L’Fsrh, un’importante istituzione britannica che si occupa di salute riproduttiva, ginecologia e ostetricia, ha modificato le proprie linee guida in merito all’assunzione della pillola, il contraccettivo ormonale più utilizzato dalle donne in età fertile: i medici hanno concordato che non esistono benefici in termini di salute nell’interromperne l’assunzione nei giorni del ciclo. Per molte donne, questo significa più controllo sulle proprie mestruazioni, che possono così essere ridotte o interrotte del tutto, anche per evitare una messa in scena biologica a ben vedere inutile.
La maggior parte delle confezioni di pillola contraccettiva contiene 28 compresse, una per ogni giorno del ciclo mestruale. Queste però non sono tutte uguali: mentre le prime 21 contengono ormoni, le ultime 7 sono solo placebo, utili perlopiù a mantenere il conto dei giorni. I numeri possono variare in base al dosaggio ormonale (alcune pillole hanno quattro placebo, altre cinque, altre non ne hanno affatto in quanto prevedono una semplice pausa dall’assunzione), ma la questione non cambia: quando la donna interrompe l’assunzione di ormoni, il suo utero comincia a sanguinare. Quello che si vede in realtà è un ciclo indotto, che poco o nulla ha a che vedere con la vera e propria mestruazione. La pillola anticoncezionale, infatti, impedisce l’ovulazione (il meccanismo attraverso cui l’ovaio rilascia l’ovulo) e sono solo gli estrogeni e i progestinici contenuti nella compressa a far crescere la mucosa uterina fino a sfaldarsi proprio in concomitanza della sospensione mensile del contraccettivo, generando la falsa mestruazione.
Falsa mestruazione, però, non vuol dire assenza di sintomi mestruali. In tanti casi la pillola viene prescritta non solo a scopo anticoncezionale, ma proprio per limitare questi disagi. Tuttavia, non sempre ottiene l’effetto sperato e quindi rimangono il gonfiore, l’emicrania, il mal di reni, gli sbalzi di umore, le fitte, i brufoli e tutto il resto. E anche in assenza di tutto ciò, restano i disagi legati alla dipendenza dalla toilette, alla costante paura di macchiare o macchiarsi e all’assenza di totale libertà nelle proprie scelte quotidiane, i viaggi o le competizioni olimpiche rovinate. Dunque, nel momento in cui una donna decide di assumere un contraccettivo ormonale – e quindi si presume che conosca e abbia accettato tutti i possibili effetti collaterali che ne derivano – perché non utilizzarlo anche per eliminare del tutto il sanguinamento e ciò che lo accompagna? Secondo l’Fsrh, non c’è motivo di temere effetti negativi, come alcuni medici hanno sempre sostenuto. In Italia non esistono delle linee guida ufficiali, anche se Aogoi, l’Associazione ostetrici ginecologhi ospedalieri italiani, secondo quanto ci è stato riferito dall’ufficio stampa, proprio in questi giorni sta elaborando un nuovo documento che dovrebbe trattare anche di questo argomento.
Se le rassicurazioni arrivano da più parti del mondo medico, è lecito chiedersi come mai per sessant’anni abbiamo pensato in maniera acritica che fosse necessario sanguinare e soffrire, assumendoci comunque tutti i rischi collegati all’assunzione della terapia ormonale. La spiegazione che darebbe un esperto di studi di genere è probabilmente che il sanguinare e il soffrire, per una donna, sono percepiti come avvenimenti “naturali”. Di conseguenza l’idea di che ci siano donne che vogliono evitare la mestruazione suona istintivamente innaturale e non necessaria, un capriccio di chi non accetta la propria condizione di ergastolana della sofferenza. Oppure, potrebbe far notare che la ricerca medica e il sistema sanitario sono discriminatori nei confronti delle donne, il cui dolore è spesso poco studiato, frainteso, sottovalutato oppure ignorato. Sono dati oggettivi, ma che spesso impediscono un momento di confronto costruttivo perché scaldano gli animi di chi si ostina a negare, per ignoranza o convenienza, che esistano ancora retaggi maschilisti nella nostra società.
Ci sono però anche altre teorie. Ad esempio, secondo il professor John Guillebaud, esperto di salute riproduttiva, uno dei padri fondatori della pillola, John Rock, avrebbe introdotto il concetto di sospensione mensile dell’anticoncezionale per rendere la terapia accettabile agli occhi della comunità cattolica. “Rock pensava che se questa avesse imitato il ciclo naturale il Papa l’avrebbe accettata” più facilmente, ha spiegato al Telegraph. Secondo la dottoressa Alice Howarth, invece, esperta in farmacologia, la spiegazione è da ricercare nello scopo per cui è nata originariamente la pillola, che era l’opposto di quello per cui è usata oggi: concepire. All’epoca si pensava infatti che la somministrazione di ormoni avrebbe indotto il corpo a pensare che ci fosse stato un concepimento e che questo avrebbe potuto incentivare una vera gravidanza. Il dosaggio di queste prime pillole, tuttavia, era molto alto e in alcuni casi non ingannava solo il corpo, ma anche la donna stessa, che davanti a nausee mattutine e altri sintomi della gravidanza si convinceva di essere finalmente incinta e interrompeva la terapia prima di raggiungere lo scopo, con tutti i disagi del caso – oltre alla delusione nel vedere poi che non aspettava veramente un bambino.
Relegato a un’incombenza femminile impura e intima, di ciclo non si è mai parlato molto. Solo negli ultimi anni, sull’ondata di un nuovo movimento di coscienza femminista diffuso perlopiù tra le giovani, le mestruazioni hanno goduto di un’ondata di popolarità. E così, si è ricominciato a parlare di free-bleeding, di abolizione della tassa sugli assorbenti, di metodi alternativi ai tamponi e di necessità di dissipare quel senso di estrema pudicizia che ha sempre circondato il ciclo mestruale. È molto importante parlare di questi temi, specialmente in quei Paesi dove il tabù sul ciclo è causa di malattie o addirittura di morte, ma anche in Occidente dove molti uomini si rifiutano ancora di mettere gli assorbenti nel carrello della spesa quando vanno al supermercato da soli. Allo stesso modo, è fondamentale informare le donne sui rischi legati all’assunzione dei contraccettivi ormonali: trombosi, emicranie, sbalzi umorali, spotting, aumento di peso, e anche depressione. Rischi e conseguenze che le donne si assumono da decenni, senza che nessuno si sia mai particolarmente preoccupato – dimostrando poi diverso coinvolgimento quando gli stessi sintomi si sono presentati nei partecipanti uomini nei test sulla pillola anticoncezionale maschile.
Stabilito questo, però, è importante anche dire che siamo tutte diverse. Quella che può rappresentare una soluzione per una, può invece essere del tutto inadatta per un’altra. Se l’assenza di dolori mestruali o particolari problemi legati al ciclo può indurre alcune donne a scegliere di non assumere contraccettivi ormonali, questi possono rappresentare la salvezza per altre. Per questo, in assenza di una mole sufficiente di ricerca scientifica su tutta una serie di problematiche femminili – una mancanza che la medicina dovrebbe affrettarsi a colmare – è importante che le donne abbiano chiare tutte le opzioni a disposizione, in modo da poter valutare quale è più adatta a loro, insieme ovviamente all’aiuto di un ginecologo – possibilmente non sessista o retrogrado.