Libri, serie tv, film, podcast: le 10 migliori opere del 2021 per capire il femminismo - THE VISION

Anche nel 2021, le questioni di genere e i femminismi hanno dimostrato ancora una volta la loro urgenza e importanza, testimoniata anche dall’uscita di tante opere sul tema, che dimostrano un aumento della sensibilità e dell’interesse del pubblico verso questi temi. L’impressione è che si senta l’esigenza di un femminismo in grado di rispondere alla complessità del presente, condiviso, che entri a far parte della vita di tutti i giorni e influenzi le decisioni istituzionali. Accanto a questo, la discussione sul ddl Zan, affossato con una vera e propria tagliola a fine ottobre, ha reso più evidente che mai la necessità di parlare in modo corretto di temi come l’identità di genere e le istanze LGBTQ+. Per me, quelle che seguono sono le dieci opere – tra libri, podcast, film e serie tv – più rappresentative di quest’anno ricco di contenuti a tema femminista.

bell hooks
  1.     bell hooks, Il femminismo è per tutti, Tamu Edizioni

Scomparsa solo pochi giorni fa, bell hooks (il cui nome è scritto volutamente in minuscolo per enfatizzare le sue parole anziché la sua individualità) è stata una delle più importanti teoriche del femminismo intersezionale. Pubblicato nel 2000 ma tradotto per la prima volta in italiano solo quest’anno, Il femminismo è per tutti all’estero è uno dei suoi testi più famosi. In questo saggio, hooks ribadisce l’importanza di far uscire la teoria e la pratica femminista dalle maglie dell’accademia, rendendole strumenti accessibili a tutte le persone. Proprio per questo motivo, il libro si presenta come una lettura introduttiva ed esplicitamente pensata per chi di femminismo sa poco o niente. Con la chiarezza che contraddistingue il suo stile, hooks ci guida attraverso la complessità di questo tema, ribadendo la necessità di un movimento ampio ma non depoliticizzato né schiacciato sul punto di vista delle sole donne bianche. 

Carey Mulligan nel film di Emerald Fennell “Una donna promettente”
  1.     Una donna promettente

Primo film di Emerald Fennell – per il quale ha ricevuto un Oscar alla migliore sceneggiatura originale – Una donna promettente è una delle poche opere che riesce a parlare di stupro senza mai metterne in scena uno, né in realtà nominarlo. Il film segue le vicende di Cassie, una giovane donna con una vita all’apparenza normale che di notte si trasforma in una sorta di angelo vendicatore per l’amica Nina, suicidatasi a seguito di una violenza sessuale subita all’università. Cassie, infatti, si finge ubriaca per adescare uomini che vogliono approfittarsi di lei e poi metterli alle strette. Con quest’opera, Fennell ha rielaborato il genere del rape & revenge – spesso relegato ai B movie e caratterizzato da un punto di vista sessualizzante – restituendogli complessità e dandogli una prospettiva femminile. Il titolo originale, Promising Young Woman, richiama esplicitamente le parole che furono usate dal giudice per descrivere Brock Turner: un “promising young man”, studente a Stanford, accusato di violenza sessuale compiuta all’interno del campus universitario. Per non rovinare il suo futuro di ragazzo promettente, appunto, Turner fu condannato a soli sei mesi di carcere.

Mario Mieli a Sanremo. Foto Courtesy © Fondazione FUORI!
  1.     Prima (Chora Media)

Sara Poma, dopo il successo del podcast Carla. Una ragazza del Novecento – in cui basandosi sul diario della nonna ne raccontava la storia – ha realizzato un altro podcast che ha come protagonista una donna normale ed eccezionale insieme, Mariasilvia Spolato. In Prima, Poma ricostruisce le vicende che fecero di Spolato la prima donna lesbica in Italia a fare coming out in piazza, per poi scomparire dalla scena pubblica. Insegnante di matematica e fondatrice del Fronte di liberazione omosessuale (poi confluito nel Fuori!, il Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano), Spolato si espose con un cartello durante la manifestazione per l’8 marzo organizzata nel 1972 dal collettivo femminista di via Pompeo Magno a Campo dei Fiori. Oltre alla storia di Spolato, quello che Sara Poma fa emergere in questo podcast è l’importanza del ricordo e della gratitudine verso tutti coloro che in passato hanno lottato per la nascita del movimento per i diritti LGBTQ+ in Italia (e non solo).

  1.     Maya de Leo, Queer, Einaudi

Maya de Leo è una docente universitaria che dal 2017 tiene la prima cattedra in Italia sulla storia dell’omosessualità, presso il Corso di laurea in Dams dell’Università degli studi di Torino. In Queer, ricostruisce una storia della sessualità che innanzitutto dimostra quanto l’eterosessualità obbligatoria e il binarismo di genere non siano categorie naturali e immutabili, ma costrutti culturali piuttosto recenti. De Leo scava nell’archeologia della comunità LGBTQ+ arrivando fino ai giorni nostri, raccontando una storia di emarginazione ed esclusione, ma anche di riscatto e di rivendicazione. Il libro adotta una prospettiva internazionale, ma è comunque ricco di riferimenti anche al nostro Paese, dove l’esistenza stessa dell’omosessualità, del lesbismo e della transessualità è stata spesso negata. De Leo traccia così una storia altra, collettiva, che non solo consente di andare a ritroso nel tempo, ma anche di orientarsi nel presente e nel futuro.

  1.     Lucia Bainotti, Silvia Semenzin, Donne tutte puttane. Revenge porn e mascolinità egemone, Durango edizioni

Nato dagli studi di dottorato delle due ricercatrici in Sociologia Lucia Bainotti e Silvia Semenzin, Donne tutte puttane è il primo saggio pubblicato in Italia a occuparsi di revenge porn o, come spiegano le due autrici, di ciò che è più corretto chiamare “condivisione non consensuale di materiale intimo”. Il titolo del libro riprende il nome di una delle chat di WhatsApp in cui vengono diffuse queste immagini e sulla quale le due studiose hanno condotto le loro ricerche. Lo scopo non era tanto quello di indagare il revenge porn nella sua dinamica di vendetta a seguito di una relazione finita, ma come fenomeno più ampio che nella maggior parte dei casi – a differenza di quanto si potrebbe pensare – non sembra affatto muovere da queste premesse. Nei gruppi Telegram e nelle chat descritte da Bainotti e Semenzin, infatti, non c’è quasi mai la volontà esplicita di diffamare un’ex fidanzata: le immagini diffuse, che spesso ritraggono donne sconosciute o scelte a caso, servono soprattutto a mettere in scena una performance di mascolinità, che le due autrici intendono analizzare e decostruire perché estremamente dannosa e pericolosa.

Maid (Netflix), 2021
  1.     Maid (Netflix)

Maid è una miniserie Netflix nata dal memoir di Stephanie Land, Domestica. Lavoro duro, paga bassa, e la voglia di sopravvivere di una madre. La serie racconta le vicende di Alex, una giovane donna di 25 anni con una figlia di 2 che decide di fuggire dal compagno violento ritrovandosi con solo cinquanta dollari in tasca. Da questo momento Alex, con una famiglia disfunzionale alle spalle che non la sostiene, si trova imbrigliata in un sistema escludente che stigmatizza la povertà e la vulnerabilità. Nonostante la sua enorme forza di volontà, che la porta ad accettare i lavori più umilianti, quasi tutte le persone che Alex incontra sul proprio cammino sembrano incolparla per essersi messa in quella situazione, mentre nessuno le riconosce di aver avuto la forza per uscirne. Maid diventa così un’opera potente sul vero significato dell’empowerment.

  1.     HER name is revolution, Cheap

Con questo nuovo progetto di arte pubblica per le strade di Bologna, Cheap si conferma ancora una volta una realtà in grado di scuotere la percezione consolidata dello spazio urbano con istanze politiche radicali. Dopo le polemiche scatenate lo scorso anno con i manifesti “gender” che avevano allarmato la Lega, nei poster realizzati dall’artista ventunenne Rebecca Momoli e inseriti nella rassegna “Matria – Immaginari della maternità contemporanea”, il corpo diventa uno spazio per urlare slogan femministi vecchi e nuovi: “My body my choice, my gender my rule”; “Sisterhood is a collective superpower”; e “Nessuna patria unica matria”. Le opere mostrano così come la maternità possa essere reimmaginata: non solo intesa come l’atto di riproduzione che a tutti gli effetti è, ma anche come processo creativo e politico che genera idee e nuovi desideri.

  1.     Valentina Mira, X, Fandango

In questo romanzo autobiografico, la giornalista e scrittrice romana Valentina Mira racconta la storia di uno stupro subito a diciannove anni, con un libro profondamente politico che rifiuta e ripensa l’etichetta di vittima. La X del titolo è il grande rimosso sociale sulla violenza sessuale: specialmente in Italia, infatti, quando se ne parla lo si fa poco e male, concentrandosi troppo spesso su chi l’ha subita e non su chi l’ha perpetrata. Il libro ragiona soprattutto sul dopo, affrontando le domande che purtroppo vengono quasi di default rivolte alle vittime – dalle quali ci si aspetta un comportamento esemplare – una su tutte: “Perché non l’hai denunciato?”. La protagonista del romanzo, invece, non ha nulla della vittima ideale. Per questo motivo, X sceglie di non indulgere sul pietismo o sulla tristezza, ma è un libro che mostra con schiettezza come anche le esperienze più terribili ci possano segnare in maniere inaspettate, non per forza conformi a ciò che la società si aspetta. Una narrazione che in Italia mancava.

  1.     Leslie Kern, La città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini, Treccani Libri

Le nostre città sono state progettate per le esigenze maschili. L’urbanistica ottocentesca ha concentrato le attività lavorative e commerciali nel centro, mentre gli spazi privati erano confinati alla periferia. Questa suddivisione rifletteva la separazione dello spazio pubblico riservato agli uomini dallo spazio domestico riservato alle donne. In La città femminista, Leslie Kern, professoressa associata di Geografia e Ambiente alla Mount Allison University, si chiede come sarebbe invece una città modellata sulle esigenze delle donne. Dall’abbattimento delle barriere architettoniche che impediscono il transito di passeggini e carrozzine alla creazione di spazi sicuri, la città femminista immaginata da Kern prende spunto dal cinema, dalla cultura pop e da alcuni esperimenti condotti in particolari quartieri. Un testo che vuole abbattere, letteralmente, i muri di cemento del patriarcato.

  1.     Jude Ellison Sady Doyle, Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne, Tlon

In questo saggio, l’autore femminista e non binary Jude Ellison Sady Doyle si occupa della relazione archetipica tra femminilità e mostruosità. Attraverso un’ampia analisi di opere cinematografiche e letterarie, con diverse incursioni nel folklore e nelle storie di true crime, Sady Doyle analizza questo legame, mostrando come le donne si trasformino da vittime verginali a oggetto di possessione demoniaca o a veri e propri mostri, a seconda delle loro caratteristiche. Questa rappresentazione così fitta e ricorrente, per l’autore è sintomatica della paura che la società riserva nei confronti delle donne, per secoli dipinte come esseri irrazionali e schiave delle loro passioni. Il mostruoso femminile è inoltre un saggio che può rivelarsi molto interessante e utile per chi si occupa di rappresentazione e di cinema.

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