The Vision

I giovani si dimettono in massa perché hanno capito che il lavoro non può essere tutta la loro vita

La malsana convinzione che esista un solo modo di concepire, organizzare e praticare il lavoro sta inasprendo il rapporto fra le due generazioni che a oggi costituiscono domanda e offerta sul mercato. Da un report dell’Associazione Italiana Direzione Personale risulta che le dimissioni volontarie fra i giovani in Italia stanno toccando il 60% delle aziende. Ciò che emerge in modo lampante è lo scarto profondo fra generazioni sempre più distanti, i figli degli anni Sessanta e i millennial o la Gen Z, che chiedono di essere altro al di fuori del lavoro. Questa è la sfida cruciale: ripensare un sistema occupazionale innegabilmente in crisi.

Siamo schiavi dell’idea che più siamo impegnati e meno ci rilassiamo, più valiamo come persone

Il busy bragging – la tendenza a vantarsi di essere sempre occupati che ci fa sentire soddisfatti di noi stessi solo se non abbiamo neanche una mezz’ora di tempo libero – è un fenomeno in forte aumento: se la società ci spinge a fare tanto e di farlo in fretta, noi finiamo per convincerci di valere solo se rispondiamo a queste pressioni e fondiamo così la nostra identità sulla capacità di produrre senza sosta e sulla quantità di impegni che riusciamo ad accumulare, fino a restarne sommersi. Questo fenomeno, infatti, in genere si ripercuote pesantemente sull’efficenza del lavoro stesso e sulla nostra salute psicofisica.

Le lauree umanistiche risolvono problemi complessi quanto le scientifiche ma nessuno lo capisce

L’esperienza di Adriano Olivetti, che assunse nella sua azienda umanisti e intellettuali considerandoli una risorsa fondamentale, è stata la prima e unica in cui si è cercato di superare in ambito aziendale il dualismo fra cultura scientifica e umanistica, valorizzandole come due realtà complementari. Al contrario, la società contemporanea ha sostituito alla visione d’insieme dei saperi una netta differenziazione, tutta a svantaggio dell’apparente improduttività delle discipline umanistiche. Davanti a un contesto tanto impoverito, però, il ruolo del sapere umanistico deve essere centrale quanto quello scientifico.

Atlas

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Con i “I pugni in tasca”, Marco Bellocchio ha fatto implodere la famiglia borghese su sé stessa

C’è una scena ne I pugni in tasca in cui Augusto, l’unico di quattro fratelli ad avere una vita lavorativa e sociale “normale”, lavora nel suo ufficio mentre, fuori, la madre cieca e i due fratelli disabili si muovono goffamente in casa, in attesa che la quotidianità li inghiotta nel suo eterno ritorno dell’identico. È una scena silenziosa, teatrale, in cui il dramma della famiglia borghese italiana degli anni ‘70 – ma forse sempre attuale, in ogni tempo ed epoca – si cristallizza nella sua forma più pura: quella di un recinto asfissiante, claustrofobico, da cui sembra impossibile fuggire senza...

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Il grande inganno della società è aver fatto in modo che fidarci degli altri sia un gioco a perdere

Quando, qualche mese fa, Reddit e Twitter sono stati invasi da un ritratto di Papa Bergoglio avvolto in un piumino bianco Balenciaga, diventato virale nel giro di poche ore, sono stata tra le molte persone pronte a credere che quelle immagini fossero reali. Prima di scoprire la verità sul capo incriminato, che si è rivelato essere la creazione di un software di intelligenza artificiale, infatti, buona parte degli utenti di internet è stata contagiata da un effetto simile alla sospensione dell’incredulità, convincendosi dell’esistenza di un capo d’abbigliamento che, in realtà, era tutt’altro che allineato con gli standard del guardaroba papale,...

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