Nell’epoca in cui sono state inventate app per controllare la vostra dieta, monitorare il vostro ciclo, tenere sotto controllo la vostra fertilità, gestire la vostra prima gravidanza, godervi la vostra seconda senza ansie, stampare tutte le foto di vostro figlio che avete caricato su Instagram senza preoccuparvi della sua privacy e molte altre ancora, pensavate davvero che qualche startup non cercasse di mettere le mani sul vostro clitoride?
Il punto è che le mani ce le hanno messe davvero.
Agli imprenditori di OMGYes (Oh My God Yes) si presentava un problema. Il mercato dei sex toys, e più in generale di tutto ciò che riguarda l’(auto)erotismo femminile negli ultimi anni, ha avuto uno sviluppo rapidissimo, tanto che potremmo parlare di una seconda rivoluzione sessuale. Improvvisamente, i vibratori non erano più esclusivo dominio di pervertiti e professioniste – le uniche che in effetti potevano già vantare una certa consapevolezza del proprio corpo – ma di tutte le donne in possesso di una carta di credito e di un cassetto. Così sono stati ideati i dildo degli Avengers – su cui però mai nessuno ha voluto investire – e una serie di altri giocattoli caratterizzati da palettes di colori ricercati e forme pensate dalla crème del design contemporaneo – spesso composta da donne, quelle che hanno capito subito che il mercato delle sedie della Vitra era ormai saturo.
Ecco che abbiamo visto nascere campagne di crowdfunding per progetti innovativi dedicati al piacere femminile. I falli realistici in silicone color carne hanno lasciato spazio a oggetti simili a materiale da cancelleria. In particolare Eva e Fin, “creati da donne per donne”, ma non solo. Basta dare un’occhiata su My Secret Case, “il 1° shop online per il piacere delle donne”, pubblicizzato anche in TV in fasce non esattamente protette, per vedere che ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le tasche: perché una vera rivoluzione deve essere democratica e verticale. E visto che la tendenza è quella a diventare sempre più minimal, è qui che si inserisce OMGYes, una piattaforma dedicata, per il momento, esclusivamente alle tecniche di masturbazione femminile al naturale. Anzi, con parole loro: “Una collezione [di] momenti eureka”. Perché ostinarsi a dipendere da un simulacro fallico quando ci si può emancipare totalmente dal patriarcato grazie alle nostre dita?
Da oggi avremo l’impressione che il nostro clitoride faccia parte di un disegno molto più grande. OMGYes non si vende semplicemente come un corso di tutorial online di masturbazione per principianti, ma come un vero e proprio progetto scientifico di raccolta dati (operato su un campione di mille donne statunitensi) che ha l’obiettivo ambizioso di operare una rivoluzione dei costumi, infrangendo i tabù legati alla sessualità femminile. Il loro motto, infatti, tradotto probabilmente con Google Translate, è “Tecnologia + Causa + Coraggio”. Ecco cosa consigliano, per fare un importante passo avanti in questa lotta: “Aiutaci a diffondere la nostra causa parlando ai tuoi amici di OMGYes Postalo, tweettalo o invialo per email con un link. Se ti piace scrivere, scrivi un pezzo sul nostro muro di facebook o per un blog recensendo in modo onesto e personale la tua esperienza con il sito. È parlando apertamente che si diffonde la causa!”. I refusi non sono miei. Insomma, facci pubblicità.
Non solo, OMGYes si propone anche di fare da interfaccia tra “ciò che le donne non dicono” e gli uomini, creando addirittura un nuovo linguaggio di cui tutti sentiamo la mancanza, quello “delle carezze”.”Mi masturbavo sempre nella doccia bagnandomi il clitoride con la doccetta, ma poi quando ero con un amante non riuscivo a spiegare bene cosa mi piaceva perché i ragazzi non sono doccette”! Già, i ragazzi non sono “doccette” – o doccini – e spesso sono molto meno esperti e sensibili di questi oggetti inanimati. Spesso un aiuto dal pubblico non gli farebbe male, ma mi chiedo in quanti riceveranno questo regalo a Natale.
Come ho avuto modo di scoprire negli ultimi anni, parlando anche con ragazze molto giovani, sembra che non abbiamo fatto molta strada dai tempi di Masters e Johnson. Sapete quanto è grande il vostro utero? Quanto è spesso? Come funziona l’ovulazione da un punto di vista ormonale? Dov’è la sinfisi pubica? Quando si dovrebbe fare la prima visita ginecologica? “Molte sono le cose non dette,” ci fanno giustamente notare, “non chieste e non conosciute; e tutto a causa di un tabù che, siamo convinti, fra pochi decenni sembrerà assurdo, così come i tabù degli anni ’50 sul sesso orale e l’omosessualità ci sembrano assurdi oggi”. Insomma, ancora una volta siamo riuscite a essere più indietro delle minoranze più ghettizzate. E, d’altronde, anche secondo la Treccani il clitoride è un “organo erettile […] omologo al pene virile, però rudimentale”.
In fondo è vero che la maggior parte delle donne non parla volentieri di sesso in pubblico. All’università avevo un’amica “emancipata” che non si depilava le gambe e sosteneva a gran voce di non volersi sposare, eppure, anche lei quando diceva “clitoride” (perché sì, almeno ci provava) abbassava improvvisamente la voce. È anche vero che una fetta importante della popolazione femminile non solo non ammette di masturbarsi, ma peggio: probabilmente non lo fa; e che molti di noi hanno le idee abbastanza confuse su tutte quelle malattie sessualmente trasmissibili che non siano l’HIV – visto che nella maggior parte delle scuole, fino a poco tempo fa, non venivano fatti incontri di sensibilizzazione decenti. Non c’è bisogno di vedere le interviste del Milanese Imbruttito per rendersi conto che quello che abbiamo tra le gambe per molte – e molti – resta un mistero.
Per fortuna che OMGYes ci permette di esplorare queste “affascinanti, utili e divertenti” informazioni sul nostro corpo. Non fosse che, provandolo, io mi sono sentita prima come Pippo e il ballo (da 1’40’’), e poi così. Figuriamoci un uomo. Questa prima serie, infatti, è piuttosto noiosa, ci sono troppe istruzioni e poche figure (troppe poche anche per chi ama leggere) e i video tutorial –proprio come quelli che ti insegnano a scontornare gli alberi da Photoshop – sono troppo lenti, oltre a non essere minimamente eccitanti. Anzi, sono un po’ creepy. Molto creepy. I nomi delle tecniche sono molto evocativi: Orgasmo controllato, Ritmo, L’accenno, Costanza, Sorpresa, Multipli, Enfasi, Il foglio bianco, Glissare, Graduazione, Orbite, La comunicazione – e tutte si occupano esclusivamente di stimolazione esterna. Le famose “carezze”. E come la mettiamo se una preferisce gli orgasmi vaginali? Differenziazione non ancora universalmente accettata dalla comunità scientifica, peraltro, e causa per alcune donne di una profonda sensazione di inadeguatezza dovuta alla presunta incapacità di raggiungere l’uno o l’altro orgasmo – sì, soffriamo di ansia da prestazione anche noi. Ma come ho scoperto parlando con una psicologa di uno dei migliori ospedali di Milano per ginecologia e ostetricia, ancora molte donne dichiarano di sentirsi a disagio nell’introdurre dita in vagina. Una cosa per volta.
Se però l’intento di OMGYes è di farsi promotore di una rivoluzione sessuale che liberi le donne da una serie di tabù indotti dalla società, perché allora tutto nella loro comunicazione lavora a stemperare la forza di quello che sta dietro a questo velo di Maya? Perché quando – a proposito di lotta ai tabù – qualcuno chiede cosa apparirà sull’estratto conto della sua carta di credito o di PayPal rispondono: “Ci sarà solo scritto OMGYES.COM, nient’altro. Senza dettagli”?
Le donne spesso si sentono in colpa per masturbarsi perché pensano di non doverne avere bisogno. Ovvero: la società la considera una cosa fisiologica per il maschio, ma non per la femmina, e la fa passare quindi come un vizio o una debolezza. Oppure si sentono in colpa perché è stato inculcato loro il pensiero che debbano condividere il proprio piacere esclusivamente con l’altro. Altre si sentono in colpa perché avrebbero cose più importanti da fare (è Milano, bellezza) e altre ancora perché pensano di essere le uniche a farlo. Ma ci sono anche quelle che “Il corpo è mio e ci faccio quello che voglio io”, “Allora dovrei sentirmi in colpa anche per bere e mangiare”, “È una cosa bellissima e naturale” e altre frasi da pubblicità progresso a cui bisogna riconoscere almeno il merito di farci superare un certo senso di colpa cattolico.
Non so se quelli di OMGYes – che ci tengono a specificare che il loro prodotto non è una app, quasi quanto preferiscono essere paragonati a un libro – riusciranno mai a creare questo nuovo linguaggio delle carezze di cui parlano o a spezzare effettivamente i tabù. Sicuramente sono riusciti a inventarsi un nuovo mercato e a sancire un particolare standard di marketing e comunicazione. Ciò che accomuna queste nuove e sfaccettate realtà del mercato, infatti, è che non vi faranno sentire sporche. Tutto è presentato in una veste rassicurante, elegante, “normale” e basato – ecco la parola magica– “su ricerche scientifiche”, sociologiche e psicologiche – come si legge anche sulla loro home. Niente cosce legate come salami o vulve depilate e lubrificate, soltanto una ragazza a gambe incrociate sul letto, leggermente sfuocata, con un bel maglione di cachemire verde persiano. Così come nella pagina di Fin vedevamo semplicemente una mano, senza smalto – lunga vita al normcore –che stringeva un lenzuolo color tortora di cotone grezzo e probabilmente biologico. Andare in un sexy shop ormai è come andare in un Apple Store, anzi, in libreria. La cosa che lascia più turbati di questo sito non è tanto la clitoride interattiva, ma la solita scarsissima qualità delle traduzione. “Uhau”.
Perché l’educazione erotica dell’uomo si basa essenzialmente su YouPorn e quella della donna va invece impacchettata in un libro, un manuale, o in un bel prodotto con soli di pianoforte in sottofondo? Sembra che un uomo sia naturalmente legittimato a eccitarsi, mentre una donna no. Una donna lo fa per se stessa, per conoscersi meglio, con fini quasi intellettuali. Perché per godere le donne devono ancora trovare una giustificazione accademica? La masturbazione diventa un’attività medica, analizzata in laboratorio, a cui avvicinarsi con curiosità scientifica e spirito tecnico, per stare al passo coi tempi. Stay curious, è intitolata non a caso una delle sezioni introduttive del sito. L’impressione è che ci stiano fregando per l’ennesima volta, dietro alla coltre del “conosci te stessa”. La verità è che non ci è ancora concesso pubblicamente di manifestare i nostri desideri, e forse nemmeno lo vogliamo.
Per tutto il tempo in cui ho guardato, analizzato e studiato questi tutorial ho pensato che fossero l’ennesimo modo per fare soldi sfruttando una fetta di mercato ancora in evoluzione. I contenuti erano ovvi, e anche il modo in cui venivano comunicati. La mia mente continuava a mettercisi in mezzo. Chi te lo fa fare? Tu non hai bisogno di questo. Criticalo! Che brutte queste comparse che vogliono sembrare normali, più che normali, donne qualsiasi, coi calzini spaiati come se fosse un caso e i denti ingialliti. Che brutte le loro vulve, che schifo! Poi, guardando l’ultima lezione caricata, quella sulla Comunicazione, sono arrivata al video di Maria, una delle comparse più agée, e ho pensato: oddio, che palle, sarà come quell’altra, l’assatanata col capello corto che spiegava non mi ricordo più dove che a lei piace che gliela afferrino fortissimo e gliela sbatacchino di qua e di là.
E invece no. Maria, di origini apparentemente sudamericane, dice solo che ha avuto il suo primo orgasmo a 36 anni. Trentasei anni. Trentasei anni sono tanti. Tantissimi! Ed è lì che ho avuto la mia epifania. Io il mio primo orgasmo l’ho avuto dopo dieci anni che avevo rapporti completi. E non è che avessi una vita sessuale parca e morigerata. Come ho fatto a dimenticarlo? Eppure è andata così. Per fortuna che ho iniziato presto. E allora, alla luce di questa vecchia e nuova consapevolezza, è chiaro che OMGYes possa davvero diventare per molte donne un potentissimo strumento di liberazione fisica, psichica e sociale di fondamentale importanza. E forse è vero, ci vuole tanto coraggio, anche per ammettere di non sapere niente del proprio corpo e provare a esplorarlo per la prima volta, anche per chiedere un piccolo aiuto.