Nora Ephron ha trasformato la sua vita privata in opere d’arte

Prima di Harry ti presento Sally, di Meg Ryan che inarca la schiena, mugola e grida mentre è seduta in un ristorante del Lower East Side per provare a Billy Crystal la riproducibilità tecnica non dell’opera d’arte ma dell’orgasmo femminile, è una foto dell’archivio Getty che mi viene in mente ogni volta che penso a Nora Ephron. C’è lei a cena, seduta accanto all’ancora marito Carl Bernstein con una bella camicetta in seta, solo che lui ha in mano un bicchiere e tiene sulle ginocchia un’altra donna, piuttosto intraprendente. La faccia di Nora, 36 anni, è quella di chi ha appena capito come andranno certe cose, come vanno già certe cose, ma preferisce girarsi di spalle e far finta di niente, per il momento. Perché, per il momento, anche se non lo sa, sta prendendo appunti su come ci si sente in casi del genere. Male, ma a fini narrativi.

Harry ti presento Sally

“Take notes, everything is copy”, è una delle frasi simbolo di questa giornalista, scrittrice, sceneggiatrice e regista nata nel 1941 a New York e cresciuta a Beverly Hills: l’aveva presa in prestito da sua madre e significa che tutto e tutti, persino se stessa e situazioni come quella descritta prima sono materiale fornito dall’esistenza per nutrire l’animale che ci si porta in petto e che ha fame di storie perché ha fame di senso. “È a questo che serve la tua vita”, ha detto nella sua ultima intervista ormai sei anni fa. In quest’ottica mi piace pensare che Nora Ephron, morta il 26 giugno 2012 di polmonite, una complicanza della leucemia mieloide che le era stata diagnosticata nel 2006, ci abbia lasciato una serie di istruzioni, consigli e ricette tali da riempire un’enciclopedia a tema “Cose che avrei dovuto sapere prima ma per cui forse sono ancora in tempo”.

Nora Ephron

Cominciamo dalle commedie romantiche che sono riuscite a non soddisfare mai la critica e a diventare comunque pilastri del genere RomCom. C’è Harry ti presento Sally, ma anche Insonnia d’amore e C’è posta per te, due pellicole che la vedono anche dietro la cinepresa perché “una delle cose migliori del dirigere un film è che non c’è confusione su chi criticare: sei tu”. Non si tratta di  capolavori, ma la loro sdolcinata morale è resa accettabile dalla base concreta su cui poggia: è quella che le disattende, è la vita reale. Ephron è allora la donna che ci ha detto: se battibeccate continuamente con un uomo o una donna e siete ricambiati in questo pizzicarvi a vicenda, presto o tardi ci finirete insieme. Accadrà quando stanchi di amare e spargere sorrisini e bacetti, capirete che litigare è un fatto assai più affidabile del trovare la prima bionda o il primo tizio passabile adatto all’occorrenza, perché ci sono cose che puoi fare con chiunque – una di questa è il sesso – e cose che puoi fare con pochi, e cioè accettarne le imperfezioni sulla scorta di un linguaggio comune che prevede la possibilità di dire “Ti odio” intendendo il contrario.

Insonnia d’Amore

È la donna che ci ha detto: se siete in una relazione che è una palla, bene, ascoltate la radio di notte o almeno sbattetevi per farvi dare un programma tipo posta del cuore di Cioè. A tal modo potrete conoscere uomini e donne da salvare, ricchi vedovi e cotillons, e finalmente potrete occuparvi della vita di un altro, giacché non siete propriamente interessati a occuparvi della vostra.

C’è Posta per Te

È la donna che ci ha detto: scrivete e-mail, spedite e-mail. Abbonatevi a internet, fatevi la fibra ottica, una chiavetta wi-fi, ma aprite un account e inviate e-mail. Solo così, fuori dal reale, conoscerete la persona con cui battibeccare di cui sopra, da salvare, come sopra, e potrete tranquillamente litigare e salvarlo o salvarla come sopra, ma questa volta via adsl, perché è quasi certo che vi darà buca fino alla fine del film (mentale).

Anche se queste fossero tutte bugie di sicuro da loro si può trarre un insegnamento socratico e chiedersi chi mai crederebbe a una cosa del genere. Eppure, una volta nella vita, lo abbiamo fatto tutti, anche lei.

Torniamo a quella fotografia con la camicetta di seta. Nora, che deve il suo nome alla protagonista di Casa di bambola di Ibsen, è già al secondo matrimonio. Stavolta lui è Carl Bernstein. Il Carl Bernstein giornalista del Washington Post che qualche anno prima, insieme a Bob Woodward, aveva condotto l’inchiesta sul Watergate che aveva spinto Nixon a rassegnare le dimissioni da presidente degli Stati Uniti. Sull’impresa, nell’anno dello scatto, è già stato tratto un film, Tutti gli uomini del presidente. Ephron ha sposato, dunque, un uomo che ha un alter-ego cinematografico di nome Dustin Hoffman, diversi premi di cui vantarsi tra cui il Pulitzer, e di cui era innamoratissima. Ma ecco che succede: è a cena, in pubblico e, fuori da ogni possibile patinatura cinematografica, qualcuno scatta una foto e lei si accorge che si è sbagliata, che si sta sbagliando e che probabilmente continuerà a farlo, sotto gli occhi di tutti. In pochi penserebbero: meglio così. E difficilmente qualcuno avrebbe visto in questa scena la possibilità di un riscatto a lungo termine, in termini emotivi, sociali ed economici, ma è esattamente ciò che ha fatto lei.

Carl Bernstein e Nora Ephron

Sull’infedeltà del marito, descritto come “capace di fare sesso con una tenda veneziana”, Nora Ephron ci ha scritto allora un best-seller, da cui è stato tratto anche un film. Il titolo originale è  Heartburn – tradotto con l’orribile Affari di cuore – parola che sta a indicare il nostro “bruciore di stomaco”. Nonostante abbia portato Bernstein a chiedere un ordine del tribunale per impedire alla sua ex moglie di scrivere ancora di lui, quando quella storia è arrivata sullo schermo, Ephron, per interpretare non se stessa ma un ruolo che tutte le donne prima o poi si trovano malauguratamente a interpretare, ha scelto Meryl Streep perché “se tuo marito ti tradisce con la cameriera di un fast food – la parola esatta per dirlo è carhop – lascia che Meryl faccia la tua parte. Ti sentirai molto meglio.” A lui, per dire, sarebbe toccato Jack Nicholson.

Questo non è un invito a prendere carta e penna, produrre un pamphlet e scritturare un cast hollywoodiano ogni volta che la vita sentimentale si mette a correre su una discesa che non porta a mare, ma a ricordarci di non sottovalutarne le potenzialità una volta riavuti dalla caduta. Ad esempio: scriverne l’epigrafe perfetta.

Heartburn

“L’ho sposato contro ogni evidenza. L’ho sposato credendo che il matrimonio non funziona, che l’amore muore, che la passione svanisce, e così facendo sono diventata il tipo di romantico che solo un cinico è veramente capace di essere.”

Woody Allen e Nora Ephron

Gli insegnamenti rintracciabili nella storia di Nora Ephron vanno però ben oltre la gestione e risoluzione di vicende sentimentali. Uno su tutti riguarda il lavoro e funziona in momenti di precarietà, disoccupazione, annichilimento:

“Non aver paura: puoi sempre cambiare idea. Te lo dico io: ho avuto quattro carriere e tre mariti.”

La prima, forse la meno nota e la più ricca di spunti, è quella giornalistica. Dopo la laurea in Scienze Politiche e lo stage alla Casa Bianca – commentò l’esperienza dicendo “Sono probabilmente l’unica giovane donna che abbia mai lavorato alla Casa Bianca di Kennedy e a cui il presidente non ha fatto caso” – Ephron aveva fatto domanda a Newsweek, incontrando una seria difficoltà: appartenere al sesso femminile. Per lei, più che un posto nella cronaca, il settimanale offriva quello di “ragazza della posta”: lo accettò, provò a cambiare le cose e quando si accorse che non sarebbe mai stata autorizzata a scrivere liberamente in quanto donna, partecipò a una causa legale contro la rivista per discriminazione sessuale. La vicenda sarebbe stata poi raccontata nel libro The Good Girls Revolt, di Lynn Povich, e gli eventi sarebbero stati romanzati nell’omonima serie Amazon del 2016, ma poco più che ventenne, Nora non si scoraggiò. Si cimentò, piuttosto, in un pezzo satirico che scimmiottava il New York Post, che la portò a ottenere un lavoro proprio lì: ne aveva catturato e parodiato lo stile così bene che l’editrice Dorothy Schiff disse ai suoi redattori di offrirle una prova di due settimane. Diventarono cinque anni, poi fu la volta dell’Esquire e di un nuovo inizio, una nuova carriera: quella di scrittrice.

Abituata a prender spunto dalla sua stessa esistenza come avevano fatto i genitori commediografi, su di lei e le sue lettere dal college avevano basato il personaggio di Take Her, She’s Mine, Ephron cominciò allora a raccontare di sé e delle donne in una maniera nuova: nell’articolo del ’72 A Few Words About Breasts, ad esempio, scrive del seno e del fatto che se ne fosse stata provvista sarebbe stata una persona completamente diversa, stigmatizzando i canoni imposti dalla società in una maniera estremamente personale, divertente e caustica. Forse se Nora Ephron avesse avuto una taglia da maggiorata o più conforme agli standard non avremmo mai avuto Sally Albright, ma il corpo androgino che si era trovata in dotazione divenne uno dei suoi grandi temi.

A questo proposito, nel 2006, tentò e riuscì nell’impresa quasi impossibile di rinnovare fascino, freschezza e lucidità scrivendo dell’orrore di invecchiare ne Il collo mi fa impazzire, e nel 2010 di ridere e far ridere anche della perdita della memoria e della vita nella raccolta Non mi ricordo niente. Era il suo ultimo libro e lei, che non aveva mai fatto parola della sua malattia, vi inserì due liste: quello che le sarebbe mancato e quello di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

Rileggerle fa bene. Alla loro luce, Nora Ephron diventa in pratica la versione futura di te stessa che viene a riprenderti quando ti senti perduta, ti riporta a casa coi postumi, gli occhi rossi, il fegato a pezzetti, e ti prepara quella che, se fossimo in America, sarebbe una scodella di deliziosa brodaglia con polpettine ma, giacché siamo in Italia, è un tazzone di latte caldo e biscotti. Il tutto mentre ti dice esattamente quello che non vuoi sentire, ma chissà perché suona bene: è la verità. E lei ne ha fatto una cosa di cui ti conviene prendere nota, una cosa di cui, forse, riesci a ridere.

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