“Monte di pietà”, in Fondazione Prada, ci mostra il debito come radice della società e del potere

“Monte di Pietà”, l’ultimo progetto ideato dall’artista svizzero Christoph Büchel negli spazi veneziani di Fondazione Prada, è indagine-voragine del concetto di debito come radice della civiltà umana e come veicolo primario con cui è sempre stato esercitato il potere politico e culturale. Grazie alla sua complessa rete di riferimenti spaziali, economici e culturali, la mostra ci attrae nei meandri di un inconscio, e ben presto, ci si accorge di non poter più tornare indietro.

L’Ue hai i suoi difetti ma è ancora il posto migliore dove vivere. E va difesa.

Da anni ormai ci lamentiamo per gli errori dell’Unione Europea e dell’Europa in generale ma, soprattutto in vista delle europee, forse dovremmo acquisire una visione più ad ampio raggio e renderci conto dei privilegi che abbiamo. In mezzo agli innumerevoli difetti, vivere in Europa infatti garantisce certe protezioni e certi vantaggi che né il blocco russo e orientale né quello americano hanno. Il tafazzismo contro il nostro continente dovrebbe essere sostituito da un senso comune di unità, da una consapevolezza maggiore delle conquiste storiche che abbiamo ottenuto e da una voglia di risolvere i problemi rafforzando l’Europa invece di indebolirla.

Il social freezing rischia di essere l’ennesimo modo capitalista per far soldi sull’ansia delle donne

Sempre più spesso, negli ultimi tempi, si sente parlare di “social freezing”, cioè la possibilità di congelare i propri ovuli per motivi sociali – che sia cambiare idea in futuro o l’assenza di politiche per la natalità nel presente. Diverse aziende hanno rapidamente intravisto gli enormi margini di guadagno di questo scenario, facendo appunto leva sulla fragilità delle persone, sul loro senso di vergogna, di inadeguatezza, e ultimo ma non ultimo sulla loro indecisione. Sembra che il capitalismo, dunque, trovi in questo modo il metodo per attingere alle risorse finanziarie, ed emotive, oltre che biologiche, anche di quelle donne che non vogliono essere madri adesso ma che, forse, potrebbero volerlo essere in futuro.

“Lo spacciatore” ci mostra che il costo che paghiamo per cambiare è fare i conti con noi stessi

“Lo spacciatore”, di Paul Schrader con Willem Dafoe e Susan Sarandon, è soprattutto un ritratto di insoddisfazione esistenziale, in cui l’assoluzione, la redenzione a quelle che pensiamo siano le nostre colpe, non è a portata di mano. C’è sempre per ognuno, però, una possibilità di cambiare. Il costo che paghiamo per farlo, impareremo, è prima di tutto un conto con noi stessi.

I complottisti del noncelodicono sono i primi a supportare Paesi dove non glielo dicono davvero

Sebbene l’analfabetismo funzionale riguardi ancora una cospicua fetta della popolazione italiana, adesso tra i cittadini c’è stata una sorta di maturazione digitale, è più facile stanare i complottisti e “non ce lo dicono” è diventato un meme. C’è però altro, e il paradosso finale consiste nel fatto che i principali esponenti del “noncelodicono” siano allo stesso tempo sostenitori di nazioni – spesso dittature liberticide – dove “non glielo dicono davvero”.

Facciamo gli anti-americanisti usando slogan, cultura e strumenti americani. È una ipocrisia.

L’antiamericanismo, che in questo periodo pulsa con una rinnovata veemenza, viene espresso con modalità bizzarre che spesso disorientano. Che vengano da destra o da sinistra, nel 2024 le proteste contro gli Stati Uniti hanno linguaggi e ideologie che abbiamo inconsapevolmente importato da loro. E non solo perché vengono propagandate da un un dispositivo probabilmente americano, scrivendo su un social americano, ripetendo concetti americani, ma questo perché si tenta di sconfiggere un sistema usando gli stessi codici da esso generati. In poche parole: siamo antiamericanisti con il mindset americano.

Isabella Rossellini, con i corti sul sesso animale, mostra che siamo animali più di quanto accettiamo

Se fossi ape, libellula, lucciola, mosca, mantide religiosa, lumaca, ragno, verme che forma avrei, e come questa forma entrerebbe in contatto con l’altro, entrerebbe nell’altro? Come farei sesso, o come farei l’amore, e perché lo farei, cosa mi piacerebbe? È a queste domande che, mescolando mondi onirici a una forma di divulgazione quasi infantile, Isabella Rossellini risponde con le serie di cortometraggi “Green Porno”, “Seduce me” e “Mammas”, in cui espande la sua – e di rimando la nostra – identità in una sorta di allegra perversione priva di giudizi.

“Una spiegazione per tutto” è il ritratto di un’Europa spaccata in due, incapace di comunicare

“Una spiegazione per tutto”, la nuova pellicola del regista ungherese Gábor Reisz, presentata alla 80° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ha vinto il premio Orizzonti come miglior film, recupera la funzione politica del cinema mostrandoci un’Europa divisa e incapace di confrontarsi. È una polarizzazione affettiva, più che ideologica, determinata non tanto dalla condivisione di idee e progetti, quanto da un sentimento di avversione totale per la parte opposta che ci impedisce di trovare punti in comune.

Osserviamo le vite altrui senza poter migliorare la condizione della nostra. Siamo millennial.

Tutte le dinamiche che caratterizzano la vita di un millennial sono novecentesche, ma con la tecnologia del terzo millennio. Quindi l’imperativo sociale, lo status da raggiungere, resta lo stesso dei nostri genitori: posto fisso, comprare casa, creare una famiglia. Non avendo i mezzi per farlo, c’è un’intera generazione che si sente fuori luogo. Non si riconosce nella realtà che la circonda, c’è un senso di disorientamento e di precarietà di massa, e questo influenza i rapporti tra le persone, quelli che ormai hanno un comune denominatore: la paura.

Per arginare gli antiabortisti è ora di eliminare dalla legge 194 l’obiezione di coscienza illimitata

Il processo che ha portato la legittimazione delle associazioni antiabortiste nei consultori da parte della destra arriva da lontano ed è stato testato con successo dalle amministrazioni locali prima di essere esteso a livello nazionale. Di fronte alle critiche, il governo si è sempre difesa richiamando la legge 194/78. L’unico modo per arginare questo fenomeno sarebbe proprio modificarla, però, rendendola una legge che si occupi esclusivamente di garantire l’accesso all’IVG e che non preveda più l’obiezione di coscienza illimitata.

I postumi della guerra persistono in chiunque l’abbia vissuta, come in “Allucinazione perversa”

I film che raccontano l’esperienza dei soldati che hanno vissuto in prima persona la guerra in Vietnam sono molti, a riprova della centralità di questo fatto storico nella coscienza collettiva statunitense. In “Allucinazione perversa”, film cult degli anni Novanta di Adrian Lyne, la rappresentazione di ciò che è stato il Vietnam passa attraverso non solo il conflitto sul campo, ma soprattutto l’impossibilità del suo superamento una volta finito, in un sempre più labile confine tra incubo e realtà.

Un’opposizione incapace di far sentire la sua voce è complice dei disastri governativi

Quando Giorgia Meloni prese il potere, il timore era che ci trovassimo di fronte alla sciagura di avere all’orizzonte il peggior governo possibile ma era stato sottovalutato il fenomeno che consiste nella simultaneità di ben due piaghe: un pessimo governo accompagnato da una pessima opposizione. La conseguenza di questa combinazione è l’impossibilità del nostro Paese di stare al passo coi tempi, a seguire la velocità delle nazioni che inevitabilmente aumentano il loro peso decisionale rispetto al nostro. Meloni può far credere che l’Italia conti qualcosa a livello internazionale, ma non è così. E un’opposizione incapace di far sentire la sua voce è complice dei disastri governativi.

Le nostre azioni sono un riflesso del mondo, e viceversa. Serve essere consapevoli del loro impatto.

Le autovetture per certi aspetti sono un ambito molto vicino all’architettura. Sono oggetti, ma anche spazi, che ci accolgono, proteggono e grazie ai quali possiamo spostarci liberamente, vivere nuove atmosfere, fare nuove esperienze. Con “Reflaction”, l’invito di Audi è a riflettere sul nostro agire, sulla consapevolezza che abbiamo delle conseguenze del nostro vivere su tutto ciò che ci circonda, che possiamo sviluppare anche un passo alla volta, un settore alla volta, mantenendo però gli occhi fissi sull’immagine riflessa che ci viene restituita.

La Spagna ha compreso che la sinistra, per essere tale, deve essere davvero progressista. Noi no.

Guardando alla Spagna e alle azioni messe in atto prima da Zapatero e poi da Sanchez insieme al Psoe, sarebbe davvero il caso che il PD prendesse spunto dalla loro evoluzione politica per colmare parecchie delle nostre lacune. Tra salario minimo, riduzione dell’IVA su pannolini e assorbenti, diritti LGBTQ+, aumento dei contratti a tempo indeterminato e “contributo di solidarietà” da parte dei più ricchi, in Spagna la sinistra sta facendo davvero la sinistra, e non si comporta come da noi come un suo sbiadito palliativo.

Per plasmare il futuro serve riflettere sulle nostre azioni e le loro conseguenze, come “Reflaction”

Da sempre l’essere umano si interroga sul significato più profondo e sulle dinamiche del suo agire. L’agire infatti è qualcosa che ci determina talmente tanto, e così costantemente, da sovrapporsi al nostro senso di identità più intimo. Agire è diventato uno dei verbi fondamentali per raccontare l’impegno e la direzione assunta ormai da anni da Audi, co-producer assieme ad Interni del Fuorisalone. E quest’anno, in occasione della Design Week di Milano, questa parola torna a informare il concept dell’Audi House of Progress nel cortile storico del Portrait Milano.

La Lombardia è la California d’Italia: ricca e inarrivabile.

La Lombardia è la locomotiva d’Italia. Questa frase la sentiamo da anni e, seguendo i parametri economici, non può essere smentita. Il paradosso del capitalismo però è che la ricchezza di una città, di una regione o di uno Stato non equivale sempre a una miglior qualità della vita. Tra canoni d’affitto alle stelle, sanità sempre più privatizzata e costi inflazionati, la Lombardia si trova di fronte a una verità inconfutabile: è diventata ricca, aspirazionale ma inarrivabile.

“La canzone della Terra” ci spinge a confrontarci con la misura del nostro vivere

“La canzone della Terra”, l’ultimo film, un documentario, della famosa regista norvegese Margreth Olin, prodotto nientemeno che da Liv Ullmann e Wim Wenders, nelle sale dal 15 al 17 aprile, è un film sui luoghi in cui ci sentiamo a casa, i posti delle radici, che ci hanno cresciuti e nutriti, che hanno dato forma alla nostra identità. Scandito dal lento susseguirsi delle stagioni e dei cambiamenti che esse portano con sé, nell’ambiente così come nella fauna e nella flora, nel nostro corpo e nella nostra mente, il film fa emergere con delicatezza il tema della direzione, e dell’intenzione, della nostra prospettiva esistenziale. Della maniera di trovare la rotta e di agire di conseguenza.

Siamo sempre più le comparse della nostra vita, non protagonisti, immobili davanti a ciò che accade

Oggi tendiamo a rispecchiarci sempre più di rado nel ruolo di protagonisti, capaci di rispondere efficacemente a ciò che accade, percependoci invece sempre più come delle comparse paralizzate, che assistono inermi al costante restringimento del proprio campo d’azione. In questo stato di “ipertrofia emotiva” non sappiamo più collocare su una scala di grandezza paure ed emozioni negative, che ci sembrano insormontabili. In uno scenario dove ogni evento è un’emergenza, però, nulla finisce per esserlo davvero.

Tra mental coach, guru ed esperti social, il marketing sta diventando l’inganno più abusato del web

Il culto del successo, proprio del capitalismo neoliberale, e il marketing da salotto, con i suoi inglesismi e le sue formule a effetto simili a quelle dei film Blockbuster, sono sempre più inflazionati da sedicenti guru, mental coach ed esperti che propongono facili formule per farsi notare e avere fortuna. Il loro proliferare testimonia in che misura questo indottrinamento culturale abbia inquinato il nostro modo di interpretare il concetto di realizzazione personale e di successo.

“How to Have Sex” mostra come l’impatto con la sessualità, per tante ragazze, sia spesso violento

La scoperta del sesso, per quanto un impulso universale più o meno per tutti, non è detto che sia sempre un’esperienza semplice e spontanea. Anzi, l’ansia che questo momento arrivi, la preoccupazione di essere indietro rispetto ai propri coetanei, la fretta o il sovraccarico emotivo che si riversa nelle aspettative, fomentate anche da una mitologia cinematografica e televisiva, possono contribuire a renderlo una prova tutt’altro che piacevole, per non dire traumatica. È di questo che parla “How to Have Sex”, film della regista inglese Molly Manny Walker disponibile da oggi su MUBI.

“Priscilla”, di Sofia Coppola, racconta due solitudini opposte ma convergenti: Elvis e Priscilla.

“Priscilla”, il nuovo film di Sofia Coppola, racconta le infinite attese, la noia e le sofferenze che hanno segnato l’amore di Priscilla per Elvis Presley. Tanto il movimento frenetico e ossessivo fa da perno alla storia di lui, quanto l’immobilità e la vacuità lo fanno a quella di lei. Priscilla ed Elvis, infatti, vivono insieme una dimensione esistenziale opposta ma convergente nel paradosso della solitudine, nonostante abbiano tutto quello che desiderano.

Per Pino Pascali l’arte era soprattutto un amuleto per esplorare un modo diverso di essere se stesso

Pino Pascali, tra i massimi esponenti dell’arte povera postbellica italiana, attivava le sue opere, ci parlava, ci giocava, ci entrava, le usava come oggetti di scena, amuleti che lo traghettavano in un altro regno e contesto, in cui poter esplorare un modo diverso di essere se stesso, o meglio una sfaccettatura del suo essere se stesso: missili, costumi, cilindri, sagome stilizzate, reti, trappole, piedistalli, rivoltelle, enormi sezioni di animali, ossa di dinosauri. La grande mostra di Fondazione Prada, aperta fino al 23 settembre, declina la breve eppure ricchissima parabola di questo artista in maniera esaustiva.

“Il mio amico Robot” ci ricorda che l’amicizia, spesso, significa anche saper convivere con il dolore

“Il mio amico Robot”, di Pablo Berger, è come un invito. Ci dice di osservare con calma le scene, di concentrarci sulle cose più piccole, e poi ci chiede di credere. È un film animato che cerca la complicità dei sentimenti e della visceralità spontanea delle emozioni prima ancora che il sostegno degli occhi. In questo modo ci parla di temi complessi come la sofferenza, il lutto e il sacrificio senza farci perdere di vista la meraviglia che deve regalare ascoltare una storia.

Uomini e donne della Gen Z hanno idee politiche e visioni del mondo sempre più contrapposte

Secondo un’analisi dell’Economist, che ha comparato dati provenienti da 20 nazioni ricche, tra cui l’Italia, i giovani uomini stanno diventando sempre più conservatori, mentre le giovani donne sempre più progressiste. Molti uomini, infatti, pensano che la società li discrimini e li punisca “per il solo fatto di essere uomini”.

“Il teorema di Margherita” racconta il tentativo di confrontarsi con l’infinito e addomesticarlo

“Il teorema di Margherita”, nelle sale italiane dal 28 marzo, racconta la matematica come un’immensa fase maniacale, una dimensione in cui si vive agli estremi del dominio della neutralità, nel bene e nel male, è la passione a muoverla, sia essa felice, sia triste. È qualcosa di molto simile a uno sforzo agonistico, fisico. Una brama fatta di notti insonni, pranzi frugali, alienazione, isolamento, pulsione ossessiva verso un oggetto. Margherita ha un solo obiettivo: risolvere la congettura di Goldbach, confrontarsi con l’infinito e possibilmente addomesticarlo, comprenderlo.

Depuratori di lusso e immobili all’avanguardia: anche l’aria è un discrimine tra ricchi e poveri.

Secondo una recente indagine, nei quartieri di periferia, in cui le case costano meno ma passano le tangenziali, c’è meno verde, maggiore densità abitativa e un’età media più alta, il tasso di decessi per inquinamento dell’aria è più alto che in centro. Per una serie di ragioni, geografiche ma anche e soprattutto di potere d’acquisto – lussuosi impianti di depurazione e case dagli infissi sigillati non sono alla portata di tutti – anche l’aria sta diventando un significativo fattore di disuguaglianze.

“Anatomia di una caduta” mette profondamente in crisi la nostra capacità di definire ciò che è reale

“Anatomia di una caduta”, disponibile da oggi su MUBI e vincitore dell’Oscar per miglior sceneggiatura originale e della Palma d’oro al Festival di Cannes, ci mostra ancora una volta come i due strumenti principali dell’agire e del percepirsi umano siano limitati: il nostro sguardo infatti è fallace, ed è ben lungi dall’essere uno strumento scientifico e affidabile; e il nostro linguaggio, allo stesso modo, invece che aiutarci a comprendere e a discernere nella maggior parte dei casi non fa che allontanarci ancora di più dalla realtà delle cose, facendoci credere che la nostra interpretazione della realtà sia la realtà, sia la verità e non semplicemente “una cosa vera”.

Le opportunità non sono uguali per tutti, per le donne il cammino verso la parità è ancora un labirinto

Si sente spesso dire che le donne sono il futuro del nostro Paese, o meglio, di qualsiasi Paese. Eppure, al momento nessun Paese al mondo raggiunge la piena parità di genere, nemmeno l’Italia, che ha perso 16 posizioni. Ciò significa che ci troviamo di fronte a un complesso sistema di ingiustizie sistematiche a vari livelli e di varia natura, ma costantemente presenti, che le donne devono subire e che rende la strada per la parità ancora un labirinto senza uscita.

“Mulholland Drive”, di Lynch, gioca sull’identità e sull’illusione che guidano la nostra esistenza

“Mulholland Drive”, film cult di David Lynch del 2001, fin dall’inizio gioca tutto sull’identità e sull’illusione che guidano la nostra esistenza. Nella pellicola, il regista mette a tema tutti i topoi della riflessione filosofica sul teatro, e quindi sulla maschera; sull’aderenza a un Io; sulla sua poliedricità e frattura; su come questo sentimento di identità si innesti in un corpo, sia un’esperienza fisica, ma al tempo stesso una sorta di allucinazione mentale; su come gli altri a loro volta ci vedono, ci ri-conoscono, ci identificano.

“Estranei” racconta tutta la bellezza e il dolore di ricordare un passato che vorremmo presente

“Estranei”, di Andrew Haigh, è senza ombra di dubbio un film sulla morte, sull’amore e sulla solitudine. Sono questi i temi centrali che affrontano i due protagonisti, Adam e Harry, interpretati da Andrew Scott e Paul Mescal, ma sebbene siano fondamentali, non sono tutto ciò che colpisce di più. La pellicola mescola infatti i piani della vita e della morte attraverso le immagini per far vivere un passato che vorremmo fosse il presente.

Tra scienza e mito, la corsa alla longevità è uno dei dibattiti urgenti del nostro presente

Il nostro tempo sulla terra è limitato, anche se nell’ultimo secolo grazie allo sviluppo della scienza e della tecnologia e, in parallelo, dell’innalzamento della qualità della vita e del benessere globale delle persone, la nostra aspettativa di vita si è dilatata enormemente. Il tema della longevità, soprattutto in un Paese come l’Italia, tra i più vecchi del mondo, è un tema fondamentale non solo a livello filosofico e antropologico, ma ancor di più a livello socio-economico, perché va a toccare una serie di ambienti rilevanti e interconnessi, come il lavoro, le pensioni, le città, la questione di genere, l’ambientalismo. Dialogare su come invecchiare bene e sul prolungamento della vita è sempre più urgente. Fino al 27 marzo, per farlo, a Milano c’è il Milan Longevity Summit, con oltre quaranta incontri gratuiti e sessanta scienziati di fama mondiale.

Meloni e Salvini continuano a lamentarsi dei problemi d’Italia come se non fossero loro al governo

Salvini e Meloni continuano a parlare dei problemi dell’Italia come se al potere ci fosse un’entità sconosciuta che per dispetto o incapacità non è in grado di risolverli, e non loro. A questo si aggiunge una pratica cara alla maggioranza: screditare non soltanto l’avversario politico, ma pure gli elettori che hanno votato a sinistra o che in generale non hanno votato la destra. Il problema è che abbiamo al governo delle forze politiche che ancora non si sono accorte di non essere più all’opposizione.

La transizione ecologica va accelerata ma non può avvenire nel solco del colonialismo

Tra inquinamento e sfruttamento dei lavoratori e delle aree meno ricche per l’estrazione dei metalli necessari alla transizione ecologica, al momento l’azione globale per la transizione ecologica non sembra in grado di garantire la giustizia sociale. Per rendere equa la filiera di questi minerali cruciali servono maggiori regolamentazioni, accordi internazionali e una vigilanza che garantisca il rispetto dei diritti dei lavoratori. Senza tutele, infatti, non si farà altro che alimentare nuovamente azioni colonialiste che renderanno le azioni per la sostenibilità nient’altro che giardinaggio.

Trump di nuovo candidato presidente è il paradosso di un Paese dove si comprano armi al supermercato

Fa quasi impressione, ma dopo quattro anni Trump sarà di nuovo il candidato dei repubblicani, considerando che alle primarie sta sbaragliando tutti. E sfiderà di nuovo Biden. È uno dei tanti cortocircuiti di una nazione dove è possibile comprare in un supermercato un’arma da fuoco ma non un Ovetto Kinder, in quanto considerato “pericoloso per i bambini”. Questo, nonostante l’ex presidenta debba affrontare quattro processi, tra i documenti classificati trovati nella sua residenza a Mar-a-lago e i tentativi di ribaltare la sconfitta del 2020.

Le aesthetic social non sono una forma di libertà ma l’ennesima scelta di modelli a cui adeguarsi

L’ossessione della cultura di Internet per le aesthetic, parcellizzate in categorie sempre più specifiche, ha a che fare con quella che è stata ormai riconosciuta come la morte delle sottoculture. Questa metamorfosi da corpo a core si realizza necessariamente nel capitalismo: per abbracciare una aesthetic non basta esistere, ma bisogna anche consumare tutto ciò che è legato a quella specifica core: acquistare l’abbigliamento adatto, leggere i libri giusti, persino sottoporsi a interventi di chirurgia plastica per avere il naso alla Barbiecore. Così, più che un innocente trend social, diventa l’ennesima imposizione a modelli culturali a cui adeguarsi.

“Tokyo Sonata” ci mostra che non siamo ciò che siamo stati ma ciò che decidiamo di diventare

“Tokyo Sonata”, il film del 2008 di Kiyoshi Kurosawa, disponibile da oggi nella rassegna “La luce giusta: Le direttrici della fotografia” su Mubi, è una storia familiare che porta alla luce importanti tematiche sociali della società giapponese, e non solo, come l’alienazione giovanile nelle periferie delle grandi città, la violenza domestica, l’epidemia di suicidi, la mancanza di comunicazione, ma anche i danni profondi di una struttura sociale fondata sul patriarcato, estremamente rigida e castrante.

“Los colonos”, o dell’abitudine a cancellare la Storia scomoda a noi occidentali

Alla fine del XIX secolo, nella Terra del Fuoco, la popolazione indigena dei Selk’nam venne sterminata dai coloni cileni ed europei, per occuparne le terre. Eppure, nonostante la sua brutalità, l’avvenimento è stato a lungo dimenticato tra le pagine di storia. Recuperandone i fatti reali e mescolandoli con la finzione, “Los colonos”, vincitore del FIPRESCI al Festival di Cannes, porta in scena la doppia natura della violenza colonialista, fisica e culturale, creando un racconto senza alcuna redenzione.

Le big tech ci stanno costringendo a ribaltare il principio base della cultura di internet: la libertà.

La regolamentazione di internet è una questione considerata complessa ma, almeno in Europa, sta diventando apparentemente banale. Negli ultimi tempi gli sforzi dell’UE per regolamentare l’operato delle Big Tech sono stati molti e il culmine è il pacchetto di leggi entrato in vigore definitivamente pochi giorni fa. Il prezzo da pagare per queste tutele, però , è stato il ribaltamento del principio da cui nasce la stessa cultura di internet: la libertà dalle regole dello stato.

Come i social hanno sdoganato la mitomania

Sui social abbiamo sdoganato la mitomania, superandone il senso clinico e facendola entrare a pieno titolo nella normalità, in ciò che consideriamo buon senso. Così tutti siamo convinti che la ragione sia la nostra, di essere gli unici a informarsi correttamente, di non poter sbagliare mai. Ci facciamo carico cioè di un immenso sapere che, pur non sapendo gestire, ci sentiamo in dovere di trasmettere alla nostra bolla per sentirci speciali e unici. Un giorno esperti di geopolitica, quello dopo di virologia, poi di tennis. Il pensiero che tutti abbiano un piedistallo, però, equivale alla realtà in cui nessuno lo possiede. Ed è questa la vera, nuova frontiera dell’ottusità inconsapevole.

La costruzione della pista da bob a Cortina è la metafora perfetta del nostro rapporto con la natura

Vedere le seghe elettriche abbattersi su centinaia di alberi di Cortina d’Ampezzo per fare spazio alla nuova pista da bob per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, nonostante non ve ne fosse alcun bisogno e probabilmente sarà usata solo poche volte, dimostra che pur vivendo nel pieno della crisi climatica continuiamo a considerare l’ambiente solo come una risorsa da sfruttare. Dovremmo porci degli interrogativi sulla nostra incapacità di fruire di un luogo se non antropizzandolo e sulla nostra spinta a trasformare l’ambiente incontaminato in un parco giochi come unico modo per apprezzarlo.

È nota la banalità del male molto meno quella del bene, “La zona d’interesse” lo mostra perfettamente

Ne “La zona d’interesse”, di Jonathan Glazer, tutto l’orrore è nascosto da una prospettiva di alterità; non vederlo però non significa nasconderlo. Con la storia della famiglia di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, l’estetica realista e scarna dentro cui è incorniciata e il rumore di sottofondo che evidenzia il cortocircuito tra bene e male, la pellicola riesce a rimetterci davanti agli occhi non solo un ritratto indimenticabile, ma un monito sull’indifferenza asettica che ancora oggi spesso vediamo di fronte alla sofferenza altrui. È la banalità del bene, infatti, quella che sembra percepirsi, più che la banalità del male; un bene intimo e quotidiano, espresso senza ostacoli né dubbi, con piena coscienza di ciò che prendeva luogo in uno spazio connotato dal male diffuso in ogni suo centimetro.

L’unica violenza di Pisa è quella dei poliziotti. Serve un governo responsabile e codici identificativi.

Le reazioni della destra alla violenta repressione delle forze dell’ordine della manifestazione di studenti a Pisa non fanno che dimostrare un pressappochismo che affonda le sue radici nell’ideologia, ricordando un po’ il berlusconismo, quando tutti i contestatori erano dei poveri comunisti. Oggi sono dei presunti violenti spalleggiati dalla sinistra. Per la destra, infatti, il dissenso è sempre una depravazione, una falla nel sistema che prevede un complotto, un pericolo da arginare, con le cattive. Il mancato esame di coscienza dopo questi episodi vergognosi, però, appare come il marchio d’infamia di un governo estremista e liberticida. È ora di porre fine all’impunità delle forze dell’ordine, ogni agente deve avere un codice identificativo esposto in modo ben visibile sulla divisa.

Chiediamo agli uomini di cambiare ma poi non accettiamo che non siano più “quelli di una volta”

Mentre parliamo sempre più spesso, e a ragion veduta, della necessità di raggiungere la parità di genere, la sensazione è che nei discorsi pubblici mainstream le trasformazioni dei concetti di femminilità e mascolinità non abbiano ancora la stessa rilevanza. Se cioè la conquista di una maggiore indipendenza femminile – seppur, purtroppo, non ancora consolidata – viene giustamente vista come un traguardo, i cambiamenti che coinvolgono l’idea di “vero uomo” sono ancora percepiti come una perdita. Questo nonostante le due questioni siano indissolubilmente legate tra loro, a volte anche attraverso un rapporto di causa-effetto.

Tra vicinanza alla Russia e antiamericanismo, su Gaza e Ucraina c’è un doppio standard inaccettabile

Il doppio standard è una delle più grandi cialtronerie in politica e in generale nella società, eppure ha coinvolto anche i dibattiti su quanto sta accadendo in Medio Oriente. Tra vicinanza all’universo russo e antiamericanismo di alcuni esponenti pubblici, infatti, per alcuni è normale pretendere che l’Ucraina si arrenda mentre si chiede, giustamente, il cessate il fuoco a Gaza. Se non fossimo accecati dalla faziosità, riusciremmo ad appoggiare tutti i popoli invasi e vessati senza soffermarci su quei contorni che sfociano nel motto “il nemico del mio nemico è il mio amico”.

È una caratteristica genetica della destra: più militari, più armi, più violenza. Senza motivo.

È una caratteristica genetica della destra: più militari, più armi, più violenza anche per placare una non-violenza. Dalle manganellate durante i presidi sotto le sedi Rai all’identificazione di chi ha omaggiato dei fiori all’oppositore russo di Putin Alexei Navalny o ha gridato “viva l’Italia antifascista”, il governo Meloni sembra fare quello che alla destra riesce meglio: aggrapparsi alla muscolarità dello Stato utilizzando le forze dell’ordine per reprimere indistintamente ogni dissenso. Di questo passo non solo finiremo per essere la Repubblica dei manganelli ma il pericolo è che ogni indignazione venga sedata sempre sul nascere.

Voyeurismo, bisogno di attenzione, controllo: l’esperimento “Quiet” del ’99 ha predetto i social

Alla fine del 1999, circa 150 persone si fecero rinchiudere insieme in un bunker sotterraneo di New York trasformato in una sorta di capsule hotel con 110 telecamere a riprendere tutto e a mostrare le loro vite in diretta sul web. Era l’esperimento “Quiet: We Live in Public”, del giovane imprenditore digitale multimilionario Josh Harris. Rispetto a progetti simili, come il Grande Fratello, l’esperimento di Harris non soltanto non aveva censure, ma aveva l’intento di spingere i partecipanti al loro limite più estremo, fin quasi a tornare allo stato brado, primitivo. Oggi, con i social, quel bunker si è ingigantito a dismisura, e la politica del controllo, soprattutto quello invisibile, condiziona le nostre vite ogni giorno.

Assecondare ogni bisogno del bambino è utile ma senza ascoltare i propri si finisce in burnout

Tra i messaggi del mercato del benessere e della genitorialità, che fanno leva sulle nostre insicurezze, e la voglia di sentirci genitori migliori dei nostri, negli ultimi tempi è emerso un nuovo trend, il gentle parenting. Il problema però è che spesso la genitorialità gentile si trasforma in intensiva, rendendo l’accudimento di ogni bisogno del bambino una performance in cui viene meno la consapevolezza delle proprie necessità da adulto. Così, il più delle volte, finiamo in burnout.

“La natura dell’amore” ci ricorda che amare è soprattutto imparare a rivedere noi stessi negli altri

“La natura dell’amore”, della regista e attrice canadese Monia Chokri, selezionato per la sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes dello scorso anno e distribuito nelle sale italiane da Wanted Cinema dal 14 febbraio, è un film comico, sensuale e serio sull’amore, sul tradimento, su quanto il giudizio della società impatti su una relazione più del sentimento e soprattutto sulla capacità di accettare le differenze. L’amore infatti è un verbo e, come tale, possiamo scegliere attivamente di amare, imparando ad accoglierci e accogliere.

Il comunicato Rai su Israele conferma: siamo “un Paese di musichette mentre fuori c’è la morte”

Cancellare dalla narrazione del conflitto israelo-palestinese quanto sta accadendo a Gaza, dove negli ultimi quattro mesi sono state uccise circa 28mila persone, è l’esasperazione della faziosità, soprattutto se viene fatto abusando dei propri poteri attraverso i mezzi pubblici. La Rai è sempre di più Tele-Meloni, il megafono di un governo che, non sapendo dare risposte concrete ai cittadini, usa i mezzi di comunicazione per portare avanti una propaganda sbilenca e per costruire una narrazione che non sta in piedi.

Non solo temiamo di perdere ma anche di vincere, per paura che la vittoria sia breve e una delusione

Mentre cerchiamo di imparare davvero a non stigmatizzare il fallimento, vedendolo come una parte essenziale del percorso umano, è in costante crescita un fenomeno che può sembrare il rovescio della medaglia: la paura di vincere. Ottenere un riconoscimento non può però essere una colpa, se frutto di sacrifici e competenze nel proprio campo. E non vuol dire neanche affossare gli altri. Ai meccanismi di autosabotaggio che ci bloccano dal provare a raggiungere ciò che davvero vorremmo si aggiunge anche il timore delle aspettative, la sensazione che, una volta raggiunto il traguardo, tutto possa sgonfiarsi.

No, per salvarsi da una violenza sessuale nel metaverso non basta “staccare il visore”

Negli ultimi giorni ci sono stati orribili casi di cronaca di violenze di gruppo su minorenni. La portata traumatica di un evento del genere, per molti, è inimmaginabile. Anche la realtà virtuale, per quanto in maniera molto diversa, nasconde dei pericoli che non bisogna sottovalutare. La notizia di uno stupro nel metaverso, diffusa qualche settimana fa, è stata presa ingiustamente per una ‘fake news’ o un’esagerazione, ma il mondo virtuale non è altro che uno specchio di quello reale.

Con 76 elezioni a rischio, il 2024 è il banco di prova per la tenuta della democrazia nel mondo

Se il voto è il diritto politico per eccellenza e le elezioni rappresentano la più alta manifestazione di democrazia, in teoria il 2024 dovrebbe essere l’anno più democratico della Storia: più della metà della popolazione mondiale – per l’esattezza oltre 4 miliardi di persone – andrà al voto. Ma delle 76 nazioni che andranno alle urne, ben 28 non soddisfano i requisiti per un’elezione democratica.

“Smoke Sauna Sisterhood” mostra il senso profondo di unione che emerge quando ci si spoglia di tutto

“Smoke Sauna – I segreti della sorellanza” è un acclamato documentario della regista estone Anna Hints, nelle sale italiane il 5, il 6 e il 7 febbraio. Nelle tenebre di una “smoke sauna” – la tipica sauna a fumo e vapore di origine finlandese – un gruppo di donne condivide il racconto delle proprie esperienze più intime, gioiose o tragiche.

Di questo passo raggiungeremo la parità di genere solo nel 2155. Serve abbattere i muri delle disuguaglianze.

Il nostro Paese non solo si posiziona 25esimo su 35 Paesi europei per occupazione femminile, ma ha anche il dato più basso in UE, con solo un 51,2% di donne che lavorano regolarmente. Questo rende l’indipendenza economica un miraggio per un’italiana su due tra i 15 e i 64 anni e di questo passo la parità sarà raggiunta solo nel 2155. Misoginia, sessismo e diseguaglianze, però, non sono solo concetti astratti, ma azioni e parole che possiamo e dovremmo cambiare, a partire da oggi.

Col tempo rischiamo che la coscienza collettiva dimentichi gli orrori del fascismo e che li replichi

A quasi 80 anni dalla Resistenza, è fondamentale lavorare da un lato per restituire una piena coscienza di ciò che ha rappresentato il Fascismo nel nostro Paese, superando la visione distorta e positiva che spesso viene trasmessa con una lettura di questo fenomeno del tutto parziale e strumentale; dall’altro, serve valorizzare chi attualizza i valori che l’antifascismo ha garantito nel dopoguerra e che oggi vengono minacciati sempre più spesso.

Oltre il riscatto femminile, Povere creature! è la metafora dissacrante del sogno socialista

La storia che ha scelto di raccontare Yorgos Lanthimos con “Povere creature!” ha diversi aspetti che lo collocano in un genere a oggi molto richiesto, ossia quello delle narrazioni femminili che vertono sul riscatto, sull’emancipazione, sull’autonomia. Eppure, il film sembra andare oltre questa categoria, diventando la metafora favolesca e steampunk, dall’estetica dissacrante, del sogno socialista.

Ok la libertà di scelta individuale, ma chi vota PD non può pagare scelte da obiettori di coscienza

La bulimia politica del centrosinistra è stata la sua stessa condanna, perché incamerare realtà opposte tra loro ha sempre fatto saltare il banco, come dimostra anche l’astensione della consigliera dem del Veneto, Anna Maria Bigon, sulla legge regionale sul fine vita. Così il PD resta arenato nella rete delle correnti di partito, impotente di fronte alla guerra fratricida tra chi è ancorato al passato e chi ha la mente rivolta al futuro.

La più grande eredità di Berlusconi è considerare ancora “comunista” chiunque critichi la destra

Nonostante il centrosinistra sia ai minimi storici e gli eredi del comunismo portino avanti programmi politici non troppo distanti da quelli di CasaPound, qualsiasi avversario della destra, persino quella più estrema, viene ancora definito “comunista” o “zecca rossa”. Non sarebbe male constatare che parlare di comunisti era anacronistico già nel 1994, quando Berlusconi ci basò la sua strategia politica, figuriamoci trent’anni dopo.

Gypsy Rose Blanchard ha organizzato l’omicidio della madre. Ora è una star per social e aziende.

Gypsy Rose Blanchard aveva 23 anni quando fu arrestata per aver organizzato l’omicidio di sua madre Dee Dee, accusata di tenere la figlia in uno stato di semi-reclusione perché convinta che fosse affetta da gravi patologie. Oggi, dopo otto anni in carcere, è diventata una star: su Instagram ha già 8,5 milioni di follower e anche su TikTok è già seguita da 9,8 milioni di persone, cui vanno aggiunte le ospitate in tv, le interviste e le collaborazioni con le aziende. Il suo caso è la versione più assurda e crudele della stan culture.

Il nostro modello di coppia si sta trasformando nella simulazione della coppia stessa

In un contesto segnato sempre più dalla precarietà, anche il nostro modello di coppia sta subendo un momento: troviamo consolazione nella compagnia perché non possiamo, o non vogliamo, stare davvero da soli, ma al contempo, le pressioni sociali che viviamo quotidianamente portano a non voler aggiungere un’ulteriore responsabilità nell’insieme confuso delle nostre emozioni. È l’era della situationship, che sappiamo con certezza quel che non è, ma ancora ci sfugge il resto.

Dopo 25 anni, I Soprano è una delle serie più belle di sempre ma ampiamente sottovalutata in Italia

Sebbene nel 1999 il New York Times l’abbia definita “la più grande opera della cultura pop americana dell’ultimo quarto di secolo”, la serie tv “I Soprano” è stata a lungo sottovalutata nel nostro Paese. A distanza di 25 anni dal primo episodio, però, si può dire che la serie è tra le più belle mai realizzate e che si è rivelata la prima capace di spogliare dall’epicità e dal mito la narrazione sulla mafia italo-americana.

Manifestazione fascista impunita a Roma, il doppio standard del governo è già un trend del 2024

Se prendete il video della commemorazione fascista in via Acca Larentia, a Roma, e gli togliete i colori, sembra di assistere a una scena del 1924 documentata dall’Istituto Luce: una parata con saluti romani, centinaia, sincronizzati alla perfezione, e intorno anche delle croci celtiche. È vero, anche con altri governi abbiamo assistito a queste orrende nostalgie, ma l’ipocrisia del governo Meloni sta nel cadere dalle nuvole di fronte ad azioni fasciste mentre fa di tutto per contrastare il dissenso.

“Ricomincio da me” mostra quanta forza è necessaria a una madre per ricominciare da sé

Ci sono storie che non ci sappiamo immaginare. Non sono storie incredibili, sono le storie qualsiasi delle persone che ci stanno accanto, a volte anche molto vicine, anche sotto lo stesso tetto. Facciamo poche domande, abbiamo poco tempo, dobbiamo concentrare al massimo le nostre risorse e la nostra efficacia, misurata coi parametri dell’economia, il famoso capitale umano. Così tutto sbiadisce, si impoverisce. “Ricomincio da me”, diretto da Nathan Ambrosioni, in uscita nelle sale italiane in queste ore, sembra parlare proprio di questo, riuscendo a condensare in quella strana ma efficace alchimia del cinema francese sia la commedia che il dramma.

Questi secondo noi i 10 migliori film del 2023

Il 2023 è stato un anno singolare per il cinema, tra lo sciopero degli sceneggiatori e degli attori a Hollywood e l’aumento degli esordi di registe. Da pellicole più emotive come “Aftersun” e “Foglie al vento”, fino alle narrazioni più contemporanee, come “Tár”, “Dumb Money” e “Anatomia di una caduta”, ecco, secondo noi, quali sono i dieci migliori film usciti in Italia nel 2023.

Queste secondo noi le 10 migliori serie del 2023

Il 2023 è stato un anno di grandi transizioni per le serie, tra cambiamenti sulle piattaforme, show di successo arrivati al termine, e nuovi franchise. Dalla seconda stagione di “The Bear” alla quarta di “Succession”, passando per “A Murder at the End of the World” e “The Curse”, queste sono le 10 che, a nostro parere, vale la pena guardare, pronti a sacrificare la propria sconvolgente vita sociale.

Coma Cose: la semplicità di una coppia eccezionale

Se è difficile gestire il processo creativo quando si è soli, all’interno di un microcosmo trovare il giusto equilibrio è davvero qualcosa che si approssima all’alchimia. Lo sanno bene i Coma Cose che hanno dato forma a una realtà che rappresenta tutto ciò che amano, una sorta di contenitore in cui far confluire impressioni, sensazioni e l’impronta di Milano sulla loro vita.

Il futuro della mobilità è la condivisione

La sharing economy può dare il suo contributo al superamento del modello economico capitalistico che si fonda sul possesso esclusivo, consentendo di recuperare un approccio condiviso ai beni e ai consumi. Opponendosi al modello di economia lineare che produce sprechi ormai insostenibili può infatti aiutarci a superare degli inconvenienti quotidiani – come il rimanere imbottigliati nel traffico, ognuno con la sua auto –, ma anche contribuire a una prospettiva sociale alternativa, opposta a quell’egoismo che sta ormai mostrando tutti i suoi effetti deleteri.

Prendersi cura di sé è un atto politico, non un claim pubblicitario

Le costanti attraverso cui la cura di sé viene mostrata online sono i product placement e sponsorizzazioni, mentre ormai sembra non trovare più spazio il potente significato politico che essa può avere. In questo senso la vera cura implica che si parta dal proprio io per riscoprirsi parte di una società, di un gruppo, al quale l’attenzione, l’ascolto, l’accoglimento si deve estendere. Perché noi stessi siamo la nostra prima relazione, il mezzo tramite cui situarci nel mondo.

Introiettiamo il modello di mascolinità violenta da adolescenti. Come società dobbiamo estirparlo.

Per aderire a un modello tradizionale di mascolinità e accedere ai vantaggi sociali dell’essere uomini, sempre più adolescenti si addestrano all’aggressività, interiorizzando meccanismi di dominio e prevaricazione, e si condannano a provare emozioni silenziose e a dare costanti esibizioni della loro potenza virile, come se ciò consentisse loro di accedere a una “patente maschile”. Alla luce di questa cultura non si possono considerare i casi di violenza ai danni delle donne come fossero degli eventi sporadici, fatti straordinari e privati, ma occorre rivedere un intero sistema culturale, che danneggia anche gli stessi uomini.

“The Day After” voleva essere un monito. È diventato una premonizione.

Quarant’anni fa, nel novembre 1983, metà della popolazione statunitense si sintonizzava sul canale ABC per vedere “The Day After”, un’ipotesi tutt’altro che implausibile della fine del mondo, non tanto per esorcizzare un trauma passato, quanto, forse, per prevenirne uno futuro. Gli effetti speciali utilizzati risultano ormai ampiamente superati e riguardarlo oggi non ha la stessa potenza del passato ma, paradossalmente, l’escalation di eventi che nel film portano allo scoppio di una terza guerra mondiale immaginaria, iniziata con un attacco atomico, è ben più attuale e concreta ora di quanto lo fosse qualche decennio fa.

“A Room for Romeo Brass” mostra perché la violenza skinhead è parte integrante dell’identità inglese

“A Room for Romeo Brass”, è un film che pur esplorando un gruppo di relazioni estremamente ristretto, riesce a ritrarre il cambiamento culturale che ha interessato l’intera società inglese tra anni Ottanta e Novanta, con il tramonto dell’immaginario skinhead e la presa di distanza dalla sua radice ideologica, ormai apertamente di estrema destra. Nell’accostare la ricostruzione storica e quella diaristica, riguardante l’esperienza personale del protagonista, il film fa scorrere la ribellione di un adolescente in parallelo ai primi cenni di diffidenza nei confronti di un moto sociale che era stato altrettanto ribelle, ma ben più violento e distruttivo.

“Todo Modo” trascende il tempo, raccontando come opera il potere e la sua corruzione in Italia

Ancora oggi Todo modo di Leonardo Sciascia è un’opera che descrive magistralmente la spartizione del potere in Italia. Dopo la pubblicazione del romanzo, nel 1974, abbiamo infatti assistito a innumerevoli casi simili a quelli narrati, in una sorta di premonizione dello scandalo della P2, di Tangentopoli o del caso Emanuela Orlandi. Nonostante i quasi quarant’anni trascorsi, la rete di relazioni che muove le sorti del nostro Paese non è diversa da quella tessuta da don Gaetano, con tutte le sue storture e contraddizioni.

L’aborto deve tornare a essere un tema collettivo per non lasciare sole le donne a chi le ostacola

Oggi diamo per scontato che l’aborto sia una questione politica ma si tratta di una conquista piuttosto recente: per tutta la storia dell’umanità, l’aborto è invece esistito come una questione privata che riguardava soltanto le donne e il loro corpo, senza che venisse pubblicamente affrontata da un punto di vista morale o legale. I dibattiti in questo senso si sono intensificati nella prima metà del Novecento, quando c’era la necessità di legiferare sull’aborto. Ora, invece, assistiamo quasi al movimento inverso, come se l’interruzione di gravidanza stesse tornando nella sfera del privato, ma con conseguenze per certi aspetti molto più negative rispetto al passato.

“Paraventi”, in Fondazione Prada, l’importanza dell’invisibile

Ibridando culture ed epoche diverse, così come tecniche e sensibilità, “Paraventi”, in Fondazione Prada, ci porta a sporgerci sul limite del conosciuto, riconoscendo le contraddizioni e la parzialità su cui si fonda la nostra conoscenza, invitandoci a decifrare con occhi nuovi la maniera in cui si manifesta il presente, esercitandoci ad abitare la liminarità.

“Dream Scenario” mostra l’esasperazione del dualismo con cui viviamo la nostra identità digitale

“Dream Scenario”, di Kristoffer Borgli, è un film che riflette sul nostro modo distorto di vivere la notorietà, da quando essa sta venendo sempre più a coincidere con il concetto di viralità. La storia di Paul, un uomo che inizia a comparire nei sogni di migliaia di persone, rappresenta infatti una versione materiale, incarnata dello schermo attraverso cui quotidianamente ci nutriamo non solo di altre immagini, ma anche di informazioni, storie, nomi e notizie virali che dovrebbero rimanere in quello spazio etereo, ma che diventano invece sempre più concrete, con effetti tangibili e non sempre positivi sul nostro stato emotivo e sulla nostra vita reale.

Con la crisi climatica, amare la montagna è lasciare meno tracce di sé. Non salire a tutti i costi.

Frequentare la montagna in tempi di cambiamento climatico significa accrescere la propria consapevolezza e farsi carico delle proprie scelte. Non possiamo permetterci di fingere di ignorare le conseguenze di ciò che facciamo, e allo stesso tempo dobbiamo trovare un equilibrio per continuare a fruirne evitando che il nostro passaggio lasci segni incancellabili, precludendo alle prossime generazioni la possibilità di avere le nostre stesse opportunità.

Condannare l’antisemitismo è doveroso. Farlo sotto il segno della fiamma tricolore, un’ipocrisia.

A partire dal giorno degli attacchi di Hamas a Israele, ogni commento sul conflitto sembra nascondere un sottotesto, che viene spesso strumentalizzato per accusare di antisemitismo chi critica le azioni ai danni dei palestinesi, come se le due posizioni fossero inscindibilmente correlate. Sentir avanzare delle accuse simili da un partito che non ha mai rinnegato i simboli – come la fiamma tricolore – e l’eredità del Movimento Sociale Italiano fa però riflettere ancora una volta sulla necessità, anche per la destra italiana, di fare i conti con il proprio passato, per potersi muoversi nel presente senza ambiguità.

Non basta parlare di sostenibilità. Serve agire di conseguenza.

Sempre più spesso si sente parlare di sostenibilità, ma c’è un problema, ed è proprio che se ne parla e basta. Oggi, però, bisogna agire, e farlo molto rapidamente. Audi ha dimostrato di porsi in maniera netta rispetto a questo tema, con un approccio innovativo e rivoluzionario per quanto riguarda il settore dell’automotive, che apre una possibilità di ridefinire il futuro, impegnandosi in tempo record a ottenere un cambiamento nel presente.

Il premierato voluto dalla destra va fermato perché spiana la strada ad autocrazie e dittature

Ora che è al governo, Meloni sta applicando pienamente la linea dell’estrema destra, con la sua tendenza accentratrice e pretesa di pieni poteri, pur tentando di mascherarla attraverso dei meccanismi di distrazione. Questo atteggiamento è evidente se si guarda all’ultima manovra dell’esecutivo, in cui l’attenzione è stata distolta da misure come l’aumento dell’IVA sugli assorbenti o la riforma costituzionale sul premierato, e spostata su argomenti di second’ordine.

Riconoscere l’identità sonora di una città è essenziale per capire come poterla vivere

Come evidenziato dai dati, le nostre città, e in particolare Milano, sono molto – troppo – rumorose, anche se spesso tendiamo a minimizzare l’impatto di questo inquinamento sulla nostra vita. L’identità sonora di un luogo è invece essenziale per comprendere in che modo abitarlo, come ricorda l’installazione “MINI Inhabit Sound”, presentata da MINI a Milano, che sviluppa una riflessione sulla sostenibilità in ambito urbano, a partire dalle caratteristiche uditive della città e dalle potenzialità tecnologiche del settore elettrico.

Stiamo entrando nell’era in cui iniziare a considerare i rifiuti una risorsa

Oggi la crisi dei rifiuti è, senza dubbio, globale, perché oltre a estendersi a qualsiasi luogo del pianeta, ne ha intaccato ogni elemento naturale. Nonostante le evidenze, continuiamo però a percepire i nostri prodotti di scarto come una questione marginale, sia letteralmente che in senso figurato. Li scarichiamo nelle periferie del mondo e del nostro immaginario come se non ci appartenessero, e soprattutto senza vedere il potenziale intrinseco di materiali che potrebbero essere rigenerati molte volte, costituendo una risorsa a tutti gli effetti.

Mentre 1,5 mln di italiani soffre di ludopatia lo Stato incassa 10 miliardi annui dal gioco d’azzardo

La ludopatia continua a rovinare la vita di un milione e mezzo di italiani, presentandosi come una problematica trasversale a tutte le fasce della società. Anche se sul tema si assiste spesso a una frettolosa colpevolizzazione, queste situazioni celano dinamiche complesse, tra cui fragilità individuali e scarsità di strumenti culturali e comportamentali per far fronte a situazioni difficili, che andrebbero invece trattate partendo dalla comprensione dei meccanismi psicologici che le generano.

La manifestazione organizzata da Salvini contro l’Islam è l’ennesima assurdità abietta

Salvini ha indetto una manifestazione a Milano per il 4 novembre, parlando di “un’occasione per ribadire l’importanza delle libertà e della democrazia, della lotta al terrorismo, all’antisemitismo e al fanatismo islamista”. Considerando lo scenario geopolitico attuale, si tratta di una provocazione del tutto sterile e insensata, utile solo a fomentare l’odio per il diverso. Non siamo in guerra contro l’Islam, né contro alcuna cultura diversa dalla nostra. Qualcuno lo spieghi al nostro ministro della Repubblica.

No, la geoingegneria non sarà l’antidoto alla crisi climatica. I mezzi esistono, ma non li usiamo.

La prospettiva della geoingegneria, che affida alle nuove tecnologie il compito di arginare la crisi climatica, è per certi versi rassicurante, perché ci libera dalla responsabilità di cambiare stile di vita e modello socio-economico e ci culla nell’illusione di avere un onnipotente ruolo salvifico. Ma non possiamo nasconderci dietro questa speranza, ignorandone i possibili effetti collaterali.

“Everybody Talks About The Weather”, tranne te. Ed è ora di iniziare.

La contemplazione del cielo è sempre stata roba da artisti, poeti, perditempo con la testa fra le nuvole: figure poco raccomandabili, improduttive, sempre un po’ schernite dal resto del mondo. Così, fatichiamo a capire che siamo del tutto inermi di fronte agli eventi atmosferici estremi, che il clima, in realtà, ha da sempre influenzato le azioni degli esseri umani, le culture che hanno preso forma alle diverse latitudini del pianeta, così come le norme e i miti che le caratterizzavano. È proprio questa la relazione che vuole far emergere “Everybody Talks About The Weather”, curata da Dieter Roelstraete a Ca’ Corner della Regina, sede veneziana di Fondazione Prada.

Non sappiamo più confrontarci con le emozioni negative. Le usiamo solo per riempire i social.

Viviamo nell’ossessione di sentirci adeguati anche di fronte alla sofferenza e alla nostra vulnerabilità, pretesa che fa da sempre parte dell’essere umano, ma che oggi siamo arrivati a sperimentare in fase acuta, dato che ci vorremmo belli, vincenti, interessanti e impeccabili non solo davanti alla tristezza, ma a volte proprio “grazie a essa”. Questo desiderio di sfruttare a nostro vantaggio anche le emozioni negative, però, non può che farci sentire sempre più impreparati nei loro confronti, dato che i modelli e le raffigurazioni che proliferano attorno a noi, essendo sempre più asettici e distanti dalla realtà, spesso hanno poco a che fare con ciò che stiamo realmente provando.

Il ticket d’ingresso a Venezia ci mostra il futuro del Paese. Un luna park a tema.

Le future evoluzioni del turismo dovranno tenere conto sia della tutela dell’ambiente, sia della polarizzazione classista che interventi come il ticket giornaliero inserito a Venezia possono generare. Da un lato, dobbiamo superare la considerazione del territorio come una risorsa da sfruttare e dall’altro evitare di trasformare il viaggio in una prerogativa per pochi nel nome della protezione dei luoghi.

Le politiche sovraniste sono prive di contatto con la realtà, per questo sono fallite sui migranti

Per anni le forze di destra hanno sbandierato i principi sovranisti, aizzando i cittadini contro tutto ciò che proveniva dall’esterno dei confini nazionali e progettando blocchi navali, muri da innalzare, confini blindati e forme di detenzione per i migranti. Senza una reale cooperazione tra gli Stati, ognuno ha tentato di alimentare il culto del patriottismo arroccandosi sui precetti dell’esclusione, che ad oggi però si sono rivelati in tutta la loro inconsistenza.

“Asteroid City” è una bolla di realtà iperrealistica. Come la mostra in Fondazione Prada.

Qualcuno dirà che Wes Anderson incarna l’America hipster e radical chic, insopportabile a molti. Ma il suo mondo cinematografico, retto da un’ossessiva mania di perfezionismo, è anche lì per ricordarci che le forme, quando composte sapientemente, possono parlare qualsiasi lingua, farsi capire rifacendosi alle impressioni emotive che ci hanno plasmati. “Asteroid City”, il suo ultimo film, e l’omonima mostra dedicata al regista da Fondazione Prada, ne sono la conferma.

Per ridare forza alle istanze progressiste serve chiedersi cosa significhi, oggi, essere di sinistra

Per rendere la sinistra una forza politica realmente efficace e progressista, e non l’eco di un passato che ha modellato la nostra ideologia pur non avendolo vissuto, è necessario ripartire da istanze in cui l’elettorato possa riconoscersi. Il lavoro, i diritti civili e sociali e la lotta a ogni tipo di intolleranza sono temi che occorre continuare a difendere, soprattutto nell’attuale contesto politico italiano, dove i principi fondanti la democrazia sono sempre più in pericolo.

La seconda stagione di “The Bear” è ancora più potente della prima

In un momento storico in cui la creatività sembra spesso condensarsi nel riciclo, nel rifacimento, nella stasi, è confortante sapere che possono ancora esistere prodotti originali e dirompenti come la seconda stagione di “The Bear”. Oltre a far confluire nei discorsi sul cibo anche l’elaborazione del trauma, il venire a patti con la perdita e il compito ancora più lento e doloroso di espiare una colpa, la serie racconta un atto trasformativo, rivolto a sé stessi e al mondo, partendo dalla possibilità di tutti e tutte di imparare a mettere la cura al centro del proprio agire, di essere persone migliori, per noi e per gli altri.