È l’ottobre del 1985. Nelle radio Zucchero parla di “Donne”, De Gregori canta “La storia siamo noi”, Cocciante e Mina dicono che è una “Questione di feeling”. In televisione ci sono McGyver e l’A-team. Il presidente della Repubblica è Cossiga, Craxi è il presidente del Consiglio, Spadolini ministro della Difesa e Andreotti degli Esteri. Nelle cartelle dei bambini ci sono girelle Motta e tortine di mele del Mulino Bianco, mentre nelle tasche dei genitori ci sono un sacco di soldi: lo stipendio medio è di 1.200.000 lire, abbastanza da permettere al 46% di loro di andare in vacanza. Sono gli anni d’oro delle agenzie di viaggi. Alcuni italiani, per sfuggire ai primi freddi, vanno in crociera. Altri, su quelle navi, ci lavorano. Il comandante Gerardo De Rosa ha 46 anni. Ironicamente soprannominato da sua moglie “Tristone” per il suo carattere estroverso, è nato a Napoli. Partito come mozzo a diciotto anni, ora governa una nave tutta sua. Alle 13.00 è in acque egiziane. A bordo ci sono 320 persone di equipaggio e 107 passeggeri; gli altri 670 sono sbarcati al Cairo per fare qualche foto alle piramidi. Risaliranno a bordo in serata, quando faranno rotta per il porto di Ashdod, in Israele. Rosa Nuzzo ha 24 anni ed è ufficiale di bordo. Richiamata dalle grida, corre in coperta. La prima cosa che ricorda è il lenzuolo coperto di sangue, poi la faccia stravolta del marinaio Pasquale Ligella che si tiene la gamba. Il comandante De Rosa è sul ponte inferiore a pranzo, quando si accorge che la nave è diventata troppo silenziosa. Dall’altoparlante il secondo gli chiede di salire subito in plancia. Quando De Rosa apre la porta, prima vede la faccia pallida del secondo. Poi l’uomo alle sue spalle.
Il telefono della Farnesina squilla alle 17.
Lunedì 7 ottobre, ore 18.00
Quinto piano della Farnesina, Roma
Andreotti, a capo dell’unità di crisi, cerca di trovare riscontro a quella notizia confusa. Non ci sono cellulari, le persone devono essere vicine a un telefono fisso e passare la comunicazione fisicamente da uno all’altro. Alle 18 riesce ad avere la conferma dal governo egiziano: oltre cento persone, a bordo di una nave, la Achille Lauro, sono tenute in ostaggio. Non si sa da chi, da quanti o perché, ma sono stati sentiti colpi di mitragliatore. Spadolini viene fatto rientrare di corsa da Milano. La notizia viene resa pubblica da un giovanissimo Enrico Mentana al TG delle 20. Subito dopo, nel mondo si scatena un putiferio: a bordo ci sono passeggeri inglesi, americani, italiani, tedeschi. La nave è italiana ma è in acque egiziane. Chi deve occuparsene?
Ore 21.00
Il governo egiziano riesce a mettersi in comunicazione con la nave. Riferisce all’Italia che a bordo ci sarebbero “da quattro a sei dirottatori, armati di mitra e bombe a mano”. Chiedono la liberazione di 50 loro compagni palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Andreotti telefona ad Arafat, lui replica che non c’entra niente. Quasi subito dopo, l’OLP rilascia un comunicato ufficiale: anche loro sono estranei. Ma allora chi sono? Viene contattata la capitaneria di porto italiana per avere i nomi di tutti i passeggeri imbarcati. Sono oltre 600. Spadolini riunisce i vertici delle Forze Armate e l’ammiraglio Fulvio Martini, capo dei servizi segreti militari (SISMI). Devono trovare un piano d’attacco in caso la diplomazia fallisca.
L’operazione Margherita
Logisticamente è un incubo. I militari devono arrivare a bordo di una nave in acque egiziane, in movimento, di notte e senza coordinate precise. Il capo incursore del Comsubin, Antonio Brustenga, fa alzare in volo due ricognitori Breguet-Atlantic dalla Sicilia per trovarla, mentre lui e i vertici studiano le carte nautiche e le planimetrie della nave più simile all’Achille Lauro, dato che le originali non salteranno mai fuori. L’Aeronautica trova la nave: procede a 20 nodi in acque egiziane, diretta verso la Siria. Gli incursori decidono che un abbordaggio via mare è impossibile: l’Achille Lauro naviga al doppio della velocità che i mezzi militari possono raggiungere. La sola alternativa è calarsi dagli elicotteri, trasformandosi in bersagli mobili. A Varignano, il quartier generale, atterrano tre Sea King con gli incursori del COMSUBIN già equipaggiati. Brustenga decide di guadagnare tempo; contatta la fregata Vittorio Veneto, in acque egiziane, e ordina a tutti gli incursori di riunirsi lì. Il 9° reggimento Col Moschin parte da Pisa con un volo presidenziale e atterra a Cipro, dove si riunisce con i Delta Force americani. Salgono su un elicottero che li porta a bordo sulla fregata. Ci arrivano poco dopo mezzanotte.
Ore 3.00
Craxi, Andreotti e Spadolini si riuniscono a palazzo Chigi, dove vengono raggiunti da Maxwell Rabb, ambasciatore degli Stati Uniti. Arafat informa Craxi di avere inviato due emissari per affiancare il governo egiziano nella trattativa coi dirottatori. Uno dei due è Muhammad Zaydan, conosciuto col nome di battaglia Abu Abbas. È il leader dell’FLP (Fronte per la liberazione della Palestina), una fazione dissidente dell’OLP. L’intelligence italiana riesce ad avere più dati: i dirottatori erano cinque, di cui uno minorenne. Si erano imbarcati a Genova sotto falso nome, uno è sceso ad Alessandria e non è più risalito. Quando però la nave entra in acque siriane, tutto il lavoro di Andreotti si rivela inutile: ora non è più competenza dell’Egitto, ma della Siria. E Assad è in viaggio diplomatico.
Tartus, Siria, ore 11.00
I dirottatori chiedono che la trattativa per gli ostaggi sia condotta dalla Croce Rossa internazionale e dagli ambasciatori di Germania federale, Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna. In caso contrario, faranno esplodere la nave. Andreotti riesce a trovare Assad in Cecoslovacchia. Quest’ultimo vorrebbe starne fuori ma, a livello di favore personale, acconsente che l’Achille Lauro attracchi in porto, a condizione che Italia e Stati Uniti aprano un dialogo e non compiano azioni di forza. Lascia un’ora di tempo per decidere. Craxi tenta disperatamente di convincere Rabb, ma lui rifiuta: gli USA non trattano coi terroristi. La negoziazione fallisce e Damasco nega il permesso di attracco. A questa notizia i dirottatori reagiscono molto male.
Achille Lauro, acque territoriali siriane, ore 14
I passeggeri sono radunati in sala da pranzo. Sul muro sono ammassate taniche di benzina e materiale infiammabile. I dirottatori chiedono di vedere i loro passaporti e li separano per nazionalità. Tra loro vengono riconosciuti degli americani, tra cui un certo Leon Klinghoffer. Un vecchietto in sedia a rotelle di 79 anni, in crociera per festeggiare il suo anniversario di matrimonio. Poi delle ballerine inglesi, i tedeschi e qualche ebreo.
I terroristi portano Klinghoffer sul ponte, gli sparano un colpo al petto e uno in fronte, lasciandolo penzolare dalla balaustra. Il sangue “crea una bava rossa che arriva fino alla linea di galleggiamento”, ricorderà il comandante De Rosa. Ordinano al parrucchiere di bordo e a un marinaio di buttare il cadavere in mare. I due uomini, poi, saranno visti abbracciati, mentre a vicenda si consolano.
Ucciso Klinghoffer, i dirottatori raggiungono De Rosa e gli dicono, porgendogli il passaporto del defunto, che se non si apre una trattativa entro un’ora inizieranno a giustiziare un passeggero ogni tre minuti. Butta molto male, ma Abu Abbas è atterrato al Cairo: riesce a contattarli tramite un ponte radio e li dissuade. Un radioamatore intercetta la comunicazione e riferisce che i quattro chiamano Abbas “comandante”. Abbas ordina loro di tornare in Egitto. Loro eseguono.
Mercoledì 9 ottobre
Roma, ore 2.00
Rabb informa Craxi in privato che dagli Stati Uniti sono pronti ad attaccare la nave coi Navy SEALs. È vero, ma Craxi lo sa già. Gli incursori del Col Moschin hanno visto i Delta force a Cipro, mentre si preparavano per attaccare.
Porto Said, Egitto, ore 9.00
Abu Abbas ordina ai dirottatori di trattare bene i passeggeri, di chiedere scusa all’equipaggio e di arrendersi in cambio di un salvacondotto, che richiede alla Farnesina quasi contemporaneamente. Gli americani dicono di no, gli italiani di sì “a patto non sia stato ucciso nessuno”. De Rosa, che è molto furbo, mente: «Qui è il comandante,» dice, «vi parlo dal mio ufficio. Io e il mio equipaggio stiamo tutti bene.»
Non è chiaro se Craxi sapesse già di Klinghoffer o no. Paolo Guzzanti, giornalista de La Repubblica, riporta che l’ambasciatore Minguolo confessò con aria compiaciuta “avimm’ fatt’ l’inghipp’. Cornelio Brandini, ex assistente di Craxi, dice il contrario. Sia come sia, alle 15.30 un rimorchiatore egiziano raggiunge l’Achille Lauro, preleva i dirottatori e libera la nave.
Cairo, ore 12.00
Mubarak, in conferenza stampa, dichiara che i quattro dirottatori hanno lasciato l’Egitto e che lui, quando li ha accolti, del morto non sapeva niente. Mente. La CIA controlla il suo telefono: Mubarak sapeva di Klinghoffer, e i dirottatori non sono affatto partiti; sono in una base egiziana a 30 km dal Cairo, pronti a partire su un Boeing 737 Egyptair per Tunisi assieme ad Abu Abbas. Quando il 737 decolla, dalla portaerei USS Saratoga si alzano in volo due F-14 Tomcat che lo intercettano a 80 miglia a sud di Creta.
10 ottobre
Al Masa, Egitto, ore 21.15
Dietro pressione americana, il governo tunisino nega il permesso di atterraggio ai dirottatori. Il Boeing fa rotta su Atene e anche qui trova le porte chiuse. Contemporaneamente, Ronald Reagan manda un messaggio ai terroristi in TV, la celebre frase “You can run, but you can’t hide”. Resta una sola base a disposizione: Sigonella. Lì c’è un intero settore sotto la giurisdizione degli USA e presieduto dai Marines. Se atterra lì, è come se atterrasse negli Stati Uniti.
Mar Mediterraneo, ore 22
Entra in scena Michael Ledeen. Su quest’uomo, oggi legato alle storie più strane e importanti accadute negli ultimi cinquant’anni, si potrebbero scrivere dei libri. Ai tempi è consigliere della Casa Bianca e collaboratore del SISMI. Forse. Insomma, è un personaggio assai controverso. A Craxi non è mai piaciuto, tanto che quando Ledeen gli telefona, lui finge di non essere reperibile. Non vuole legittimarlo a parlare come portavoce del governo degli Stati Uniti. Perché dovrebbe farlo lui, dato che c’è l’ambasciatore Rabb? Non si può parlare di questioni delicate con uomini di dubbio ruolo, c’è il rischio le autorità ufficiali, poi, neghino. E in effetti qualcosa di strano c’è. Ledeen minaccia l’assistente di Craxi finché lui, terrorizzato, passa la telefonata. A quel punto Ledeen spiega che il 737 con i dirottatori atterrerà a Sigonella.
«E perché proprio Sigonella?», domanda Craxi.
«Per il vostro clima perfetto, il vostro cibo delizioso e la vostra cultura millenaria», risponde Ledeen.
Craxi telefona a Sigonella e ordina che l’aereo venga protetto con le armi.
Venerdì 11 ottobre 1985
Base di Sigonella, ore 00.05
Quando il 737 atterra, scortato dai caccia USA, c’è una novità: volando in formazione, i Tomcat hanno coperto la traccia radar di un Lockheed C-141 Starlifter con a bordo 60 Navy SEAL e un North American T-39 Sabreliner, con a bordo il generale Steiner, capo degli incursori americani. Atterrano senza autorizzazione. Dalla torre di controllo il generale Ercolano Annichiarico li vede e manda due blindati davanti e dietro il 737, affinché lo guidino nella zona della base a giurisdizione italiana. Il piano degli americani crolla. I VAM e i carabinieri si dispongono in cerchio attorno al 737, armi in pugno. Dal C-141 escono i SEALs che invadono la nostra parte di base, circondano i carabinieri e gli puntano i fucili contro. Il generale Annichiarico vede la scena e chiama i rinforzi. Arrivano due battaglioni di carabinieri che circondano gli americani.
Le implicazioni di qualsiasi azione sarebbero impensabili. Il solo modo che avrebbero i Delta di prendere gli ostaggi è di sparare ai VAM e ai carabinieri davanti a loro, che risponderebbero al fuoco come i carabinieri dietro di loro. Il risultato sarebbe lo sterminio dei Delta, con conseguente spostamento dell’asse politico e strategico mondiale. L’Italia passerebbe giocoforza dalla parte dei dirottatori e annullerebbe ogni accordo con gli americani che da noi hanno basi militari (tra cui Aviano, al tempo contenente testate nucleari). Senza l’Italia, gli USA perderebbero il Mediterraneo e la possibilità di avere un fronte contro la Russia.
Insomma: se sparano, cambia il mondo.
Questo vale sia a livello militare che legale, dato che è presente il sostituto procuratore di Siracusa, Roberto Pennisi. Reagan, a Washington, è furibondo. Telefona a Bettino Craxi, e chiede a Ledeen di fare da interprete. Domanda che dirottatori e mediatori vengano messi in galera. Craxi chiede invece di incarcerare i dirottatori, ma di tenere i mediatori sotto sorveglianza. Reagan acconsente, ma Ledeen sceglie di scavalcare il presidente degli Stati Uniti e tradurre le sue parole in modo sbagliato: vuole tutti in galera. Craxi, di Ledeen, non ha mai avuto stima. Dice al suo collaboratore che se Ledeen si può permettere di distorcere le dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti, c’è per forza qualcosa che non va, così decide di disobbedire. Quando gli incursori americani si ritirano, i dirottatori vengono presi dai carabinieri, mentre Abbas rimane sull’aereo e domanda di ripartire. Non va bene. Mubarak, in Egitto, blocca l’Achille Lauro e trattiene tutti i passeggeri, dicendo che non usciranno dal porto finché Abbas non sarà decollato da Sigonella. Non è l’unico problema: gli americani si sono ritirati, ma non mollano l’osso e vogliono impedire che il 737 si alzi in volo. Craxi manda a Sigonella Badini, il suo uomo più fidato, e il capo del SISMI.
Sigonella, ore 16.30
Da Roma, Craxi dà ordine di far decollare il 737 e di farlo atterrare a Ciampino. Appena in volo, dalla USS Saratoga decollano due F-14 per dirottare il 737 su basi più sicure, ma scoprono che oltre al 737 ci sono quattro F-104 Starfighter della nostra aeronautica militare. I piloti si insultano e minacciano via radio, ma nessuno fa nulla. Abu Abbas e il suo amico atterrano incolumi all’aeroporto di Ciampino venerdì 11 ottobre, alle 23.10. Dagli USA parte una richiesta di arresto ed estradizione, ma Roma la nega. Bisogna trovare un modo per far uscire Abu Abbas dall’Italia, perché Spadolini è filoamericano e la CIA, alla fine, potrebbe averla vinta. Si può solo batterla sul tempo. Alle 18.30 il 737 decolla di nuovo e atterra a Fiumicino, dove Abbas viene travestito e sistemato su un aereo di linea yugoslavo, che decolla subito per Belgrado. Quando Rabb va da Andreotti per assicurarsi che Abbas non esca dall’aeroporto di Roma, Andreotti sorride e allarga le mani.
La crisi di Sigonella finisce qui.
Gli americani si arrabbiano molto. Ledeen propone di ritirare l’ambasciatore USA dall’Italia. Poi, a bocce ferme, Reagan scrive una lettera personale a Craxi, in cui lo chiama per nome e gli chiede di fare pace: “A dispetto delle divergenze, l’amicizia tra i nostri Paesi e l’impegno comune nella lotta al terrorismo non sono in discussione”. Dopotutto, di questi tempi l’Italia è contesa tra CIA e KGB: tenere il broncio non servirebbe a nulla.
Abu Abbas viene catturato nell’aprile del 2003 da un’incursione dei SEALs in Iraq. Viveva da esule in una villa di Baghdad, protetto da Saddam Hussein. Muore il 9 marzo 2004 in carcere, ufficialmente per un attacco cardiaco.
Epilogo
Khalid Husayn (conosciuto anche come Khaled Abdul Rahim), il dirottatore sceso prima che le cose si complichino, viene arrestato dalla polizia greca nel 1991, in una casa piena di dinamite. Estradato in Italia, nel 2003 si dichiara pentito. Muore in carcere a Benevento, a 73 anni. Stava scrivendo un memorandum della sua vita con un’assistente volontaria di Firenze e il suo legale.
Majed Youssef Al-Molky sconta 23 anni di carcere. Nel 2004 sposa un’italiana, poi viene espulso in Siria. Si dice “certo che lo uccideranno”. Nove giorni dopo il suo arrivo a Damasco, scompare nel nulla. Era l’assassino materiale di Klinghoffer.
Bassam Al-Ashker, all’epoca 17enne, viene scarcerato e messo in stato di semilibertà il 28 febbraio 1990. Scappa nel 1992 per raggiungere Abbas. Entra in Al-Fatah e nel 2006, nel campo Nahr El-Bared, addestra le reclute su “come si uccidono gli ebrei e tutti i loro amici”. In un’intervista telefonica del 2012 a France express, dichiara di essere un guerrigliero dell’Isis e di avere combattuto a Falluja e a Ramadi.
Ibrahim Fatayer oggi è in Palestina, ma nessuno sa come ci sia arrivato.
Hamed Maruf Al-Assadi, dopo aver scontato la condanna, si sarebbe pentito e vivrebbe in Italia sotto copertura, mentre collabora coi magistrati.
La nave Achille Lauro, a seguito dell’ennesimo incendio a bordo, cola a picco a 95 miglia dalla costa somala il 2 dicembre 1994.
Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il 13/12/17.