Un uomo e una donna si parlano senza guardarsi, hanno le palpebre calate, stanche. Due battute di circostanza, una critica sottile dietro quelle poche righe su fondo bianco – rullo di tamburi, piatto. La comicità delle vignette di satira è la cosa più vicina alla stand up comedy, specialmente per quanto riguarda quelle di Altan. Lasciano l’amaro in bocca. In un’intervista del 2019 in occasione del Lucca Comics and Games, una delle più importanti fiere di fumetto e animazione d’Italia, Altan ha dichiarato che la satira ha perso il suo ruolo di attacco al potere e barattato questo suo “moto creatore” per diventare un mezzo attraverso il quale riconoscersi nelle idee degli altri, grazie alla sua capacità intrinseca di farci sentire un po’ meno soli. La storia della satira nel nostro Paese conferma l’analisi di Altan e cercare un motivo dietro questo “atto di fede” è ciò che anima oggi i superstiti di questo genere, nel tentativo di portare le loro storie e le loro critiche al grande pubblico.
L’inserto satirico una volta era l’articolo di fondo, quello che non tutti leggevano e doveva servire come approfondimento a coloro che lo cercavano tra le pagine del quotidiano. Una sorta di messaggio in codice tra individui deliberatamente attenti ai dettagli. Oggi questa logica è stata rovesciata e si dedica alle sporadiche vignette anche una pagina intera, tra le prime del giornale – è indubbio però che le vignette di satira, pur avendo guadagnato in visibilità, abbiano perso il loro ruolo. Si potrebbe dire infatti che la satira sia stata ufficializzata anche dalle testate più tradizionali e sia diventata così un semplice pretesto per graficizzare i contenuti presenti nel resto dell’editoriale. Non è però sempre stato così.
Storicamente parlando, nel nostro Paese la satira ha avuto un ruolo importante di emancipazione culturale. A fine anni Settanta in Italia stavano emergendo alcune delle riviste che avrebbero poi fatto la storia della satira moderna: per prima Il Male, pubblicata per la prima volta nel 1978, dissacrante creazione del visionario Pino Zac, diventata vero e proprio fenomeno di costume anche grazie all’intuizione delle copertine che parodiavano le prime pagine dei quotidiani, esagerandone titoli e notizie – come ad esempio per il caso della notizia di Ugo Tognazzi arrestato con l’accusa di essere il capo delle Brigate Rosse, prima ancora che le fake news fossero cosa nota. La rivista fu il trampolino di lancio per vignettisti come Vincino (Vincenzo Gallo), Angese o l’immortale Andrea Pazienza, ma anche Tamburini, Scozzari e Igort. A raccogliere l’eredità intellettuale del Male dopo la sua chiusura nel 1982 fu poi Frigidaire, che aveva iniziato a pubblicare nel 1980, per idea di Vincenzo Sparagna – già direttore de Il Male dopo Pino Zac. Frigidaire era caratterizzata da una marcata vena fumettistica rispetto alla sua predecessora spirituale, che invece si era distinta per una tendenza più didascalica, con messaggi brevi e diretti al pubblico, che si sarebbero rivelati fondamentali per il suo successo, specialmente tra il 1978 e il 1979.
In quegli anni la satira era una cosa molto seria, tanto da costare ad alcuni collaboratori delle già citate riviste querele, difficoltà giudiziarie e, negli anni più caldi della Prima Repubblica, anche visite in questura per il sospetto di contatti con il terrorismo. Nel frattempo i quotidiani facevano incetta di questi artisti dando loro sempre più spazio tra le loro pagine e talvolta l’intento era proprio quello di creare scalpore e generare dibattito in un mondo non ancora saturo di contenuti come quello di oggi. La presenza di un mondo editoriale culturalmente impegnato come in quegli anni aveva dato adito ad artisti e “liberi pensatori” di tentare la strada della pubblicazione, indipendentemente dalla schiettezza delle proprie vignette.
Tra fumettisti poliedrici socialmente impegnati Altan era un outsider. Nato nel 1942, di origini trevigiane, Francesco Tullio Altan, noto più semplicemente come Altan, aveva studiato presso la facoltà di Architettura di Venezia per poi abbandonare gli studi e trasferirsi in Brasile, lavorando come scenografo. Riservato, misterioso e allergico alle comparse televisive, aveva pubblicato poi le sue primissime vignette per i bambini su un quotidiano locale di Rio de Janeiro, nel 1970, per poi dedicarsi alla pubblicazione sull’italiana Linus quattro anni dopo grazie all’intuizione di Oreste del Buono, al tempo direttore. Linus aveva visto la luce nel 1965 ed era una vera e propria antesignana delle riviste a fumetti pensate per il pubblico adulto, con una forte impronta politica. Non a caso, fu proprio lì che Altan iniziò la sua ascesa nel mondo della satira, dando vita a Trino, un dio dall’atteggiamento impiegatizio impegnato nella creazione del mondo. In Trino, che era tra i primi esperimenti dell’autore, si riscontrano molti degli elementi che saranno poi parte dell’immortale operaio metalmeccanico Cipputi, che comparirà sempre su Linus, rivista di cui nel 1976 Altan diventerà collaboratore permanente.
Un anno prima, poi, sul Corriere dei Piccoli era spuntata dalla penna di Altan una cagnolina a pois che sarebbe poi diventerà un fenomeno di costume: la Pimpa. Questo personaggio, al quale Altan rimarrà legato per il resto della sua carriera fino a oggi, era stato creato dall’artista per divertire la figlia. Un’idea semplice, assolutamente funzionale all’immaginazione dei bambini, che racchiude in sé i caratteri dell’infanzia, i colori e l’apertura mentale che caratterizza questa fase della vita. Diversamente dagli adulti delle sue vignette satiriche, infatti, la Pimpa affronta la realtà in piena libertà, in modo spensierato, riponendo una grande fiducia verso il mondo e riuscendo a comunicare senza fatica con esso. Una dicotomia, quella creata da Altan, tra il mondo felice e colorato della Pimpa e quello grigio e malinconico della sua produzione per adulti, che sembra marcarsi ulteriormente quando si entra nell’ambito dei suoi romanzi a fumetti.
In questa seconda produzione di Altan i personaggi raccontano i nostri difetti, le nostre disillusioni: una società sempre in bilico verso il decadimento, tristemente attaccata al buoncostume e in preda alle nevrosi. Cuori pazzi, Macao e Colombo sono solo alcuni dei romanzi a fumetti più profondi e introspettivi dell’autore, che negli anni è stato in grado di variare la propria produzione dalla satira politica, ai romanzi a fumetti, finanche alla già citata letteratura per bambini, mostrandosi assolutamente capace di destreggiarsi in ognuna di esse.
In Macao, un racconto a fumetti pubblicato sulla rivista Corto Maltese nel 1984, Altan si lancia in un racconto di stile spionistico ambientato durante la guerra del Vietnam, con al centro della narrazione il personaggio di Ada, comparsa cinque anni prima in un volume unico. In Macao la caratterizzazione dei personaggi e la loro psicologia gioca un ruolo chiave all’interno della narrazione, tanto che l’intera trama si dipana attraverso i dialoghi degli stessi, accompagnati da uno stile decadente. Anche in opere ugualmente complesse, come per il caso di Colombo, pubblicato per la prima volta su Linus, nel 1987, si ritrova questo senso del sudicio e dello squallido, come ad esempio nel rapporto tra Colombo e i suoi uomini, privi di ideali, oltre che corrotti e avidi. Questo è uno dei fili conduttori dei racconti a fumetti di Altan. Tra le frequenti gag (perché alla fine è di umorismo che si sta parlando) si legge chiaramente l’intento di Altan di rappresentare una realtà scevra di buonismo post-romantico, rappresentando con precisione una storia non romanzata e altamente educativa, perché carica di una vivida critica sociale nei confronti della civiltà occidentale, colpevole di aver sterminato gli indiani d’America.
La realtà è che il profondo senso di introspezione di Altan si ritrova anche nelle vignette più brevi e concise. In un personaggio a tratti banale come Cipputi si racchiude molta della produzione satirica dell’autore, la sua capacità di dar voce a una determinata platea di persone, di trasmettere quel senso di empatia, tristezza, che più che una vera critica sociale sembra altresì una seduta di autocoscienza. L’idea dietro Cipputi è quella di rappresentare l’uomo medio in tutte le sue sfaccettature, anche nella sua capacità di rassegnarsi al corso degli eventi. Sta proprio in questo il talento di Altan, nella sua capacità di rimanere sul confine rispetto alle tematiche della vita politica, accettando il cambiamento della società e adattando le sue vignette a essa. Non è questione di essere politicamente corretti, o scorretti, ma di saper leggere la contemporaneità fornendo spunti di riflessione a una platea molto vasta di persone che ricerca, in quelle vignette di satira, un messaggio.
Altan rappresenta una parte di quella schiera di intellettuali attivi principalmente a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta che hanno fatto la storia del nostro Paese in questa arte e che oggi sono ancora in grado di osservare, capire e dialogare con un mondo che almeno nelle forme si è voluto ed è in rapido mutamento. Diverse volte, nel corso delle interviste, Altan ha fatto riferimento a se stesso come a una figura lontana dal web e ancora legata a mezzi tradizionali, riconoscendo di non essere capace a pieno di comprendere il lavoro dei fumettisti della nuova generazione, perché legati a un mondo estremamente più rapido e veicolato da strumenti e tipologie di linguaggio a cui non è abituato, pur riconoscendo il talento alla base del loro lavoro. Ciononostante, Altan è riuscito a reinventarsi negli anni, e a mantenere il suo piglio critico indipendentemente dal fatto che la società stesse cambiando rapidamente, tanto da sopravvivere a molti altri fumettisti della sua epoca, alcuni per certi aspetti più talentuosi nel disegno, ma sicuramente meno capaci di lui nell’interpretare la realtà.
La satira è uno strumento importante per un Paese democratico. La sua diffusione permette di tracciare i confini della libertà individuale, fornendo un banco di prova all’opposizione politica e alla critica sociale. Se è vero che, come dice Altan stesso, la satira ha perso il suo ruolo di agitatore sociale, si può dire con certezza che, quando ben fatta, essa ha mantenuto il suo ruolo nella rappresentazione dell’opinione comune. Le vignette di Altan sono una testimonianza, una descrizione rappresentativa dell’Italia contemporanea. Nei suoi personaggi si ritrovano le persone comuni, il prototipo dell’omuncolo che quotidianamente affronta il proprio supplizio quotidiano, marcato nelle sue false e vacillanti certezze, influenzato dai media e al contempo artefice inconsapevole del destino del Paese in cui vive. Il suo è un invito a cercare di comprendere a fondo il ruolo che abbiamo in quanto individui nella modernità: Esattamente come nei suoi disegni, non esistono differenze tra il politico e l’impiegato. Nelle vignette di Altan, prima o poi, dovremmo rispecchiarci tutti.