Il “buongoverno” della Lega non esiste. Le regioni leghiste ne sono la prova. - THE VISION
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All’inizio dell’anno scorso la Sardegna era in preda ai tumulti dei pastori. Il crollo del prezzo del latte pagato ai caseifici da parte degli imprenditori stava rendendo insostenibile l’attività economica di migliaia di allevatori, strozzati anche da un eccesso di offerta rispetto alla domanda. Poi però è arrivato Matteo Salvini in campagna elettorale per le regionali del 24 febbraio 2019 e, attraverso un quotidiano tour dell’isola, ha garantito che in caso di vittoria leghista il prezzo del latte al litro sarebbe stato rialzato almeno a un euro. Christian Solinas, candidato del centrodestra scelto proprio dal leader del Carroccio, ha portato a casa la partita elettorale, ma 365 giorni dopo il prezzo del latte è sempre fermo a 60 centesimi al litro.

Salvini da anni porta avanti il jingle del buon governo leghista come modello da studiare e replicare in tutta Italia. Veneto, Lombardia e Piemonte sono diventati nelle sue parole il simbolo dell’eccellenza del partito di via Bellerio, la prova di come affidare le regioni al Carroccio sia la miglior scelta che i cittadini possano fare. I tanti scandali che la stessa Lega e le amministrazioni di cui faceva parte hanno passato in queste regioni sono stati nascosti sotto al tappeto da un’autonarrazione che ha presentato il Carroccio come il nuovo che avanza, quando invece è quanto di più vecchio ci sia nella politica del Paese. E, osservando le altre regioni italiane passate sotto il controllo del centrodestra, si ha la sensazione che il cosiddetto buon governo leghista sia sì un modello, ma per nulla desiderabile.

Christian Solinas

In Sardegna non ci sono solo i pastori sedotti e abbandonati sul tema del latte dalla nuova amministrazione filo-leghista, ma anche tante altre situazioni che costituiscono tutto tranne che un vanto politico. La prima legge discussa a giugno dalla nuova giunta è stata per esempio quella relativa al ripristino dei vitalizi per i consiglieri regionali. Intanto Solinas per diversi mesi ha mantenuto la carica sia di presidente che di senatore, sebbene la legge sottolinei a chiare lettere come le due cariche siano incompatibili – un vizio leghista, sembrerebbe, dato che al momento Lucia Borgonzoni continua a ricoprire in contemporanea la carica di consigliera in Emilia-Romagna e di senatrice. Intanto la giunta si è dimostrata incapace di approvare la legge di bilancio entro il 31 dicembre 2019, con la conseguenza che a oggi la regione è in esercizio provvisorio e gli investimenti sono bloccati. Le opposizioni nelle scorse settimane hanno intanto presentato un mini dossier a proposito dell’operato della giunta Solinas, denunciando in particolare l’emanazione di atti falsi e i ritardi e le proroghe continue, che peserebbero per 3,3 milioni di euro in più all’anno sulle casse regionali. La giunta di centrodestra qualcosa lo ha comunque fatto nel suo primo anno di governo: i finanziamenti alle scuole private cattoliche sarde per esempio, o il Piano Casa che consentirà di costruire anche all’interno della fascia inderogabile dei 300 metri dal mare, in contraddizione con il piano paesaggistico regionale.

Si potrebbe pensare che l’autoproclamato ‘buongoverno’ esportato dalle tre locomotive del Nord stia arrancando solo in Sardegna. Eppure, guardando alle altre regioni italiane a guida leghista o in cui comunque il Carroccio fa parte della maggioranza, le cose non vanno molto meglio.

Lucia Borgonzoni

Nell’Umbria guidata dalla leghista Donatella Tesei, il 2019 si è chiuso senza la legge di bilancio. Nelle ultime settimane si sta comunque lavorando sul tema e, a leggere il modo in cui verranno distribuite le risorse, viene da domandarsi se la Lega sia realmente in grado di adeguarsi alle esigenze locali o sia teleguidata dalla sede di Milano. Il posizionamento di fedelissimi veneti nei ruoli chiave della sanità umbra fa propendere per la prima alternativa. La conferma in questo senso arriva anche dai minori stanziamenti previsti per la protezione civile, in una regione fortemente impegnata nelle fasi post-terremoto e tuttora a rischio, nonostante la condizione dei terremotati sia stata uno dei cavalli di battaglia della propaganda di Matteo Salvini tanto a livello nazionale quanto regionale. Diverse polemiche si sono sollevate anche a proposito dei soli 70mila euro destinati al fondo regionale per le emergenze, quello a cui si dovrebbe attingere in caso di nuove calamità naturali – non un evento raro in zona. In ogni caso la regione è stata “liberata”, ha dichiarato Salvini nel day after elettorale, alludendo al vento che cambia e alla messa in soffitta dei problemi del passato. Chissà se si riferiva anche alla maxi-inchiesta per le spese pazze dello scorso anno, con cui sono finiti nel registro degli indagati diversi consiglieri del centrodestra a causa di rimborsi gonfiati per pranzi, cene, viaggi, o parcheggi  – una prassi che in ambienti leghisti abbiamo già imparato a conoscere tra Lombardia, Liguria e Piemonte.

Se due indizi non fanno una prova, i problemi in Sardegna e in Umbria non sono allora sufficienti per mettere in discussione il buon governo leghista. Ma basta spostarsi poco più in là, in Abruzzo, e la musica non cambia. Qui si sono tenute le elezioni regionali nel febbraio del 2019 e la Lega ha ottenuto la maggioranza dei consensi, favorendo la nomina a governatore di Marco Marsilio di Fratelli d’Italia. Il peso elettorale del Carroccio deve aver garantito l’assegnazione della carica di vice al salviniano di ferro Emanuele Imprudente. Anche alla sanità e ai servizi sociali è stata nominata una leghista, Nicoletta Verì, ed è proprio qui che si sta consumando un piccolo dramma regionale.

Donatella Tesei

Nell’ultima legge di bilancio sono stati previsti per il biennio 2020-2021 tagli per 78 milioni di euro alla sanità regionale. Tra le varie voci, spicca la volontà di “ridurre gli ingressi inappropriati in pronto soccorso” – una fissazione leghista a quanto parte, se si pensa alle ultime dichiarazioni di Salvini a proposito dell’aborto. Anche sulla delicata questione dei trasporti locali la giunta regionale non ha al momento mosso dito, come denunciato dai sindacati locali. Ma è proprio nell’intersezione tra questo tema e quello che più ha caratterizzato il tour elettorale salviniano in regione, il sostegno ai terremotati, che è emerso meglio il paradosso leghista. A fine 2019 il partito si è astenuto in Senato dal voto su una legge che tra le altre cose avrebbe previsto il blocco degli aumenti tariffari dei pedaggi delle autostrade A24 e A25, così da far pesare meno i trasporti sulle tasche dei cittadini abruzzesi. Si trattava di una copia dell’emendamento già presentato nel 2018 da Marco Marsilio, ai tempi senatore e oggi presidente della giunta di centrodestra abruzzese. In una sorta di cortocircuito politico la Lega nazionale è andata contro a una proposta voluta dal suo stesso presidente regionale, per il semplice fatto che il nuovo emendamento era stato presentato dal centrosinistra – quello a firma Marsilio del 2018 era stato giudicato inammissibile, seppur di fatto identico.

Anche in Basilicata da qualche tempo governa il centrodestra. Nel marzo 2019 la carica di governatore è andata al forzista Vito Bardi, a capo di una coalizione che comprende anche la Lega di Salvini. Che ha esultato: “7 a 0 per il centrodestra”, a proposito dell’allora serie di vittorie elettorali regionali, interrotte solo in Emilia Romagna. In questo primo anno la giunta lucana sembra essere stata più impegnata nelle lotte intestine alla maggioranza, piuttosto che a mettere in moto la macchina amministrativa. Da più parti si stanno sollevando denunce per l’immobilismo politico dei nuovi rappresentanti dei cittadini, mentre a dicembre non sono riusciti ad approvare il bilancio, costringendo la regione allo stato di esercizio provvisorio.

Nella Sicilia governata dal centrodestra, a partire dal 2017 il curriculum della coalizione di maggioranza si è arricchito di ben tre esercizi provvisori consecutivi, casse regionali quasi vuote con tanto di continui interventi della Corte dei Conti e tensioni interne alla coalizione di governo. Per non farsi mancare niente, la Lega è salita anche agli onori della cronaca regionale per l’arresto dell’ex consulente per l’Energia di Matteo Salvini, Paolo Arata, a causa di un giro di tangenti nell’eolico. A inizio febbraio è arrivata anche l’accusa di peculato per l’ex deputato regionale leghista Tony Rizzotto, che per la Guardia di Finanza avrebbe intascato più di 450mila euro di fondi regionali destinati all’Istituto formativo per disabili e disadattati sociali, di cui è stato presidente tra il 2012 e il 2016.

Vito Bardi

In Molise, invece, il centrodestra è al potere da ormai due anni, dopo la vittoria alle regionali del 2018. Salvini qui si è dovuto accontentare di non mettere un proprio fedele al comando della regione, appoggiando il governatore Donato Toma di Forza Italia. La tornata elettorale è stata comunque un successo perché ha permesso a rappresentati del suo partito di entrare nella maggioranza e ampliare l’espansione geografica leghista. Che oggi in Molise continua con la nomina da parte di Salvini di Jari Colla a coordinatore della Lega regionale. Colla è noto alle cronache nazionali non tanto per i suoi meriti politici, quanto perché condannato nel 2019 a un anno e otto mesi con pena sospesa per i rimborsi illegittimi di quasi 40mila euro richiesti quando era consigliere alla regione Lombardia.

Anche in Friuli Venezia Giulia da un paio d’anni è finalmente arrivato il buon governo leghista. Salutato come il nuovo che avanza, nelle scorse settimane è arrivata la condanna definitiva per le spese pazze di cinque consiglieri regionali tra il 2010-2012, che ai tempi militavano nella Lega. La Lega del “nuovo che avanza” è riuscita però a imporre nel dibattito pubblico friulano anche tematiche di rilievo. Dalla rimozione dello striscione per Giulio Regeni dal palazzo regionale, al post “sono antisemita” di un consigliere, passando dagli insulti a Greta Thunberg, fino alla precisazione che la ragazza violentata a Udine la notte di Capodanno “se l’è cercata”. Senza dimenticare le fototrappole anti-migranti al confine, la progettazione di muri di ispirazione trumpiana e i monitoraggi sui “prof di sinistra”.

Mentre attendiamo di capire come la nuova giunta regionale di centrodestra in Calabria declinerà la filosofia del buon governo, l’analisi fatta fino a ora delle regioni italiane a guida leghista o comunque a presenza salviniana nella maggioranza ci hanno offerto due modelli luminosi. Uno generale fatto di scandali,  tagli al welfare, promesse non mantenute e  giochini di opportunismo politico, e poi quello friulano che svetta per sovranismo repressivo, sessismo e anti-ambientalismo. Viene da chiedersi a quale corrisponda il buongoverno leghista che Matteo Salvini ha in mente. Probabilmente, si tratta di una fusione di entrambi.

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