti o la riforma costituzionale sul premierato, e spostata su argomenti di second’ordine.

Riconoscere l’identità sonora di una città è essenziale per capire come poterla vivere

Come evidenziato dai dati, le nostre città, e in particolare Milano, sono molto – troppo – rumorose, anche se spesso tendiamo a minimizzare l’impatto di questo inquinamento sulla nostra vita. L’identità sonora di un luogo è invece essenziale per comprendere in che modo abitarlo, come ricorda l’installazione “MINI Inhabit Sound”, presentata da MINI a Milano, che sviluppa una riflessione sulla sostenibilità in ambito urbano, a partire dalle caratteristiche uditive della città e dalle potenzialità tecnologiche del settore elettrico.

Stiamo entrando nell’era in cui iniziare a considerare i rifiuti una risorsa

Oggi la crisi dei rifiuti è, senza dubbio, globale, perché oltre a estendersi a qualsiasi luogo del pianeta, ne ha intaccato ogni elemento naturale. Nonostante le evidenze, continuiamo però a percepire i nostri prodotti di scarto come una questione marginale, sia letteralmente che in senso figurato. Li scarichiamo nelle periferie del mondo e del nostro immaginario come se non ci appartenessero, e soprattutto senza vedere il potenziale intrinseco di materiali che potrebbero essere rigenerati molte volte, costituendo una risorsa a tutti gli effetti.

Mentre 1,5 mln di italiani soffre di ludopatia lo Stato incassa 10 miliardi annui dal gioco d’azzardo

La ludopatia continua a rovinare la vita di un milione e mezzo di italiani, presentandosi come una problematica trasversale a tutte le fasce della società. Anche se sul tema si assiste spesso a una frettolosa colpevolizzazione, queste situazioni celano dinamiche complesse, tra cui fragilità individuali e scarsità di strumenti culturali e comportamentali per far fronte a situazioni difficili, che andrebbero invece trattate partendo dalla comprensione dei meccanismi psicologici che le generano.

La manifestazione organizzata da Salvini contro l’Islam è l’ennesima assurdità abietta

Salvini ha indetto una manifestazione a Milano per il 4 novembre, parlando di “un’occasione per ribadire l’importanza delle libertà e della democrazia, della lotta al terrorismo, all’antisemitismo e al fanatismo islamista”. Considerando lo scenario geopolitico attuale, si tratta di una provocazione del tutto sterile e insensata, utile solo a fomentare l’odio per il diverso. Non siamo in guerra contro l’Islam, né contro alcuna cultura diversa dalla nostra. Qualcuno lo spieghi al nostro ministro della Repubblica.

No, la geoingegneria non sarà l’antidoto alla crisi climatica. I mezzi esistono, ma non li usiamo.

La prospettiva della geoingegneria, che affida alle nuove tecnologie il compito di arginare la crisi climatica, è per certi versi rassicurante, perché ci libera dalla responsabilità di cambiare stile di vita e modello socio-economico e ci culla nell’illusione di avere un onnipotente ruolo salvifico. Ma non possiamo nasconderci dietro questa speranza, ignorandone i possibili effetti collaterali.

“Everybody Talks About The Weather”, tranne te. Ed è ora di iniziare.

La contemplazione del cielo è sempre stata roba da artisti, poeti, perditempo con la testa fra le nuvole: figure poco raccomandabili, improduttive, sempre un po’ schernite dal resto del mondo. Così, fatichiamo a capire che siamo del tutto inermi di fronte agli eventi atmosferici estremi, che il clima, in realtà, ha da sempre influenzato le azioni degli esseri umani, le culture che hanno preso forma alle diverse latitudini del pianeta, così come le norme e i miti che le caratterizzavano. È proprio questa la relazione che vuole far emergere “Everybody Talks About The Weather”, curata da Dieter Roelstraete a Ca’ Corner della Regina, sede veneziana di Fondazione Prada.

Non sappiamo più confrontarci con le emozioni negative. Le usiamo solo per riempire i social.

Viviamo nell’ossessione di sentirci adeguati anche di fronte alla sofferenza e alla nostra vulnerabilità, pretesa che fa da sempre parte dell’essere umano, ma che oggi siamo arrivati a sperimentare in fase acuta, dato che ci vorremmo belli, vincenti, interessanti e impeccabili non solo davanti alla tristezza, ma a volte proprio “grazie a essa”. Questo desiderio di sfruttare a nostro vantaggio anche le emozioni negative, però, non può che farci sentire sempre più impreparati nei loro confronti, dato che i modelli e le raffigurazioni che proliferano attorno a noi, essendo sempre più asettici e distanti dalla realtà, spesso hanno poco a che fare con ciò che stiamo realmente provando.

Il ticket d’ingresso a Venezia ci mostra il futuro del Paese. Un luna park a tema.

Le future evoluzioni del turismo dovranno tenere conto sia della tutela dell’ambiente, sia della polarizzazione classista che interventi come il ticket giornaliero inserito a Venezia possono generare. Da un lato, dobbiamo superare la considerazione del territorio come una risorsa da sfruttare e dall’altro evitare di trasformare il viaggio in una prerogativa per pochi nel nome della protezione dei luoghi.

Le politiche sovraniste sono prive di contatto con la realtà, per questo sono fallite sui migranti

Per anni le forze di destra hanno sbandierato i principi sovranisti, aizzando i cittadini contro tutto ciò che proveniva dall’esterno dei confini nazionali e progettando blocchi navali, muri da innalzare, confini blindati e forme di detenzione per i migranti. Senza una reale cooperazione tra gli Stati, ognuno ha tentato di alimentare il culto del patriottismo arroccandosi sui precetti dell’esclusione, che ad oggi però si sono rivelati in tutta la loro inconsistenza.

“Asteroid City” è una bolla di realtà iperrealistica. Come la mostra in Fondazione Prada.

Qualcuno dirà che Wes Anderson incarna l’America hipster e radical chic, insopportabile a molti. Ma il suo mondo cinematografico, retto da un’ossessiva mania di perfezionismo, è anche lì per ricordarci che le forme, quando composte sapientemente, possono parlare qualsiasi lingua, farsi capire rifacendosi alle impressioni emotive che ci hanno plasmati. “Asteroid City”, il suo ultimo film, e l’omonima mostra dedicata al regista da Fondazione Prada, ne sono la conferma.

Per ridare forza alle istanze progressiste serve chiedersi cosa significhi, oggi, essere di sinistra

Per rendere la sinistra una forza politica realmente efficace e progressista, e non l’eco di un passato che ha modellato la nostra ideologia pur non avendolo vissuto, è necessario ripartire da istanze in cui l’elettorato possa riconoscersi. Il lavoro, i diritti civili e sociali e la lotta a ogni tipo di intolleranza sono temi che occorre continuare a difendere, soprattutto nell’attuale contesto politico italiano, dove i principi fondanti la democrazia sono sempre più in pericolo.

La seconda stagione di “The Bear” è ancora più potente della prima

In un momento storico in cui la creatività sembra spesso condensarsi nel riciclo, nel rifacimento, nella stasi, è confortante sapere che possono ancora esistere prodotti originali e dirompenti come la seconda stagione di “The Bear”. Oltre a far confluire nei discorsi sul cibo anche l’elaborazione del trauma, il venire a patti con la perdita e il compito ancora più lento e doloroso di espiare una colpa, la serie racconta un atto trasformativo, rivolto a sé stessi e al mondo, partendo dalla possibilità di tutti e tutte di imparare a mettere la cura al centro del proprio agire, di essere persone migliori, per noi e per gli altri.

Stiamo assistendo alla normalizzazione della estrema destra al potere. E non battiamo ciglio.

Se vent’anni fa ci avessero detto che un giorno avremmo avuto al potere un partito neofascista con la fiamma tricolore nel simbolo, avremmo stentato a crederci. Eppure non solo è successo, ma con il governo Meloni molte posizioni di estrema destra passano sempre più come lecite e condivisibili, pur non essendolo. Lo sbaglio sta alla radice: l’aver lasciato che si diffondessero pensieri fascisti, razzisti e omofobi considerandoli opinioni legittime.

“La grande abbuffata” è ancora la metafora nauseante del consumismo corrotto della nostra società

“La grande abbuffata”, film del 1973 di Marco Ferreri, ha profetizzato con cinquant’anni d’anticipo lo scenario a cui assistiamo oggi, in un mondo dove la democratizzazione dell’abbondanza non ha portato alla redistribuzione di ricchezza e di qualità; ma alla diffusione di una cultura del consumo immediato e perenne.

No, l’agorafobia non è la paura di stare nei luoghi affollati. Quasi il contrario.

Anche se siamo soliti identificare l’agorafobia con la paura degli spazi affollati, questo disturbo rappresenta in realtà qualcosa di più stratificato e soprattutto di molto difficile da riconoscere se non si guarda attentamente ai propri comportamenti. Chi ha sintomi connessi all’agorafobia tende infatti a temere i luoghi in cui è difficile scappare in caso di pericolo o ricevere soccorso, in particolare quindi quelli isolati e difficili da raggiungere.

Il consenso sembra il perfetto discrimine tra bene e male ma la realtà è ben più complessa di così

Negli ultimi anni, il tema del consenso è diventato centrale quando si parla di violenza di genere, tanto che “ormai ci appare come il perfetto criterio di discrimine fra il bene e il male, fra ‘buon’ sesso e stupro”, diventando una sorta di panacea di tutti i mali. Eppure questo approccio ha i suoi limiti.

La Biennale è la traccia politica e culturale di come l’identità di Venezia si è plasmata nel tempo

La Biennale di Venezia rappresenta un’Istituzione unica al mondo, così com’è unico lo spazio dei Giardini che tanto a lungo l’ha identificata, assumendo le fattezze dei pensieri e delle forze creative, immaginifiche e politiche che la attraversavano, e dando spazio a ciascuna di esse per farle coesistere nella diversità. Questa manifestazione testimonia dunque un fenomeno raro, che ha trovato un terreno fertile in cui attecchire e che affida all’Architettura il suo più alto valore simbolico ed esistenziale, in una città che al di là del perimetro dell’evento stesso è rimasta pressoché immutata, pur lasciandosi influenzare dalle sue spinte e dai suoi movimenti.

La crisi climatica è innegabile. Chi la contesta è in mala fede e ne è consapevole.

L’origine antropica dei cambiamenti climatici è ormai cosa nota da decenni a livello scientifico, tanto che aprire una discussione sul tema sembra qualcosa di anacronistico. Questo dato sembra però non essere così scontato se si guarda alle dichiarazioni di molti dei politici al governo, che continuano a sostenere le loro posizioni negazioniste anche a fronte delle manifestazioni più evidenti e distruttive della crisi climatica.

Il governo Meloni ci sta consegnando al collasso climatico

Non ci si dovrebbe sorprendere delle posizioni del governo rispetto alla crisi climatica, dato che già le premesse della campagna elettorale non erano buone, con Fratelli d’Italia in particolare che considerava l’ambiente solo come territorio nazionale e confini da difendere. Il problema, però, sorge quando affermazioni come quelle pronunciate dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che non si limitano a negare la crisi climatica ma sono definibili come vero e proprio negazionismo scientifico, si traducono in leggi e provvedimenti concreti, che rischiano di consegnare il Paese al collasso ambientale.

Il digital detox nella nostra società può solo essere un palliativo. Anche un bel po’ ingenuo.

Sebbene il fenomeno della dipendenza da tecnologia non sia mai stato riconosciuto ufficialmente dalla comunità scientifica, negli ultimi anni il numero di persone che ha un rapporto problematico con internet o con i propri dispositivi elettronici ha continuato a crescere. Così, una volta divenute evidenti le sue conseguenze sul benessere individuale – quali maggior senso solitudine, un’autostima più bassa e, spesso, disturbi del sonno – è andata diffondendosi anche la promozione di una presunta soluzione: il cosiddetto digital detox, che non è altro che un palliativo momentaneo. Per emanciparsi da questa dipendenza non bastano infatti dei periodi limitati di estraniamento, ma servirebbe una rivalutazione delle priorità di ogni individuo e ancor più dei meccanismi che regolano la nostra società.

In una società che ha accelerato a dismisura e vuole tutto, abbiamo perso l’enorme valore dell’attesa

Nonostante l’attesa sia parte integrante della nostra vità, come fatto biologico ancor prima che come stato mentale – basta pensare a molti dei fenomeni che riguardano il nostro corpo, come la gravidanza o il ritmo sonno veglia –, il nostro sistema ci ha dato l’illusione di poterla eliminare dalla nostra esperienza, per evitare di sprecare il poco tempo che ci è rimasto a causa dei suoi ritmi in costante accelerazione. L’attesa, però, ha in realtà un valore fondamentale per la nostra emotività, perché ci permette di coltivare i sentimenti che proviamo nei confronti di un evento futuro, conferendogli un particolare significato, in modo da non far crollare la nostra esistenza in un limbo dove tutto sembra equivalente e irrilevante.

Fa troppo caldo per lavorare

L’ondata di caldo a cui stiamo assistendo probabilmente non sarà l’ultima del 2023 e sicuramente non lo sarà dei prossimi anni. L’effetto di queste temperature continuerà a riversare le sue conseguenze su tutti gli aspetti della nostra vita, compreso il lavoro, che non potrà fare a meno di adattarsi, magari distribuendo diversamente gli orari lavorativi nel corso della giornata e dell’anno, aumentando la durata della pausa e riducendo gli orari di lavoro, oltre a pensare a divise e accessori diversi e puntare su impianti di raffreddamento. La crisi climatica è, in ogni caso, uno degli aspetti che influirà maggiormente sulla nostra stessa organizzazione sociale, e l’adattamento non basterà se non ci impegniamo a contrastarla.

Dobbiamo tornare a scoprire il valore umano delle piazze, intese come agorà greche

In una realtà dove sembra sempre più difficile riuscire a essere ottimisti, a causa degli eventi impattanti che continuano a susseguirsi e delle loro potenziali conseguenze sul nostro futuro, non dobbiamo dimenticare che solo un atteggiamento positivo nei confronti della vita può riverberare in modo altrettanto produttivo nel mondo. È quindi fondamentale darsi la possibilità di godere a pieno di ogni cosa capace di darci tregua, riscoprendo l’importanza di approfondire i nostri legami con gli altri attraverso momenti d’incontro e scambio in spazi aperti e pubblici come avveniva nelle agorà greche; ricordandoci che la nostra individualità prospera quando inserita in una comunità positiva.

Acque francesi, il Principe, tre barche di Pariolini e due spari

Il 17 agosto 1978, tre barche con a bordo una numerosa compagnia di pariolini in vacanza salpano da Porto Rotondo. Sono pronti a esplorare l’Isola di Cavallo, che possono intravedere a occhio nudo dal bagnasciuga sardo, come un pungolo di sabbia e scogli che li spinge a fantasticare sulle vacanze della famiglia Savoia, abituata a trascorrerle lì. Con loro c’è anche Dirk Hamer, il diciannovenne tedesco che quella notte rimarrà ferito da un proiettile per mano del principe Vittorio Emanuele. La sua morte e la vicenda giudiziaria che ne è scaturita viene ancora ricordata come uno dei casi più impattanti della storia italiana recente.

Il calcio femminile va valorizzato al pari di quello maschile. Vittorie e successi ne sono conferma.

A partire dagli ultimi Mondiali di calcio femminile, questa disciplina ha acquisito sempre più successo e visibilità mediatica, soprattutto per l’abilità che le atlete hanno dimostrato nel veicolare tematiche fondamentali dal punto di vista politico e sociale, rendendole parte integrante della performance sportiva, dell’adrenalina, dello spettacolo di cui erano protagoniste. Giocando esattamente come i loro colleghi uomini, le calciatrici hanno unito la qualità agonistica alla componente di attivismo propria dello sport, contribuendo a disinnescare gli stereotipi di genere e avvicinando il pubblico alle loro rivendicazioni.

Spinti dalla pretesa di avere ragione, rinunciamo al confronto per imporci sugli altri

Il sentimento che innesca il voler avere sempre ragione è molto simile a quello del fallimento e del suo rifiuto. Ma come per imparare a fare bene qualcosa devi averla provata a fare molte volte, e per forza di cose molte volte male, o anche malissimo; anche per avere ragione bisogna aver avuto torto molte, molte volte – e averlo riconosciuto e accettato.

Un Paese di ipocriti, dove tutti salgono sul carro del vincitore, per rinnegarlo poi appena fallisce

Per i tempi che stiamo vivendo sembra che la tendenza a voler sempre salire sul carro del vincitore, e al tempo stesso lapidare chi perde, sia diventata una caratteristica della nostra società. Per spirito di emulazione si segue la massa osannando una figura di spicco quando è in ascesa, per poi godere allo stesso modo – e tutti insieme – di un suo eventuale fallimento. Può essere una forma di invidia sociale, una via traversa per un riscatto basato unicamente sulla caduta altrui, o anche una semplice adesione passiva, ma ciò che questa tendenza rivela, con la sua diffusione, è l’evidente frattura interna al nostro contesto sociale, che ci porta a mitigare il dispiacere per i nostri fallimenti sulle spalle degli altri.

Rambo, ricordato come vuota celebrazione della potenza USA, va in realtà ampiamente rivalutato

Anche se negli anni la saga di “Rambo” è stata identificata come il simbolo dell’America reaganiana – militarista, muscolare e ossessionata dall’invincibilità –, a ben guardare “First blood”, il primo capitolo diretto da Ted Kotcheff, è qualcosa di molto diverso dall’americanata per antonomasia, dal prodotto consunto di un sistema sempre uguale a sé stesso, che sarebbe poi stato tanto bistrattato negli anni a seguire dalla critica cinematografica europea. Il film, infatti, ruota attorno a una rabbia bruciante, a un turbamento esistenziale che si fa veicolo di temi tutt’altro che banali o inconsistenti, come la solitudine dei reduci, l’incomunicabilità di un trauma, il tentativo di una nazione di rielaborare la sua stessa storia.

I violenti scontri in Francia mostrano come ghettizzare invece di integrare porti solo odio

Quel che colpisce maggiormente della reazione dei francesi all’omicidio del diciassettenne franco-algerino Nahel Merzouk e alle proteste che ha generato, è la spirale di discriminazione e violenza alimentata dall’estrema destra che ne è scaturita. Il sostegno dimostrato al poliziotto responsabile dell’uccisione, e non alla vittima, le azioni di gruppi neofascisti che sono state segnalate in tutto il Paese, e in generale il sentimento di odio crescente nei confronti delle comunità straniere, dimostrano quanto la mancata integrazione non possa che sfociare in un clima di divisione sociale, frutto di anni di colonialismo e ghettizzazione degli immigrati, le cui conseguenze sono ancora tangibili nella società francese.

Il proibizionismo è la peggiore risposta alle droghe, favorisce narcotraffico e tossicodipendenza

Le politiche proibizioniste, a prescindere da ciò che pensa e dice Meloni, sono sempre state motivate nella storia da dinamiche di dominio sociale, le stesse che oggi ci fanno combattere guerre retoriche e legali sul filo dell’ideologia, e ancora una volta a scapito dei nostri diritti e della nostra salute. Un fenomeno sociale come quello dell’uso e dell’abuso di droghe, infatti, non si risolve certo con il divieto al consumo o con una stretta autoritaria – che non fanno altro che aumentare le tossicodipendenze e il narcotraffico – ma dando alle persone gli strumenti per informarsi sui diversi effetti, positivi o negativi, che queste possono avere sul nostro corpo.

Dobbiamo concepire i comportamenti sostenibili non più come rinunce ma unicamente come guadagno

Non servirebbe alcun calcolo o bilancio per prendere coscienza di quanto, di fronte allo scenario che già si sta profilando davanti ai nostri occhi, la scelta di abbracciare un comportamento ecologico rappresenti un’innegabile fonte di guadagno, per noi e per il pianeta. Nei fatti, però, quando parliamo di sostenibilità continuiamo a farlo concentrandoci sulle rinunce, con una narrazione che paradossalmente finisce spesso per dissuaderci dall’adottare comportamenti virtuosi, come se questi interferissero con il nostro benessere. Al contrario, l’effetto positivo che possiamo generare nella realtà a partire dai cambiamenti che interessano la nostra vita, ha estrema rilevanza anche dal punto di vista personale, influendo direttamente sulla nostra felicità.

“Black Mirror” non ha più ragione di esistere

Nelle prime due stagioni di “Black Mirror”, precedenti all’influenza di Netflix, il suo creatore Charlie Brooker è riuscito in pieno a mostrare la tecnologia come una droga, insieme a tutti i suoi effetti collaterali, in una narrazione che non si riduceva alla semplice distopia e nemmeno a una rappresentazione fantascientifica, ma aveva qualcosa di inedito e rivoluzionario. Oggi però, la società si è adeguata nel bene o nel male alle trasformazioni tecnologiche che la serie descriveva come spaventose e al tempo stesso suggestive, anche se sono state estremamente repentine, tanto da farle perdere la sua potenza perché è stata superata dalla stessa realtà.

“Everybody Talks About The Weather” fonde evocazione e scienza per riflettere sulla crisi climatica

Da ormai qualche anno abbiamo iniziato a fare i conti con i primi e tremendi effetti del cambiamento climatico, tanto che parlare del tempo è diventato tutt’altro che uno spazio neutro e rassicurante, ma anzi, è un tema che ci costringe a interrogarci su una delle sfide più ardue della storia umana. Con la mostra “Everybody Talks About the Weather”, Fondazione Prada ha trovato nel contatto tra arte e scienza il dispositivo d’elezione per condensare e offrire allo spettatore una riflessione sull’attualità dall’inedita potenzialità di sguardo, che affianca opere d’arte e dati, colori e diagrammi, meteorologia e climatologia.

La legge Nordio servirà anche a snellire la burocrazia, ma sembra più uno scudo per molti reati

Per molti aspetti la legge Nordio, che negli ultimi giorni ha diviso nettamente l’opinione delle forze politiche e giudiziarie, segue la scia dell’impunità di massa che il governo sembra voler favorire. Più che un tentativo di snellire la burocrazia italiana, infatti, l’abolizione dell’abuso d’ufficio e le varie modifiche proposte in merito al tema del traffico delle influenze o delle intercettazioni, sembrano rientrare nei condoni – fiscali, edilizi e di qualsiasi altro genere – a cui la destra è avvezza, privando la magistratura di alcuni importanti strumenti di deterrenza nei confronti di certi reati, oltre che di limitazione della corruzione.

Sono diventata mamma senza per questo avere una vita tremenda. È possibile, ma siamo in poche.

In Italia c’è questa idea che non si possa essere genitori ed essere pure cool. Appena diventi mamma sei condannata alla sfiga, alla polvere, al dietro le quinte. Eppure non è così. Al di là degli stereotipi e dei giudizi sul diventare genitore, è possibile essere giovani, essere felici, avere paura, avere la pancia, aspettare un bambino, avere i capelli lunghi, mettersi i tacchi, andare alle feste, sognare, temere, vivere. Essere sempre noi stesse, e aspettare un bambino – che sicuramente è un’esperienza che cambia la vita, ma nonostante le tante difficoltà in meglio. Perché anche se è bene denunciare tutto ciò che non funziona, avere un figlio non ha solo dei risvolti negativi, tutt’altro.

Sebastian Copeland ci mostra che nulla conserva la memoria del mondo come il ghiaccio

Esplorare, nel 2023, significa compiere un’azione sia interna che esterna. Da un lato infatti è un movimento intimo, filosofico, perché il livello di difficoltà esistenziale del raggiungere, sulle proprie gambe, in un luogo impervio, è sempre uguale, a prescindere dalle innovazioni tecniche che possono renderlo un po’ più semplice. Dall’altro, quegli stessi mezzi, in particolare le comunicazioni, lo rendono più tangibile, permettendo di avvicinare un grande pubblico a ecosistemi di cui altrimenti non farebbe mai esperienza, sensibilizzandolo. Lo testimonia la storia di Sebastian Copeland, che oltre a essere uno dei più grandi esploratori polari contemporanei, oggi impegnato in una missione in Groenlandia, è anche con le sue fotografie tra i più importanti testimoni della crisi climatica. Da vent’anni infatti porta l’attenzione mediatica sulle sue conseguenze deleterie, facendo della sensibilizzazione riguardo alla necessità di agire un cambiamento la sua principale vocazione.

Oggi, per lavorare, i giovani non devono solo essere preparati ma anche essere manager di se stessi

Se un tempo si faceva di tutto per perseguire la triade concorso pubblico-postofisso-pensione, oggi per le nuove generazioni questo iter è del tutto irrealistico. Non solo un giovane si ritrova senza i mezzi per ambire a certe posizioni, ma deve anche fare i conti con una realtà che gli impone di imparare un secondo lavoro: quello del manager.

Per evolvere tutti simultaneamente, non solo le risorse ma anche le opportunità vanno redistribuite

Nel mondo globalizzato contemporaneo, in cui è ormai chiaro quanto siamo tutti profondamente interconnessi, è fondamentale non perdere di vista la necessità di agire collettivamente per evolverci e progredire, oltre alla consapevolezza di quanto l’accesso al benessere e alle possibilità debba essere ampio, inclusivo e democratico, invece che esclusivo e inaccessibile.

Berlusconi non solo ha plasmato l’Italia ma la vita di 4 generazioni. Tra cui la mia.

Il flusso delle immagini della televisione di Berlusconi è lo specchio della personalità del presidente, una proiezione della sua mente, dei suoi sogni. Quello specchio – dove si riflettono donne dalle gambe chilometriche, soldi a non finire, opportunità per tutti – è diventato rapidamente anche l’immaginario degli italiani. Per i millennial, cresciuti con “Bim Bum Bam” e abituati a vedere donne sculettare in perizoma mentre cenano durante il game show preserale, Berlusconi è l’incarnazione della propria infanzia, una specie di daimon che si è inserito nelle nostre vite, tanto che la sua morte rappresenta anche la cesura definitiva con una dimensione passata, il tramonto dell’etica e dell’estetica che ne hanno plasmato fantasie, desideri e aspirazioni. 

“Il dubbio”, con Hoffman, è una cruda riflessione sul sistema di omertà della Chiesa cattolica

Il dubbio, dunque, è il teatro di un duplice processo: quello fallace in cui Padre Flynn e Suor Aloysius attaccano l’uno le idee dell’altra, impossibile da concludere; e quello che lo spettatore fa spontaneamente al sistema corrotto dell’istituzione clericale. Ciò che viene percepito come indiscutibilmente condannabile, alla fine del film, è infatti il meccanismo di omertà e coperture che la Chiesa utilizza per proteggere i preti pedofili dalle legge, mirando a tutelare l’istituzione e i suoi poteri invece che le sue possibili vittime.