Tutti amiamo i cibi dolci, e anche se ormai dagli anni Cinquanta sappiamo che lo zucchero fa male ai denti e alla linea, facciamo molta fatica a farne a meno. Ma non è solo questo. Studi più recenti hanno messo in evidenza che lo zucchero danneggia molti altri aspetti della nostra salute, ancora più importanti. I medici si dividono tra chi, come ad esempio l’epidemiologo Franco Berrino, vorrebbe eliminarlo dalla faccia della Terra, e chi, come il dietologo Giorgio Calabrese, mostra una maggiore cautela, affermando che il problema non è tanto lo zucchero in sé, ma la quantità che ne consumiamo.
Quel che è certo è che oggi ingeriamo troppo zucchero: non solo quello contenuto nei dolci, ma anche nelle bevande dolcificate e più in generale in moltissimi cibi raffinati. Lo zucchero ormai è contenuto nella maggior parte degli alimenti, anche quelli che a una prima impressione non catalogheremmo come dolci. Basta leggere attentamente le etichette per accorgersene.
Il problema è che spesso si parla di zucchero senza sapere esattamente cosa sia. Tanto per iniziare, gli zuccheri sono carboidrati, e ne esistono di diversi tipi. Uno zucchero semplice – come il glucosio, il fruttosio o il galattosio – si dice monosaccaride; lo zucchero da cucina, il saccarosio, formato da due monosaccaridi (glucosio e fruttosio) viene definito disaccaride; e infine l’amido e le fibre alimentari, formate da tanti gruppi di glucosio vengono chiamati polisaccaridi o carboidrati complessi – e sono presenti in ortaggi, legumi e cereali. I carboidrati complessi sono di fondamentale importanza nella nostra dieta, perché forniscono all’organismo l’energia necessaria per le attività metaboliche. Essendo molecole grandi, richiedono processi digestivi più lunghi, e per questo motivo sono una fonte di energia duratura, evitano i picchi glicemici e aumentano il senso di sazietà. Nella loro forma integrale i cibi che li contengono – pane, pasta, riso e così via – forniscono anche buone quantità di fibra alimentare. Eliminarli completamente dalla dieta quindi non è una buona idea, infatti non bisogna confondere questi zuccheri con quelli semplici (naturali e raffinati) che, essendo molecole piccole e facilmente assimilabili, fanno alzare immediatamente i valori di glicemia e di insulina. È proprio a questi che dobbiamo fare più attenzione, dato che ci forniscono calorie “vuote”, prive cioè di un reale e durevole valore nutrizionale.
Uno studio condotto dalla City University of London e dalla University of North Carolina ha rilevato che il consumo di bevande zuccherate è in forte aumento nei Paesi a basso e medio reddito, mentre sta calando in quelli a reddito elevato, dove però è stato registrato un aumento del consumo di bevande energetiche. Secondo i dati relativi al 2014, il Cile è in testa alla classifica mondiale per numero di calorie consumate quotidianamente in bevande zuccherate. Al secondo posto si trova il Messico, seguito dagli Stati Uniti, che scendono dopo aver avuto il primato per oltre 15 anni. Per quanto riguarda l’Europa, invece, il record spetta alla Germania, che è al sesto posto a livello mondiale, superando Regno Unito (29°), Francia (34°) e Italia (37°), dove il consumo di bevande zuccherate è sceso da 55,47 Kcal a testa al giorno nel 2009 a 49,48 Kcal nel 2014.
La situazione relativa al consumo di zuccheri in Italia è stata descritta da uno studio del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura), che attesta un dato intorno al 1 milione 650 mila tonnellate annue, quantità che corrisponde a un consumo pari all’incirca a 27 chilogrammi pro capite all’anno. Troppo, tanto che si sta pensando all’introduzione di una tassa sulle bevande zuccherate, come già hanno fatto Regno Unito e Francia.
L’eccessivo consumo di zucchero aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. Uno studio svolto dall’Università di Harvard ha mostrato che i pazienti che, nell’arco di 15 anni, aggiungevano alla propria dieta il 25% di calorie in zuccheri avevano il doppio delle possibilità di morire per una malattia cardiaca rispetto a chi, invece, nella dieta aveva aggiunto meno del 10% di zucchero, e questo indipendentemente da altri fattori come l’età, il peso, il sesso, il livello di attività fisica. Troppo zucchero fa aumentare indirettamente la pressione. L’insulina induce la produzione di colesterolo da parte del fegato per sopperire all’imminente richiesta ormonale causata dal calo glicemico. Il colesterolo viene usato infatti dalle ghiandole surrenali per produrre il cortisolo, necessario a rialzare il livello di glucosio nel sangue. Tuttavia, poco dopo il pasto, una volta terminata la digestione degli zuccheri, si verifica un calo glicemico, che induce di nuovo la sensazione di fame. E così ci spinge a fare un altro spuntino a base di carboidrati. In questo modo si riattiva l’insulina, che inibisce la produzione del cortisolo e quindi il colesterolo prodotto a tale scopo, rimane nel sangue depositandosi. Tutti questi fattori vanno ad aumentare il rischio cardiovascolare.
Altri danni documentati sono quelli a carico del cervello. Prima di tutto, lo zucchero crea dipendenza. Uno studio inglese sostiene che il consumo eccessivo di zuccheri raffinati porti a sviluppare reazioni neurochimiche e comportamentali simili a quelle delle droghe psicoattive, fino a creare delle vere e proprie crisi d’astinenza. James DiNicolantonio, autore della ricerca, ha spiegato al Guardian: “I sintomi dell’astinenza sono dovuti alla carenza di dopamina nel cervello. Questo può portare a cali d’attenzione, iperattività e stati depressivi.” Sembra fantascienza, ma provate per credere: state un giorno senza assumere zuccheri e osservate come vi sentite.
Sono molti gli studi che collegano l’assunzione di zuccheri a danni al benessere psicologico e alle funzioni cognitive. Gli alimenti ricchi di zucchero, infatti, interferiscono con il funzionamento dei neurotrasmettitori che stabilizzano l’umore: l’ingestione di zucchero stimola il rilascio di serotonina, che ci fa sentire meglio. Ma l’effetto è solo temporaneo: la costante attivazione della produzione di serotonina può esaurire le limitate riserve presenti nell’organismo, provocando in seguito sintomi depressivi. Questo è particolarmente vero per gli adolescenti: una ricerca della Emory University ha infatti dimostrato che, nelle cavie in fase di sviluppo, una dieta ricca di zuccheri contribuisce allo sviluppo di sintomi ansioso-depressivi, e altera il modo in cui il cervello risponde allo stress. Un altro studio, condotto invece sull’uomo, mostra che la dieta influisce anche sulla depressione nei pazienti adulti, e persino sulla memoria: l’Università della California, nel 2012, ha dimostrato che un’alimentazione ricca di zuccheri rallenta il cervello, poiché fa sviluppare una resistenza all’insulina, ormone che rafforza le connessione sinaptiche tra i neuroni, rendendo quindi più difficile la loro comunicazione e influendo così negativamente sulle capacità mnenmoniche.
Altri studi più recenti suggeriscono poi che una dieta ricca di zuccheri aumenterebbe il rischio di sviluppare l’Alzheimer. I ricercatori dell’Università di Washington hanno scoperto che la resistenza all’insulina e gli alti livelli di glucosio presenti nel sangue sono collegati con lo sviluppo dell’Alzheimer e della demenza senile. Per sette anni hanno misurato il livello di glucosio nel sangue in 2067 pazienti intorno ai 76 anni di età, alcuni diabetici, altri no. Nessuno soffriva di demenza all’inizio dello studio. Nel corso della ricerca, un quarto dei pazienti ha sviluppato un qualche tipo di demenza, principalmente da Alzheimer e da demenza vascolare. Per altri ricercatori l’Alzheimer, viste le sue correlazioni con la dieta, non sarebbe altro che un “diabete di tipo 3”. “Abbiamo scoperto che il rischio di demenza aumentava nei pazienti con valori alti di glucosio nel sangue, anche nelle persone non affette da diabete,” ha detto al New York Times Paul Crane, uno degli autori dello studio. Questa ricerca, pur non riescendo a spiegare perché valori alti di glucosio siano collegati alla demenza, ha permesso di capire che il cervello è un organo bersaglio per i danni causati dall’eccessivo consumo di zuccheri.
Corinna Hawkes, autrice dello studio sulle bevande zuccherate della City University of London, ha contribuito anche alla stesura del report sugli zuccheri pubblicato dall’Oms, che analizza le misure prese dai governi per diminuire il consumo di zuccheri nella dieta, soprattutto in quella dei bambini. “A molti di noi piacciono i dolci, ma i dati mostrano che ne mangiamo davvero troppi,” dice Hawkes. “Per ridurre le quantità di zucchero che mangiamo, è importante che i governi e le famiglie adottino delle misure per proteggere i bambini da una così alta esposizione ai cibi pieni di zucchero. Questo aiuterà i bambini ad acquisire il gusto per una più ampia varietà di cibi e in questo modo ci sarà meno richiesta, in futuro, di cibi dolci. L’industria alimentare deve smettere di esporre i bambini a così alte quantità di zucchero.”
Troppo zucchero, quindi, non fa semplicemente aumentare di peso e venire la carie, ma nel tempo porta a patologie anche molto gravi. I bambini sono soggetti ai danni maggiori. Molti scienziati sono concordi nell’affermare che troppo zucchero possa causare malattie cardiovascolari già in età pediatrica, tanto che l’American Heart Association ha stabilito un limite alle quantità che ne possono essere ragionevolmente ingerite senza subire danni: niente zucchero fino ai due anni, e al massimo l’equivalente di quattro cucchiaini al giorno fino a 18. Le stesse quantità sono suggerite anche dalle linee guida dell’Oms, che aggiunge che la quantità massima giornaliera di calorie da zuccheri, per gli adulti, deve essere inferiore al 10%. È fondamentale fin dall’infanzia costruire abitudini salutari, per evitare di sviluppare presto o tardi malattie o dipendenze che finiranno per condizionare, se non tutta, una parte importante della nostra esistenza.
Se vogliamo vivere sani più a lungo dovremmo, non solo imparare a rinunciare a quella fetta di torta in più, come suggerivano le riviste negli anni Sessanta, o al cucchiaino di zucchero nel caffè, ma anche ai succhi di frutta e alle farine raffinate e ad altri alimenti insospettabili e spacciati come “sani”: a volte, anche cereali e yogurt contengono zuccheri aggiunti. Una porzione di 30 grammi di cereali, ad esempio, può contenere l’equivalente di poco più di un cucchiaino di zucchero, mentre uno yogurt alla frutta ne contiene anche fino a tre cucchiaini.
E anche le etichette su cui leggiamo “solo zuccheri della frutta”, spesso presenti su marmellate o succhi, in realtà vanno interpretate. Saranno anche “naturali”, come lo zucchero d’uva o il succo di mela concentrato, ma il loro effetto è del tutto simile a quello del saccarosio. E troviamo zuccheri nascosti anche nei cibi salati, come passate di pomodoro, salse, cibi pronti, a cui viene aggiunto per bilanciare l’acidità di alcuni ingredienti o per migliorarne la consistenza.
Se vogliamo tutelare la nostra salute dobbiamo imparare a leggere bene le etichette ed evitare, quando possibile, i cibi industriali, a favore di quelli semplici e freschi, preparati veramente in casa.