Nelle ultime ore hanno iniziato a circolare voci insistenti secondo cui Live-Non è la D’Urso, trasmissione in onda la domenica sera su Canale 5 in prima serata, sarà cancellato dal palinsesto Mediaset. Il motivo sarebbe il calo degli ascolti registrato nell’ultima stagione del programma. In tanti sul web hanno cominciato a commentare questa voce, tra cui il segretario del Pd Nicola Zingaretti, il quale, evidentemente sconcertato dalla notizia, ha mostrato solidarietà alla D’Urso attraverso un post su Twitter. Zingaretti si è rivolto direttamente alla conduttrice scrivendo: “In un programma che tratta argomenti molto diversi tra loro hai portato la voce della politica alle persone. Ce n’è bisogno!” Secondo Zingaretti il programma di D’Urso avrebbe il merito di avvicinare alla cosiddetta “gente comune” la politica, rendendola fruibile con un linguaggio semplice e popolare. Una considerazione che rivela una realtà amara: ancora oggi risulta difficile mettere a fuoco l’impatto di un certo tipo di comunicazione – sia nella breve che nella lunga distanza – su quelle stesse persone che sono poi chiamate a votare.
Le narrazioni politiche diffuse attraverso i media hanno il potere di influenzare in modo massiccio l’opinione pubblica. A confermarlo è stato di recente anche Rocco Casalino, ex portavoce dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, impegnato da alcune settimane nella promozione del suo libro Il portavoce. Domenica 22 febbraio Casalino è stato ospite proprio di Live-Non è la D’Urso e, durante l’intervista, è stato letto uno stralcio del libro in cui ha scritto che “Quando Barbara D’Urso attaccava il M5S, faceva più danni di dieci puntate di Porta a Porta”. Nella diretta di Canale 5 Casalino ha rincarato la dose rivolgendosi a Barbara D’Urso: “Quando tu facevi le puntate contro il Movimento andavamo in panico, dicevamo settimana prossima perdiamo un punto o due punti, ed era vero. Noi perdevamo punti nei sondaggi sempre quando tu ci attaccavi. Quando ci attaccavano gli altri o non perdevamo nulla o ci guadagnavamo […]. Ora questo l’hanno capito un po’ tutti i politici e infatti adesso fanno la fila per venire da te”. Di questo sembra essersi accorto anche Nicola Zingaretti, come ha evidenziato il suo criticato tweet.
C’è chi ha ironicamente ipotizzato che il suo profilo sia stato hackerato, chi ha definito questa sua uscita il momento più basso del centrosinistra in Italia. Il fumettista Francesco Artibani ha addirittura ipotizzato – sempre sulla scia dei commenti ironici – che dietro il profilo del politico si nasconda Matteo Salvini (“Salvini esci da questo corpo”). Un coro che sul web ha condannato questa uscita infelice, che avvalla la convinzione secondo cui, per arrivare a tutti gli strati della popolazione, è necessario svilire il linguaggio fino a banalizzarlo e far leva sulla parte emotiva degli elettori a ogni costo. Proprio Zingaretti, riferendosi a Live-Non è la D’Urso, ha sottolineato che il programma “tratta argomenti molto diversi tra loro”, sorvolando però sulle modalità con cui vengono affrontati.
Va detto che la concorrenza cade spesso negli stessi errori di D’Urso: Massimo Giletti, che va in onda in contemporanea su La7 con Non è l’Arena, è spesso il primo promotore della tv urlata, in cui l’approfondimento viene sacrificato in virtù di dibattiti accesi ma che non chiariscono nulla sul tema dibattuto. Ma diversamente dagli altri programmi, quelli di D’Urso creano un calderone che riunisce lo “scoop shock” sul Grande Fratello, l’intervista ad Angela da Mondello, le proteste dei ristoratori di tutta Italia per le misure di lockdown e le notizie sull’ultimo fidanzato di Valeria Marini. Si dà spazio a dibattiti con opinionisti di dubbia autorevolezza, le cui voci si accavallano senza sosta, e si affronta qualsiasi tema con una totale assenza di criticità. Il mantra è parlare di tutto, senza approfondire nulla.
Nel mese di febbraio la trasmissione si è guadagnata non poche critiche a proposito del caso dell’Hotel Eufemia, in cui un uomo nel palermitano ha diffuso sul web le immagini in cui smascherava il tradimento di sua moglie – salvo poi perdonarla per troppo amore. D’Urso è stata accusata di proporre un’immagine stereotipata dei meridionali, e a questo proposito lo chef Natale Giunta ha accusato la conduttrice di fare tv spazzatura: “La devi smettere di mettere in ridicolo la Sicilia ridendo di persone ignoranti come quelle che ospiti nelle tue trasmissioni. Devi parlare d’altro: la Sicilia è cultura, è arte, è bellezza”. Parole che non fanno che ribadire la dubbia qualità di una trasmissione che pare avere una grande influenza sulle scelte politiche degli italiani.
Benché Live-Non è la D’Urso sia prodotto dalla testata giornalistica e indipendente Videonews – come la conduttrice ci tiene a sottolineare molto spesso –, è innegabile che buona parte del favore del pubblico D’Urso se lo sia conquistato costruendo il proprio personaggio, piuttosto che badando alla qualità dei suoi contenuti. Un personaggio impresso nell’immaginario per i suoi occhi sbarrati in un’espressione di perenne stupore, per le mani giunte e le espressioni forzatamente affrante, per le ciglia sbattute compulsivamente. E ancora per le movenze leziose e l’affettazione naif, per i suoi slogan ripetuti senza tregua.
Barbara D’Urso è un fenomeno mediatico e il suo successo è in larga misura causato da quel mix di divismo ed egocentrismo, mai troppo sofisticato grazie all’uso centellinato di affermazioni e pose “ruspanti”. Sono ormai noti i suoi “Salutame a soreta” indirizzati a chi la fa innervosire o il suo “Il mio cuore è prima dei miei figli, ma subito dopo vostro” rivolto al pubblico che la segue e la celebra. D’Urso ha saputo creare un linguaggio che non è solo semplice, ma che seduce il grande pubblico, lo disorienta e lo distrae. Un linguaggio che di certo non contribuisce a renderlo consapevole e nutrire il suo spirito critico, che si parli di politica, di attualità o di costume. Trincerandosi dietro la maschera della conduttrice democratica che dà voce a chiunque senza partigianeria, D’Urso non si è infatti mai risparmiata dal mostrare in diretta scene di dubbio gusto (tra i tanti esempi, la vicenda Corona-Moric a proposito della tutela del figlio minorenne Carlos Maria).
A scagliarsi contro il tweet di Zingaretti è stata anche Selvaggia Lucarelli, che su Facebook ha scritto “Chiunque abbia a cuore il bene del Paese dovrebbe rallegrarsi del fatto che qualcosa di così diseducativo sparisca dal palinsesto […]. Quel furbone di Zingaretti non capisce in che gioco si è infilato”. Lucarelli ha contestualmente preso posizione contro le dichiarazioni altrettanto inopportune di Imma Battaglia, attivista del movimento LGBTQ+. Battaglia scrive: “Il sessismo imperante di questo momento storico fa un’altra vittima illustre; stavolta tocca a Barbara D’Urso, conduttrice capace di influenzare e contaminare la politica usando il linguaggio del popolo”. D’Urso è però onnipresente nel palinsesto Mediaset da anni e continuerà ad avere il suo spazio dal lunedì al venerdì con il suo Pomeriggio Cinque. Di conseguenza, parlare di sessismo è pretestuoso e inappropriato, e “contaminare la politica usando il linguaggio del popolo” non equivale a far accomodare Giacomo Urtis o Massimiliano Morra sulla stessa poltrona che pochi minuti prima ha ospitato l’ex portavoce del Presidente del Consiglio, né a dare voce a chiunque abbia voglia di sfogare la propria – pur legittima – rabbia fine a se stessa.
Esistono diverse vie per “arrivare alla pancia della gente”. È ingiusto rassegnarsi al fatto che Barbara D’Urso muova l’opinione pubblica più di chiunque altro, ed è inopportuno che alcuni personaggi pubblici mostrino indignazione perché un programma come Live-Non è la D’Urso rischia la cancellazione. Si dovrebbe invece gioire del fatto che, a lungo andare, contenuti trash finalizzati al puro intrattenimento vengano a noia anche alla “gente comune” che da anni fa la fortuna di D’Urso e compagnia.
Se gli ascolti della trasmissione sono in calo, forse il suo pubblico inizia a essere consapevole dell’inconsistenza di alcune narrazioni, ma soprattutto è stanco dell’infotainment strillato che non intrattiene e non informa. Un tipo di televisione che ha saputo imporsi portando ogni emozione al parossismo, realizzando la profezia di Giorgio Gaber che nella canzone La strana famiglia descriveva l’Italia come “il bel paese sorridente dove si specula allegramente sulle disgrazie della gente”. Un tipo di televisione, soprattutto, che anno dopo anno ha abbassato il livello del dibattito pubblico facendo la fortuna elettorale dei partiti populisti, in Italia e non solo. Che oggi la difesa più accorata di D’Urso arrivi proprio dal segretario del maggiore partito progressista del Paese sembra dare ragione alla freddura di Spinoza sull’argomento: “Zingaretti elogia il programma di Barbara D’Urso. Almeno lei ne ha uno”.