Italo Calvino ha predetto la crisi attuale. E la sua soluzione.
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Trent’anni fa, nelle sue Lezioni americane, Italo Calvino è riuscito a elaborare una sintesi vera ed estrema del suo tempo. L’autore del Barone rampante scriveva che: “forse l’inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio soltanto: è nel mondo,” e in una sola frase descriveva gli anni Ottanta, ma anche, senza saperlo, il nostro Duemila. Calvino non riuscì a completare né a tenere le Lezioni, previste nel ciclo delle Poetry Lectures dell’Università di Harvard, ma le Sei proposte per il prossimo millennio vennero pubblicate postume nel 1988 e rappresentano ancora oggi un prezioso manuale di istruzioni sulle qualità da salvaguardare. Non solo quelle letterarie. Come scrive il critico Gian Carlo Roscioni nella quarta di copertina della loro prima edizione, “La Leggerezza, la Rapidità, l’Esattezza, la Visibilità, la Molteplicità dovrebbero in realtà informare non soltanto l’attività degli scrittori ma ogni gesto della nostra troppo sciatta, svagata esistenza.”

Le Lezioni americane possono ancora insegnarci tanto su come comunichiamo oggi. Calvino fu il primo scrittore italiano a cui vennero affidate le celebri Charles Eliot Norton Poetry Lectures, nate nel 1926 e tenute da personalità come T.S. Eliot, Igor Stravinsky e Jorge Luis Borges. Con l’improvvisa morte dell’autore, i testi previsti per il ciclo di incontri si trasformarono in un testamento involontario ma quanto mai coerente con la poetica e le idee di Calvino, una summa di ciò che per lui significava scrivere e quindi comunicare. Le qualità letterarie da portare nel nuovo millennio vengono analizzate passando da Dante a Galileo, da Leopardi a Lucrezio, da Montale a Ovidio, da Ariosto a Gadda: Calvino chiama a raccolta i suoi autori di riferimento per combattere insieme l’”epidemia pestilenziale del linguaggio.”

Ma le virtù indispensabili per un testo letterario si legano bene a quelle necessarie alla parola pubblica, che alle letteratura si ispira: all’oratoria. Calvino parte dalla leggerezza, intesa non come superficialità ma precisione, valorizzazione del dettaglio e dei significati chiave. Usare la leggerezza significa eliminare tutti quegli elementi del testo, scritto o letto ad alta voce, che rischiano di appesantire le parole e i personaggi. Nella letteratura come nella vita, il consiglio dello scrittore è di cercare quella leggerezza “pensosa” che “può far apparire la frivolezza come pesante e opaca”. Essere leggeri vuol dire avvicinare a noi argomenti che sembrano lontani senza cadere nella trappola del qualunquismo o della vaghezza. Tradotta nel linguaggio della politica, leggerezza è fuggire dal burocratese e dai discorsi pieni di vuote e false promesse elettorali.

Con la morte di Calvino nasce il Berlusconi politico. Fuoriclasse della risata, fine interprete nel ruolo di presidente operaio, salvatore della patria, menestrello e mattatore, campione della stretta di mano e delle firme a reti unificate e a più puntate su irrealizzabili contratti con gli italiani. Silvio Berlusconi è stato il primo presidente del Consiglio a stravolgere l’idea di leggerezza, riportandola al significato originario. Il Cavaliere ha dato del “kapò” a Martin Schulz, dell’“abbronzato” a Obama. Per non parlare della sua celebre “meglio appassionato di belle ragazze che gay” o dell’agghiacciante “Mussolini non uccise nessuno, mandava la gente in vacanza all’estero” senza dimenticare la giurisprudenza piena di “malati mentali” in aperta crociata contro di lui. Un campionario che supera i confini della superficialità e copre l’intera gamma della bassezza: dal razzismo al negazionismo, fino all’omofobia e al machismo.

Italo Calvino e Jorge Luis Borges

Si arriva poi alla lezione sulla rapidità: sul saper manovrare il tempo a proprio piacimento, senza affrettarlo né rallentarlo a dismisura, senza “appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea”. Riuscire ad avere un pensiero chiaro ma flessibile, agile, capace di adattarsi a un mondo che scorre veloce e che cambia continuamente. Pensare anche fuori dal coro ma rendendosi vicini, accessibili e comprensibili, a quel coro. “Nei tempi sempre più congestionati che ci attendono il bisogno di letteratura dovrà puntare sulla massima concentrazione della poesia e del pensiero,” afferma Calvino. Intuizioni, non stagnazioni di pensiero. L’ultima versione del Pd made in Matteo Renzi, nonostante l’ossessione del suo leader nel dimostrarsi un presidente serio e operoso, ma al tempo stesso smart e trend topic, è stata tutt’altro che rapida. Il rischio di replicare il passato c’è sempre stato. Tre esempi su tutti: il patto del Nazareno che ha imbrigliato il governo per troppo tempo; il clamoroso addio all’Articolo 18; il rilancio del Ponte sullo Stretto, tutto tranne che un’intuizione renziana. Serve a ben poco alzare le bandiere della democrazia e riunirsi in una sfilza di convegni che non portano a nessuna conclusione, se poi si perdono le battaglie più importanti.

Non solo, rapidità significa anche saper azzeccare il ritmo: capire quando è opportuno parlare e quando invece è meglio tacere, osservare e riflettere. Senza farsi prendere dall’ansia di raggiungere obiettivi e ottenere ricompense, o di rientrare in scadenze promesse sapendo di non riuscire a mantenerle. Almeno non del tutto. È il caso delle navi cariche di rifugiati che Matteo Salvini ha sempre spacciato per crociere, ma anche e soprattutto della decisione di chiudere i porti italiani presa, guarda caso, in piena campagna elettorale. Ma anche dell’ingiustificabile proposta di intitolare una strada di Roma a Giorgio Almirante, prima votata, poi smentita e infine bloccata fuori tempo massimo dal sindaco Virginia Raggi.

Calvino passa poi all’esattezza. All’essere capaci di evocare immagini nitide, ben definite. All’essere precisi e univoci, prendere una posizione e rimanervi fedeli. Il nome che viene subito in mente è quello di Luigi Di Maio, che per i suoi plurimi ruoli e per le idee del partito che rappresenta, dalle politiche europee alla questione migranti, non fa che passare da una contraddizione all’altra. Il culmine di questo atteggiamento è stata la proposta di impeachment per Sergio Mattarella. Ritrovatosi solo, Di Maio non ha avuto niente di meglio da dire che dichiarare con nonchalance che “l’impeachment non era più sul tavolo”,  frase che ha dato il via alla tanto agognata collaborazione con il Colle.

La ricerca dell’esattezza linguistica è una lotta contro l’inconsistenza e l’impoverimento della lingua che, a detta dello scrittore, è una malattia che distrugge la parola e il mondo, che ci fa perdere la capacità di descriverlo e quindi di governarlo: “Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita, e a cui cerco d’ opporre l’unica difesa che riesco a concepire: un’ idea di letteratura”

La comunicazione deve essere incisiva, ben tratteggiata, e non deve dimenticare mai di adattarsi al tempo e allo spazio dove avviene. La “forma” citata da Calvino non va persa, eppure nello scenario internazionale attuale è un rischio all’ordine del giorno. Basta pensare ai rapidi cambi di opinione del governo Trump su questioni di rilevanza assoluta come il nucleare, e le conseguenti tensioni o distensioni internazionali. O al fatto che gli Stati Uniti si siano ritirati dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu. Essere esatti non significa rispondere impulsivamente agli istinti primordiali dell’hic et nunc, ma saper prendere decisioni anche impopolari ma lungimiranti, valide sul lungo periodo.

La quarta lezione è sulla visibilità, un’idea ancora più difficile da realizzare. Visibilità non è solo distinguersi e saper distinguere in un mondo dove spesso regna l’apparenza, ma anche essere in grado di “pensare per immagini”, di dare alle idee un’anima concreta, in “una forma ben definita, memorabile, autosufficiente, icastica.” Non proprio in linea con il programma previsto nel contratto del nuovo governo del cambiamento e delle sue proposte, ad esempio quella sulle pensioni, o il famigerato reddito di cittadinanza, che ha fatto accumulare voti ai Cinque Stelle – e che qualcuno vorrebbe universale.

Tocca poi alla molteplicità. All’essere in grado di districarsi nelle mille sfumature, trame e grovigli della vita, snodandoli senza sminuirli o appiattirli. Esiste una grande rete universale che collega ogni vita, fatto e scelta:questo non vuol dire che alla base di questi collegamenti ci sia uno schema fisso, definitivo. Per Calvino: “oggi non è più pensabile una totalità che non sia congetturale, plurima. Una crudele dittatura in Turchia, ad esempio, può nascondersi dietro una parvenza di ordinata ed efficiente risoluzione ai problemi del Paese. Rovesciare il regime di Gheddafi in Libiao proclamare l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia non pone fine a tutti i problemi di questi Paesi. Urlare nelle piazze “Prima gli italiani” non contribuirà a rendere l’Italia un posto migliore dove vivere, né lo farà adottare politiche di stampo fascista e razziale come il censire i rom e paventarne la sistematica espulsione.

Ma quella che Calvino non riuscì a scrivere sarebbe forse stata la lezione più importante: quella della consistency. L’Oxford Dictionary definisce il termine consistency come il raggiungimento di un livello di performance che non subisce grandi variazioni qualitative nel corso del tempo. Non permettere al livello di scendere. Non lasciar scorrere le privazioni dei diritti, le mancanze pubbliche, le ingiustizie pubbliche e private. Non farsi scivolare di dosso i preoccupanti dati legati al femminicidio o al bullismo in Italia. Se un senegalese viene ucciso con una scarica di proiettili a Corsico, bisogna farsi delle domande, non passare alla pagina del calcio o dell’oroscopo. Se le donne sono ancora viste come “angeli del focolare”, bisogna lottare e non guardare con occhi sognanti al nuovo governo spagnolo.

Le Lezioni immaginano non solo una prospettiva di letteratura vincente, ma dipingono anche un ideale umano e sociale: capace di essere immediato ma costruttivo, deciso ma non assolutistico, popolare ma non populista. Nella premessa Calvino scriveva: “La mia fiducia nel futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici”. Sostituiamo la parola letteratura con la parola politica, e abbiamo quella che dovrebbe essere la realtà e che ad oggi resta una lontana, intimidita utopia.

Per chi fa politica oggi, le Lezioni americane possono essere una guida alla conquista di un nuovo Mondo. Basta poco: avere l’umiltà di riconoscere di non averlo già trovato e il coraggio di impegnarsi per ridisegnare i confini delle nostre conoscenze.

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