Per recuperare un ritmo umano, anche in viaggio, dobbiamo riscoprire i borghi italiani - THE VISION

È sempre più chiaro che le grandi promesse emanate dalle città per decenni siano ormai quotidianamente sfatate su più livelli, purtroppo ne siamo ben consapevoli. Le città hanno tanto da darci, ma anche tanto da prenderci in cambio, a volte sfibrandoci, e per come sono strutturate a oggi spesso risulta faticoso, se non impossibile, riuscirne a godere a pieno i lati più positivi. L’idea di una carriera soddisfacente, di un percorso di crescita umana ed economica, la possibilità di entrare in contatto con persone e realtà stimolati, di vivere in un ambiente dinamico e affascinante  mano a mano sta mostrando – e non solo in Italia – molte delle sue ombre. Così, abbiamo iniziato a cercare, sognare e a rivolgerci a qualcosa di ben diverso, nuovi luoghi in cui poter fuggire, sempre più spesso e magari per periodi più lunghi, posti in cui piantare e far crescere i propri semi, ritrovando e seguendo i nostri ritmi.

Lo studio “Borghi italiani online” 2024, nato nell’ambito della collaborazione tra Moveo, il magazine di Telepass, Seed, e Change Media, ci mostra proprio questa tendenza sempre più consolidata. Negli ultimi anni, l’interesse e il turismo legato ai borghi italiani ha visto infatti una crescita significativa, accompagnata da una sempre maggior curiosità da parte delle persone di scoprire nuovi luoghi e impararli a conoscere e ad amare. Da qui è nato l’interesse nell’approfondire questo fenomeno e nel capire quali fossero i borghi tra quelli più belli d’Italia più cercati dagli utenti, capaci di incuriosirli, analizzando la frequenza delle ricerche nel corso dell’anno e nei vari mesi, per un arco temporale di quattro anni, da gennaio 2020 fino a dicembre 2023.

La pandemia ha mostrato in maniera angosciante i punti deboli della città e in tanti, soprattutto millennial, sono andati ad aumentare i numeri che descrivono un processo che già prima del covid era in crescita: il ritorno alla campagna di tante persone giovani, che hanno riportato in terre ormai abbandonate conoscenze all’avanguardia e prospettive illuminate. La promozione della coesione e della vitalità delle aree rurali, attraverso la cura delle architetture, del paesaggio, dei servizi e delle infrastrutture, sono fondamentali per riattivare questi luoghi e preservare l’identità e la ricchezza storico-culturale, così come la promozione del benessere sociale e dello sviluppo economico, e l’offerta di spazi sani e tranquilli in cui rigenerarsi e potersi dedicare a sport e ad attività ricreative, come per esempio passeggiate a cavallo ed escursioni.

Le campagne, ma anche alcune aree costiere, o l’entroterra, fino ad arrivare alle zone montuose, sono state a lungo svalutate da un senso comune figlio del boom economico, che si voleva allontanare da esse, perché viste come simbolo di una fatica opaca e ben poco glamour, spesso legata a una vita violenta, qualcosa da cui emanciparsi e da cui fuggire per fare fortuna lontano, seguire il proprio sogno realizzabile solo in un luogo altro. Oggi, però, il movimento del nostro desiderio sembra essersi invertito, e queste aree, a volte (ma non sempre) veramente lontane da tutto e anche difficili da raggiungere, vengono riconosciute per ciò che sono le terre che ci hanno nutriti per secoli, ma che abbiamo rimosso, svalutato e maltrattato a nostra volta, credendo così di poter crescere, sancendo una profonda cesura.

La classifica dei 10 borghi più cercati d’Italia nel 2023 vede un predominio di località situate principalmente nel centro e sud del Paese. Sul podio spicca la presenza di borghi molto conosciuti, con il primo posto  occupato da Tropea, località costiera calabrese che non ha bisogno di presentazioni, essendo già da molti anni una meta particolarmente amata, soprattutto nel periodo estivo, ma non solo. Al secondo posto poi troviamo un’altra meta immancabile: Alberobello, altro centro molto frequentato, famoso per la particolarità del suo abitato costituito dai famosi Trulli – e che anzi oggi si trova a fare i conti coi rischi dell’overtourism. Al terzo posto troviamo Civita di Bagnoregio, la cosiddetta “Città che muore”, in provincia di Viterbo, in Lazio, resa nota anche grazie al cinema, pare infatti che tra gli altri sia da essa che ha preso ispirazione Hayao Miyazaki per la città di Laputa, che dà il nome all’omonimo film. A seguire ci sono poi Maratea, Otranto, Ronciglione, Sperlonga (che conoscerete anche perché spesso citata nei racconti di Gianni Rodari), Locorotondo e Cefalù. Analizzando la media di ricerche per ogni borgo, la classifica vede in testa tra le regioni la Puglia, seguita da Calabria e Lazio.

Riscoprire questi luoghi arcaici, capaci di riallacciare una connessione profonda con il territorio e le origini della nostra cultura, ci fa stare bene, come se guarisse una ferita. Vivere anche solo per una giorno immersi in un’atmosfera che si sfila dal ritmo incalzante che ci domina, lontana da tutto ciò che ci esaspera degli ambienti antropizzati, ci ristabilisce. D’altronde, non è un segreto che la nostra società sia in crisi. Abbiamo urgente bisogno di seguire altri tempi, altri tele, altre tecniche, perché le nostre non sono più sostenibili, e questo ormai appare chiaro a tutte le scale di indagine, dal genere umano nella sua totalità, ai singoli individui che lo compongono, fino a toccare tutte le altre specie, il nostro e i loro habitat, così come l’equilibrio chimico ed elementale del pianeta stesso.

C’è qualcosa in ciò che è sconosciuto che da sempre ci attrae, come se ciò che non abbiamo ancora incontrato ci potesse dischiudere qualcosa di prezioso, di raro. Il desiderio che ancora oggi – a circa tremila anni da Ulisse – ci spinge a metterci in viaggio, in maniera figurata e non, per andare incontro all’incognito e farci informare da esso è lo stesso che spingeva i poeti antichi a scrivere, i viaggiatori a intraprendere cammini sconosciuti da cui nemmeno sapevano se sarebbero tornati. Quello che è certo è che se si viaggia con questa disposizione d’animo, anche quando poi si torna, non si torna uguali a se stessi. Quando chiediamo all’ignoto “Chi sei, cosa sei tu?” stiamo formulando una delle più antiche domande dell’umanità, la domanda che si rivolge a tutto ciò che non conosciamo e che si pone come contraltare della nostra esistenza. Ma ponendola, per traslato, stiamo cercando una risposta su noi stessi.

Negli ultimi due secoli il nostro immaginario è stato influenzato dalla ricerca dell’esotico, inteso come una sorta di non-luogo lontano, favolistico, pressoché irraggiungibile, idea che di volta in volta siamo portati a proiettare su luoghi che di esotico non hanno nulla, se non la nostra aspettativa. Ciò, per certi versi, ha portato peraltro alla globalizzazione, per poi venirne annientato. Oggi, nel mondo connesso, potenzialmente manifesto, conosciuto e conoscibile, la tensione libidica per questo polo opposto al quotidiano, dove poter essere finalmente noi stessi e trovare un senso ultimo, e segreto, dell’esistenza, sembra essere quasi del tutto esaurito – le varie appropriazioni culturali, e traslazioni di riti, sembrano esserne l’ultimo distorcente barlume. Quello che dovremmo capire è che in realtà l’esotico non è tanto un luogo definito ma un nostro modo di percepire il mondo e che a volte l’altro, l’ignoto, non si trova per forza a migliaia di chilometri di distanza (siamo stati educati a vedere le differenze che ci distinguono dalle altre epoche e popolazioni, ma in realtà siamo molto più simili di quanto si creda), ma molto più vicini di quanto pensiamo, parte del nostro territorio. 


Questo articolo è realizzato da THE VISION in collaborazione con Telepass, tech company leader nel telepedaggio e all’avanguardia nella rivoluzione della mobilità in un’ottica sempre più innovativa e sostenibile. Dall’esigenza di approfondire il turismo legato ai borghi italiani, a cui Moveo, il magazine di Telepass, ha sempre riservato grande attenzione, è stato realizzato lo studio “Borghi italiani online” 2024, un’analisi utile a indagare la crescita significativa del fenomeno. 

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