Chi è nato negli anni Ottanta o Novanta ha un grosso problema. Oddio, a dirla tutta ne ha parecchi, ma limitiamoci al contesto politico. Facciamo un’ulteriore cernita, riferendoci a chi è nato negli anni Ottanta o Novanta da genitori di sinistra, moderata o meno. È inutile girarci attorno: le idee politiche della propria famiglia rappresentano una formazione iniziale molto solida. Poi, certo, è possibile mutarle nel tempo, non è un’imposizione da preservare per sempre, ma si tratta comunque di una base, di un punto di riferimento per quanto riguarda gli “ideali” e di un certo modo di intendere la vita. Abbiamo dunque sentito parlare di Berlinguer, come i nostri genitori avevano sentito a loro volta parlare di Gramsci. Col passare degli anni la curiosità ci ha spinto a guardare su Youtube filmati di vecchi comizi di Berlinguer, o leggere i libri di Gramsci.
Bene: in tutto questo come siamo arrivati a essere dalla stessa parte di Alfano e Verdini?
Noi giovani ci siamo avvicinati ai seggi elettorali votando per non far vincere Berlusconi. Avevamo identificato un nemico, senza ancora aver trovato una nostra identità. Nel frattempo a sinistra andava in scena un bailamme inferocito di divisioni, scontri, pareri discordanti, scissioni, partiti e partitini, governi saltati per ripicche, governi abortiti, governi mai nati, opposizioni blande. Ma sentivamo di dover “salvare il Paese” dalla minaccia-Berlusconi, ce l’imponeva la storia dei nostri nonni partigiani, dei nostri genitori negli anni di piombo, e via dicendo. In pratica abbiamo sin dall’inizio votato qualcuno, o qualcosa, esclusivamente seguendo i fantasmi del passato.
Poi è nato il PD. Era il 2007, il primo segretario era Veltroni e i suoi esponenti promettevano aria nuova: nessun Nanni Moretti a criticare la sinistra dalla piazza, nessun ricatto da centristi o dai Bertinotti di turno, niente analisi delle sconfitte con la faccia da funerale, in diretta da Vespa. Si prometteva una grande famiglia democratica e moderata. Un’americanata, insomma. Noi, ingenui ragazzi carichi di speranza, con i racconti di Gramsci e Berlinguer nelle orecchie e nel cervello, dovevamo crederci. E, purtroppo, c’abbiamo creduto.
Sono trascorsi dieci anni. Veltroni non è riuscito a incarnare l’Obama italiano e si è dedicato ai documentari e ai libri, Prodi non è stato eletto presidente della Repubblica, pugnalato alle spalle dai suoi stessi alleati, Bertinotti è diventato il ciellino dei salotti pacchiani; se Diliberto è rimasto in meditazione sulla tomba di Lenin, Bersani ha finito per abbandonare la nave alla deriva, mentre D’Alema, che aspettiamo che dica qualcosa di sinistra dal 1996, continua a fare D’Alema. Noi abbiamo continuato a votare, tappandoci il naso. E abbiamo votato persino un democristiano come Renzi, pur di non far vincere “gli altri”.
È arrivato il Movimento Cinque Stelle, e la responsabilità di questa nascita si può anche attribuire al PD. Perché? Perché la nostra generazione è rimasta aggrappata alle foto sbiadite di Gramsci, non riconoscendosi in questa classe politica. Sin da quando eravamo bambini abbiamo associato la sinistra al lavoro, alla difesa della classe operaia. Adesso i proletari votano Lega e Cinque Stelle, evidentemente qualcosa è andato storto. Il PD non solo ha perso l’appoggio dal basso, ha persino assunto il ruolo di “potere forte”, allacciato alle banche e all’alta finanza. L’operaio vota altri partiti, il padrone vota PD.
Sì, bisogna ammettere che sono stati raggiunti dei traguardi ormai insperati per il nostro Paese: biotestamento, unioni civili, divorzio breve, e altre leggi importanti per quanto riguarda i diritti. Antichi barlumi di sinistra che riaffiorano in mezzo a quel ginepraio privo di sostanza. Ma il lavoro? La scuola? Renzi, sornione, sarebbe pronto a replicare parlando del milione di posti di lavoro in più (ma quanti a tempo indeterminato? Valgono anche i lavoretti che durano un paio di giorni e che vengono pagati con una birra e una pacca sulla spalla?) e della Buona Scuola. E paradossalmente il suo governo è stato il “meno peggio” degli ultimi venticinque anni. Ma non basta. L’affermarsi del populismo e delle proteste di pancia, del grillismo acuto e dell’imbarbarimento sociale, è il vero tradimento del PD. Con una forza politica di sinistra coesa e coerente non avremmo mai assistito a questa crescita smisurata dei Cinque Stelle. Movimento che è nato perché “sono tutti dei ladri”. Destra e sinistra (quale sinistra?). Alla gente non interessa più la proposta di un partito, conta la trasparenza. A costo di trovarsi un benzinaio come ministro dell’Istruzione e un dentista ministro dell’Economia. Il ruolo del politico è morto e sepolto, e il boia ha lo spettrale volto del Partito Democratico. Adesso è avvenuta un’ulteriore scissione. Liberi e uguali. Liberi da chi? Uguali a chi? E D’Alema che sembra sempre tenere tutto sotto controllo da dietro le quinte. Quindi noi, generazione di sinistra senza sinistra, cosa dovremmo votare? Un partitino che tende al 7% manovrato da D’Alema, regalando voti agli “altri”? Il PD di Renzi, Boschi e compagnia, col rischio di trovarci al governo Brunetta e Gasparri? No, non voteremo mai il Movimento Cinque Stelle, non ci allacceremo alle derive dei Salvini, Meloni o Casapound di turno. La fotografia di Gramsci non lo reggerebbe. E piuttosto che votare Berlusconi ci faremmo fare il lavaggio del cervello, leggendo per una settimana gli interventi deliranti di Adinolfi su Facebook.
Dunque cosa fare? Votare per l’ennesima volta tappandoci il naso? Disegnare un membro maschile sulla scheda elettorale? Andare al mare il giorno delle elezioni? È questo il tradimento. È questo il problema che sta alla base di tutto. È finita l’epoca del “meno peggio”, del voto per non far vincere Tizio, Caio o Sempronio. Ci meritiamo un Sibilia ministro dell’Economia che inizi a far stampare moneta a raffica – è la soluzione che da anni propone sui suoi social. Pazienza se un litro di latte arriverà a costare diecimila euro, con un’inflazione degna della Repubblica di Weimar. E ci meritiamo Taverna all’Istruzione, perché prima “mica vivevamo in Svizzera”, con Castelli nella stanza dei bottoni a prendere le decisioni, perché avere fermezza e idee chiare in politica è fondamentale. Ci meritiamo Spelacchio, visto che a chi sbraita frasi come “e perché, quelli di prima che hanno fatto?” o “e perché, il PD?” non abbiamo saputo trovare una risposta adeguata. Ci siamo trincerati nel nostro snobismo fuori tempo massimo, nella nostra torre d’avorio a ricordare con nostalgia tempi andati – da noi mai vissuti. È giusto espiare ogni colpa, avere al potere il benzinaio, il dentista o il fruttivendolo, solo perché “sono onesti”. Siamo direttamente complici di tutto questo, perché abbiamo votato schifando la nostra scelta, e queste sono le conseguenze. E siamo direttamente complici, perché probabilmente lo rifaremo ancora, tra qualche mese.