Solo superando la nostra stessa idea di progresso, e quindi evolvendo, potremo rigenerare il pianeta - THE VISION

Davanti agli effetti ormai incontrovertibili del cambiamento climatico è inevitabile interrogarsi, pensare ai nostri valori e alle parole che descrivono la traiettoria della cultura a cui apparteniamo. Così, anche il termine “progresso” sembra subire una decisa e sempre più necessaria torsione semantica. Pur continuando ad apparire nel discorso legato alla ricerca e sviluppo, quasi come una sorta di icona, questa parola sta iniziando però a spostarsi verso un diverso orizzonte di senso. Si continua a parlare di progresso, sì, ma questo termine viene svuotato del vecchio significato che gli attribuivamo e informato di altre, inedite visioni. Il progresso appare ora più che mai necessario per “rigenerare” il nostro pianeta. La tecnologia, oggi più che mai, deve servire a costruire, non a distruggere, e Audi vuole farsi promotrice di questo impegno usandola come strumento centrale per quanto riguarda l’innovazione. In collaborazione con H-FARM – il più grande polo europeo nel bel mezzo della campagna trevigiana dedicato a formazione e innovazione, con una superficie complessiva di 51 ettari, di cui oltre 40 di parco e zona boschiva, circondati a loro volta dal Parco Naturale del Sile – ha così dato vita a un’importante occasione per individuare concetti e strumenti per dar forma a un futuro più sostenibile e responsabile nei confronti dell’uomo e dell’ambiente: “Re-Generate”, che avrà luogo il 9 novembre.

H-Farm

Il sistema capitalista ha avuto un ruolo fondamentale nella compromissione dell’ecosistema, ma è sempre più chiaro quanto sia importante cambiare paradigma per preservare ciò che ancora ci resta e trovare soluzioni efficaci. La società contemporanea globale si basa estensivamente e intensivamente sul sistema produttivo, ma non bastano le scelte dei singoli consumatori per ottenere in tempi brevi il cambiamento di cui abbiamo bisogno per continuare a sopravvivere, il cambiamento deve parallelamente avvenire anche a livello più ampio. È urgente una riflessione radicale a livello economico, istituzionale e aziendale, che ripensi equilibri e soprattutto disequilibri. È fondamentale che chi detiene i grandi capitali a livello mondiale venga informato da una cultura che metta a fuoco l’oggettiva realtà dei fatti, che prenda le mosse dagli studi e dai moniti dei ricercatori rispetto alle sorti del nostro clima, perché da esso dipende letteralmente tutto ciò che esiste. Bisogna riuscire a incontrarsi lungo un percorso comune e condiviso, individuando idee, concetti e strumenti che ci aiutino ad ammortizzare un futuro che si prospetta ricco di sfide.

A differenza di quanto si potrebbe pensare, il problema dell’inquinamento è peggiorato enormemente negli ultimi trent’anni. Dal 1990, infatti, le emissioni di CO2 sono aumentate del 60% e continuano tuttora a crescere. Le istituzioni non hanno mai preso provvedimenti e, se continuiamo così – come stiamo facendo – sempre più verosimilmente nel giro di una generazione tutto ciò che abbiamo conosciuto, per come lo abbiamo conosciuto, andrà perduto. Portare le emissioni a zero entro il 2025 appare ormai come una vera e propria missione impossibile (anche a causa dello stop sancito dalla pandemia da Covid), così come organizzare una transizione democratica verso un futuro in cui saranno le assemblee di cittadini a indirizzare la politica sulle misure da adottare, come si auspicava nel 2018 il gruppo di attivisti Extinction Rebellion. Questo perché in alcune parti del mondo la popolazione non è sufficientemente sensibilizzata sul tema; in altre – sfortunatamente molto ampie e dall’impatto importante – le assemblee dei cittadini sono ostacolate; e infine anche nelle aeree in cui sono possibili, come ad esempio in Italia, a lungo è stata la stessa maggioranza dei cittadini a incarnare una mentalità conservatrice se non proprio negazionista sul tema, fondata su un “greater good” tutt’altro che comune e caratterizzata da una stolida ignoranza su temi rispetto ai quali dovrebbe essere impossibile giustificare silenzio e lacune. Eppure, nel 2021 è stata chiara l’intenzione da parte di migliaia di cittadini europei a spingere i governanti a elaborare idee e raccomandazioni per la Conferenza sul futuro dell’Europa, dato che le risorse sono sempre più scarse, così come la capacità dell’ecosistema di restare in un equilibrio per noi favorevole. E dal canto suo, nel nostro Paese ma non solo, la pandemia di Covid ha contribuito ad aumentare significativamente la sensibilizzazione rispetto al cambio di abitudini personali in relazione al loro impatto sul clima, anche tra i più anziani.

Non a caso, se fino a poco tempo fa lo spazio appariva come una dimensione altra oggi è considerato una sorta di colonia terrestre, o comunque uno dei tanti ambienti che l’essere umano può sfruttare a suo vantaggio. Lo racconta uno degli ospiti di “Re-Generate”, il divulgatore, Adrian Fartade, nel suo emblematico libro intitolato Come acchiappare un asteroide. Da sempre appassionato di astronomia, Fartade nel 2009 ha creato la piattaforma web Link2universe e il canale YouTube Link4Universe, dedicati alle più recenti scoperte in campo astronomico e dello sviluppo del settore astronautico; ha poi messo in scena vari monologhi sull’esplorazione spaziale e realizzato quattro podcast a tema insieme a Luca Perri.

Se meteoroidi, proto-pianeti, centauri, asteroidi, troiani e plutini, così come comete a corto e lungo periodo – sempre che li abbiamo mai sentiti nominare – ci sembrano solo sassi che vagano nello Spazio rischiando di essere potenziali minacce, ci sbagliamo. Se tutto va bene, nel giro di cinquant’anni, potremmo salvare il nostro pianeta proprio grazie a essi, ribaltando la classica linea narrativa dei disaster movie anni Novanta. Fino a pochi decenni fa, infatti, si sapeva pochissimo di questi corpi celesti, poi abbiamo iniziato a mapparli in maniera sempre più sistematica e precisa, organizzando missioni spaziali ad hoc per studiarne alcuni: NEAR è sbarcata su un asteroide, mentre Rosetta e Philae si sono avvicinate a una cometa. Queste missioni hanno confermato le aspettative dei ricercatori: questi elementi sono estremamente “interessanti” da un punto di vista geologico e rappresentano una nuova fonte di risorse minerarie, quelle sempre più rare e scarse sulla Terra, soprattutto in alcune zone. Ovviamente, i grandi magnati della Silicon Valley non si sono fatti sfuggire un’occasione simile e hanno iniziato ad attrezzarsi, non solo tecnologicamente, ma anche dal punto di vista giuridico, dato che la domanda su chi appartengano i beni spaziali è tutt’altro che banale. 

La sonda spaziale Philae. Photo credit: ESA

Certo, l’estrarre minerali nello spazio per poi portarli sul nostro pianeta, almeno a livello teorico sembra rientrare a pieno titolo in quella cultura colonialista e predatoria che filosofi e sociologi invitano con urgenza a scalzare. Eppure, obiettivamente, per certi aspetti può senz’altro essere considerato meno impattante sull’ecosistema terrestre che trivellare un fondale marino o sbancare ettari di colline, come si fa per le miniere di litio e non solo. Se poi è vero che si lavora sulla Terra con un occhio su Marte, è anche vero che una volta che la Terra sarà divenuta inospitale non ci sarà certo data la possibilità di traghettare tutti dall’altra parte. Nonostante tutto, il discorso sulla corsa allo spazio, le scoperte legate all’astronautica e all’astrofisica affascinano le folle, rassicurano e distraggono, permettendo a tutti di muovere un passo in una narrazione diversa, in cui lo scorrere del tempo cambia e gli orizzonti spazio-temporali scompaiono. D’altronde, tutte le grandi aziende stanno spostando progressivamente il loro sviluppo su tecnologie spaziali e digitali.

Altra ospite dell’evento, insieme al Direttore di Audi Italia dal 2013 Fabrizio Longo, al sociologo Francesco Morace e all’Head of Audi Denkwerkstatt Tim Miksche, sarà la filosofa Maura Gancitano, autrice insieme ad Andrea Colamedici, tra le altre cose, del saggio L’alba dei nuovi dèi. I due filosofi, mettendo in relazione il presente con l’Atene del V secolo a.C., interrogano i pensatori dell’età classica sui grandi temi del dibattito contemporaneo. Secondo loro, ad esempio, così come Socrate e Platone hanno visto la scrittura soppiantare l’oralità e hanno assistito al tramonto del mondo mitico, così noi oggi ci troviamo di fronte all’avanzata del digitale, che sta cambiando la comunicazione, il linguaggio e le nostre strutture sociali. “I big data possono essere interpretati come grandi divinità in provetta che stiamo (ri)costruendo in laboratorio, capaci di conoscere, prevedere e orientare i nostri desideri, scopi e bisogni più profondi, come sa fare ogni dio che si rispetti”, scrivono Colamedici e Gancitano.

Se progresso significa miglioramento, evidentemente quello che abbiamo promosso negli ultimi decenni non lo era. Nella sfera semantica di progresso, infatti, c’è l’idea di andare avanti, passo dopo passo, e quindi dell’avere la consapevolezza del guardare e del fare attenzione a dove poggia il piede, saggiando il terreno e calibrando di volta in volta il movimento, come in montagna. Noi, invece, siamo andati avanti, correndo alla cieca, come bambini distratti dal troppo entusiasmo sorto dal desiderio. Ci siamo illusi, e oggi, invece di fare i conti con le macerie che abbiamo prodotto, rilanciamo, ostinandoci a credere in un sogno ancora più grande. Confondiamo l’indefinito con l’infinito, ma annullare i confini non è sempre una cosa buona. Le attuali condizioni socio-economiche e geopolitiche ci richiedono di avanzare come su una parte nord e dovremmo esserne ben consapevoli, in modo da poterla affrontare nella maniera più preparata possibile.

Il progresso della sola specie umana ha distrutto millenni di evoluzione e portato alla scomparsa di un numero spropositato di specie. Se il progresso è connesso all’idea di un avanzare e quindi di un aumento degli effetti concreti nati dalle azioni guidate da una certa cultura, che non cambia, forse dovremmo tornare all’idea di evoluzione: uno sviluppo lento e graduale, che si differenzi a livello concettuale in maniera importante dal punto di partenza. L’evoluzione, infatti, è il cambiamento senza soluzione di continuità di una forma a un’altra. Non a caso, si parla di evoluzione anche per descrivere alcuni movimenti spettacolari eseguiti da certi atleti, e forse la situazione attuale ci richiede un simile salto carpiato di specie, da eseguire senza sbavature e all’unisono, muovendoci tutti a tempo, con lo stesso ritmo. Forse solo così riusciremo davvero a compiere una rivoluzione culturale.


Questo articolo è stato realizzato da THE VISION in collaborazione con Audi, che insieme a H-FARM, il più grande polo d’innovazione d’Europa, con Re-Generate si fa promotrice di iniziative e incontri legati ai temi dell’innovazione e della digitalizzazione per riflettere, con ospiti d’eccezione provenienti da mondi diversi, sui cambiamenti della tecnologia sulla realtà e sul modo in cui dobbiamo rinnovarci per affrontare le sfide del futuro. Il prossimo appuntamento è previsto per il 9 novembre: per seguirlo registrati qui.

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