Per superare la crisi che stiamo vivendo non basta sapersi adattare, occorre agire e rigenerare - THE VISION

Nell’ultimo anno la crisi diffusa a livello globale e su più livelli, si è manifestata in tutta la sua forza potenzialmente distruttiva. Oggi si parla sempre più spesso di “permacrisis”, di crisi permanente, a cui per far fronte non è più sufficiente la resilienza, la capacità di adattamento; per superarla, oggi, è necessario ritrovare una posizione attiva, una capacità agente, una ritualità in grado di dar forma a condizioni favorevoli, che secondo il sociologo Francesco Morace – ospite all’incontro “Re-Generate”, organizzato il 9 novembre da Audi in collaborazione con H-FARM – corrisponde alla creatività. “Permacrisis”, secondo il dizionario americano Collins, è la parola che meglio rappresenta il 2022, vocabolo di origine inglese, ma che affonda le sue radici nel greco antico, coniato negli anni Settanta e che indica “un periodo esteso di instabilità e insicurezza” che non lascia tregua.

Michele Dalai, Fabrizio Longo e Francesco Morace

L’emergenza sanitaria data dalla pandemia, la scarsità di materie prime, l’inquinamento, la crisi climatica, le cui conseguenze quest’anno abbiamo avuto modo di vedere da vicino, il conflitto in Ucraina e la minaccia nucleare, l’inflazione e l’aumento dei costi dell’energia, l’emergere di forze politiche conservatrici che si fanno promotrici di una drastica riduzione dei diritti civili: tutte queste criticità, alcune delle quali hanno avuto una genesi molto lunga, invece di attenuarsi si sono inasprite – anche a causa dei nostri comportamenti – e non sembrano destinate a risolversi a breve, proprio perché generate da un complesso intrico di co-fattori.  Per non essere schiacciati da questo scenario, che nutre paure e lascia poco spazio all’immaginazione, è importante trovare un nostro ruolo attivo, propiziare, ovvero impegnarsi a creare condizioni favorevoli a una rigenerazione.

Michele Dalai, Maura Gancitano, Tim Miksche e Adrian Fartade

Quello che succede nel mondo ha il potere di trasformare la società e il suo linguaggio, per questo è importante riconoscere alcune parole chiave rappresentative per guidare il nostro agire, come una sorta di bussola. Anche per questo le conversazioni che hanno avuto luogo a “Re-Generate” sono spesso partite da analisi etimologiche di alcuni termini, tra cui lo stesso “Audi”, dal verbo latino “audire”, ascoltare. L’ascolto – o ausculto, come diceva il grande architetto veneziano Carlo Scarpa – è una qualità sensoriale fondamentale per porsi nei confronti dell’esistente, che permette di sentire e a volte presagire ciò che accade. La famosa casa automobilistica si ispira proprio a questo termine per immaginare il futuro e adattarsi a esso, passando dall’automobile alla mobilità, termine più ampio che si lega all’idea di servizio e non più di prodotto e che fa riferimento a due paradigmi fondamentali del progresso umano, la transizione ecologica e digitale.

In questo momento di passaggio è fondamentale la collaborazione tra generazioni, a differenza del conflitto tra padri e figli che ha segnato la seconda metà del Novecento. I giovani possono aiutare i più maturi, e viceversa i più maturi possono sostenere e guidare i più giovani, mescolando le competenze di entrambi. Questa è un’opportunità estremamente ricca, se solo si trova il modo di dialogare, di comprendersi e di ascoltarsi a vicenda, unendo teoria e pratica, azione e linguaggio.

La sensibilità emersa a livello aziendale negli ultimi vent’anni è profondamente diversa da quella novecentesca, sottolinea Fabrizio Longo, Direttore Audi Italia. I valori sono cambiati, così il nostro modo di vivere e la società che ne è derivata. Oggi c’è una competenza valoriale composita e molto più ampia, e anche in ambiti estremamente legati alla tecnologia è in atto una rinascita creativa notevole, guidata da una capacità immaginativa che affonda le sue radici nelle discipline umanistiche, in primis nella filosofia. Questo cambio di pelle – che rivede dalla base certi stereotipi – è estremamente entusiasmante, anche se nasce da situazioni di crisi. Le competenze verticali hanno sempre più necessità di un collante e quel collante non può che essere un sentire umanistico, che dia vita a una visione valoriale ad ampio raggio.

Per questo motivo Audi ha sviluppato una filiera in cui l’azienda diventa incubatrice di nuove realtà. Tim Miksche dirige Audi Denkwerkstatt a Berlino, il centro di open innovation dedicato a nuove idee e progetti, nato nel 2016. Coordinando startup, creativi e partner tecnologici Miksche è al centro di un vero e proprio think tank, un gruppo variegato di persone che provano ad immaginare ogni giorno il futuro della mobilità premium, in base alle coordinate della sostenibilità e del rispetto del pianeta. A guidare questo hub è la stabile certezza che la multidisciplinarietà, la creatività e la co-creation abbiano la capacità di trovare nuovi modelli e soluzioni in grado di rispondere ai quesiti sempre più urgenti posti dalla situazione contemporanea.

Tim Miksche, Responsabile Audi Denkwerkstatt

Un altro tema fondamentale è quello della tempestività. “Fast” indica un concetto molto diverso da “quick”. “Fast” inquadra una velocità lineare, un’accelerazione, un obiettivo unico, contro cui a volte ci si schianta. “Quick” invece inquadra il Καιρός (kairos) greco, il momento “giusto”, il tempo dell’opportunità. L’azione giusta al momento giusto. Καιρός si riferisce al tempo di mezzo, a un momento “supremo”, di un periodo di tempo indeterminato nel quale qualcosa di speciale accade. Mentre chronos, il tempo lineare, cronologico, è quantitativo, kairos ha una natura qualitativa. Per essere “quick” a volte si deve rallentare, è un movimento di incontro più legato al ritmo tra le cose, al flusso. La velocità non è sempre un valore di per sé. Essere veloci, se il risultato è mediocre, non serve a niente. Essere intelligenti significa capire a che velocità muoversi, come nello sport, o nella musica, saper riconoscere i momenti. È fondamentale la tattica, la strategia, anche se il sistema tende a valutarci rispetto a performance a corto – cortissimo – raggio. Eppure questo rischia di essere un atteggiamento miope e rischioso, è importante mantenere entrambe le prospettive e capire quando privilegiare una a discapito dell’altra, per farlo è fondamentale discernere.

Non a caso kairos è il tempo della medicina, della strategia, della politica, dell’occasione, che bisogna essere pronti a cogliere, delinea una visione del tempo che si concilia con il concetto di efficacia del gesto umano. Il kairos non tollera né ritardi, né esitazioni, ha a che fare col ritmo, il coraggio – inteso come battito cardiaco, e quindi pulsazione dell’agire umano – e con l’intuizione, che mescola pensiero, ricordo, emozione. Questo concetto fondamentale ci arriva dalla cultura greca del VI e del V secolo avanti Cristo, in cui l’azione umana diventa indipendente dalla volontà divina, snodo che nel bene e nel male ha informato potentemente la cultura in cui siamo tuttora immersi e che ancora può offrirci gli strumenti per operare su noi stessi e sulla realtà, curandoci, rigenerandoci.


Questo articolo è stato realizzato da THE VISION in collaborazione con Audi, che insieme a H-FARM, il più grande polo d’innovazione d’Europa, con Re-Generate si fa promotrice di iniziative e incontri legati ai temi dell’innovazione e della digitalizzazione per riflettere, con ospiti d’eccezione provenienti da mondi diversi, sui cambiamenti della tecnologia sulla realtà e sul modo in cui dobbiamo rinnovarci per affrontare le sfide del futuro.

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