Quando vivevo a Porto una delle cose che mi colpì di più fu l’enorme orgoglio dei portoghesi nei confronti del loro territorio, del loro patrimonio architettonico, delle loro tradizioni. Dalla minuscola chiesa sperduta nei boschi di sughero, al piatto tipico, ogni cosa mi veniva venduta e raccontata da occhi emozionati come unica, imperdibile e speciale. Nella maggior parte dei casi si rivelava una mezza, se non totale, delusione. Eppure invidiavo questo entusiasmo verso ogni singola pietra abbandonata sul suolo portoghese, lo stesso capace di spacciare il Port and Tonic come un cocktail imperdibile, e quando sono tornata in Italia mi sono chiesta spesso se il nostro problema non fosse proprio quello di essere circondati da tanta bellezza, come se a lungo andare creasse una sorta di assuefazione. Ho pensato anche che uno dei motivi per cui invece che ad autocelebrarci abbiamo la tendenza a denigrarci è quella sorta di sentimento dantesco che ci permette al tempo stesso di avere sempre un occhio critico nei confronti del mondo e di noi stessi, cosa che in passato ci ha portati a raggiungere la vetta in molti ambiti diversi. Più viaggiavo e conoscevo altre culture, più mi rendevo conto della fortuna inquantificabile che avevo avuto a crescere proprio in Italia e riscoprivo l’importanza delle mie radici, ben poco curate, presa com’ero dalla smania di scoprire il mondo. Solo con gli anni ho capito quanto fosse importante agire locale e pensare globale.
È inutile fare i finti modesti, l’Italia è un Paese incredibile, e più la si vive più si scoprono meraviglie. D’altronde è anche vero che la gestione e la valorizzazione di un patrimonio tanto ricco e vasto richiede importanti sforzi e impegni istituzionali ed economici, e forse è proprio per questo che spesso andando in giro per le regioni si scoprono luoghi stupendi abbandonati a loro stessi (mentre in altri Paesi, dal Missouri al Gujarat passerebbero come grandi attrazioni). Nel tempo, a livello istituzionale sono stati fatti diversi tentativi maldestri per promuovere l’Italia, tutti miseramente falliti perché a ben vedere fuori fuoco, stantii e nel solco di luoghi comuni deleteri e già ben tristemente noti fuori dai confini. Nonostante grandi autori, sceneggiatori, registi e fotografi di fama mondiale non siamo infatti mai riusciti a raccontare e a esportare in maniera endemica ed efficace le potenzialità della nostra terra. I nostri prodotti culturali, nonostante le difficoltà, quando riescono a trovare diffusione all’esterno traghettano inevitabilmente il nostro Paese e la nostra cultura, ma manca ancora oggi un’intenzione coordinata e strutturata, anzi, mentre gli altri governi stanziano fondi proprio per far sì che la loro letteratura o il loro cinema vengano acquistati, tradotti e conosciuti all’estero, per pubblicizzare la loro cultura e i loro luoghi, in Italia tutto è lasciato a se stesso.
Anche gli americani, la cui cultura affonda nella nostra, ad esempio, hanno la capacità di vendere qualsiasi cosa, di esaltare ogni creazione. Sono capaci di raccontare ogni prodotto o progetto con una coerenza abbacinante, che fa sì che si moltiplichi il suo valore intrinseco di diversi ordini di grandezza. Noi, invece, siamo un popolo di artisti e poeti, anche quando siamo scienziati. Questa caratteristica, però, lungi dall’essere un punto debole, in tutte le grandi epoche di grande metamorfosi è sempre stata la nostra fortuna, perché ci permette di poter immaginare. Il futuro, infatti, è prima di tutto immaginazione e per poter sopravvivere e prosperare va intuito prima che si compia. Unendo la capacità di visione all’attenta osservazione della natura a cui il nostro paesaggio ci ha educati, e aggiungendo poi le enormi e specifiche competenze tecnologiche che abbiamo sviluppato, è probabile che ne esca qualcosa di buono.
La cultura è uno strumento per comprendere il mondo e riconoscere ciò che è bello e ciò che è buono (che non sempre come sappiamo coincidono), per questo – soprattutto chi detiene per vari motivi un privilegio – si dovrebbe impegnare per far sì che possa arrivare a tutti. “Bellezza” è un termine che è stato tanto abusato da essere ormai stato svuotato di qualsiasi significato e relegato a una dimensione generica. Ma per definizione sarebbe la qualità di ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all’anima. Ugo Foscolo diceva che “la bellezza è una specie di armonia visibile che penetra soavemente nei cuori umani”, ed è proprio questo suo riverbero emotivo che la trasforma in un potente strumento di “salvezza” dai mali del mondo. La connessione tra il concetto di bello e di bene, d’altronde, affonda le radici nell’etimo stesso della parola, il latino “bellus” (bello) sarebbe infatti diminutivo di una forma antica di “bonus” (buono), da qui la concezione della bellezza come ordine, armonia, proporzione tra le parti, che ha segnato tanto profondamente la Storia del nostro Paese fino ad ora.
Oggi ci troviamo a rimettere insieme i pezzi dopo una pandemia che ci ha travolto, sia da un punto di vista privato che collettivo. Le nostre vite, il lavoro, i sentimenti, le abitudini e i desideri sono cambiati, così il modo di vivere i luoghi e gli spazi stessi, di immaginare gli anni che ci aspettano. Ci siamo trovati davanti a domande fondamentali e sempre più urgenti a cui oggi siamo tenuti a rispondere: ne va del nostro stesso futuro. Dopo un anno e mezzo di stasi c’è la voglia di impegnarsi per centrare una narrazione su ciò che di veramente bello, affascinante ed entusiasmante c’è nel nostro Paese sotto un profilo imprenditoriale illuminato e consapevole. Questo ci consentirebbe di assumere un ruolo sempre più importante a livello internazionale e di attrarre l’interesse di capitali stranieri, che investano nelle nostre aziende e sul nostro territorio, consentendo di allargare la richiesta di manodopera specializzata e creare nuovi posti di lavoro.
L’Italia è un posto speciale, in cui nonostante i problemi germogliano sogni incredibili, si realizzano idee all’apparenza impossibili e sopra ogni cosa si sa godere dei piaceri dell’esistenza, affinandoli sempre di più. Abbiamo voglia di vincere – basti pensare ai risultati di questa estate in ambito sportivo, olimpico e paralimpico. Dobbiamo allora ripartire dalle nostre innumerevoli eccellenze, diffuse in egual misura sull’interno territorio, per rafforzare l’immagine dell’Italia e dei nostri prodotti, perché, in fondo, per il mondo siamo pur sempre un luogo magico e unico al mondo, in cui ci si innamora e ci si emoziona e grazie alle passioni l’intelletto prospera; il Paese in cui nonostante tutto mente e corpo hanno la possibilità di esprimersi in egual misura, raggiungendo risultati incredibili e al tempo stesso a misura d’uomo. E la misura dell’uomo, a differenza di quanto gli ultimi decenni ci hanno portati a pensare le derive dell’antropocene, è una misura che nasce dalla proporzione, quella con la natura.
Da tutto questo nasce l’idea di Emotion Network di creare Tech.Emotion – Empower Human Potential, una docuserie realizzata in partnership con Facebook e co-prodotta con Lotus (Leone Film Group) che, dopo essere andata in onda su Sky Arte e Sky Tg 24, approda ora su RaiPlay. Le puntate racconteranno l’Italia attraverso grandi temi incarnati da realtà e personalità di spicco che ne rappresentano l’eccellenza. Personaggi che non hanno dimenticato il dialogo con il loro territorio e il valore delle emozioni, che in ultima analisi sono ciò che più ci lega al mondo e ci dà l’energia per provare a cambiarlo. I dati parlano chiaro, ma sono sterili, sono sempre stati i sentimenti, le storie e le passioni ad avere un ruolo fondamentale per sviluppare e diffondere una nuova visione del futuro e la spinta a un cambiamento collettivo. Lorenzo Bertelli, ex pilota di rally e oggi Head of Marketing ed Head of Corporate Social Responsibility di Prada; Brunello Cucinelli; Sheryl Sandberg, Chief Operating Officer di Facebook; Alec Ross; Oscar Farinetti; Catia Bastioli, chimica e CEO di Novamont, azienda attiva nel settore delle bioplastiche; Giovanni Soldini; Massimo Bottura; Stefano Domenicali, presidente e CEO di Formula 1, al tempo del girato di Automobili Lamborghini; Alessandro Baricco; Patricia Urquiola, designer e Art Director di Cassina; Jacopo Sebastio, fondatore e CEO del brand di calzature artigianali Velasca, sono solo alcuni dei ventisette nomi che racconteranno la loro idea di legame tra tecnologia ed emozioni, il loro percorso, la loro visione e soprattutto il modo in cui l’Italia li ha influenzati.
Emotion Network è una piattaforma globale di imprenditori che credono in modelli di innovazione tecnologica in grado di riportare al centro l’essere umano e le sue emozioni, in modo da sviluppare l’economia italiana e ridurre il divario rispetto alle nazioni leader nel digitale e rispetto agli investimenti in startup. Attraverso il format Tech.Emotion, che oltre alla docu-serie prodotta vedrà un grande evento organizzato a Milano nel marzo 2022, Emotion Network si propone di porre il nostro Paese come esempio per il mondo e motore propulsivo di un rinascimento tecnologico, che invece che esserne brutalmente separato affondi le sue radici nella terra e nella cultura umanistica, in modo da traghettare l’Europa verso un futuro più etico e sostenibile. Siamo in un momento di svolta estremamente delicato e dobbiamo renderci conto che il cambiamento di rotta non può essere rimandato. THE VISION è una testata di analisi sociale e di denuncia, la nostra vocazione è la critica più che l’enfatizzazione, eppure per quanto necessaria la pars destruens allo stesso modo sappiamo quanto lo sia la pars construens. Abbiamo quindi deciso di aderire a questo progetto perché condividiamo l’urgenza di un rilancio positivo dell’Italia: per questo seguiremo l’evoluzione della serie dandogli una copertura mediatica di approfondimento a ogni puntata.
Il tempo è una risorsa scarsa, per questo va vissuto a pieno, e per farlo è necessario stare in ascolto, all’erta come gli animali e avere il senso del ritmo. Non è realmente misurabile perché la sua durata cambia in base all’intensità con cui lo viviamo. L’umanità si trova di fronte a un cambiamento epocale, che spaventa, ma per superarlo è necessario avere la prontezza di agire. È vero che la paura è un’emozione fondamentale per sopravvivere, così come la rabbia per sovvertire sistemi ingiusti, ma spesso la paura ci blocca e risulta letale, così come la rabbia ci porta ad agire senza riflettere, la cultura allora ci permette di avere consapevolezza della nostre emozioni e di sfruttarle al meglio. Quando il cambiamento ha la possibilità di nascere da sentimenti positivi, infatti, i risultati sono ancora più incredibili: ce lo dimostra la nostra Storia immensa.
“Tech.Emotion – Empower Human Potential” è stata creata da Facebook e da Emotion Network, la media company fondata a Milano da Mattia Mor, Karin Fischer, Gianluca D’Agostino, Massimo Redaelli, Alec Ross, Claude Finckenberg e Thomas Schneider e co-prodotta con Lotus (Leone Film Group) nelle persone di: Enrico Venti, produzione esecutiva, Salvatore De Chirico, sceneggiatura, Danilo Carlani e Alessio Dogana, regia.