“Fatturare”, “ue figa”, “taaac”: il tormentone del Milanese Imbruttito ormai è insopportabile

Realtà come quella de Il Milanese Imbruttito non sono di certo il male del secolo. La domanda, semmai, è quanto questa mitologia dell’imprenditore rampante, di un manierismo di ritorno su un cliché già di per sé importato e di seconda mano possa ancora reggere in un presente in cui questi valori dovrebbero essere non dico estinti, ma quantomeno rimessi in discussione dalle fondamenta.

Con il taglio dei parlamentari risparmiamo tutti 90 cents l’anno. Un caffè amaro per la democrazia.

La vittoria del “Sì” non comporterà nessun vantaggio per il popolo, nessuna novità edificante, nessun risparmio, nessun metodo per rendere il Parlamento un ingranaggio più veloce. È solo una sottrazione del nostro potere di cittadini nella possibilità di scegliere da chi  e come essere rappresentati. Eppure l’abbiamo scelto noi. C’è stato un referendum regolare, nessuno può lamentarsi. D’altronde il populismo è una malattia della democrazia, un modo per indirizzare la popolazione senza uscire dai ranghi della democrazia stessa: questo referendum ne è la conferma più esplicativa.

La visione di “The Social Dilemma” spinge anche chi ne è dipendente a prendere una pausa dai social

The Social Dilemma fornisce un punto di vista inedito su qualcosa che abbiamo perennemente tra le mani e tramite cui svolgiamo non solo molte delle nostre azioni, ma attraverso cui ci apriamo a riflessioni personali, comunichiamo il nostro stato sentimentale, diffondiamo immagini dei nostri figli e, soprattutto, ci informiamo.

La pandemia ha incrinato il mito di Milano. Per molti tornare a vivere altrove non è poi così male.

Quello che per anni si è posto come “the place to be” italiano per eccellenza sembra aver perso la sua attrattività e a quanto pare molte persone si stanno interrogando sul senso di tornarci. In pochi mesi sono venute al pettine tutte le problematiche del modello Milano, ma la questione è più ampia.

Perché il rap in Italia non parla più di politica? È arrivato il momento che torni a farlo.

È inevitabile che il rap, così come qualsiasi prodotto dell’industria culturale, sia anche puro e semplice intrattenimento; ma vista la situazione catastrofica in cui ci troviamo tra pandemia, emergenza climatica, crisi economica, razzismo strumentalizzato e sistematizzato, disparità sociali, mancanza quasi totale di riferimenti politici di sinistra forse varrebbe la pena usare l’arte anche per far emergere temi importanti e parlare di qualcosa di diverso dai soldi e dal successo personale.

Questo referendum è puro populismo. Non ci servono meno parlamentari ma parlamentari migliori.

La battaglia per il “No” sembra essere ormai inutile. Il “Sì” purtroppo vincerà con percentuali bulgare e gli imbonitori in piazza faranno credere ai cittadini di aver ottenuto una vittoria contro la malapolitica. Quando gli italiani si accorgeranno di aver stravolto la Costituzione con pressapochismo e negligenza sarà troppo tardi.

Non c’è nessuna dittatura del politicamente corretto. C’è poca satira intelligente, e troppa idiozia.

Negare il fatto che internet abbia amplificato un senso di “chi va là” per qualsiasi argomento vuol dire avere lo sguardo oscurato, allo stesso tempo però usare questa scusa per delegittimare un progresso comunicativo volto anche a prendere atto dei tempi che cambiano è, oltre che scorretto, sterile.

I “Sessanta racconti” di Dino Buzzati sono le più belle metafore della nostra vita interiore

Ci sono momenti, nel corso della vita, in cui le nostre capacità di ascolto e di attenzione diventano più acute, la realtà che ci circonda diventa all’improvviso più presente e ci parla senza dire niente. Ci suggerisce qualcosa, è come se tutti i nostri sensi diventassero più ricettivi, in grado di sentire. Più che un mutamento della nostra percezione questi sembrano essere proprio cambiamenti della realtà, come se finalmente le cose avessero deciso di rivelarsi, anche se tutto resta identico a ciò che era. Ciascuno dei Sessanta racconti di Buzzati – raccolta che nel 1958 vinse il Premio Strega – evoca uno di questi momenti in cui tutto è normale e niente lo è.