I sensi sono la parte di noi che ci connette alla realtà, dobbiamo tenerli vivi per godere del mondo - THE VISION

Grazie ai nostri sensi entriamo in contatto con il mondo, lo scopriamo e ne facciamo esperienza. I sensi però possono essere anche una trappola, uno schema percettivo di abitudini che ci impedisce di “sentire” altro, o di sentire diversamente. Quasi come una lente che si appanna o una matita che a forza di scrivere si spunta rendendo il tratto sempre più pastoso e difficile da decifrare. Per questo è necessario tenerli vivi, presenti, vigili, perché se i sensi si smussano anche la nostra vita perde di intensità e colore. Un modo per tenerli svegli è immergersi in quelli che frequentiamo meno e poi mescolarli. I sensi, infatti, possono dialogare tra loro.

La psicologia ha definito come “sinestèsi” il fenomeno per cui una sensazione corrispondente a un senso viene associata a quella di un senso diverso – da synáisthēsis, “sensazione, percezione simultanea”. I sinestèti sono coloro che con più facilità percepiscono uno stimolo anche con sensi che non lo riguardano direttamente, come se si compisse una traduzione continua da un linguaggio a un altro; ma chiunque esercitandosi ci può riuscire. Così i bemolli possono essere blu, come diceva il  famoso compositore francese Claude Debussy, e allo stesso modo un sapore può evocare un’immagine, come nel caso della famosa madeleine di Marcel Proust.

I sensi sono la parte di noi maggiormente connessa alla realtà che ci circonda, che ci può mettere in contatto con le nostre emozioni più autentiche e meno mediate, farci percepire la gioia, lo stupore, con la stessa intensità di quando eravamo bambini e scoprivamo il mondo per la prima volta. Si apre con una puntata che si sviluppa proprio intorno a questo tema la serie Tech.Emotion – Empower Human Potential –  creata da Emotion Network e da Facebook e co-prodotta da Lotus Production – che THE VISION ha deciso di sostenere per vicinanza di temi, in onda da stasera su SKY ARTE alle 20:30 e da mercoledì 20 ottobre su SKY TG24 alle 21.30, che vede come protagoniste in dialogo il direttore d’orchestra Beatrice Venezi e Ruzwana Bashir, fondatrice di Peek.com, piattaforma che pone l’accento sull’importanza dell’esperienza, ospiti a Modena dello chef Massimo Bottura.

Massimo Bottura

Quest’ultimo, riportando il discorso all’esperienza del cibo, sottolinea un importante spostamento di visione e priorità rispetto al nostro modo di agire e alle aspettative che abbiamo sul mondo e sulle nostre emozioni: a un bambino non interessa nulla dell’avere una grande porzione di lasagne, per lui la parte più buona è l’angolino croccante del primo strato di pasta, che gli verrà riservato, o ruberà mentre gli adulti sono distratti a parlare. Così come per i tortellini: quando ero piccola non mi interessava nulla del piatto che mi sarebbe stato servito, la gioia era nel riuscire a rubarne dal vassoio qualcuno ancora crudo, prima che venissero cotti, anzi, più cotti erano più la gioia si ridimensionava, come se in quella cottura la meraviglia fosse riportata a ciò che deve essere, all’ordine dato al mondo degli adulti e dalle loro regole. La felicità non ha niente a che vedere con l’egoismo e l’utile.

La cucina, la musica, il viaggio sono tutte dimensioni strettamente collegate al gioco. Per i bambini, anche piccolissimi, cucinare è uno dei primi atti creativi. Nel mettere le mani nella materia che poi li nutrirà, il tatto, la vista e il gusto sono strettamente connessi in una dimensione di scoperta; così nella musica si mescolano udito e movimento. La figura del direttore, come riconosce Beatrice Venezi confrontandosi con il suo ospite modenese, finisce per essere simile a quella dello chef, in una dimensione di dialogo tra aspettative e desideri. Se si riesce a mantenere attiva questa caratteristica dell’esistenza, anche nell’oscurità si riuscirà sempre a creare una luce, uno stimolo, come fanno quei pesci che se ne stanno soli sul fondale marino nella profondità degli abissi.

Così, chi per vari motivi è riuscito a sviluppare una propria creatività dovrebbe abbracciare una dimensione etica di questa propria capacità mettendola a disposizione degli altri, andando a portare questa luce a quante più persone possibile, anche alle persone più sfortunate. Venezi non a caso pone l’accento su quanto possa essere importante in questa direzione un uso virtuoso dei social, in grado di far diventare esperienze di alta cultura popolari con un attento e puntuale lavoro di divulgazione. E questo discorso non può che ricordarci il grande Claudio Abbado, che nel 1972 con la creazione dei Concerti per studenti e lavoratori si impegnò ad avvicinare la musica “colta” alle classi meno abbienti, agli studenti e ai proletari, non solo attraverso la previsione di una serie di agevolazioni economiche, ma portando il repertorio classico fuori della Scala, direttamente nelle fabbriche: all’Ansaldo, alla Breda, alla Necchi.

L’Italia per il mondo è anche questo, il Paese della democrazia e dell’accoglienza, dove chiunque viene fatto sentire a casa, un rifugio pieno di meraviglie, perché quelle meraviglie nascono da una profonda radicata cultura della generosità e del prendersi cura. Si può guarire con il cibo, nutrire, sanare grazie alla comprensione, alla condivisione di un piatto, cantando all’unisono una canzone, magari proprio dopo aver mangiato insieme. Al di là delle nostre capacità, l’attenzione con cui ci trattano gli altri è in grado di renderci migliori. Lo sguardo che ci riservano gli altri è l’ambiente che ci permette di crescere ed evolverci, per questo è importante che ciascuno coltivi la sua comprensione e tolleranza. La cura è la caratteristica fondamentale di qualsiasi scambio, il riconoscersi in un terreno emotivo. E oggi condividere questa esperienza – che può essere una parola, un cibo, un concerto, un viaggio – nel qui ed ora diventa una delle cose più rivoluzionarie di sempre. Scegliere di essere o di andare in un determinato luogo, mettere in gioco il proprio tempo, renderlo univoco, lo rende speciale.

La virtualità e la tecnologia, con la loro enorme potenza, ci danno costantemente l’occasione e l’illusione di poter essere in più luoghi contemporaneamente, con più persone allo stesso tempo, e questo è meraviglioso, perché ci ha permesso di abitare una dimensione mentale inedita e democratica, dalle possibilità apparentemente infinite, a cui mai l’essere umano era stato abituato. Ma come sappiamo, e la pandemia ci ha fatto capire in prima persona, non è sufficiente. L’esserci e il proiettare, il prevedere, sono due caratteristiche che devono essere in equilibrio per poter essere felici. La scelta, in economia, è la rinuncia ponderata alle altre infinite possibilità, e rappresenta quindi un rischio positivo e al tempo una responsabilità. Se scelgo di rinunciare a molte altre cose per dedicarmi a un’esperienza, come può essere un concerto, una cena speciale, un viaggio (magari necessario per raggiungere il luogo della performance, o un determinato ristorante), quell’esperienza avrà ancora più valore. Il capitalismo ha impoverito la nostra vita proprio perché ci ha dato l’impressione di poter avere tutto, ma avere tutto azzera il valore intrinseco di qualsiasi cosa, per quanto meravigliosa, unica e incredibile. È il nostro scegliere che fa la differenza. “Facendo ciò che ho scelto di fare,” dice Bottura, “posso essere me stesso, anche nei momenti più bui”. E in questa frase riverbera un concetto importante della pedagogia orientale sull’importanza della ripetizione del gesto, quasi come se la nostra vita stessa diventasse un rito, anche nel più apparentemente banale gesto quotidiano, come farsi un caffelatte al mattino.

Beatrice Venezi

Anche nella direzione d’orchestra confluisce questa visione, il gesto, sul podio, trasforma il linguaggio simbolico in suono, materia, imprime una qualità effimera e al tempo stesso irripetibile, immodificabile. Come diceva il famoso direttore e compositore Franco Ferrara, ricorda Venezi, ci vuole testa fredda e cuore caldo. Ci si lascia emozionare ma sempre con tutti i sensi contemporaneamente all’erta, perché si è alla guida di un’intera orchestra e si ha la responsabilità di condurre al meglio un concerto. Nell’interpretazione musicale confluisce la quintessenza dei discorsi fatti finora, per questo andare a teatro è profondamente diverso dall’ascoltare un disco nella propria casa e per questo ci è tanto mancato negli ultimi due anni. Durante la performance, infatti, si mescolano le energie del pubblico e degli interpreti e la nostra esperienza diventa per forza di cose un’esperienza immersa e condivisa, è questo uno degli enormi poteri della rappresentazione artistica, creare un momento di profondo unisono spirituale, in grado di abbattere, anche solo per un momento, qualsiasi barriera e fondere l’io individuale con l’io universale. Per questo, il bravo direttore d’orchestra diventa quasi una sorta di mago, capace di catalizzare e canalizzare queste potentissime forze emotive e dargli una forma. Dopo i grandi concerti, infatti, si crea un silenzio magico, sospeso, che si assapora in più possibile, una sorta di estasi che nessuno vorrebbe interrompere con l’inizio dell’applauso. Tornare alla quotidianità della vita allora può essere difficile, quasi deludente per certi aspetti, ma non è impossibile riuscire a ritrovare emozioni tanto intense anche nelle azioni di tutti i giorni. Per Venezi, ad esempio, si ritrovano nel paesaggio, nello stretto contatto con la natura.

In una dimensione di ascolto e condivisione tanto profonda anche il possibile errore non viene punito, denunciato come irrimediabile, fonte di vergogna. Sbagliare è naturale e necessario. Tutto, grazie alla fantasia e all’accettazione dei difetti e delle fragilità del mondo diventa riparabile. Come cantano i Beatles in “Fixing a Hole” in Sgt. Pepper’s: “And it really doesn’t matter if I’m wrong / I’m right / Where I belong I’m right / Where I belong”. In un contesto disponibile ogni avvenimento e ogni individualità trova spazio, generando varietà e ricchezza. Per questo è importante accogliere l’inatteso. Jean Renoir, il famoso autore e regista francese, diceva di lasciare sempre sul set la porta aperta, perché da quello spiraglio può sempre entrare la vita, la possibilità. E l’Italia in questo è maestra, perché nel nostro Paese di fantasisti, come sottolinea Bottura, sappiamo “maneggiare perfettamente l’imperfetto”.

Ruzwana Bashir

Spesso si pensa che i sensi e le emozioni siano antagonisti della mente e della ragione, ma è una falsa credenza. Le emozioni sono il nutrimento stesso della psiche e le permettono di non irrigidirsi mai e di disvelare messaggi a cui non sarebbe mai riuscita ad arrivare. Le emozioni sono fondamentali per la nostra capacità adattiva nel mondo, così come il gioco e il divertimento, che spesso  in maniera miope e distorta siamo portati a considerare come una perdita di tempo, o  appunto “una cosa da bambini”, come fosse una cosa dispregiativa. È fondamentale, invece, da un punto di vista cognitivo continuare a giocare, prendere la vita con leggerezza, qualità di cui Beatrice Venezi, riprendendo le famose Lezioni americane di Italo Calvino, ribadisce l’importanza. La leggerezza, infatti, ci permette di “planare sulle cose dall’alto”, ridimensionando il panorama, “non avere macigni sul cuore”, e questo è fondamentale per poter amare sé stessi e gli altri, e contribuire con le proprie azioni per creare un mondo migliore.


“Tech.Emotion – Empower Human Potential” è stata creata da Facebook e da Emotion Network, la media company fondata a Milano da Mattia Mor, Karin Fischer, Gianluca D’Agostino, Massimo Redaelli, Alec Ross, Claude Finckenberg e Thomas Schneider e co-prodotta con Lotus (Leone Film Group) nelle persone di: Enrico Venti, produzione esecutiva, Salvatore De Chirico, sceneggiatura, Danilo Carlani e Alessio Dogana, regia. 

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