Il nostro cervello è tutto quello che siamo, ma spesso lo diamo per scontato - THE VISION
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Il nostro cervello è tutto quello che abbiamo, anzi, è tutto quello che siamo. È qualcosa di talmente aderente alla nostra coscienza da far sì che spesso lo diamo per scontato tale è – inevitabilmente – l’identificazione tra meccanismo ed effetto, ingranaggio e funzione. Come tutte le cose tanto integrate nel nostro senso d’identità, purtroppo, è talmente parte di noi che ce ne dimentichiamo, ci è impossibile considerarlo come un oggetto. Da un lato è una tendenza del tutto comprensibile, come sosteneva Wittgenstein non possiamo verificare di volta in volta prima di usarla l’esistenza della nostra mano, impazziremmo; dall’altro però è senz’altro vero che – come prescrivono tante tecniche meditative – dobbiamo esercitarci e imparare a essere testimoni di noi stessi, e quindi del nostro funzionamento, a vari livelli, sia mentale, che emotivo, che fisico, e anche qui dalle dinamiche più tangibili e se vogliamo grossolane, muscolari, a quelle più profonde e sottili, che pure possono avere enormi effetti, spesso concatenati, nella nostra percezione, fino ad arrivare ai raffinatissimi sistemi del metabolismo e della riproduzione cellulare.

È su questo tipo di attenzione olistica che durante i due giorni di convegno recentemente conclusosi presso la sede milanese di Fondazione Prada, “Prevention on Neurodegenerative Diseases”, è stato posizionato il fulcro del discorso. L’evento, che ha visto coinvolti rilevanti centri di ricerca e studiosi di tutto il mondo, si è inserito nella quarta fase di Human Brains, “Preserving The Brain: A Call to Action”, l’imponente progetto sostenuto da Fondazione Prada a partire dal 2018 sulle neuroscienze, e quindi sul cervello, o meglio, sui tanti tipi di cervelli che esistono, sulle loro dinamiche e funzioni, e sui diversi modi che abbiamo per analizzarli e imparare a comprenderli, in maniera sempre più precisa e profonda. Questa fase si concentra sulla prevenzione delle malattie neurodegenerative, in particolare Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Multipla, SLA e Malattia di Huntington, fenomeni che ci spaventano talmente tanto che istintivamente, come ogni cosa che stimola la nostra preoccupazione, tendiamo ad allontanare, come se non ci riguardasse – sperando che non ci riguardi.

Gli scienziati e i medici coinvolti per il convegno invece hanno mostrato e dimostrato molto chiaramente, anche quando sono stati trattati temi specialistici estremamente di nicchia, quanto questo sia un problema che ci riguarda tutti in prima persona, sia da un punto di vista personale (la possibilità purtroppo tutt’altro che remota di ammalarci), che sociale (il peso di queste patologie sulla collettività e sul sistema sanitario, ma al tempo stesso anche il concerto necessario tra tutti gli attori istituzionali per ottenere dei risultati positivi tangibili). Il convegno è accompagnato da una mostra divulgativa, che raccoglie tutte le più recenti scoperte in ambito neurologico – e non solo – legate al funzionamento del nostro cervello e ai possibili fattori di rischio con cui può trovarsi a dover fare i conti: dall’inquinamento atmosferico, alla contaminazione del cibo, passando per la dieta, l’attività fisica, e l’igiene del sonno, ma anche il cambiamento climatico, l’ereditarietà e l’epigenetica, la comorbilità e il fumo. La mostra, inaugurata il 16 ottobre e visitabile fino al 7 aprile 2025, esplora soprattutto il territorio della prevenzione primaria, quindi indirizzata ai soggetti sani, e ospiterà durante questi mesi un programma di otto incontri, sviluppati in collaborazione con associazioni e organizzazioni di pazienti, in collaborazione con Z.E.A. Zone di Esplorazione Artistica, gruppo di ricerca critica che indaga i confini tra arte, design, architettura ed altre forme e linguaggi espressivi contemporanei, con un focus particolare su fragilità, accessibilità, partecipazione e inclusione, usando l’arte come mediatore e facilitatore.

Anche in questo caso Fondazione Prada propone quindi una visione multidisciplinare, che attraverso visioni e prospettive inedite e ibridate porta nuovi insight su temi altrimenti difficilmente raggiungibili dal discorso pubblico. Come dichiara la stessa Miuccia Prada: “Nel corso di questi trent’anni mi sono interrogata in varie forme su come la ricerca artistica e intellettuale possa incidere sulla vita delle persone. Cercare risposte sempre più attuali a questa domanda è lo scopo fondamentale di Fondazione”. E sembra essere davvero così, dato che sono stati portati a Milano alcuni dei più raffinati ricercatori del mondo, che con molta tenacia e tutta l’umiltà necessaria a qualsiasi indagine, anno dopo anno contribuiscono a cambiare le sorti del nostro futuro. Ma per farlo, come hanno ribadito più volte è necessario partire dal presente, da oggi.

All’aumentare degli inquinanti e all’accelerare del cambiamento climatico è necessario sviluppare strategie adattative, a partire dalle nostre abitudini e dal nostro stile di vita. Tutto ciò però è profondamente legato al sistema di valori collettivo, al sistema economico e politico, e all’educazione. Per questo serve un completo cambiamento di paradigma, su vari livelli, e su vari fronti, dalla scuola al lavoro, passando ovviamente per la sanità e lo stato. È questo l’invito sostenuto a gran voce dalla comunità scientifica internazionale, solo così sarà possibile per la ricerca avere un impatto positivo e concreto sulla vita di ciascuno su larga scala.

Il convegno, illuminante, è tuttora visibile su YouTube sul canale di Fondazione Prada e offre interventi più o meno tecnici sui temi fondamentali toccati dal comitato scientifico che si è raccolto intorno alla figura del dottor Giancarlo Comi, Professore Onorario di Neurologia dell’Università Vita Salute San Raffaele di Milano: epidemiologia, inquinamento, alimentazione, sonno, fattori protettivi, geni e altri fattori di rischio, plasticità cerebrale, prevenzione secondaria, priorità e azioni futuro. A partire da quella che ormai viene considerata a tutti gli effetti come un’epidemia di malattie neurodegenerative, l’analisi si è spostata sui fattori di rischio modificabili e non, dalla loro stratificazione e dal loro possibile calcolo, per una medicina tailor made. Un altro punto fondamentale è stato poi quello legato alla sensibilizzazione, in particolare sullo stile di vita, mostrando quanto quelle che ci sembrano accortezze minori quotidiane incidono molto più profondamente di quanto siamo portati a pensare sul nostro corpo, sul nostro cervello, e quindi sulla nostra regolazione mentale ed emotiva, in una parola sul nostro buon funzionamento, fin dalla vita intrauterina. Ogni azione o inazione può essere vista e misurata in termini di rischio e possibilità, ogni gesto ha un peso, che giorno dopo giorno si somma. E se da un lato è vero che il nostro corpo ha enormi capacità di “autoguarigione”, o autoregolazione, è anche vero che anche queste hanno un limite, e che piano piano l’equilibrio si sfasa, fino a sregolarsi, e quando si è arrivati a quel punto è praticamente impossibile tornare alla situazione precedente. Per questo bisogna evitare che accada. 

Guardare in faccia le nostre paure non è mai semplice, ma è necessario se vogliamo superarle, e dobbiamo superarle, perché non importa quanto grandi siano, ci riguardano, e l’unico modo per non esserne vittime è riconoscerne i confini, vedere in che modo si avvicinano, valutarne il peso, e prepararci ad affrontarle di conseguenza. Il nostro cervello è uno solo, sappiamo sempre più cose su di esso, ma sappiamo anche che queste sono una minuscola punta di un iceberg gigantesco, la ricerca procede sempre più rapidamente, anche grazie all’intelligenza artificiale, ma le sue scoperte devono essere diffuse e divulgate, in modo che tutti, senza distinzione di ceto ed educazione, siano in grado di esserne raggiunti e influenzati. Dobbiamo proteggere i nostri cervelli, a partire da oggi, e per farlo dobbiamo proteggere tutti noi stessi, olisticamente, dato che ormai è evidente che tutto sia interconnesso, e che a differenza di quanto ci è sempre piaciuto credere, il nostro corpo non ha una gerarchia piramidale, tutt’altro. Human Brains, e in particolare questa sezione, “Preserving The Brain: A Call to Action”, si mostra ancora una volta come un’incredibile occasione di stimoli e nutrimento, capace di integrare prospettive diverse e composite sul tema della salute e del benessere, che non è né un vezzo né un vizio, e men che meno qualcosa che può aspettare, di non prioritario, che può essere rimandato a domani. La vita dell’essere umano si allunga, ed è un bene, ma c’è il rischio che gran parte di essa, se non agiamo subito, sia caratterizzata dalla solitudine, dal dolore e dalla sofferenza prolungata, dalla perdita incosciente di Sé, di tutto ciò che siamo. Possiamo, dobbiamo, fare tutto ciò che è in nostro potere per invertire la rotta.

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