Nel film di Paul Thomas Anderson del 2000, Magnolia, Tom Cruise interpreta il ruolo di un motivatore invasato che con un gilet di pelle nera spiega a una platea di uomini come procacciarsi bionde mozzafiato con le sue tecniche di attacco. Questo tipo di figura, quella del prete laico che davanti a una navata di fedeli porta il messaggio della verità che va diffuso e abbracciato da chiunque voglia entrare nella grazia di Dio – che in questo caso consiste nell’avere una vita sessuale da vincente – è una delle manifestazioni più ridicole e fastidiose di un certo tipo di mentalità anglosassone che riduce ogni problema legato a qualsiasi sfera dell’esistenza a un manuale di how to. Il personaggio di Tom Cruise è ovviamente un’esagerazione, una parodia di questo approccio comunicativo aggressivo ed evocativo – in particolare quello degli esponenti della corrente delle Real Social Dynamics – che punta a coinvolgere il pubblico in slanci di entusiasmo a mordere la vita come un vero uomo. Sebbene non tutti esordiscano con frasi come “Respect the cock”, molti condividono con il personaggio di questo film l’idea per cui una volta che hai in mano una guida in dieci punti per risolvere un problema esistenziale come una vita sentimentale disastrosa, il gioco è fatto. E a meno che non si siano trascorsi gli ultimi cinque anni in un’isola paradisiaca lontana dall’inferno dei social network, sarà capitato più o meno a chiunque anche solo per sbaglio di imbattersi nella versione italica di questo tipo di predicatore, che con i suoi trentadue denti sempre tenuti in bella mostra e le mani che rimbalzano sul cranio calvo come fosse un’anguria da testare per vedere se è matura ci insegna i cinque trucchi per diventare ancora più ricco di Bill Gates e mettere su un’azienda che fattura il triplo della Nike.
Marco Montemagno, questo il nome dietro al volto per eccellenza dei video sponsorizzati sul nostro feed di Facebook, è infatti il miglior rappresentante italiano di questa corrente di pensiero del self-help che ha come obiettivo quello di stilare liste e guide alla sopravvivenza da diffondere attraverso il potente e permeante mezzo della rete. Ma attenzione, guai a chiamarlo motivatore, guai ad associarlo anche solo per sbaglio a qualche Tom Cruise da sala conferenze di un hotel a quattro stelle che predica la sua filosofia facendo proseliti e vendendo libri con copertine lucide e piene di scritte giallo su nero. Montemagno, infatti, rifugge come la peste la definizione di motivator in favore di un più generico spirito precettistico; niente di troppo lontano da qualche scuola filosofica classica come quella epicurea, che infonde il suo sapere in comodi aforismi perfetti da appendere come decorazioni in qualche font elegante sulle pareti della cucina. Marco Montemagno non è semplicemente un dispensatore di frasi a effetto ma, come lui stesso si definisce nella sua biografia, un “imprenditore di se stesso”. Questa definizione, così cara a quel tipo di uomo che potremmo catalogare sullo scaffale digitale de “Quel compagno di liceo che ci ritroviamo su Facebook solo perché ci siamo aggiunti nel 2009” e che di solito accompagna al “Lavoro presso: me stesso” anche una formazione alla famosa “Università della vita”, è di fatto il cavallo di battaglia del famoso comunicatore esperto di tecnologia e Internet. Una dichiarazione di intenti ben precisa: non sono qui a dare lezioni di vita, sono un lavoratore come voi, e il mio obiettivo è condividere col mondo dell’imprenditoria la mia enorme conoscenza in materia per far sì che qualsiasi startup dimenticata dal Signore diventi in poco tempo il quartier generale di Apple.
Montemagno, sempre stando alla sua biografia, oltre a informarci di avere ben quattro amazing figli – forse è così che parla un uomo di successo, come se fosse in un pezzo di Franco Battiato – non è però sempre stato un imprenditore di se stesso, un magister del self-branding, del self-promoting e di tutte quelle altre espressioni che ci fanno sentire in un meeting a Palo Alto. Prima di arrivare sui nostri feed è stato infatti protagonista di alcune rubriche di tecnologia e internet su SkyTg24, campione di ping pong – perché che razza di sognatore genialoide sei se non hai almeno un tratto eccentrico nella tua biografia? – e cofondatore di un famoso blog poi comprato da IlSole24Ore, ovvero Blogosfere, più tutta una serie di altre attività di successo come startup pensate per ridurre gli sprechi di tempo e, invece di leggere libri, farseli spiegare da lui. Insomma, l’esperienza entusiasmante e avventurosa di Montemagno nel mondo del business ha trovato così sfogo in una nuova forma, quella della comunicazione via Internet e della costruzione quotidiana di pillole di saggezza imprenditoriale attraverso cui non rischiare di incappare nella disastrosa definizione di “perdente”. I tanti follower e il consenso in effetti danno conferma di questo progetto missionario di bonifica del pianeta Terra rispetto a tutte quelle zavorre umane che sono invece gli uomini non di successo – le donne non c’è nemmeno bisogno di tirarle in mezzo, o almeno non se ne vede traccia nella sua narrazione. E con una cadenza molto regolare, quasi quotidiana, Montemagno tira fuori un contenuto che ci guidi nel mondo delle aziende, dei social, dei modelli di business, delle strategie di marketing, dei trucchi del mestiere per diventare l’Albert Einstein della facoltà di fisica dell’università telematica della Ciociaria: “Monty condivide le proprie idee, esperienze e attività di ogni giorno sperando che possano essere utili agli altri. That’s it!”, sempre per citare la sua biografia.
Al di là dei contenuti più strettamente tecnici, quelli in cui dà prova di un’ottima conoscenza di Internet e delle sue svariate ramificazioni, spiegandone in modo anche abbastanza chiaro il funzionamento, l’essenza della filosofia montemagnana prende spunto dal modello di azione anglosassone che individua in una soluzione pratica e univoca la chiave del successo. Hai problemi nello studio? Sarà perché non hai mangiato abbastanza sano e non sei seduto nella posizione giusta: prova invece a “zippare i tuoi momenti”, oppure a “entusiasmarti a comando”, libera insomma lo Stephen Hawking che è in te perché se non ti poni come obiettivo quello di diventare intelligente come uno dei più importanti scienziati del Novecento che campi a fare. Il successo, una parola che torna molto spesso in questo genere di universo narrativo, è il prodotto di addizioni e di dedizione alla causa che si concretizza con la disciplina e con l’impegno sacrificale dell’atleta che volge tutte le sue energie per l’obiettivo finale, magari urlando al cielo un just do it. Il risultato di questa miriade di video che spiegano come ottenere il massimo seguendo uno schema a+b=c – che potremmo definire “motivazionali” se solo il guru del self-help italiano non si fosse dissociato da questa espressione – è una sovrabbondanza di contenuti che porta a un inevitabile abbassamento della qualità. Ma anche a una fondamentale inconsistenza, considerato il fatto che se davvero le cose stessero così, ovvero che se seguendo dieci regole comportamentali a un colloquio di lavoro si ottenesse il posto, non ci sarebbero più problemi di nessun tipo nell’economia dell’intero pianeta e tutti saremmo dei manager stratosferici. Il dubbio nei confronti del business dei manuali d’istruzione per la vita è che se risolvessero veramente i problemi, allora chi li scrive a un certo punto non avrebbe più un lavoro; se l’esistenza dell’uomo in tutte le sue declinazioni – sia lavorative che personali – si potesse montare nel modo giusto come una scrivania Ikea, pezzo per pezzo, allora probabilmente non saremmo persone ma, appunto, scrivanie Ikea.
Non è un caso poi che, come ripete lui stesso in più occasioni, mentre per esempio intervista lo youtuber Luis, Montemagno abbia una fascinazione per un personaggio come Jordan Peterson, che non manca di definire il suo “mito”. Il professore di psicologia canadese è noto per essere un guru dell’alt-right, grande denigratore del marxismo – colpevole di essersi insinuato attraverso la cultura nelle nostre menti per convincerci che l’eguaglianza è una cosa giusta – e detrattore di ciò che definisce “politicamente corretto”, come il rispetto per gli orientamenti sessuali e il linguaggio consapevole. Sostanzialmente un conservatore retrogrado che crede che non ci sia nulla di male in cose come il patriarcato, o meglio, che questo stesso sia un’invenzione delle correnti progressiste attuali che ci vogliono inculcare concetti come l’identità di genere e l’emancipazione femminile, minando l’ordine naturale delle cose fatto di mascolinità dominante. Non che Montemagno abbia dichiarato apertamente di aderire a questi concetti, ma è vero pure che sebbene si nasconda dietro a un “sono d’accordo su alcune cose”, è chiaro che di Peterson ciò che lo affascina e ciò che supporta è proprio questo senso di mascolinità vincente, un’idea di determinazione, prevaricazione, determinazione volta al raggiungimento di tutti gli obiettivi senza guardare in faccia nessuno. Quest’idea del successo inteso come fine ultimo della vita di ogni uomo, che va a braccetto con una concezione consumistica e cumulativa dell’esperienza umana che non lascia spazio al fallimento e all’idea di essere un “perdente”, qualsiasi cosa significhi questa espressione, è la quintessenza dell’etica protestante weberiana che mette al centro della vita di ognuno semplicemente il guadagno – e se non fai soldi sei uno sfigato, per dirla in modo molto spicciolo.
Il problema di questa concezione della vita intesa come una performance o come un insieme di regole da seguire per ottimizzare le proprie prestazioni, avendo una percezione di sé pari a quella di una macchina o di un computer, è che non tiene in conto di alcune cose fondamentali, come per esempio il fatto che non si possono controllare le persone come se fossero oggetti. Appendere poster di Elon Musk sulla scrivania per guardare al modello di successo e sperare, seguendo una scaletta, di trasformarsi in Steve Jobs è piuttosto inutile, oltre che ridicolo. Non dico che non esistano consigli o suggerimenti per migliorare e ottenere di più da ciò che si fa, ma dove sta scritto che l’essere umano deve comportarsi come se fosse un elettrodomestico da utilizzare al massimo delle potenzialità? Non per forza bisogna ottenere il massimo, né il mondo si divide in perdenti o vincenti. Ma soprattutto, in un’era in cui il capitalismo ha evidentemente toccato il fondo – o quanto meno necessita di essere rivisto come principio generale, considerato ad esempio che metà delle ricchezze della popolazione mondiale è in mano a 26 persone – e in cui è necessaria un’alternativa, forse dovremmo cercare di stilare una lista delle dieci cose da fare per pensarci più come esseri umani che come generatori di soldi e successo. Anche perché, cattive notizie, non basta attenersi alle norme del codice Montemagno per trasformarsi nel prossimo businessman dal fatturato d’oro.