Se Giacomo Leopardi fosse vissuto ai giorni nostri, il suo agente letterario probabilmente gli avrebbe consigliato di rendere la sua immagine social più accattivante, così da pubblicizzare con più efficacia lo Zibaldone o le Operette Morali. Non sappiamo come l’avrebbe presa il poeta, costretto a sottrarre tempo alla scrittura per curare il proprio aspetto, per renderlo più “vendibile” sui social. Se la Divina Commedia venisse pubblicata oggi, la quarta di copertina della prima edizione ospiterebbe, forse, il volto di Dante con i lineamenti ingentiliti, il naso aquilino corretto da photoshop e forse qualcuno gli suggerirebbe di andare da un chirurgo plastico per rendere il suo viso più gradevole, più vicino ai canoni della bellezza tradizionale. Tutti saremmo disposti a scommettere molto poco sull’appeal social di entrambi, dato che oggi dovrebbero fare i conti con una realtà in cui l’aspetto fisico è al centro della vita di chiunque e in cui l’immagine finisce spesso per oscurare il resto, anche per quanto riguarda quelle carriere che non fanno e non hanno mai fatto dell’estetica il loro fulcro.
Negli ultimi anni abbiamo cominciato a essere circondati – sul web, nei cartelloni pubblicitari, in tv – da slogan che ci invitano ad accettarci così come siamo, a non inseguire gli ideali che aderiscono agli standard estetici, a non pensare ossessivamente al nostro aspetto e ai nostri difetti. D’altro canto, però, sui social – in particolar modo su Instagram – ci confrontiamo quotidianamente con un canone estetico omologato e, spesso, ottenuto attraverso la chirurgia estetica. Il rischio è che, bombardati di stimoli che fanno focalizzare la nostra attenzione solo sull’aspetto fisico, finiamo in un tunnel di confronti con quelli che diventano i nostri modelli fisici di riferimento e di insoddisfazione, perché smettiamo di accettarci nelle nostre imperfezioni. Da questi fattori scaturisce il vertiginoso aumento della chirurgia estetica degli ultimi anni.
Dal 2014 al 2019, la percentuale di interventi di chirurgia plastica ed estetica in Italia è aumentata, di anno in anno, di più del 7% con un trend di crescita costante. L’Italia si è posizionata al quinto posto tra i Paesi in cui la chirurgia estetica è più usata, dopo Stati Uniti, Brasile, Giappone e Messico. Nel 2021 si è poi registrato un aumento delle richieste del 67% rispetto al 2019, con un alto tasso di interventi correttivi e ringiovanenti come la blefaroplastica, la liposuzione di gambe e addome, la rinoplastica e il botox al viso. Si stima che, su 10 soggetti interessati, 4 non abbiano ancora raggiunto i trent’anni; ma sono in fortissimo aumento anche le richieste da parte di ragazze e ragazzi sotto i 18 anni e – come ha sottolineato il chirurgo estetico Daniele Spirito – il dato è allarmante perché spesso “sono i genitori a dare di buon grado il benestare o a incoraggiare il ritocco: dietro a un intervento di chirurgia estetica su tre c’è la spinta di una madre”. Sono spesso i genitori che, subendo anch’essi il confronto costante con i canoni estetici proposti dai social, consigliano ai figli di sottoporsi a una o più operazioni, forse nel tentativo di renderli più sicuri, di aumentarne l’autostima e il riscontro sociale.
Spirito sostiene che la decisione può derivare da episodi di bullismo, subiti a scuola o nel contesto sociale, o in altri casi da un’insicurezza interiore amplificata dall’incremento dell’utilizzo dei social e dal condizionamento che ne consegue. Molti chirurghi sconsigliano però ai minorenni di sottoporsi a interventi sia perché, a questa età, i lineamenti non sono ancora ben definiti, sia perché l’adolescenza è la fase in cui il processo di consapevolezza e di definizione della propria identità è appena iniziato. Per questo motivo, accade che una ragazza o un ragazzo possano fare una scelta prematura, dettata da un’insoddisfazione momentanea. Tra gli interventi più diffusi tra gli adolescenti ci sono la correzione del naso aquilino e i filler alle labbra. E se nel Regno Unito questo secondo servizio è ormai vietato alle minorenni, in Italia ogni medico è chiamato a valutare le ripercussioni che quel difetto può avere sul benessere psicologico del cliente che ha di fronte e decidere in base alla propria etica, anche perché questo tipo di interventi può anche avere dei rischi, o portare a un cambiamento che magari dopo qualche anno porterà ulteriore insoddisfazione alla persona – anche perché diversi interventi necessitano di un lungo follow up o di essere ripetuti ciclicamente a distanza di anni. È bene dunque che il medico orienti i pazienti – in particolare quelli più giovani – a una scelta consapevole e che, prima di operare, provi a capire se la loro scelta è dettata solo dal bisogno momentaneo di emulare un modello di riferimento che, magari, si segue sui social, e che tra qualche tempo magari cambierà o se è invece una scelta ponderata e consapevole, proprio per evitare il rischio di pentirsi successivamente delle modifiche apportate al proprio aspetto, con conseguenze psicologiche tutt’altro che leggere.
Per quanto la chirurgia possa apportare benefici ed essere utile a sentirsi meglio nel proprio corpo, i dati riportati sopra sono lo specchio di una società composta da individui che faticano ad accettarsi e che vogliono assomigliare a tutti i costi a modelli estetici considerati di successo, modificandosi per inseguire ideali di perfezione dannosi perché spesso irraggiungibili e colpevoli di diminuire l’autostima e l’accettazione di sé; ideali che nemmeno la body positivity al momento sembra riuscire a distruggere. L’avvento dei social ha incrementato ulteriormente l’importanza che si dà all’estetica, perché per chiunque oggi l’immagine è un vero e proprio biglietto da visita. Sui social conosciamo nuova gente, gettiamo le basi per delle relazioni sentimentali e a volte troviamo anche dei nuovi lavori, e la prima cosa per la quale veniamo osservati e valutati è la gradevolezza del nostro volto, o del nostro corpo, nelle foto che pubblichiamo. Chiunque voglia condividere i propri contenuti sui social, sa che per attrarre l’attenzione su di sé e incrementare il numero di seguaci dovrà vendere bene, prima di tutto, la propria immagine e investire su di essa, anche a costo di applicare filtri che deformano la realtà. Esistono anche attiviste e influencer che rappresentano un esempio positivo nell’abbattimento di certi standard, come le modelle Ashley Graham e Rebecca Brioschi, le quali mostrano una fisicità e un’immagine non conforme agli stereotipi. Ma a prevalere numericamente sono comunque i modelli di fisicità omologata e corrispondente a certi canoni, che influenzano costantemente la percezione dei nostri grandi e piccoli difetti; anche per questo motivo la chirurgia estetica, un tempo il lusso dei benestanti, oggi è molto richiesta anche da chi ha minori possibilità economiche, e che è capace di rinunce importanti pur di mettere da parte i soldi per uno o più interventi.
Sono tante le degenerazioni che l’attenzione spasmodica per l’aspetto ha causato nella società. Recentemente è venuto alla luce il caso di alcune ginnaste, che hanno denunciato maltrattamenti psicologici da parte dei propri allenatori che le spingevano a sottoalimentarsi per restare “in forma”. Allo scopo di avvicinarsi quanto più possibile ai canoni di magrezza e di perfezione richiesti dal loro sport, queste ragazze sono state costrette a compromettere il proprio benessere fisico e mentale. Molte di loro hanno subito vessazioni e prese in giro che hanno fatto nascere veri e propri complessi, altre sono arrivate a smettere di mangiare e a pesare così poco da mettere a rischio il proprio stato di salute. Questo scandalo ci fa capire quanto nell’ambiente sportivo, che in teoria dovrebbe promuovere il benessere fisico, gli stereotipi e le ossessioni sulla perfezione estetica siano penetrati comportando danni ad atlete molto giovani.
Tutto questo è frutto di un’attenzione eccessiva per gli attuali canoni estetici e per l’immagine, che continua a mettere in ombra il resto e non ci fa pensare ad altro. Per venirne fuori, abbiamo appurato che non è sufficiente promuovere la body positivity in modo ossessivo – e, talvolta, con una latente ipocrisia. Abbiamo sicuramente bisogno di promuovere e aumentare questo tipo di rappresentazione dei corpi lontani dagli standard comunemente diffusi e apprezzati, poiché è un primo passo verso la condanna di comportamenti grassofobici od orientati allo scherno verso chi non ci rientra. Purtroppo, però, pur essendo molto utili, formule come “grasso è bello” non sono sufficienti per accettarci realmente. E anche laddove questa accettazione si verifichi a livello individuale, la società in cui viviamo continuerà a ricordarci che, se non soddisfiamo certi canoni estetici, difficilmente riusciremo a essere apprezzati dagli altri e a realizzarci per le nostre capacità.
Per risolvere questo problema, che penalizza chi non è disposto a puntare tutto sull’aspetto fisico o a trasformarsi chirurgicamente per aderire agli standard estetici, c’è bisogno di un ridimensionamento, sul piano collettivo, dell’importanza che l’immagine ha nella nostra vita. Non basta che si torni a dare valore alle nostre passioni e ambizioni a livello individuale; questo non è sufficiente in una società che, prima di valutare cosa sai fare pretende per considerarti che tu trascorra ore ad applicare filtri alle tue foto, perché – forse – in questo modo i tuoi contenuti riceveranno più like. Il problema è che oggi ci fermiamo a giudicare gli altri in base alla gradevolezza del loro aspetto, scegliamo i nostri idoli e riferimenti non valutando in primis il loro talento o personalità, ma l’apparenza. Seguiamo e ammiriamo chi sa vendersi bene, attraverso un’immagine irrealistica, costruita ad hoc da professionisti di diversi settori. Finché collettivamente non daremo inizio a una svolta epocale, che metta al centro del nostro interesse la personalità, il carisma e i talenti individuali, piuttosto che l’aderenza dell’aspetto a canoni precostituti, continueremo a sovrastimare l’importanza dell’immagine deprezzando tutte le altre sfere della nostra esistenza.