No, non è colpa del porno - THE VISION

Il 12 luglio del 1991 veniva fondato dal manager Riccardo Schicchi e dall’imprenditore del settore pornografico Mauro Biuzzi il Partito dell’Amore, che vedeva Ilona Staller prima e Moana Pozzi poi mettere la faccia in politica per diffondere a livello sociale tematiche legate alla sessualità, in senso libertario e cristiano-sociale. Fu così che, anche se la lista non ebbe accesso ai seggi, Pozzi, come capolista, alle elezioni del ‘92 ottenne più preferenze di Umberto Bossi alla Lega Nord, Sergio Garavani di Rifondazione e di Francesco Rutelli coi Verdi. Oggi, invece, si affianca il nome di un’altra icona del porno, Rocco Siffredi, a quello della ministra delle Pari opportunità, della famiglia e della natalità Eugenia Roccella, non certo famosa per le sue posizioni visionarie, anzi, per quelle piuttosto lontane dai diritti legati ai corpi delle donne, pur definendosi femminsta.

In realtà, Siffredi ha detto cose estremamente ragionevoli e condivisibili, ma che la ministra ha prontamente sfruttato per portare avanti le sue istanze. Dopo lo stupro di gruppo avvenuto a Palermo l’ex porndivo ha infatti rilasciato una lucida analisi della situazione, per poi arrivare però a una conclusione forse un po’ populista, magari dettata anche dalla reazione emotiva a caldo su quanto accaduto. Siffredi è partito dicendo che il vero problema è che i ragazzi non capiscono – perché non sono aiutati a farlo – che ciò che vedono nei film hard sia totale finzione, sostenuta anche da farmaci, anestetici e vari props di scena, e ha continuato dicendo giustamente che il porno non può e non deve prendere il ruolo dell’educazione sessuale, sopperendo alla sua mancanza. Il porno è intrattenimento, ha sottolineato, dicendo poi di sentirsi responsabile più come padre preoccupato che come pornostar, e invitando a diffondere una cultura del rispetto, sostenendo l’educazione sessuale. Infine, però, è arrivato a caldeggiare anche il divieto di accesso libero alla pornografia, come se il recente stupro di gruppo fosse stato ispirato direttamente da quest’ultima, quando invece è apparso quanto fosse una sorta di “spedizione punitiva”. Di norma anti-porno si parlava già nel 2020, ma purtroppo la soluzione non è così semplice, anzi.

In seguito a casi di violenza sessuale più o meno mediatizzati, tra le distrazioni retoriche su cui viene spostato il dibattito pubblico – subito dopo aver dato la colpa alle mamme degli indagati che non li hanno educati bene – riemerge infatti sempre un unico, grande indiziato. E no, non è la cultura misogina e patriarcale in cui siamo immersi quotidianamente, ma proprio il porno. Già, se gli uomini abusano delle donne non è perché fin da bambini viene loro insegnato a dominarle dando loro spintoni e tirando i loro capelli per attirare l’attenzione nel caso vogliano fare amicizia, ma per colpa del porno e dell’immaginario che veicola. Come se io facessi una rapina alla banca nazionale dopo aver visto La casa di carta, oppure squartassi gente a caso perché mi piace guardare Dexter o sono appassionata di horror.

Ogni volta, per sostenere questo argomento e stringere la morsa del perbenismo, anche a distanza di anni, vengono riesumate tutte quelle (poche) esperienze personali diffuse da vari tipi di celebrità e personaggi di spicco contro la fruizione di questi contenuti, come se rappresentassero un assoluto. In prima linea, infatti, tornano anche a distanza di mesi le dichiarazioni di Billie Eilish, che si rammaricava per essere stata esposta alla pornografia da molto giovane – formula che mi fa sempre pensare alla cura ludovico di Arancia meccanica. Questa prassi le avrebbe “distrutto il cervello”, causandole incubi e portandola a far suo un modello femminile squilibrato e degradante, come se già non bastasse il mondo in cui le donne vivono.

Il problema è che spesso il primo e unico accesso che si ha al sesso è la pornografia, che nella totale mancanza di un’educazione alla sessualità e alla parità rischia di non essere percepita come una messa in scena e una finzione, ma come una realtà, o peggio, una sorta di modello uniformato a cui ambire e su cui plasmare il nostro desiderio, perché se così viene mostrato così è per gli altri e così deve essere. In generale, infatti, se è vero che la pornografia è sempre più sfaccettata a livello di gusti e di pratiche, è vero che però lo sguardo con cui racconta il sesso nella stragrande maggioranza dei casi è sempre lo stesso, ovvero quello patriarcale, in cui la donna è oggetto, preda sottomessa. Chiaramente, essendo un’industria, il porno risponde alla domanda dei suoi consumatori, che fino a ben poco tempo fa erano quasi esclusivamente uomini, imbevuti della cultura tossica che tutti ben conosciamo. Solo recentemente si è iniziato a considerare anche il pubblico femminile, in parte già presente ma ignorato.

Ad ogni modo, finché c’è rispetto, senso del limite, della relazione con l’altro e sicurezza, la donna, anche la più femminista del caso, come succede nelle pratiche BDSM o kinky, se lo desidera, può eccome sottomettersi, il problema è quando i piani si confondono, ma ancora una volta, si confondono perché nessuno ci ha aiutati a discernerli. Basta veramente un po’ di buon senso per capire che uno stupro di gruppo punitivo non può essere minimamente paragonato a un’orgia tra persone libere, consapevoli e consenzienti. Farlo significa alzare la polvere e fomentare moralismi dannosi, perché non fanno altro che peggiorare le conseguenze di questi tabù, tra cui rientrano violenza, gravidanze indesiderate e insoddisfazione.

Sicuramente è vero che l’industria della pornografia abbia dei lati oscuri – su cui peraltro le stesse professioniste che ne fanno parte discutono da anni – e che alcuni tipi di prodotti video, tra cui rientrano sicuramente quelli porno, necessitino di una certa maturità mentale, proprio perché sono (ingiustamente?) pensati come “contenuti per adulti”, ma questo spostamento di cause è del tutto fuori luogo e tradisce una certa malafede per il modo semplicistico in cui viene compiuto. Il discorso, infatti, varrebbe tanto per i porno quanto per alcuni film drammatici, o di guerra, ma non solo. Per affrontare determinate narrazioni è necessaria un’identità strutturata. Si dice sempre, per esempio, che le grandi opere d’arte dovrebbero cambiarci la vita, ma esporre i ragazzi ad alcune di esse può turbarli profondamente, soprattutto se l’esperienza non viene condivisa, analizzata e contestualizzata in un contesto sicuro e inclusivo. Io ho letto per caso Il muro di Sartre a 12 anni e ne porto ancora i segni.

Quello e altri libri letti da molto – troppo? – giovane mi hanno davvero fottuto il cervello e portata sul confine della depressione, eppure non mi pare ci sia un bollino con scritto vietato ai minori di 18 anni, anzi, si studiano a scuola. Come dice sempre un mio amico che insegna Filosofia delle Religioni, non puoi davvero pensare che un adolescente studi Schopenhauer o Nietzsche e pretendere che poi queste letture non gli cambino la vita, che una volta suonata la campanella che segna la fine dell’ora di filosofia “tutto torni come prima”, è molto ipocrita da parte degli adulti, perché sono testi che sono stati concepiti esattamente per disturbare. La soluzione, però, non è certo abolirli, la censura non è mai la soluzione in una società matura. Come sempre – ed è quello che sanno fare le brave e i bravi insegnanti – è fondamentale l’accompagnare nella relazione con il testo, o con l’immagine, e in generale con qualsiasi prodotto che veicoli un messaggio, sia esso una poesia di Seamus Heaney sulla morte o un film porno.

Un’altra strada che si potrebbe percorrere potrebbe essere quella di differenziare i prodotti pornografici e magari produrne di nuovi nella forma e con i linguaggi che più si adattano alla sensibilità e alla maturità psicologica ed emotiva del pubblico a cui si rivolgono, e quindi perché no proporne di adeguati per un pubblico adolescente. Al pari di ogni narrazione è fondamentale anche in questo caso la varietà e l’inclusività della rappresentazione di tante storie ed esperienze di vita diverse. Anche se attualmente il porno in teoria è vietato ai minori di 18 anni, che com’è noto non incontrano particolari ostacoli se vogliono fruirne, non è un mistero che gli esseri umani raggiungano lo sviluppo fisico tra i 10 e i 14 e provino desiderio sessuale ben prima del rilascio del diploma di maturità o della scheda elettorale. È assurdo ignorarlo. A un bambino di due anni non racconterò La bella addormentata nel modo in cui la racconterò a uno di sette, così come quest’ultimo sarà diverso ancora dalla versione che potrà leggere un adulto raccolta ne Lo cunto de li cunti (decisamente prossima alla pornografia), “Sole, Luna e Talia”, o ancora nel live action della Disney. Si può raccontare il sesso in tanti modi diversi, nessuno ce lo impedisce, soltanto la nostra stessa miopia.

Il problema, infatti, è che la maggior parte delle volte, come ha detto lo stesso Siffredi, ci si avvicina al porno senza avere gli strumenti per integrarlo nella propria esperienza psicologica, fisica ed emotiva e spesso è anzi la prima soglia di accesso al mondo della sessualità, che poi si rivela essere ben diversa, nel bene e nel male, dall’immaginazione, proprio perché non ci vengono dati gli strumenti per farla nostra, scoprirla e comprenderla. C’è poi il discorso sulla semplicità di accedervi e sul fatto che sia importantissimo seguire i contatti dei bambini, anche molto piccoli, coi contenuti che si trovano su internet, ma questa è un’altra storia, che purtroppo ha a che fare anche con l’educazione digitale.

Nel discorso pubblico italiano, però, qualsiasi critica ragionevole e argomentata che viene fatta all’industria pornografica, viene strumentalizzata dalle realtà culturali vicine alla destra in maniera oscurantista e perbenista. Ma demonizzando in toto la pornografia si compie un ulteriore passo nel mondo della censura e dei tabù che non fanno altro che nutrire i demoni che ci abitano e che non trovano espressione. La pornografia, infatti, può rivelarsi un’importante valvola di sfogo per alcune pulsioni rifiutate dalla collettività, permettendo a chi le prova di controllarle e gestirle. Sarebbe importante arricchire invece questa narrazione, diversificandola e normandola, magari rivoluzionandola, invece che abolendola e vietandola.

I punti che si dovrebbero affrontare legati alla sessualità sono quattro: l’educazione sessuale ed emotiva, l’educazione alla relazione con l’altro e in particolare il tema del rispetto e del consenso, la ricerca e l’esplorazione consapevole del proprio piacere, la salute sessuale, non solo legata alla patologia, ma anche a una visione olistica che comprenda anche la sfera psicologica o condizioni fisiche che non vengono considerate patologiche ma che minano profondamente l’appagamento, in particolare delle donne, che ricordiamo quando etero sono quelle che hanno meno orgasmi di tutte.

A proposito di educazione sessuale, nel rapporto Istisan 20/35, svolto su un campione di ragazzi e ragazze italiani tra i 16 e i 17 anni, tra coloro che hanno già avuto rapporti completi (35% tra i maschi, e il 28% tra le femmine) il 23% dei ragazzi e il 29% delle ragazze come metodo contraccettivo ha usato il coito interrotto e l’8% dei ragazzi e il 13% delle ragazze il conto dei giorni fertili. Ovviamente, nessuno di questi due metodi è però un metodo contraccettivo. Meno del 10% degli studenti poi frequenta i consultori, anche dove sono diffusi in maniera endemica nel territorio, e il 22% non ne conosce nemmeno l’esistenza. Solo un 20% parla in famiglia in maniera approfondita di sviluppo sessuale e fisiologia della sessualità, metodi contraccettivi e malattie sessualmente trasmissibili. Una situazione che dovrebbe preoccuparci ben più dell’accesso alla pornografia.

Stando a questi dati, insomma, a “distruggerci il cervello” è già il mondo in cui viviamo, che non manca di assumere forme inquietanti, ben oltre ogni finzione e set cinematografico. La realtà, purtroppo, non si può vietare, o limitare, ma solo cambiare col coraggio di agire diversamente, non censurando, ma andando a scavare proprio nelle zone più torbide della nostra cultura, ancora del tutto indisponibile ad aprire un discorso sociale sul sesso senza falsi e ipocriti pudori, che mascherano mancanze e incapacità e altro non fanno che peggiorare l’esistenza di tutti.

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