The Vision

Siamo schiavi dell’idea che più siamo impegnati e meno ci rilassiamo, più valiamo come persone

Il busy bragging – la tendenza a vantarsi di essere sempre occupati che ci fa sentire soddisfatti di noi stessi solo se non abbiamo neanche una mezz’ora di tempo libero – è un fenomeno in forte aumento: se la società ci spinge a fare tanto e di farlo in fretta, noi finiamo per convincerci di valere solo se rispondiamo a queste pressioni e fondiamo così la nostra identità sulla capacità di produrre senza sosta e sulla quantità di impegni che riusciamo ad accumulare, fino a restarne sommersi. Questo fenomeno, infatti, in genere si ripercuote pesantemente sull’efficenza del lavoro stesso e sulla nostra salute psicofisica.

Le lauree umanistiche risolvono problemi complessi quanto le scientifiche ma nessuno lo capisce

L’esperienza di Adriano Olivetti, che assunse nella sua azienda umanisti e intellettuali considerandoli una risorsa fondamentale, è stata la prima e unica in cui si è cercato di superare in ambito aziendale il dualismo fra cultura scientifica e umanistica, valorizzandole come due realtà complementari. Al contrario, la società contemporanea ha sostituito alla visione d’insieme dei saperi una netta differenziazione, tutta a svantaggio dell’apparente improduttività delle discipline umanistiche. Davanti a un contesto tanto impoverito, però, il ruolo del sapere umanistico deve essere centrale quanto quello scientifico.

I giovani si dimettono in massa perché hanno capito che il lavoro non può essere tutta la loro vita

La malsana convinzione che esista un solo modo di concepire, organizzare e praticare il lavoro sta inasprendo il rapporto fra le due generazioni che a oggi costituiscono domanda e offerta sul mercato. Da un report dell’Associazione Italiana Direzione Personale risulta che le dimissioni volontarie fra i giovani in Italia stanno toccando il 60% delle aziende. Ciò che emerge in modo lampante è lo scarto profondo fra generazioni sempre più distanti, i figli degli anni Sessanta e i millennial o la Gen Z, che chiedono di essere altro al di fuori del lavoro. Questa è la sfida cruciale: ripensare un sistema occupazionale innegabilmente in crisi.

Archive

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In Italia 6 milioni di persone consumano cannabis. Occorre normalizzarne l’uso come alcol e nicotina.

Ero bambino quando guardai per la prima volta Aprile di Nanni Moretti, e tra tutte le scene memorabili, una in particolare catturò la mia attenzione. “La sera del 28 marzo del 1994, dopo la vittoria della destra, per la prima volta in vita mia mi feci una canna”, diceva Moretti inquadrato insieme a sua madre, con la televisione accesa a mostrare il trionfo di Silvio Berlusconi. Ovviamente non avevo idea di cosa fosse una canna. Quella che Moretti teneva in mano era enorme, sembrava quasi una torcia, un bengala, così ipotizzai fosse una “sigaretta speciale”. Non l’associai a qualcosa di...

Atlas

Atlas

“Reinas” mostra come crescere significhi anche lasciare andare alcune parti di noi

Da piccola ero convinta che se avessi inavvertitamente inghiottito i semi di un limone, questi avrebbero attecchito tra le mie interiora, dando vita a una pianta che si sarebbe fatta strada via via lungo tutto l’esofago per poi arrivare a spuntare dalla mia bocca. Era una convinzione che non riguardava nessun altro frutto o vegetale. Così, per anni ho scartato con estrema attenzione tutti i semi dell’agrume, tentando di sventare un pericolo da cui ero sinceramente spaventata. Quando poi mi sono resa conto che si trattava solo di una storia inventata, che veniva ripetuta chissà da quanti anni all’interno della...

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