Siamo nel 2019, eppure le relazioni tra persone dello stesso sesso ancora fanno storcere il naso a molti. In vari Paesi del mondo, concentrati soprattutto in Africa e in Medio Oriente, l’omosessualità è un reato punibile in diversi modi: mentre in India nel settembre scorso l’omosessualità è stata finalmente decriminalizzata, in Nigeria basta essere affiliati a un’associazione gay per finire in carcere, in Uganda i membri della comunità Lgbtq+ rischiano l’ergastolo, mentre in Iran, Yemen, Pakistan, Mauritania ed Emirati Arabi Uniti vige la pena di morte. In Arabia Saudita, la pena di morte è preceduta dalla tortura e dall’internamento in cliniche psichiatriche. In Europa, invece, nonostante l’assenza di nazioni che considerano un crimine l’essere omosessuali, in alcuni Paesi le persecuzioni sono all’ordine del giorno: in Russia, per esempio, dove solo il 16% della popolazione pensa che gli omosessuali debbano essere accettati dalla società e dove Vladimir Putin ha fatto approvare una legge “contro la propaganda gay”, considerata discriminatoria e omofobica dalla Corte europea per i diritti umani. O in Cecenia, dove molti omosessuali sono stati catturati e deportati in “prigioni segrete” che hanno tutta l’aria di veri e propri campi di concentramento, nei quali uomini e donne gay dichiarati o solo presunti subiscono sevizie e umiliazioni di ogni tipo, fino alla morte.
In Italia l’omosessualità non è più considerata un crimine dal 1890, ma per la destra resta un qualcosa da abolire, ignorare, nascondere: emblematica l’esternazione del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, secondo il quale “le famiglie gay non esistono”. Invece, secondo i dati Istat del 2012, circa un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale. Quindi è una realtà che esiste, eccome.
La frase più utilizzata dagli omofobi resta sempre “L’omosessualità è contro natura”. Se cerchiamo su un buon dizionario, il termine “contro natura” significa letteralmente “andare contro le leggi fondamentali della natura”. Quindi, se l’omosessualità fosse un comportamento umano non rispondente alle leggi naturali, nel mondo animale non dovrebbe esistere. In realtà non è così: l’omosessualità è un fenomeno molto diffuso tra gli animali, soprattutto nelle specie che hanno strutture sociali complesse. Negli ultimi anni alcuni etologi hanno studiato e documentato interazioni affettive e sessuali tra membri dello stesso sesso in diverse specie.
Nel 2006, in Norvegia, uno dei Paesi europei più avanzati in tema di diritti Lgbtq+ il Museo di Storia Naturale di Oslo ha organizzato una mostra dal titolo Against Nature?, arrivata poi in Italia, a Genova, nel 2008, nell’ambito del Festival della scienza. La mostra metteva in evidenza come in molte specie animali, dagli insetti ai mammiferi, l’omosessualità sia un comportamento naturale e consolidato. Secondo Petter Bockman, uno dei curatori, sono stati osservati comportamenti omosessuali in circa un migliaio specie, dagli insetti ai mammiferi.
Negli insetti, per esempio, i maschi di coleottero tribolio della farina (Tribolium castaneum) si accoppiano con altri maschi nel 50% dei casi. Uno studio condotto da ricercatori della Tufts University di Boston ha mostrato che nel coleottero l’omosessualità ha anche un valore adattativo, dal momento che permette ai maschi di avere comunque una prole, mediante la fecondazione indiretta delle femmine: sebbene questo sia avvenuto solo nel 7% dei casi, infatti, lo sperma trasferito durante l’accoppiamento tra due maschi è stato poi passato a una femmina in un successivo accoppiamento del maschio ricevente. Altri studi, invece, come quello dell’Università di Tel Aviv pubblicato sulla rivista Behavioral Ecology and Sociobiology nel 2013, sostengono che l’omosessualità negli insetti non solo non abbia alcun valore adattativo, ma che sia anche accidentale: nella frenesia della spinta a riprodursi, cioè, gli animali non presterebbero alcuna attenzione al sesso del partner.
Negli uccelli, invece, non solo sono presenti relazioni durature tra individui dello stesso sesso, ma molto spesso queste coppie allevano anche dei piccoli. È il caso dell’albatro di Laysan (Phoebastria immutabilis), dove, se non ci sono abbastanza maschi per formare relazioni durature per allevare la prole, due femmine formano una coppia stabile e mostrano tutti i comportamenti tipici delle coppie eterosessuali. Anche in molte specie di pinguini esistono coppie omosessuali durature. Nel 2010, ricercatori francesi e americani hanno esaminato il comportamento del pinguino reale (Apenodytes patagonicus) nei territori australi francesi. Dopo aver marcato con colori diversi maschi e femmine della colonia, i ricercatori hanno scoperto che il corteggiamento tra individui dello stesso sesso era abbastanza frequente, soprattutto tra i maschi (il 28.3% delle 53 coppie osservate). E comportamenti simili sono stati riscontrati anche in altre specie, stavolta allevate in cattività. I più famosi sono Roy e Silo, pinguini dal collare (Pygoscelis antarcticus) dello zoo di New York, diventati famosi all’inizio dello scorso decennio. I due pinguini sono stati inseparabili per oltre sei anni, hanno anche allevato un piccolo e sono diventati personaggi di un libro educativo per bambini.
La stessa cosa sta accadendo proprio in questi giorni al Sea Life Sydney Aquarium in Australia. Sphen e Magic sono due pinguini papua (Pygoscelis papua) appartenenti a una colonia abbastanza giovane. Tra le diverse coppie presenti, la loro – la sola formata da due maschi – è stata l’unica a occuparsi a tempo pieno di un nido, tanto che i curatori dell’acquario hanno deciso di affidare proprio a loro un uovo rifiutato da una coppia eterosessuale. Il piccolo è nato lo scorso ottobre (ed è stato l’unico nuovo nato della colonia) e sia Sphen che Magic se ne sono presi cura quotidianamente, comportandosi esattamente come due neogenitori eterosessuali. I due pinguini sono diventati un simbolo per la comunità Lgbtq+, dal momento che fino a poco tempo fa l’Australia aveva attraversato un periodo critico per l’approvazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, anche se i curatori del Sea Life hanno cercato di tenere lontane il più possibile le ingerenze politiche. Anche tra i visitatori, però, come ha spiegato al New York Times Samantha Antoun, addetta alle pubbliche relazioni dell’acquario “La parola ‘innaturale’ è stata usata spesso. Molte persone ci hanno detto che non dovevamo definirli gay, perché magari erano solo amici”.
I casi di omosessualità animale meglio studiati sono però quelli riguardanti i mammiferi: delfini, leoni, bonobo – tutte specie con complesse reti sociali – presentano coppie omosessuali. Interessante il caso immortalato dal fotografo naturalista Paul Goldstein, che in Kenya ha documentato l’accoppiamento di due leoni maschi, osservato fino a quel momento solo in cattività. Le foto hanno fatto il giro del mondo, non tanto per l’eccezionalità dell’evento, quanto per il clamore che hanno suscitato in Kenya, Paese retrogrado da questo punto di vista. Ezekial Mutua, responsabile della censura televisiva e cinematografica in Kenya, in un’intervista a Nairobi News poi riportata dal Daily Mail, ha detto che i due leoni avrebbero dovuto essere catturati e tenuti in isolamento finché non si fosse riusciti a determinare la causa del loro comportamento omosessuale. E nonostante l’omosessualità tra i leoni sia accertata da anni, Mutua è convinto che i leoni siano stati deviati dalla vista di turisti omosessuali nel parco del Masai Mara o che siano stati posseduti da demoni, il che la dice lunga sul modo in cui vengono considerate le relazioni omosessuali in Kenya.
Per quanto riguarda i delfini, l’omosessualità sembra avere la funzione di rinforzare i rapporti sociali, soprattutto tra i giovani maschi. Un gruppo di ricercatori della Marduch University, in Australia, ha osservato questo comportamento lungo le coste di Perth, in un gruppo di tursiopi (Tursiops truncatus) maschi, la maggior parte dei quali giovani individui. I delfini si dividevano in gruppi e mostravano comportamenti tipici del periodo riproduttivo. Secondo Krista Nicholson, responsabile del progetto di ricerca, il comportamento omosessuale potrebbe essere la chiave dell’organizzazione sociale del gruppo: le interazioni tra delfini dello stesso sesso aiutano a formare legami e stabilire gerarchie.
La stessa funzione potrebbe avere l’omosessualità riscontrata nei primati, il gruppo del quale anche noi umani facciamo parte. In particolare nel bonobo (Pan paniscus) con cui condividiamo il 97,8% del patrimonio genetico, le unioni omosessuali sono frequenti e collegate alla coesione e all’avanzamento dello status sociale all’interno del gruppo. Uno studio della St. Andrews University pubblicato su Nature, mostra che i comportamenti omosessuali sono tipici delle femmine di basso livello sociale, e sono un meccanismo per costruire e rafforzare relazioni con le femmine più in alto nella gerarchia. Per le femmine di bonobo, è molto importante migliorare il proprio status, dal momento che, una volta adulte, lasciano il gruppo di origine e trascorrono l’età adulta in un altro gruppo. Al loro arrivo, chiaramente, sono le ultime in linea gerarchica. Saperla scalare rapidamente aumenta le loro possibilità di accoppiarsi con maschi desiderabili.
Insomma, le relazioni omosessuali sono ampiamente presenti nel regno animale, ma qual è il loro valore dal punto di vista dell’adattamento e dell’evoluzione? Si sono posti questa domanda Nathan Bailey e Marlene Zuk, due ricercatori dell’Università della California. Nella rivista Trends in Ecology & Evolution, gli autori hanno scritto che, sebbene molti ricercatori abbiano descritto e osservato relazioni tra membri dello stesso sesso, pochi si sono soffermati sull’impatto di queste relazioni sull’evoluzione. “I comportamenti omosessuali sono tratti che possono derivare dalla selezione naturale, quel meccanismo evolutivo che avviene durante generazioni successive, ma questi comportamenti possono agire essi stessi come forze selettive: come le caratteristiche ambientali, anche i fattori sociali possono avere un impatto e le relazioni tra individui dello stesso sesso possono cambiare radicalmente queste circostanze, ad esempio eliminando alcuni individui dal pool di animali che si riproducono”, afferma Bailey.
Tuttavia, gli studi non sono numerosi come ci si aspetterebbe. Solo di recente gli scienziati hanno iniziato a investigare l’argomento senza paura di ritorsioni politiche o di perdere i finanziamenti, e in molti casi il comportamento omosessuale non viene definito tale. Ad esempio in uno studio sulle giraffe un comportamento inequivocabilmente sessuale tra due maschi è stato definito una forma di combattimento rituale, e anche nel caso dei leoni del Masai Mara, alcuni ricercatori hanno definito quel comportamento una semplice manifestazione di dominanza.
Anche la ricerca scientifica, quindi, deve fare i conti con un’omofobia latente, una caratteristica, questa sì, presente e documentata solo nella specie umana.