I grandi inventori – ma anche chi alle invenzioni fatte e finite non è ancora arrivato, pur sognandole – hanno spesso uno sguardo distratto, lontano, eppure è uno sguardo magnetico, che trascina con sé, per quanto a tratti vacuo, irraggiungibile. È lo sguardo dei visionari, degli esseri umani che nutrono desideri apparentemente impossibili da soddisfare, delle inguaribili malinconie, che appunto necessitano di un’invenzione per trovare pace.
“La maggior parte della nostra vita la passiamo ad aspettare o a ricordare e mentre lo facciamo non siamo né tristi né felici; sembriamo tristi, ma semplicemente siamo lontani,” scriveva Alessandro Baricco in Questa storia parlando di treni e di garage, e di corse di automobili e di padri che camminano davanti a noi senza mai voltarsi indietro. E forse è perché sono cresciuta su un balcone costruito negli anni Sessanta che si affacciava sopra a un circuito importante, che senza bisogno di didascalie o definizioni so cosa significa il suono di un motore, cosa può significare per qualcuno. Qualcosa di molto distante da un insieme di formule astratte e di molto, molto vicino a un desiderio, a un sogno, a un’emozione, a un battito che salta. Lo so perché lo vedevo negli occhi di mio nonno, capaci di tradurre diverse regole empiriche sull’elettricità in racconti, storie, amori, rabbie, senso di appartenenza, l’unico che sembrava restare, sopra qualsiasi dimensione politica del paese: le macchine da corsa.
I grandi cambiamenti sociali ed economici moderni sono stati dettati da altrettanto grandi scoperte tecnologiche e rivoluzioni scientifiche che hanno riverberato, come una sorta di effetto domino, dal vertice di un particolare ambito fino a estendersi orizzontalmente a livello culturale e globale. Oggi, queste due forze sembrano necessariamente intersecarsi. Non tutti però sono stati – e sono tuttora – in grado di riconoscere l’urgenza e la necessità di cambiare passo e paradigmi. Audi ha avviato coraggiosamente la sua trasformazione verso la carbon neutrality in tempi non sospetti. In particolare, tutti e quattro gli impianti europei che producono i modelli elettrici in Europa sono già stati resi carbon neutral, grazie a una serie di accorgimenti che coinvolgono anche l’AI, e l’obiettivo è di estendere lo stesso approccio a tutti i suoi stabilimenti nel mondo entro i prossimi due anni. L’intero processo produttivo è stato rigenerato e reinventato partendo da fonti rinnovabili e dalle materie prime, passando per l’architettura e l’impiantistica degli stabilimenti, attraversando tutta la supply chain fino a incidere anche sulla fine del ciclo di vita delle vetture. Tutto ruota intorno al concetto di circolarità. E se da un lato sono necessari prodotti efficienti e sostenibili capaci di rispondere ai bisogni quotidiani dei consumatori, dall’altro i vertici sportivi dell’automotive appaiono, come agli albori di questa disciplina sportiva, il miglior terreno di prova e di sfida, per testare e alzare il più possibile le proprie prestazioni.
Al Festival dello Sport di Trento, in occasione dei quarant’anni di Audi Sport, la Divisione Sportiva dei quattro anelli ha presentato in anteprima italiana il prototipo Audi F1 Showcar, l’anticipazione della monoposto che segna l’ingresso del brand nel mondo della Formula 1. Dal 2026, infatti, parteciperà al Campionato mondiale FIA di Formula 1 con una power unit sviluppata per l’occasione. Già da anni i vecchi motori da 2,4 litri delle Formula 1 sono stati sostituiti con motori V6 90° da 1,6 litri, che consumano il 40% in meno di benzina. Le Formula 1, insomma, devono essere in grado di completare le gare senza superare il consumo di 100 chili di benzina. Le power unit, quindi, sfruttano una componente elettrica per sovralimentare la turbina e utilizzare l’energia quando serve. La stessa cosa che fanno i motori ibridi delle nostre automobili. Un motore elettrico viene posizionato davanti al turbocompressore e ne raccoglie l’energia ogni qualvolta il regime di rotazione diminuisce – in questo caso si parla di oltre 120mila giri al minuto – per rifornirla come spinta pronta quando se ne presenta la necessità. Un’altra componente va invece a recuperare l’energia in fase di frenata, che compensa poi le risposte della turbina in fase di accelerazione. L’energia cinetica non utilizzata viene quindi recuperata e rivongoliata per alimentare l’auto.
Sempre più spesso si sente parlare di sostenibilità – a livello di alimentazione, di consumi energetici diretti e indiretti, di impronta ecologica, di costruzioni e di spostamenti – ma c’è un problema, ed è proprio che se ne parla, sì, ma nella maggior parte dei casi se ne parla e basta. Oggi, però, bisogna agire, e per farlo è necessario prevedere, immaginare, soppesare e muoversi di conseguenza, e farlo molto rapidamente. Audi si pone in maniera netta rispetto a questo tema, con un approccio innovativo e rivoluzionario per quanto riguarda il settore dell’automotive, uno dei più impattanti. Ha infatti sfruttato gli ultimi anni, in particolare i tempi apparentemente morti imposti dalla pandemia di Covid-19, per ridefinire il futuro, impegnandosi in tempo record a ottenere un cambiamento nel presente. Il progetto ha come centro nevralgico il Competence Center Audi Motorsport di Neuburg, certificato carbon neutral quanto ad approvvigionamento termico ed energetico. Il nuovo edificio, di circa 3mila metri quadrati, ospiterà i banchi di prova per lo sviluppo della power unit e prevede il coinvolgimento di oltre 300 collaboratori al lavoro sul programma di sviluppo. D’altronde Audi Sport, nell’ultimo decennio, ha prodotto più di 250mila auto sportive, conquistando ben 400 titoli.
Raggiungere elevatissime prestazioni ed esprimere spontaneamente eleganza può rivelarsi un’abitudine quotidiana. Non solo ed esclusivamente uno sforzo esclusivo, puntuale. È ciò che ci insegna il nostro stesso corpo e il modo in cui funziona, e con lui lo sport. Non a caso, nel contesto del Festival dello Sport, si sono confrontati in un talk Fabrizio Longo, direttore di Audi Italia, la campionessa olimpica di sci Sofia Goggia e l’alpinista Hervè Barmasse, raccontando come il binomio innovazione ed emozione possa superare qualsiasi sfida. La stessa cosa che ha fatto a inizio ottobre l’ambasciatore Audi Sebastian Copeland, fotografo ed esploratore artico, con la mostra Vanishing Places – Luoghi che scompaiono, sviluppata insieme ad Audi e MonteNapoleone district. Copeland, da anni, si impegna a sensibilizzare il grande pubblico grazie alle immagini che raccoglie in luoghi pressoché impossibili da raggiungere, riportandole in questo caso nel cuore pulsante di una grande città come Milano, simbolo per eccellenza di cultura, eleganza ricercata, ricchezza e innovazione.
Lo sguardo di un esploratore o di un’esploratrice, di un’atleta o di uno sportivo, di un ricercatore o di una studiosa è lo stesso di un inventore, è uno sguardo lontano, presente ma sempre leggermente spostato altrove, capace di mettere a fuoco un’immagine per gli altri invisibile; che ha quindi la responsabilità di avvicinare, indicare, far scorgere. Questo tipo di sguardi sono dei tramite tra le dimensioni e gli spazi, tra ciò che siamo e saremo. Sono sguardi che vanno puntati con attenzione e sensibilità. Sguardi che Audi sembra voler accogliere e raccogliere, per aiutarci a guardare insieme verso un possibile futuro, raggiungibile solo grazie all’azione comune e collettiva innescata dalle emozioni.