“Diciannove” racconta con onestà i desideri, i sogni e le frustrazioni del diventare adulti - THE VISION

Avere diciannove anni è come stare in piedi sull’orlo di un precipizio affacciato sul mare. Tutto può cambiare – e lo fa – in un attimo. La paura si mescola all’adrenalina, l’incoscienza alla consapevolezza che spesso possiamo ancora contare su molte altre persone – i nostri genitori, gli amici. Guardi l’acqua, dall’alto, e ti sembra di poterci camminare sopra senza batter ciglio. O di annegare irrimediabilmente. Sei come sospeso. Sempre in ritardo, in ogni inizio, o sempre in anticipo. Ogni scelta sembra un bivio, per poi magari scoprire, solo anni dopo, che entrambe le strade giungevano nello stesso punto. Se ripenso ai miei di diciannove anni mi sembra di guardare una persona che non esiste più, ma anche qualcuno che ogni tanto vorrei essere ancora. La sconsideratezza di trasferirsi dall’altro lato del Paese, l’idea che ogni cosa fosse possibile, le innumerevoli ore a disposizione, come se il tempo, che oggi sembra non bastarci mai, a quell’età si dilatasse, come se il padrone non fosse mai lui, ma noi. Non per tutti e tutte è stato o sarà così, me ne rendo conto. Per alcuni, però, certi passaggi sono più difficili. Bisogna farsi nuovi amici, capire cosa fare della propria vita, magari sceglierlo una volta per tutte perché così ci viene chiesto in una società dominata dalla performance, dove l’indecisione, lo scarto, sono ostacoli da evitare, dove se vuoi cambiare ti viene chiesto “perché?”, come se non fosse la vita stessa un cambiamento continuo, come se a diciannove anni non fossimo sempre tutto e il suo contrario. È in questa fase confusionaria, soffocante e affrancatrice che indugia anche Diciannove, l’esordio alla regia di Giovanni Tortorici, disponibile in streaming su MUBI.

Prodotto da Luca Guadagnino, con cui Tortorici ha collaborato sul set della serie We Are Who We Are, Diciannove racconta una storia personalissima e specifica, in parte autobiografica, che però riesce al contempo a farsi manifesto generazionale.  Il film ci trascina dentro quell’età di passaggio, in quel limbo tra adolescenza e inizio dell’età adulta, quella stagione sospesa dove ogni sensazione sembra definitiva, ogni errore irrimediabile e ogni sogno possibile, attraverso la storia di Leonardo, ragazzo palermitano appena diplomato che decide di raggiungere la sorella a Londra per studiare economia. Beve – tanto – va a ballare, non lava mai i piatti, bacia due o tre ragazze in discoteca, e poi non inizia nemmeno i corsi. Cerca la miglior università italiana di lettere e in un paio di giorni si trasferisce a Siena.

È irrequieto, incapace di legarsi agli altri, le uniche telefonate sono alla madre e alla sorella. Sembra come se non si sentisse capito ma non fosse in grado di esprimere questo bisogno, finendo per reprimersi e coltivare rancore verso il mondo. Odia le sue coinquiline che passano ore ai fornelli a preparare il ragù, mentre lui è vegetariano, e studiano giurisprudenza e medicina; odia la sua compagna di corso, Giulia, che sembra essersi presa una cotta per lui e cerca di inserirlo nel suo gruppo di amici; odia soprattutto uno dei suoi professori e la sua assistente, che non solo all’esame gli hanno dato ventisei mentre secondo lui meritava sicuramente di più, ma che soprattutto sono delle capre, perché propongono un commento banale e retorico della lettura della Divina Commedia di Dante e non sanno che “vespro” e “vespero” sono in realtà la stessa parola, con lo stesso significato, in una forma più attuale e una più desueta. Compra un fornellino elettrico per cucinare nella stanza da cui non esce mai. Ha pochi amici e una passione smodata per i poeti trecenteschi. Pier Paolo Pasolini, invece, non lo sopporta, pensa che usi una lingua corrotta. Non si capisce niente. Sul quaderno, ogni tanto, scrive una frase breve e diretta: “Un colpo in fronte”. C’è una scena in cui, immobile sul letto, dice: “Voglio suicidarmi”, e poi passa in rassegna tutti gli altri possibili modi di esprimere lo stesso concetto che gli vengono in mente. Ma a suicidarsi non ci prova nemmeno. Non vuole adattarsi allo stile di vita dei suoi coetanei, eppure a suo modo cerca il suo posto nel mondo.

Per Tortorici, scrivere e dirigere Diciannove è stato un po’ come se il sé di oggi – o di due anni fa, quando il film è nato – si trovasse a psicanalizzare il sé di diciannove anni. Il regista ha infatti sempre avuto un forte legame con l’autobiografismo, alimentato anche dalla passione per le autobiografie, che figurano tra le sue letture preferite. Durante la scrittura del film dice di aver notato che, nel momento in cui raccontava esperienze personali, emergeva una schiettezza capace di mettere da parte la retorica e la finzione, una sincerità che gli era particolarmente congeniale e che ha deciso di preservare. “Il me diciannovenne ha vissuto l’esplosione di ogni possibile sintomo nevrotico, estremizzato dal fatto che decisi davvero di chiudermi praticamente per un anno intero in una stanza, senza nessun tipo di relazione umana se non rapporti sporadici e molto bizzarri, come quello con la receptionist che c’è anche nel film o con la compagna di università”, racconta Tortorici. “C’era moltissimo materiale a livello psicanalitico che trovavo interessante, e ho voluto raccontarlo mettendo in scena tutta la sintomatologia nevrotica col massimo della precisione”.

Nel film, infatti, sono molti i punti in comune tra lui e Leonardo: la passione e gli studi per le lettere, le esperienze all’estero, persino la stanza di Siena in cui Leonardo si trasferisce, che è proprio quella in cui aveva studiato il regista nei suoi anni toscani. Nell’esordio, che rientra tra le pellicole dei giovani registi attraverso cui, per usare le parole di Guadagnino, “passa il futuro del cinema”, si avvertono tutti i desideri acerbi e le amare frustrazioni dell’età che racconta. Tra slanci di ribellione e attimi di noia sospesa, il protagonista incarna la speranza inquieta e fragile di quel momento delicato che è l’inizio dell’età adulta. A supportarne la resa è anche l’ottima interpretazione di Manfredi Marini, un volto nuovo trovato dopo un lungo casting in Italia e all’estero, scelto mentre frequentava il quinto anno di liceo a Palermo. Proprio il capoluogo siciliano, oltre che terra d’origine del regista, è infatti una delle città che attraversa Leonardo nella sua inquietudine, insieme a Londra, Siena, Milano e Torino.

“Da molti punti di vista credo sia un po’ peggiorata la situazione, nel senso che mi sembrano più omologati e conformisti, in più vivono in mezzo a molti più strumenti di controllo e sorveglianza. Un esempio? Il registro elettronico. Mi sembra che abbiano meno vie di fuga e per questo sono abituati a essere più docili”, spiega Tortorici alla domanda se i diciannovenni di oggi gli sembrino più risolti. “Dall’altra parte, sono più attenti ad alcuni temi. Ma penso che quando una persona è repressa ed è sotto controllo, sviluppa un’ideologia di estrema destra. In questo momento sto facendo i casting per un altro film, che girerò sui sedicenni, e mi sono reso conto che molti sono iper radicalizzati nel pensiero di destra. I loro idoli sono Elon Musk e gli altri capi dei colossi l’high tech”.

Diciannove diventa così, quasi involontariamente, un piccolo ritratto collettivo della Gen Z, raccontata senza filtri e soprattutto senza l’arroganza o il paternalismo di chi ormai è cresciuto, ma anzi con la stessa onestà nervosa di chi quell’età l’ha vissuta davvero, e soprattutto la sta vivendo oggi, in un momento storico in cui essere giovani appare quasi come una condanna. Tortorici non cerca di spiegare o di giudicare l’inquietudine dei diciannove anni, ma la mette in scena così com’è: confusa, rabbiosa, fragile, piena di sogni che si scontrano con la provincia e con la paura del futuro. E in questo ritratto sincero e privo di retorica il film trova la sua forza più grande, restituendo dignità a un’età che è un confine sottile in cui si impara, a volte con fatica, a diventare adulti. Qualunque cosa significhi.


“Diciannove” è disponibile in streaming su MUBI. Iscriviti qui per guardarlo gratis e ottieni 30 giorni di prova. 

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