A metà novembre a Monfalcone – uno dei grandi poli cantieristici italiani – Fincantieri ha consegnato la MSC Seascape, che con i suoi 339 metri di lunghezza è la nave più grande mai costruita in Italia – con addirittura una Statua della Libertà in relativa miniatura – per un investimento di circa un miliardo di euro. Mentre se ne esaltano magnificenza, tecnologia, bellezza e dimensioni e si grida al genio italico – siamo pur sempre un popolo di poeti, santi e navigatori – e al Rinascimento dell’imprenditorialità, non ci si chiede però se invece non sia il caso di smetterla una buona volta di popolare i mari dell’ennesimo ecomostro, rivedendo il mondo delle crociere e del turismo in toto.
Simbolo del viaggio comodo e del lusso – più o meno – accessibile, la crociera è infatti un problema ambientale non indifferente, sia per la quantità di emissioni inquinanti, sia perché favorisce il turismo “mordi e fuggi”, che fino a poco tempo fa erano tutti concordi a deprecare, ma che adesso sembra diventato il modo per risollevare le economie locali in ripresa post-pandemia. Il comparto crocieristico, in effetti, sta ripartendo, dopo essere cresciuto fino al 2020 al ritmo del 6,6% annuo fin dal 1990. Oltre al numero delle navi crescono anche dimensioni e capienza: oggi su queste navi si arrivano a ospitare oltre 8mila persone, con ristoranti e piscine, campi sportivi, teatri, cinema e parchi acquatici. Ovviamente, a queste dimensioni e servizi corrispondono conseguenze ambientali proporzionate: nonostante le crociere rappresentino solo il 3% del trasporto navale, infatti, producono da sole un quarto dei rifiuti.
Anche in quanto a emissioni, quella della crociera è la modalità turistica più inquinante in assoluto, con un’impronta carbonica più alta persino dei viaggi in aereo e un consumo di energia per ciascun pernottamento di 12 volte superiore a quello in un hotel. Secondo uno studio, in particolare, le navi da crociera circolanti in Europa inquinano 20 volte di più di tutte le auto presenti nell’Unione Europea e, in particolare, prima della pandemia immettevano annualmente in atmosfera 62mila tonnellate di ossidi di zolfo – equivalenti a 20 volte le emissioni di circa 260 milioni di veicoli, poco più delle auto private in circolazione in tutta l’UE nel 2019 – ma anche 155mila tonnellate di ossidi di azoto, 10mila tonnellate di polveri sottili e più di 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica, tutte sostanze dagli effetti estremamente dannosi sulla salute, in particolare per l’apparato respiratorio. Non bisogna fare l’errore, quindi, di credere che, partendo per una crociera, ci si imbarcherà in una vacanza rigenerante a respirare iodio direttamente dalla brezza marina, perché in realtà la concentrazione di PM10 e PM2,5 sui ponti delle navi è simile a quella delle città più inquinate al mondo.
Il mercato mondiale delle crociere – un’industria da 150 miliardi di dollari annui di introiti – è dominato da una manciata di compagnie, tra cui Carnival Corporation, che registra il 37% dei ricavi totali del settore, Royal Caribbean International, Norwegian Cruise Line e infine l’italiana MSC Crociere, che registra oltre il 6% del traffico mondiale. Come evidenziano le inchieste della ONG Friends of the Earth, dagli anni Novanta a oggi tutti questi grandi gruppi sono stati multati almeno una volta per violazioni ambientali. Certo, oggi le compagnie hanno dei piani di sostenibilità, ma nella maggior parte dei casi – anche in Europa – sono ancora molto lontani dall’obiettivo della decarbonizzazione stabilito dagli accordi di Parigi del 2015. Un problema è che molte compagnie per ridurre le emissioni di ossidi di azoto e di zolfo stanno puntando sul gas naturale liquefatto, composto da metano, 86 volte più dannoso dell’anidride carbonica nel contribuire all’effetto serra sul breve periodo e, non a caso, una delle maggiori cause del riscaldamento globale.
Il problema non riguarda “soltanto” mari e oceani: l’impatto sulle città coinvolte dai tour crocieristici è notevole, dato che una buona parte delle emissioni avviene proprio nei porti, dove le navi restano ancorate per giorni con i motori accesi per tenere in funzione i servizi di bordo. La questione ci riguarda da vicino: tra le 50 città costiere europee più inquinate dalle emissioni delle navi da crociera 10 sono italiane, con Venezia al terzo posto dopo Barcellona e Palma di Maiorca. Secondo i dati raccolti dall’organizzazione Transport&Environment, che si occupa di trasporti e sostenibilità, nella laguna stazionavano – almeno fino ad agosto 2021 – 68 grandi navi per quasi 8mila ore con i motori accesi, emettendo 27mila 520 kg di ossidi di zolfo, oltre 600mila kg di ossidi di azoto e quasi 11mila kg di particolato; appena dopo Venezia si posiziona Civitavecchia, con 76 navi ferme in porto per quasi 5mila 500 ore l’anno; ma nella classifica europea si piazzano bene – si fa per dire – anche Napoli, Genova, La Spezia, Savona, Cagliari, Palermo e Messina, che contribuiscono a rendere il Mediterraneo il mare più colpito dall’inquinamento delle grandi navi, con circa il 90% dei porti più inquinati.
Queste città, tra l’altro, non ci guadagnano poi molto dall’afflusso di turisti, o meglio guadagnerebbero di più da altre forme di turismo, dato che, come rilevano i dati, il cliente medio delle crociere sulla terraferma spende meno degli altri turisti, perché tendenzialmente passa poco tempo nella città in cui attracca la nave, usufruisce di pacchetti di servizi da parte della compagnia e tende a completarli con altri prodotti e servizi acquistati sempre sulla nave. In compenso, i costi complessivi delle esternalità ambientali connesse al turismo da crociera sono pari a sette volte i benefici di cui godono le località sul piano economico e sono solo parzialmente compensati dai costi sostenuti dalle compagnie crocieristiche per l’attracco; queste, infatti, vengono pagate ai Terminal Passeggeri, che spesso sono gestiti da società private. Inoltre, le città di porto possono dover affrontare ulteriori problemi, come Trieste, dove sole due grandi navi assorbono il 33% del fabbisogno energetico dell’intera città. Una grande quantità di turisti che si riversa per un breve periodo in uno stesso luogo porta con sé spazzatura, inquinamento e consumi fortemente concentrati nello spazio e nel tempo, ma spinge anche l’economia del posto ad adattarsi, con trattorie locali che diventano ristoranti a menù turistico, botteghe che si reinventano come negozi di souvenir – realizzati a livello industriale, magari dall’altra parte del mondo, senza guadagno per gli artigiani locali – e un costo della vita che, nei casi di maggior richiamo turistico, si gonfia per trarre il massimo da questi brevi passaggi, può diventare proibitivo per i cittadini. Il fenomeno – che contribuisce allo spopolamento di Venezia – è particolarmente netto nella zona del Mediterraneo, che con le sue bellezze naturali, artistiche e architettoniche attrae ogni anno milioni di turisti da tutto il mondo (più di 400 milioni nel 2019 prima dello scoppio della pandemia); questo fenomeno di massa si realizza per di più in una delle regioni più colpite dalla crisi climatica, dove il riscaldamento climatico prosegue a un ritmo più rapido del 20% rispetto alla media globale. È chiaro che quando si parla di sostenibilità e transizione ecologica bisogna includere anche il turismo, come richiesto dalla Dichiarazione di Glasgow dedicato all’azione climatica nel turismo. È necessario alleggerire le poche località che accolgono la stragrande maggioranza dei turisti (in Italia, per esempio, un terzo dei visitatori si concentra in appena 20 comuni), distribuendoli in modo più equo.
Invece, ancora si fa a gara a chi fa la nave più grande e più scintillante. Ma vista anche la nuova sensibilità dell’opinione pubblica, i costruttori non possono ignorare il tema ambientale: così è nata, per esempio, la Msc World Europa, pubblicizzata come la nave da crociera più sostenibile e futuristica del mondo, che dal 2023 navigherà nel Mediterraneo. Le sue qualità green sarebbero incarnate dai sistemi di riciclo delle acque reflue e speciali eliche che riducono i rumori subacquei, iniziative lodevoli ma parziali: il suo sistema di propulsione a gas naturale liquefatto, per esempio, riduce sì le emissioni carboniche, ma in compenso impiega metano. Più interessante – anche se per ora limitato a un mezzo d’élite – è l’uso delle rinnovabili sugli yatch, come lo svizzero Aquon One, a idrogeno, e l’italiano VisionE, dotato di pannelli solari. Le strategie da attuare sono diverse e qualcosa in questo senso fortunatamente si muove: i ministeri della Transizione ecologica francese e italiano hanno richiesto di stabilire dei limiti alle emissioni e la creazione nel Mediterraneo di un’area a emissioni controllate, cioè una SECA (Sulphur emission control area), ma per vederne l’entrata in vigore bisognerà aspettare il 2025. Nel Mare del Nord, dove da tempo è stata istituita una SECA, l’inquinamento delle navi da crociera è stato dimezzato; ciò comunque non toglie che sotto la superficie restino alcuni problemi: gli standard delle SECA per il carburante marino, infatti, consentono una percentuale di zolfo di 100 volte superiore a quella ammessa nei carburanti sulla terraferma e al di fuori delle SECA i combustibili possono essere anche più inquinanti. Altri passi avanti si potrebbero fare elettrificando le banchine per evitare alle navi di usare il carburante mentre sono in porto: iniziativa di nicchia ma sperimentata nel 2021 a Savona, su pressione del Comitato cittadino per il porto elettrico, con lo stanziamento di quasi 9 milioni di euro. Più radicale sarebbe infine l’imposizione di limitazioni alla circolazione stessa delle navi da crociera come fatto, finalmente, a Venezia dall’agosto 2021, quando il governo Draghi ha emesso un decreto di divieto al transito nel Canale della Giudecca e a San Marco per le navi oltre certe misure e stazze.
La crociera è una delle modalità di viaggio più insostenibili in assoluto, ma è anche una forma di vacanza più comoda e accessibile, soprattutto per chi ancora si trova ad affrontare quotidianamente – e ancor di più se lontano da casa – barriere architettoniche, ostacoli e difficoltà di ogni tipo, come i viaggiatori con disabilità, per i quali optare per una crociera può voler dire avere a disposizione un pacchetto tutto incluso, con assistenza e servizio costante al cliente. Se viaggiare è considerato ormai un diritto, bisogna fare in modo che non sia un privilegio, per dare a tutti la possibilità di scegliere. In ogni caso, però, non deve danneggiare né i mari, né le città, né l’aria che tutti respirano.