Dopo un primo momento in cui era sembrato che il governo volesse tagliare i fondi residui per 94 milioni di euro, da ripartire tra 2023 e 2024, per la realizzazione di piste ciclabili, questi sono stati reintegrati. Ma solo in parte: di quanto resta del Fondo per lo sviluppo delle reti ciclabili, istituito dalla legge di Bilancio 160 del 2019 e fino ad oggi non assegnato, infatti, il governo Meloni ha stanziato 2 milioni di euro per quest’anno, 4 per il prossimo e altrettanti per l’anno successivo, che – divisi sul territorio – si traducono in poche centinaia di euro per ogni comune italiano. Il bonus per l’acquisto di mezzi di mobilità sostenibile – che pure non dovrebbe e non potrebbe sostituire una progettazione strutturata e di lungo periodo, specialmente nel contesto di una mobilità ancora gravata da carenze importanti che rendono spesso impossibile fare a meno dell’auto – invece, per ora non risulta prorogato. La politica dimostra così scarsa consapevolezza del ruolo che la mobilità sostenibile e la micromobilità possono svolgere nella lotta alla crisi climatica, specialmente in città. E non è una buona notizia, perché proprio la bicicletta, almeno nelle tratte brevi, sarebbe un prezioso alleato per migliorare la vita di tutti, rendendo più fluidi gli spostamenti e aiutando a contrastare – sui grandi numeri – l’aumento delle temperature.
Come ha sottolineato Legambiente, la road map tracciata nella primavera 2022 dall’ex ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile con il piano sulla decarbonizzazione dei trasporti andrebbe adottata urgentemente per integrare soluzioni strategiche e tecnologie per la mobilità a basse o zero emissioni e per tutelare, così, la conversione in senso ecologico dei settori coinvolti. Il ruolo della bici in questo può davvero essere cruciale, considerando che i trasporti producono circa un quarto delle emissioni mondiali di gas serra, cifra di cui i veicoli passeggeri rappresentano oltre la metà. Pertanto, nessun piano di taglio alle emissioni può evitare di affrontare il problema dei trasporti urbani, né tantomeno di considerare le bici come la chiave per farci finalmente abbandonare i veicoli inquinanti. L’esperienza di Paesi come la Danimarca e i Paesi Bassi lo dimostra, con l’intero settore dei trasporti incentrato proprio sulle due ruote. Se tutti facessero lo stesso, secondo un team di ricerca internazionale che se ne è occupato nel 2022, a livello globale si avrebbe una riduzione di una quantità di emissioni equivalente a quelle di un Paese industrializzato di medie dimensioni. Anche a livello locale i risultati sono tangibili: quando Parigi ha bloccato completamente le auto per un giorno, nel 2016, ha visto ridursi i livelli di anidride carbonica del 25% e quelli di inquinamento acustico del 20%; questi risultati hanno motivato la sindaca Anne Hidalgo ad attivare una strategia di riduzione del traffico che si è dovuta scontrare con le lobby dell’automobile e dei carburanti ma che ha avuto risultati notevoli.
Ma capire a che punto si collocano i vari Paesi nella classifica di diffusione delle due ruote – e quindi determinare i passi che dovrebbero compiere per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del settore dei trasporti – può essere difficile; anche perché, mentre per i veicoli a motore esistono per legge i dati dell’immatricolazione, non è facile avere informazioni certe sul numero di biciclette circolanti. In termini assoluti sono molto più diffuse delle auto, ma questo non significa che siano anche più usate, anzi. Quanto al numero di bici pro capite, sono i Paesi più piccoli e più ricchi ad avere il rapporto tra il numero di bici e quello degli abitanti più alto, con Danimarca, Paesi Bassi e Norvegia in testa. In generale, in Europa la cultura delle due ruote oggi sembra essere più radicata, con bici che vengono effettivamente utilizzate e non solo possedute, ma lo strapotere dell’auto è incontrastato quasi ovunque. Le poche eccezioni, come la Svizzera e il Giappone, sono dovute soprattutto all’efficienza e alla capillarità delle reti di trasporto pubblico, che rendono superfluo questo mezzo.
In Italia, oggi, l’uso della bicicletta è grossomodo stabile da qualche anno: secondo i dati del 2022 il 22% delle mille persone coinvolte come campione in un’indagine da Legambiente ne ha ridotto l’uso, contro il 14% che l’ha incrementato. Questo dato aumenta al 21% nelle grandi città. Dagli ultimi dati Ipsos raccolti risulta che la metà degli italiani possiede una bicicletta, ma solo il 10% la usa per andare al lavoro o a scuola, mentre l’8% usufruisce del bike sharing. È vero che le vendite di biciclette sono aumentate negli ultimi anni, probabilmente anche per la spinta impressa dalla pandemia, tanto che sia nel 2021, che già nel 2020, le bici hanno segnato due milioni di pezzi venduti, il 17% in più rispetto al 2019, mentre le e-bike hanno segnato punte del +44%. Sono però carenti le infrastrutture, sia in termini di piste ciclabili – un fattore, questo, particolarmente grave considerando che la prevalenza delle due ruote nel quotidiano si registra nei Paesi in cui queste sono percepite come un mezzo di trasporto sicuro – che di punti di ricarica elettrica.
Gli italiani, in effetti, sarebbero disposti a lasciare l’auto a casa in favore di monopattini o bici, i mezzi della micromobilità sostenibile e flessibile, se ci fossero le condizioni per farlo, cioè soprattutto a patto che le strade fossero sicure; anche il trasporto pubblico verrebbe scelto da molti più cittadini, se solo i servizi fossero più efficienti, diffusi ed economici. Secondo le rilevazioni di Legambiente, poi, la maggioranza degli italiani è favorevole al divieto progressivo alla circolazione di mezzi inquinanti nei centri abitati, e il 68% al divieto di vendita, dal 2035, di auto nuove a benzina, diesel o gpl; lo prevede, d’altronde, il piano Fit for 55 della Commissione europea per ridurre le emissioni nocive, e l’ha confermato l’Europarlamento, dopo che diversi grandi gruppi automobilistici avevano già preso decisioni in linea per il mercato europeo. L’Europa, poi, di recente ha promosso anche la Cycling Strategy, un piano strategico per raddoppiare entro il 2030 il numero dei chilometri percorsi in bici nell’Unione Europea, attraverso un taglio dei costi per chi si muove in bici, a partire dalla riduzione delle aliquote IVA sulla vendita, il noleggio e la riparazione.
Certo, tutto questo non significa automaticamente che la bicicletta dominerà le strade entro qualche anno, ma il miglioramento della qualità dell’aria e gli incentivi renderanno di certo più piacevole e più conveniente scegliere le due ruote. Se tutto il mondo lo facesse, raggiungendo il livello danese – 1,6 km al giorno percorsi in bici per ogni cittadino – le emissioni carboniche annue globali si ridurrebbero di 414 milioni di tonnellate, per arrivare a quasi 700 milioni di tonnellate risparmiate con un livello di uso della bici olandese, cioè 2,6 km giornalieri a persona. Le ricadute ovviamente sarebbero positive anche sulla salute, considerando l’importanza di mantenere una vita attiva e di trascorrere tempo all’aria aperta (e meno inquinata), oltre alla riduzione della stanchezza mentale a cui oggi restare imbottigliati nel traffico tutti i giorni contribuisce non poco. A questo si aggiungerebbe l’importante riduzione dell’inquinamento acustico, che secondo l’EEA (l’Agenzia Europea dell’Ambiente) nel nostro continente è causato in maggior misura proprio dal traffico stradale. Al momento, però, scegliere la bicicletta espone ancora a rischi letali, che vanno considerati e limitati il più possibile tramite adeguate norme di sicurezza e spazi dedicati e sicuri per la mobilità sostenibile: i dati dall’Istat parlano di oltre 16mila incidenti stradali che hanno coinvolto ciclisti nel 2021, in cui sono morte 220 persone. Meno auto in circolazione e meno traffico significherebbero anche tante vite risparmiate e miglior sicurezza per tutti gli utenti della strada.
Risolvere questo nodo renderebbe finalmente la bici il mezzo migliore in assoluto e il più efficiente, ma anche il più veloce per gli spostamenti di meno di 7,5 km, equivalenti a circa 30 minuti di pedalata tranquilla. Le due ruote sono quindi perfette per i cittadini italiani, i cui spostamenti medi quotidiani sono di poco più di 4 km. Un problema che riguarda il bike sharing, ormai molto diffuso e apprezzato, è il vandalismo (di cui casi importanti sono segnalati a Torino e Bologna), frutto di un nodo culturale che porta a rovinare ciò che appartiene alla comunità, che molti interpretano ancora come qualcosa che “non è di nessuno”. Ma proprio incentivando la smart mobility e l’integrazione tra pubblico e privato e lavorando sulla sensibilizzazione al rispetto e sul senso civico, si potrebbero ottenere dei miglioramenti sul tema dell’appartenenza alla comunità: chiunque, così, sentirebbe di poter fare qualcosa per migliorare la vita della collettività.
In tutti questi risvolti positivi la bicicletta, ancora una volta, è centrale. Non a caso, le città ai vertici internazionali per la qualità della vita sono quelle che più puntano sullo sviluppo e la diffusione della cultura delle due ruote. Da queste, le città italiane potrebbero prendere esempio per investire sulle infrastrutture e le politiche “bike-friendly”, sempre più urgenti e necessarie, perché per battere la crisi climatica non è sempre sufficiente guardare al futuro immaginando complicate soluzioni d’avanguardia tecnologica, a volte si può partire da una soluzione del passato come la bicicletta, adattandola per risolvere alcuni dei grandi problemi del futuro.
Questo articolo è realizzato da THE VISION in collaborazione con Telepass, tech company all’avanguardia nella rivoluzione della mobilità in un’ottica sempre più innovativa e sostenibile. Grazie a un’unica app che tiene insieme un esclusivo metodo di pagamento e una pluralità di servizi legati alla smart mobility, come le strisce blu, il carburante o la ricarica dell’auto elettrica, l’uso di monopattini, bici e scooter in sharing, l’acquisto di biglietti per treni e pullman, dello skipass per sciare, Telepass trasforma ogni spostamento, anche quelli in montagna, in un’esperienza senza confini.
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