Voler diventare senatore a vita è l’ennesima barzelletta di Silvio Berlusconi. E non fa ridere. - THE VISION

Da alcuni giorni si è tornati a parlare di Silvio Berlusconi, dopo che nell’ultimo quinquennio la sua presenza sui giornali è stata quasi solo nella colonnina di destra, quella dedicata alle battute sessiste e ai video in stile Paperissima. Stavolta la cosa è più seria, perché in ballo c’è la sentenza del 2013 con cui il Cavaliere è stato condannato a quattro anni di carcere per frode fiscale. Si dice possa essere stata una sentenza pilotata per colpire l’uomo politico, un fatto che se venisse confermato sarebbe doppiamente grave. In primis, metterebbe in discussione l’integrità e l’imparzialità della magistratura italiana; in secondo luogo porterebbe (e sta già portando) a una riabilitazione del politico che più di tutti ha cercato nel corso dei decenni di sabotare questa integrità e imparzialità. Silvio Berlusconi, appunto.

Secondo quanto stabilito dal tribunale, Mediaset, la società controllata da Berlusconi, aveva acquistato nei primi anni Duemila i diritti per alcuni film statunitensi attraverso la mediazione di società off-shore che facevano risultare prezzi d’acquisto ben superiori a quelli pagati realmente. La differenza era stata spartita tra la stessa Mediaset, che aveva così abbassato le sue tasse da pagare, e quelle società, tra cui spiccava il mediatore Farouk Agrama. Il giornale Il Riformista ha pubblicato gli estratti di una conversazione tra il Cavaliere e Amedeo Franco, uno dei giudici che gli comminarono la pena. Diverse televisioni hanno invece trasmesso l’audio integrale di un incontro con diverse persone avvenuto in data ignota. Il quadro che emerge dalla conversazione è una sorta di confessione da parte di Franco, che ammette con Berlusconi come la sentenza fosse frutto di pressioni politiche.

In questi giorni si sta cercando di fare luce sull’audio. Sul fatto che sia originale non ci sono dubbi, ma le perplessità emergono riguardo al momento in cui è stato fatto uscire dagli avvocati di Berlusconi. Il giudice Franco è deceduto l’anno scorso e il nastro sarebbe stato tenuto nascosto per rispetto nei suoi confronti. In realtà il fatto che il diretto interessato oggi non possa nè smentire nè chiarire sembra un punto di forza per la causa di Berlusconi. In generale, l’audio resta molto sul vago, le frasi forti ci sono ma non vengono approfondite e manca una spiegazione delle accuse che vengono lanciate. Come ha sottolineato il presidente della Cassazione dell’epoca, Ernesto Lupo, il giudice Franco avrebbe potuto dissociarsi dalla sentenza, dando un parere negativo o esprimendo quanto meno delle perplessità. Invece la firmò, per poi incontrare poco tempo dopo l’imputato Silvio Berlusconi, ormai condannato. Un fatto già di per sé strano nel mondo giudiziario, ancor più strano nel momento in cui nel nastro si sente il giudice dire al Cavaliere di essere “un suo ammiratore”. 

Di certo, accertare cosa c’è dietro l’audio è fondamentale, perché fondamentale è preservare la fiducia nella magistratura. Fare chiarezza conviene a tutti. Intanto, però, è chiaro quale sia l’intento del grido di giustizia sollevato da Forza italia : la riabilitazione politica di Silvio Berlusconi. All’improvviso, l’uomo che ha subito più processi nella storia politica italiana e re della leggi ad personam si è trasformato nel martire che ha vissuto decenni di persecuzioni giudiziarie e che non ha potuto fare altro che auto-tutelarsi con apposite leggi per poter restare a galla nella tempesta delle “toghe rosse”. Si tratta del jingle che lo stesso Berlusconi ci ripete dagli anni Novanta, quello che ci ha raccontato ogni volta che un nuovo procedimento giudiziario veniva aperto nei suoi confronti. Un ritornello che oggi suona ancora più forte, dal momento che è stato condito dalla considerazione che se oggi il cavaliere e Forza Italia si trovano ad arrancare sotto il 10% dei consensi è proprio per la condanna per frode fiscale del 2013 che lo ha estromesso dal Parlamento, portando al crollo del suo progetto. “Hanno fatto un danno politico al nostro movimento che ha subìto flessioni elettorali a causa dell’assenza del leader”, ha tuonato il forzista Antonio Tajani, mentre Maria Stella Gelmini ha sottolineato come “quella sentenza ha influito sul consenso politico di quella che era la prima o la seconda forza politica del Paese”.

Antonio Tajani

In realtà il berlusconismo quell’anno era già in piena crisi. La discesa era iniziata da tempo, con il Paese portato in pieno default e il governo tecnico di Mario Monti. Vera o pilotata che fosse, la sentenza del 2013 colpiva allora un leader che aveva già smesso di essere tale e che si trovava nella parabola discendente della sua traiettoria istituzionale. Oggi Berlusconi, sette anni dopo, è ancora in campo e lo è in posizione largamente minoritaria all’interno della coalizione di centrodestra. L’audio incriminato uscito nei giorni scorsi si è allora trasformato in un’arma elettorale in mano a Forza Italia e alla stessa coalizione, in vista delle elezioni regionali di settembre. Ci sono ben due regioni con candidati forzisti in ballo, la Liguria e la Campania. Ma in generale il centrodestra si gioca una partita importante in tutte le altre regioni dove si vota, come Marche, Puglia, Veneto e Toscana. Spingere sul vittimismo di Berlusconi, nella chiave del politico gambizzato dalla magistratura, è diventato in poche ore il pilastro della campagna elettorale della destra nelle piazze, un modo per impietosire l’elettorato e aizzarlo contro un sistema giudiziario dipinto come corrotto in toto, bersaglio perfetto per la sete di un capro espiatorio di una parte dell’elettorato.

Ovviamente, la marginalità di oggi di Forza Italia c’entra molto poco con la condanna del 2013. Questo non deve però portare a chiudere gli occhi davanti al quadro dipinto dal giudice Franco: che si tratti del primo o dell’ultimo partito per gradimento, l’utilizzo politico della magistratura è sempre un fatto grave. Che a sollevarsi contro tutto questo sia però l’universo che ruota intorno a Berlusconi suona come una beffa. In fin dei conti, quello che oggi la destra forzista grida nelle piazze per presentare il suo leader politico come un martire moderno, cioè che i giudici abbiano fatto un uso personale del loro potere, è esattamente quello che lo stesso Berlusconi ha fatto con il suo nel corso della sua lunga carriera politica. Dal lodo Mondadori, al legittimo impedimento, passando dalla compravendita dei parlamentari, queste e altre decine di azioni e leggi approvate dai suoi gli hanno sempre garantito un tornaconto personale, che fosse per ampliare il potere che egli stesso aveva a disposizione, o per salvarlo dall’ennesima grana giudiziaria pendente. 

berlusconi

Silvio Berlusconi al ristorante Garibaldi con Urbano Cairo e Marcello Dell’Utri, Milano, 1985

I giudici hanno per esempio riconosciuto Berlusconi come privato corruttore, quando offrì tre milioni di euro al senatore dell’Italia dei Valori Sergio De Gregorio per votare la sfiducia al governo Prodi nel 2008. Il reato, riqualificato dalla Corte di cassazione in corruzione impropria, è stato dichiarato prescritto proprio nell’ultimo grado di giudizio, ferme restando le statuizioni civili. Così come è stato dimostrato che il Cavaliere piegò mezzo Parlamento ai suoi interessi quando nel 2011 i 314 deputati del suo partito e del resto del centrodestra – tra cui nomi celebri come Giorgia Meloni e Maria Elisabetta Casellati – non si facevano remore a confermare con il voto elettronico che quella famosa sera Ruby era per lo Stato italiano la nipote del presidente egiziano Mubarak e che le telefonate di Berlusconi in questura a Milano per farla rilasciare erano telefonate di Stato. E che dire dei rapporti di alcuni degli uomini a lui più vicini con Cosa Nostra, come il suo braccio destro Marcello dell’Utri, che come ha sancito la sentenza dell’aprile 2018 della Corte d’Assise di Palermo ha rappresentato la figura di collegamento tra la mafia siciliana e l’entourage di Silvio Berlusconi nei primi anni di Forza Italia, che proprio tramite la criminalità organizzata raccoglieva il proprio consenso nel Sud Italia in cambio di garanzie una volta al governo. Ancora oggi sono aperte le indagini sul Cavaliere per la stagione stragista mafiosa dei primi anni Novanta, con la procura di Firenze che qualche mese fa gli ha contestato di aver giocato un ruolo nella serie di attentati portati avanti da Cosa Nostra.

Se c’è una caratteristica comune ai tanti governi Berlusconi, in effetti, è il perenne cortocircuito causato nei poteri dello Stato, con il legislativo utilizzato dall’esecutivo per colpire il giudiziario. Il sito libertaegiustizia ha contato 39 provvedimenti ad personam varati dal 1994, cioè dall’entrata in politica di Silvio Berlusconi, considerando soltanto quelli di cui si sono giovati personalmente il Cavaliere o una delle sue aziende. Repubblica nel 2009, in un analogo calcolo sul primo decennio degli anni Duemila, ne contava 18.

Bettino Craxi e Silvio Berlusconi a Milano, 1987
Berlusconi e Marcello Dell’Utri
Umberto Bossi, Silvio Berlusconi, Pier Ferdiando Casini e Ginafranco Fini a Bari nel settembre 2000

Se allora è legittima la richiesta di chiarezza sulle parole del giudice Amedeo Franco sbucate dal nulla nei giorni scorsi, meno legittimo è il tentativo del centrodestra di farsi paladino della giustizia imparziale. Il modo in cui vengono descritte le toghe, al pari di figure politiche che abusano della loro posizione per colpire i loro avversari o tutelare le rispettive posizioni, corrisponde esattamente a quello che Berlusconi ha fatto con continuità dagli anni Novanta a oggi. Il profilo con cui vengono bollati i nemici è in realtà il profilo che meglio descrive il Cavaliere. Con la differenza che nel primo caso tutto andrà ancora chiarito, visti i molti dubbi e le stranezze che accompagnano l’audio, consapevoli che peraltro non si potrà fare di tutta l’erba un fascio. Nel caso di Berlusconi, invece, c’è poco da chiarire: è la sua storia a parlare. Che oggi si paventi addirittura la possibilità che diventi senatore a vita se non Presidente della Repubblica, quasi a risarcimento del “Calvario” subìto, rasenta l’assurdo.

La riabilitazione politica di Berlusconi a cui stiamo assistendo in questi giorni, in parte amplificata dalla strumentalizzazione elettorale che si vuole fare della faccenda, è la peggiore delle conseguenze di questa vicenda. L’unica riabilitazione, semmai, potrà essere quella giudiziaria riguardo al caso specifico della condanna per frode fiscale. Per il resto, il Berlusconi politico opportunista e legislativamente egocentrico, sarà sempre lo stesso.

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