In questi giorni l’interesse per il 4B Movement è violentemente esploso su Twitter e TikTok in seguito alle recenti elezioni americane, dove il timore per i diritti riproduttivi con il ritorno di Trump alla presidenza si è intensificato: la frustrazione di molte donne per il fatto che una maggioranza di elettori maschili – tra cui compagni, figli e mariti – abbia sostenuto un presidente accusato di molestie sessuali e le cui campagne sono notoriamente caratterizzate da un sessismo esasperato ha raggiunto un picco. Secondo gli exit poll, il 55% degli uomini americani ha votato per Trump, una scelta che, aggravata dalle affermazioni di un personaggio estremamente imprevedibile e incline alla fascinazione per la violenza, ha contribuito all’ascesa di movimenti di protesta femminili che pongono al centro il rifiuto dell’interazione con figure di sesso maschile percepite ora più che mai come i rappresentanti di un sistema di oppressione.
Il 4B Movement, nato in Corea del Sud negli anni dieci degli anni 2000 e influenzato da attiviste come Ju Hui Judy Han, assistente professoressa in Gender Studies all’Università di Los Angeles, è oggi seguito anche da alcune donne residenti negli Stati Uniti, che vedono nella rielezione di Donald Trump un pericolo per i diritti di genere. Il movimento prende il nome da quattro parole sudcoreane che cominciano con il prefisso “bi”, ovvero bisekseu (no rapporti sessuali con gli uomini), bihon (no matrimonio), biyeonae (no dating) e bichulsan (no figli). Il movimento incoraggia le donne a liberarsi delle pressioni sociali e a evitare le relazioni romantiche con gli uomini come resistenza alle norme misogine e patriarcali: l’incidenza della violenza di genere, culminata in eventi tragici come l’omicidio di una giovane donna a Seoul nel 2016 – uccisa da uomo che ha detto alla polizia di “odiare le donne perché lo sminuiscono”, e che non aveva mai incontrato la vittima prima di allora – ha spinto alla necessità di una riflessione nazionale sui temi del femminicidio e il revenge porn in risposta a una cultura percepita come ostile, aggravata da una pressione sociale e governativa a favore della natalità.
Ciò che stupisce (o forse no) è che le questioni contestate dal movimento non sono poi esclusivamente sudcoreane, e non riconoscerlo sarebbe paradossale: questi casi sono prevalenti nella maggior parte degli Stati capitalisti moderni, del Sud o del Nord del mondo, e vengono regolarmente ignorati, forse anche a causa della loro ubiquità. Fino a poco tempo fa, Han considerava improbabile che il 4B Movement si diffondesse negli Stati Uniti poiché fortemente basato su una distinzione binaria di genere che rischia di escludere le molte donne che, pur non sostenendo Trump, non condividono una rottura così radicale. Tuttavia, la recente ondata di interesse per il movimento su piattaforme come TikTok potrebbe segnare una nuova fase nella diffusione del movimento: durante la precedente presidenza, Trump ha sostenuto diverse iniziative per limitare l’accesso all’aborto, inclusa la nomina di giudici conservatori alla Corte Suprema come Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, la cui presenza ha contribuito alla decisione del 2022 di annullare la sentenza Roe v. Wade del 1973. Ha inoltre più volte dichiarato posizioni ambigue, talvolta a favore di eccezioni per “stupro, incesto e per la vita della madre”, ma con dichiarazioni contrastanti che hanno sollevato timori tra i sostenitori dei diritti riproduttivi.
Le numerose accuse contro il futuro presidente coprono un periodo che va dagli anni Settanta fino alla sua elezione nel 2016 e comprendono un numero elevato di testimonianze di comportamenti inappropriati durante la sua carriera imprenditoriale e televisiva: tra le più note, quella di Jessica Leeds, che ha dichiarato di essere stata molestata da Trump durante un volo in prima classe nel 1979, e quella di Jill Harth. Le accuse si sono poi intensificate nell’ottobre del 2016 grazie alla diffusione del video del 2005 Access Hollywood Tape, in cui Trump, parlando con un giornalista, descrive il suo modo di sfruttare la sua notorietà per avvicinare e toccare le donne senza il loro consenso, affermando: “When you’re a star, they let you do it. You can do anything”. Tra le altre c’è Natasha Stoynoff, una giornalista di People Magazine che ha sostenuto di essere stata molestata durante un’intervista, e Summer Zervos, una concorrente dello show The Apprentice, che ha raccontato di essere stata toccata e baciata contro la sua volontà. Le accuse hanno raggiunto il culmine nel 2019, quando E. Jean Carroll, scrittrice e giornalista, ha dichiarato di essere stata violentata da Trump negli anni ’90 e ha successivamente intentato una causa per diffamazione, dopo che lui aveva respinto pubblicamente l’accusa. All’epoca, Carroll aveva scritto un articolo sul New York Magazine in cui sosteneva che l’ex presidente l’avesse stuprata 23 anni prima. Trump definì inizialmente la sua accusa come totalmente falsa. Nel 2023 è stato condannato per violenza sessuale.
Ora, immaginiamoci di essere una di queste donne e scoprire che il proprio aggressore è stato eletto dalla maggior parte della popolazione maschile come Presidente degli Stati Uniti. Questo contesto, rafforzato dalle continue affermazioni pubbliche di Trump stesso (“Grab them by the pussy”, “Miss Piggy”, “If Ivanka weren’t my daughter, perhaps I’d be dating her”, “Women? You have to treat them like shit”) ha contribuito all’ascesa di movimenti di protesta femminili che pongono al centro della loro ideologia il rifiuto esasperato dell’interazione con figure maschili percepite come rappresentanti di un sistema pericoloso per le donne: Google Trends ha registrato un aumento del 450% nelle ricerche correlate al Movimento 4B subito dopo le elezioni, segnalando una crescente attenzione per la sua filosofia e i suoi principi. Rifiutando matrimonio, maternità e il contatto fisico con l’altro sesso, il 4B trova un parallelo nei movimenti separatisti e comunitari che già in passato hanno espresso attraverso prese radicali dissenso verso un ordine sociale oppressivo: nell’America del XIX secolo il movimento degli Shakers fondato da Ann Lee optò per il celibato come mezzo per evitare le dinamiche di potere nelle relazioni eterosessuali; durante il femminismo separatista degli anni ’60 e ’70, attiviste come Charlotte Bunch abbracciarono la separazione dagli uomini come unica via verso l’autonomia, e il movimento Single Mothers by Choice degli anni ’80 e ’90 vide moltissime donne decidere di non sposarsi e di avere figli da sole, in parte come reazione alle aspettative sociali e in parte per evitare la dipendenza economica e/o emotiva da un partner maschile.
Pur sembrando estremi, questi movimenti non sono poi così diversi da quello che molte di noi già fanno. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una grande rinascita del celibato, con un numero crescente di giovani donne liberali che negli Stati Uniti si sono unite al movimento #BoySober, descritto dal New York Times come “la mania per la salute mentale più in voga di quest’anno”, secondo cui la libertà sessuale ci è inizialmente stata venduta come fonte occasionale di potere e piacere, ma l’esperienza concreta – tra il malessere generale suscitato dalle app di incontri, la scarsa responsabilità emotiva nella cultura del dating e la crescente preoccupazione per gli episodi di stupro – sembra aver perso il suo fascino. Sebbene la recente proliferazione di contenuti tradwife, l’ascesa della figura della fidanzata casalinga e la svolta conservatrice della Gen Z possano sembrare lezioni di empowerment, ciò che in realtà viene presentato come liberatorio per la donna moderna può facilmente riproporre valori conservatori mascherati da scelta progressista in una società in cui è considerata accettabile l’elezione di un uomo come Donald Trump.
Ecco perché l’astinenza può rappresentare per alcune donne una risposta concreta a un contesto sociale e relazionale sempre più ostile. Il movimento 4B in particolare però non si propone tanto come via pratica alla liberazione, quanto piuttosto come un barometro della volontà collettiva di resistere alle norme patriarcali: l’interesse per le sue pratiche non risiede quindi nella sua potenziale diffusione di massa, ma nel suo ruolo di catalizzatore di una riflessione profonda sulle aspettative sociali e sulle politiche di genere. Anche qualora non si diffondesse in modo capillare negli Stati Uniti, infatti, potrebbe comunque avviare un dialogo essenziale sulla necessità urgente di mutamenti radicali, mettendo in luce le carenze strutturali di una società che ancora non risponde adeguatamente ai bisogni della metà – o più – della sua popolazione. Nel contesto statunitense, il 4B si delinea come un grido di esasperazione e una denuncia pratica verso le istituzioni, percepite come profondamente e tristemente inadatte all’evoluzione del nostro contesto storico, portatrici di norme sociali che legittimano l’oppressione. La scelta di un allontanamento radicale dai ruoli tradizionali è una richiesta di ridefinizione sociale che va oltre semplici riforme politiche: è un’affermazione decisa di autonomia, in cui il ritorno alla sottomissione non è un’opzione e la partecipazione sociale femminile non sarà più data per scontata senza un cambiamento sostanziale.