Quando Giorgia Meloni prese il potere, pensai che ci trovassimo di fronte alla sciagura di avere all’orizzonte il peggior governo possibile. Tuttora resta inviolata questa convinzione, ma avevo sottovalutato il fenomeno che consiste nella simultaneità di ben due piaghe: un pessimo governo accompagnato da una pessima opposizione. Spesso è una concatenazione di eventi: se le attuali forze d’opposizione non si fossero dimostrate così deboli e politicamente arrendevoli, non avremmo avuto questo governo. D’altronde, il sonno della ragione genera i mostri, e quello del centrosinistra, sempre più accomunabile a uno stato comatoso, ha dato il via libera alle creature da incubo che, evidentemente, meritiamo di avere come rappresentanti. Forse l’oscenità di un governo si misura anche in base all’inadeguatezza o all’assenza delle sue forze di contrasto, ma mai nella nostra storia repubblicana – nonostante un ricco museo degli orrori – era capitato di avere nella stessa legislatura il peggio spalmato tra governo e opposizione. È il declino della classe politica tutta, forse della società, di certo della democrazia rappresentativa intesa come “delega ai migliori”. L’aspetto amaro e ironico di questo scenario è che hanno ragione tutti: l’opposizione a disprezzare il governo e l’esecutivo in carica a riservare la stessa considerazione agli avversari.
Provo un attimo a seguire una delle derive dei nostri tempi: la logica del menopeggismo. Nonostante abbia fatto più danni della grandine, specialmente nell’elettorato del centrosinistra che da trent’anni vota per non far vincere i mostri veri accettando obtorto collo i mostriciattoli, bisogna riconoscere che c’è un fondo di verità. Il governo in carica è effettivamente peggiore dell’opposizione a livello politico, etico, ideologico e rappresenta un male maggiore. Questo non assolve i meno peggio, che su questa nomea hanno basato la loro intera esperienza politica fino a raggiungere la totale insignificanza e passività. Inoltre, nel ruolo d’opposizione che adesso hanno, la stessa Meloni negli scorsi anni è stata nettamente più incisiva. Forse, dunque, è necessario capire in modo pratico perché questo sia il peggiore dei governi e, contemporaneamente, perché questa sia la più inconsistente delle opposizioni.
Intanto bisogna partire dai tratti genetici della coalizione che compone il governo, un cerbero con tre teste tutte biasimevoli. Forza Italia è un partito fondato da Silvio Berlusconi con l’aiuto di Marcello Dell’Utri e Cesare Previti. Per la giustizia italiana ufficialmente tre pregiudicati. Non vuole essere un’offesa o l’accusa di noi considerati “i soliti comunisti”: sono fatti. Tutti e tre sono stati condannati in via definitiva. A Previti, tra processo IMI-SIR e Lodo Mondadori, sono stati comminati un totale di otto anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Chiuso per quattro giorni in una cella a Rebibbia, grazie all’indulto ha ottenuto una riduzione della pena da scontare con tre anni e sette mesi di affidamento ai servizi sociali. Dell’Utri, invece, in carcere non è rimasto quattro giorni, ma quattro anni. Condanna in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. È stato riconosciuto come il mediatore tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. Sull’ex Cavaliere è pleonastico fare l’elenco delle beghe nei tribunali, dei contestati agganci con Cosa Nostra e dei suoi problemi con la giustizia. Mi limito a dire che anche lui è stato condannato in via definitiva – per frode fiscale – e, come nel caso di Previti, è passato attraverso l’espiazione dei servizi sociali.
Avere al governo un partito fondato da questi tre soggetti dovrebbe già essere un campanello d’allarme, ma siamo solo all’inizio. A destra evidentemente ci tenevano a rappresentare tutti i flagelli della loro parte politica, e dunque Lega e Fratelli d’Italia completano alla perfezione questo mosaico inquietante aggiungendo due componenti essenziali dei destrorsi italiani: razzismo e fascismo. La Lega viene fondata con il proposito di dividere l’Italia in due. E la discriminazione verso i meridionali, pur restando latente, si è trasformata con l’arrivo di Salvini nel razzismo verso i migranti. Prima erano i napoletani a essere definiti puzzolenti o colerosi, evitati anche “dai cani”; in seguito gli africani o gli italiani di seconda generazione a essere associati a scimmie. E non sto facendo riferimento alle posizioni di personaggi messi ai margini dal partito: Roberto Calderoli è un attuale ministro della Repubblica e ha avuto una condanna di sette mesi – con pena sospesa – per aver definito l’ex ministra dell’Integrazione Cecile Kyenge “un orango”.
Come se non bastasse, il partito che ha ottenuto più voti alle scorse elezioni, Fratelli d’Italia, ha la fiamma tricolore sul simbolo, ha nominato come ministri e addirittura alla presidenza del Senato politici dichiaratamente (e orgogliosamente) nostalgici del fascismo ed è l’erede del MSI di Giorgio Almirante – a sua volta erede del Partito Fascista mussoliniano. Anche in questo caso non si tratta di illazioni: sono stati gli stessi esponenti politici a esternare le loro passioni nostalgiche tra collezioni di cimeli del Duce, saluti romani e cene a commemorare la Marcia su Roma. Ora che il quadro su chi ci governa è più chiaro, viene naturale collegare i puntini e trovare una risposta a leggi e proposte aberranti, per un governo che da quando si è insediato si è contraddistinto per la sua indole discriminatoria – prendendo di mira le donne, la comunità LGBTQ+, gli studenti e parecchie altre minoranze – per gli occhiolini agli evasori fiscali e per un’innata allergia alla libertà d’espressione, arrivando a trasformare la RAI, servizio pubblico, in una rivisitazione dell’Istituto Luce.
Di fronte a un governo di tal fatta qualunque avversario politico avrebbe avuto vita facile. Ovunque, tranne in Italia. Così, non so se prevalga dentro di me il sentimento di rabbia per essere governato da soggetti del genere o per avere un’opposizione talmente inadeguata da non riuscire a contrastare nefandezze tanto evidenti. Forse le due pulsioni si equivalgono. La destra si considera padrona del Paese in quanto “scelta dagli italiani”. È vero, hanno vinto alle urne, ma rappresentano il 43% del 63% degli italiani che sono andati a votare. Ragionando in termini numerici, la maggioranza è costituita da chi non li ha votati. Ed è una maggioranza frammentata, disillusa, spaccata a livello politico, ideologico ed esistenziale. Non solo tra il popolo, ma anche tra i partiti. Leggo i giornali in questi giorni per cercare notizie sull’opposizione e trovo una cloaca di capricci e litigi. PD e M5S spaccati per la questione Puglia, Renzi e Calenda che da due anni passano il loro tempo a inventarsi nuovi insulti da scagliarsi addosso, +Europa che elemosina delle alleanze per non sparire a Bruxelles, i partitini di sinistra che, a seconda del piede con cui si alzano al mattino, scelgono se essere nemici della Nato, atlantisti o pilateschi in attesa di una buona lista per le Europee. Mentre la destra sta smantellando anche le ultime macerie rimaste in questo Paese, l’opposizione con i suoi comportamenti ci ricorda il motivo per cui gli italiani abbiano deciso di disertare le urne o di votare senza lucidità.
Una democrazia sana è quella che propone una contrapposizione, uno scontro tra modelli in modo tale da garantire una scelta che sia ponderata, giustificata da programmi elettorali e visioni rivolte al futuro. Noi non abbiamo nulla di tutto questo. Se è doveroso fare le pulci al governo, è auspicabile evitare la visione bidimensionale di chi non contempla l’intera scacchiera politica. Anche soprassedendo sulla solita incapacità del PD – e, un tempo, dell’Ulivo – di strutturare un’opposizione reale, c’è da notare come il M5S abbia smarrito il suo unico motivo di esistere. Non essendo per sua natura una forza di governo, come ha ampiamente dimostrato, viene quasi da rimpiangere il periodo in cui parlava di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e faceva un’opposizione feroce portata avanti da persone qualunque, prese sul web, che in alcuni casi dichiaravano di credere alle sirene e ai microchip impiantati dai poteri forti. L’azione incendiaria – patetica e grottesca quanto si vuole, ma almeno attiva – si è trasformata in un poltronismo da Prima Repubblica nel momento stesso in cui il M5S è diventato a tutti gli effetti un partito. Dunque, i suoi rappresentanti in Parlamento sono di fatto evanescenti, e ciò che resta del grillismo è soltanto l’eco mediatica, specialmente quella di colui che è sempre stato il reale volto del M5S: Marco Travaglio.
La conseguenza di questa combinazione tra un governo tracotante e un’opposizione invisibile è l’impossibilità del nostro Paese di stare al passo coi tempi, a seguire la velocità delle nazioni che inevitabilmente aumentano il loro peso decisionale rispetto al nostro. Meloni può far credere che l’Italia conti qualcosa a livello internazionale, ma non è così. Può montare video in cui promuove i fantomatici successi del suo governo, ma la maschera è destinata a cadere. L’Italia non solo è ferma: sta regredendo. Abbiamo un po’ le sembianze del berlusconismo del 1994, un po’ lo scadimento da mojito di Salvini e parecchi rimandi a periodi neri della nostra Storia. I numeri di deputati e senatori indicano che, a meno di cataclismi, il governo resterà in carica per tutta la legislatura, quindi è fiato sprecato lamentarsi se l’estrema destra sta effettivamente attuando politiche da estrema destra. Piuttosto chiediamoci perché la sinistra non stia facendo la sinistra e stia invece sonnecchiando tra le comode poltrone della Camera e del Senato. Anche perché un’opposizione incapace di far sentire la sua voce è complice dei disastri governativi. E il tempo delle assoluzioni finisce quando c’è in ballo il futuro del Paese.