La sinistra è scomparsa con il coronavirus

Una delle fasi emotive in cui tutti noi chiusi in isolamento siamo passati è stata quella melanconica: come da definizione, quell’alterazione del tono dell’umore con un’immotivata tristezza, spesso accompagnata da ansia. Da lì la necessità impellente di riaprire ogni singola scatola o cassetto. Vecchie foto, quel portachiavi che ti aveva regalato lei, un biglietto che non ricordi di chi, quel “grazie per la splendida serata” scritto su un foglio di scottex. Ci siamo tutti commossi, presi a sberle dalla nostalgia e dai rimpianti. Probabilmente mosso proprio da questo sentimento di riscoperta, mi sono ritrovato a chiedermi: Ma allora, il PD?

Inizialmente, e ingenuamente, avevo pensato che proprio in un periodo come quello della pandemia, una creatura politica ispirata ai valori della sinistra italiana avrebbe potuto riportare proprio quelle istanze sul tavolo del dibattito; per di più in un momento storico in cui il principale avversario, il sovranismo populista, sta mostrando tutti i suoi enormi limiti. E invece niente. Va detto che non è facilissimo scovare le mosse del Partito Democratico nell’ultimo anno, tanto sono legate a quelle dell’alleato di governo, i 5 Stelle.Questa cosa della moda e del decoro pare sia un po’ sfuggita di mano, regalandoci però una di quelle iconografie che resteranno a imperitura memoria di questa surreale fase della nostra vita. L’occasione era quella del lancio dell’incredibile idea degli “assistenti civici”, i 60mila che dovranno pattugliare con educazione, anche se non si è ancora ben capito come, i luoghi più affollati delle città per impedire assembramenti. Ideatore di questa entusiasmante campagna è il ministro degli Affari regionali del PD Francesco Boccia, che non ha perso tempo e ha deciso di presentarsi in diretta sul TG1 con in mano il prototipo del capo destinato a diventare un must have: la pettorina dell’assistente civico, con quel classic blue che la rende inconfondibile, e già colore Pantone di quest’anno. Purtroppo, nonostante gli influencer di mezzo mondo fossero già in trepida attesa della data di release, si è scoperto che i Viminale non era stato informato dell’idea geniale. Nonostante tutto questo fluttui in uno spazio tra il grottesco e il paradossale, la verità è che queste dichiarazioni e idee del tutto prive di contenuto politico, completamente avulse da una proposta di futuro alternativo, non sono altro che il frutto della vacuità rappresentata ormai dal Partito Democratico. Una totale assenza di visione che si traduce nell’unica risposta che il partito sembra ormai concepire: copiare, male, la destra.

Da una prima analisi però mi è stato subito chiaro che in questi ultimi mesi il PD sembra aver adottato una strategia molto particolare per un partito politico: limitare all’osso le proposte politiche per concentrare tutte le sue forze in dichiarazioni e comunicazioni. Queste però devono avere una particolarità: devono sempre ricalcare i toni della destra o essere una risposta alla destra. C’è solo una possibile alternativa, che richiede però grande sforzo e impegno di creatività: fare in modo che la dichiarazione sia buona per qualche titolo di giornale, ma del tutto priva di contenuto. Sarà per questo che il suo presidente Zingaretti ha deciso di occuparsi di temi fondamentali come lo styling, nonché di arredamento e decorazioni. Rivolgendosi direttamente ai ragazzi e alle ragazze di tutta Italia con una chiamata alle armi che non si sentiva dai tempi delle occupazioni universitarie, il capo della maison PD ha sentenziato: “La mascherina diventi la moda dell’estate, come indossare un foulard o un piercing”. Che afflato di rinnovamento, di novità. Sono proprio queste le risposte che cerca un ragazzo o una ragazza, magari uno di quelli che ha perso il lavoro a causa del lockdown, o peggio, che non l’ha mai avuto, visto che il nostro Paese anche prima della pandemia poteva “vantare” un tasso di disoccupazione giovanile del 28,9% (con punte del 53% al Sud). E poi che dire dei consigli per addobbare con il tricolore i nostri balconi, diventati ormai parte integrante della vita di ognuno?

Questa cosa della moda e del decoro pare sia un po’ sfuggita di mano, regalandoci però una di quelle iconografie che resteranno a imperitura memoria di questa surreale fase della nostra vita. L’occasione era quella del lancio dell’incredibile idea degli “assistenti civici”, i 60mila che dovranno pattugliare con educazione, anche se non si è ancora ben capito come, i luoghi più affollati delle città per impedire assembramenti. Ideatore di questa entusiasmante campagna è il ministro degli Affari regionali del PD Francesco Boccia, che non ha perso tempo e ha deciso di presentarsi in diretta sul TG1 con in mano il prototipo del capo destinato a diventare un must have: la pettorina dell’assistente civico, con quel classic blue che la rende inconfondibile, e già colore Pantone di quest’anno. Purtroppo, nonostante gli influencer di mezzo mondo fossero già in trepida attesa della data di release, si è scoperto che i Viminale non era stato informato dell’idea geniale. Nonostante tutto questo fluttui in uno spazio tra il grottesco e il paradossale, la verità è che queste dichiarazioni e idee del tutto prive di contenuto politico, completamente avulse da una proposta di futuro alternativo, non sono altro che il frutto della vacuità rappresentata ormai dal Partito Democratico. Una totale assenza di visione che si traduce nell’unica risposta che il partito sembra ormai concepire: copiare, male, la destra.

Francesco Boccia

Seppur nel limbo della pandemia, ormai si sta avvicinando lo scoccare del primo anno di governo giallo-rosso, nato, è bene non dimenticarlo, a causa del tentativo maldestro di Matteo Salvini di ottenere sempre maggiori poteri. La nascita del governo Conte bis doveva coincidere, almeno nelle parole, con una “svolta” chiesta proprio dal PD stesso, per esempio sui temi della sicurezza, della gestione dei migranti e dell’accoglienza. Ma anche del lavoro, dell’ambiente, dell’istruzione, della parità di genere. Chiariamoci subito: effettivamente non è che da parte dei democratici ci fossero mai state proposte concrete, ma si procedeva piuttosto per slogan, buoni per i titoli dei giornali. Per il resto il vuoto, già evidente a causa di parecchi segnali. Si erano manifestati in maniera molto chiara in occasione delle elezioni regionali di gennaio. Sicuramente ricorderete come l’attenzione non solo dei media, ma del PD stesso, in quei giorni fosse tutta concentrata nell’esaltazione del fenomeno Sardine. Tutta l’Italia di sinistra si era improvvisamente innamorata dei flash mob, e sembrava che per sconfiggere le idee di estrema destra sarebbe bastato cantare tante belle canzoni e ritrovarsi tutti insieme in una piazza italiana, meglio se con qualche cartellone simpatico. Le proposte? Poche e confuse, come in merito ai decreti sicurezza di Salvini: li abroghiamo? Non li abroghiamo? Li abroghiamo a metà? Chissà chissà.

Ma vabbè, un movimento giovane è normale che sia ancora un po’ confuso, no? Il PD sembrava però essersi convinto di aver trovato chi si caricava l’onere di attrarre giovani al posto suo. E Zingaretti, sempre il presidente della maison PD, si prodigava in ringraziamenti. Eppure erano in parecchi quelli che cominciavano a chiedere delle proposte un attimo più concrete di un generico, quanto nobilissimo, “abbassiamo i toni”. Erano in tanti a dire che la politica è sì aggregazione, ma è soprattutto un’idea di futuro che si basi anche su proposte realizzabili e che rispondano a necessità concrete, impellenti o future. Nelle Sardine, e oggi possiamo dirlo con serenità, non c’era nulla di tutto questo. E la colpa non è mica loro, dato che non hanno mai avuto la pretesa di essere loro a proporre un’idea concreta di futuro. Il problema, e anche bello grosso, è che il Partito Democratico non si era neanche posto il dubbio.

Poi è arrivato il Coronavirus, con una pandemia cui non si poteva più rispondere solo con frasi a effetto. Ci volevano proposte rapide, serviva la capacità di comprendere come la società in tutte le sue componenti avrebbe reagito a una situazione mai vissuta prima, insieme alla necessità di conoscere a pieno e nel profondo le disuguaglianze e le problematiche che caratterizzano il Paese, così da porvi rimedio nel più breve tempo possibile. C’era bisogno di un partito di sinistra vero. E così le Sardine hanno salutato tutti. Evidentemente, se fondi la tua intera proposta sui flashmob rischi poi di soccombere quando non li puoi fare più, come a causa del Coronavirus. Un paio di giorni dopo però ci ha ripensato: nessuna pausa di riflessione, appuntamento alle prossime elezioni regionali. Con i soliti toni da Chanson de Roland Santori ha annunciato: “Come sette mesi fa saremo la risposta immunitaria della società civile, contro il sovranismi, populismi, razzismi, intolleranze e negazionismi”. Ma davvero ancora non hanno capito che era adesso il momento per essere la risposta, o quantomeno per provare a darne una? Possibile che ancora non si sia capito che la politica, intesa come comunanza di valori, idee e visioni, non è un interruttore che accendi e spegni solo per raccattare qualche voto? Chissà se lo avrà capito anche Zingaretti. Chissà se avrà capito che, per quanto quelle canzoni cantate all’unisono in piazza siano sicuramente servite da preparazione per i canti sui balconi, non saranno le nostre doti canore a salvarci dalla peggiore crisi dal secondo dopoguerra. Invece, una decente riforma fiscale o un più equo mercato del lavoro, un’istruzione che garantisca l’accesso a tutti o pretendere che tutti i lavoratori abbiano pari tutele potrebbero essere efficaci magari sì, anche se pare che per il Pd si tratti di “idee stantie del Novecento”.

La decisione di abbandonare qualsiasi contenuto politico propositivo, per puntare tutto sulla comunicazione in salsa destrorsa e sovranista ha trovato largo consenso tra tutti i principali esponenti democratici, probabilmente spinti dai tweet di gradimento di Naomi Campbell nei confronti di De Luca, “el General” del PD. D’altronde, cosa non si farebbe per Naomi? Ma il restyling più deciso sembra essere stato quello di Beppe Sala, che solo fino a qualche mese fa veniva indicato da molti come il perfetto candidato per la guida della sinistra del PD, parlando addirittura di “corrente Sala”.

Dopo l’enorme buccia di banana chiamata #milanononsiferma, il sindaco di Milano si è reinventato prima sceriffo che rimprovera i suoi concittadini perché “è incazzato nero”. Poi è stata la volta della foto sui Navigli accompagnato dalle forze dell’ordine. Non contento ha anche deciso di andare all’idroscalo di Milano, smettere i panni di sceriffo per indossare quelli di un provetto Alberto Angela che declamava le attrattive dell’idroscalo di Milano. E poteva mancare la simpaticissima battuta? Certo che no, perché gli italiani li devi fare ridere, si sa. E poi, immancabile, è stata la volta della strizzata d’occhio alla cara e vecchia tradizione cattolica e patriarcale. Innanzitutto, se sei a Milano a chi ti rivolgi? Ovviamente alla Madonnina: “Ci rivolgiamo alla Madonnina che da lassù continua a guardare a tutta la città – recita il sindaco dalla cima del Duomo – Tu non farci mai mancare il tuo sguardo”. Personalmente, ma questa è sicuramente una mia modestissima opinione, quando chi governa si affida all’ultraterreno è proprio quello in cui iniziare a preoccuparsi davvero. Poi è stata la volta della foto con le frecce tricolori per dare sfoggio della sua conoscenza dell’etimologia latina della parole. Così, sempre dal tetto del Duomo, il sindaco ha spiegato che gli piace pensare a una patria “paterna”. Ottima scelta di termine. Sembra davvero che la sinistra italiana, o quella che dovrebbe essere la sinistra italiana, sia ormai impantanata nella narrazione pseudo sovranista, non capendo che così facendo non solo non conquista l’elettorato di destra, che si sente rappresentato a pieno dai suoi leader, ma soprattutto si allontanano definitivamente da quelli che l’avevano votata.

Giuseppe Sala

Al di là delle dichiarazioni e della comunicazione dei singoli esponenti, per giudicare un partito è bene guardare nel concreto. Allora ho pensato che il miglior modo per tastare il polso e il battito cardiaco del morente PD fosse dare un’occhiata al celeberrimo, nonché attesissimo, Decreto Rilancio. È oggettivo: in base alla visione che un governo ha della ripartenza, i settori cui si dedica più attenzione e più risorse, si capisce qual è l’idea di futuro di questo governo e delle parti che lo compongono. E allora vediamo un po’ cosa è successo riguardo ai temi che, tanto tempo fa in una galassia lontana lontana, erano appannaggio della sinistra.

Prendiamo per esempio il tema delle regolarizzazioni, che tanto ha fatto discutere. Innanzitutto è indicativo come il PD abbia preferito “mandare avanti” nella battaglia Teresa Bellanova, che è tra le fila della creatura renziana Italia Viva. Se da un punto di vista formale questa scelta era obbligata, essendo Bellanova ministra delle Politiche agricole, il PD non solo si è limitato a una difesa molto blanda della misura ma, cosa più grave, non ha neanche pensato di sfruttare la possibilità di regolarizzare una volta per tutte quel settore lavorativo e di cogliere l’opportunità per riformare le leggi contro l’immigrazione e i decreti sicurezza di Salvini, che fino a qualche mese fa sembrava essere la priorità di tutto il PD. Le opzioni quindi sono due: o non ci hanno davvero pensato, il che sarebbe molto grave per un partito che dovrebbe almeno ispirarsi alla tradizione della sinistra italiana o, cosa purtroppo più probabile, ha deciso che non era il momento di scontentare gli alleati 5 Stelle. Insomma, la vittoria dell’opportunismo a scapito della politica e delle idee. Il risultato è stato che il PD ha scontentato una volta di più il suo elettorato che gli chiedeva, almeno, un po’ più di coraggio.

Teresa Bellanova

C’è poi un’altra particolarità all’interno del decreto Rilancio, che da sola calza perfettamente per dare l’idea di come il Partito Democratico oggi sia solo il partito di un governo che cerca in tutti i modi di galleggiare, ma che non ha nulla a che fare con gli ideali di equità e giustizia sociale che dovrebbero guidarlo. Con quel decreto,attraverso le misure al suo interno, il governo dichiara in maniera evidente quali sono secondo lui le priorità del Paese, stremato non solo dalla pandemia ma anche dalla tante scelte sbagliate del passato, come in ambito di sanità pubblica. Per questo saremmo stati legittimati a pensare che un esecutivo che per metà è composto da un partito che dichiara di essere di sinistra avrebbe plasmato questo intervento decisivo secondo un’idea chiara di futuro. Non dico un’idea giusta eh, ma almeno un’idea. Ora, alla luce del decreto poi pubblicato, quest’idea è molto oscura e di certo ha poco a che fare con la costruzione di un futuro basato su ideali anche solo vagamente di sinistra. Possiamo dirlo con certezza grazie a un nome che non si è capito bene per quale assurda ragione è entrato a fare parte del decreto che doveva mettere una pezza alle voragini create dal Coronavirus, oltre che da anni di scelte sbagliate: Alitalia.

Come è ormai noto l’esecutivo ha pensato bene di inserire l’ennesima pioggia di soldi per l’ex compagnia di bandiera. Tre miliardi a una compagnia aeronautica che da quando è commissariata ha già ricevuto 1,5 miliardi dallo Stato, e con questi nuovi fondi è costata alle casse del nostro Paese 12,2 miliardi di euro in 45 anni. Già li sento quelli che “Ma i posti di lavoro, non possiamo far fallire Alitalia etc ect”. Chiariamoci, se avessimo avuto a disposizione fondi illimitati con i quali risanare la nostra economia, implementare il Ssn, intervenire sull’istruzione, sia sul numero docenti che sulle strutture decrepite, per rendere efficiente il sistema di telecomunicazioni e eliminare il digital divide, se non avessimo insomma un debito pubblico al di là del 130% del Pil, e un Pil che è destinato a crollare del 9,5%, allora saremmo stati tutti contenti per il nuovo, ennesimo, regalo alla compagnia aerea. Ma a fronte dei tre miliardi a lei destinati, ce ne sono stati solo uno e mezzo alla scuola, uno e mezzo all’università, e tre per la sanità, la stessa somma usata per salvare Alitalia. Conti alla mano, il Governo Conte bis ha destinato il 5% del totale degli stanziamenti previsti per rilanciare l’Italia per finanziare una compagnia aerea che da 50 anni semplicemente non è sostenibile. Non ci vuole Marx per capire che dentro quel decreto non c’è nemmeno l’ombra di un pensiero vagamente di sinistra. E qui ritorna la domanda: è incapacità o opportunismo? E la risposta è ancora la stessa: è comunque desolante. Il fatto che il Partito Democratico sia ormai incapace, o non intenzionato, a partorire, lanciare e difendere una proposta che nasca da e sia intrisa degli ideali che hanno contraddistinto la sinistra italiana è semplicemente desolante.

Ormai siamo vicini allo scoccare del primo anno di governo 5 Stelle-PD, e se non fosse che ora siamo soliti chiamarlo “Conte-bis” nessuno si sarebbe accorto del cambio di esecutivo. I decreti Sicurezza sono ancora lì, non si ha traccia di una proposta sull’ambiente, niente per la disoccupazione giovanile, nessuna riforma della giustizia, nessuna proposta di riforma fiscale, per non parlare della cultura ormai fuori dai radar dell’esecutivo. Niente di niente. E dire che all’interno del PD qualcuno che prova a ricordare le origini politiche che dovrebbero influenzare le scelte di partito c’è: da Matteo Orfini, che ricorda a i suoi compagni di partito tutto quello che ancora non hanno fatto, fino a Giuditta Pini, che al posto della boiata degli assistenti civici  propone l’assunzione di 10mila ispettori del lavoro, visto che la mancanza di tutela della salute nelle fabbriche è stata uno dei principali problemi della pandemia. Per intenderci, quella dell’onorevole Pini è una proposta di sinistra, quella degli assistenti civici è invece oltremodo populista, e con un retrogusto di “ronda” che proprio non riesco mandar giù. Addirittura siamo al punto in cui un ex ministro PD, Andrea Orlando, avanza dei dubbi sulla possibilità di un prestito a Fca, sottolineando quanto sia spiacevole che questa abbia deciso di piazzare la sua sede fiscale fuori dall’Italia, salvo essere poi attaccato da tutto il suo stesso partito. Non dico che si debba per forza occupare le fabbriche, ma almeno un po’ di pudore per le battaglie passate sostenute da chi dici di rappresentare!

Giuditta Pini

Ma come si diceva, nonostante al suo interno esistano delle sparute voci che tentano di richiamare il partito agli ideali che in teoria dovrebbero sempre guidarlo, il PD ha scelto di essere solo un partito che fa stare in piedi un governo fondato sul “sentiment” dei social. Ha scelto quali battaglie perseguire e quali abbandonare, ha deciso a quale elettorato rivolgersi, quali istanze di quali categorie sostenere. A oggi non è ancora ben chiaro quali queste siano, ma l’unica cosa certa è che non hanno nulla a che fare con la sinistra. Alla fine ha ragione chi dice che certi scatoloni, certi cassetti, è meglio lasciarli chiusi e dimenticarseli. Si rischia solo una botta di immotivata nostalgia.

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