Se una ventina di anni fa ci avessero detto che avremmo praticato più o meno tutti l’arte complessa del sexting, probabilmente saremmo esplosi in una risata di scherno, “Ma chi, io? Col telefonino?” Ma dove prima la lontananza poteva tramutarsi in un romanzo epistolare Harmony nelle migliori delle ipotesi, o in una triste ma inevitabile rottura nelle peggiori, si è insinuato Internet. Ad accompagnare questa esperienza sessuale via etere, di solito, c’è anche un catalogo privato di materiale audiovisivo che supporta i momenti di intimità con scambi di foto, video, messaggi audio, tutti riconducibili alla ormai nota esortazione “send nudes”. Ma se Internet non è altro che un propellente per la realtà, anche il suo universo parallelo dovrebbe rispondere a certe regole che nel mondo in carne e ossa risultano un po’ più facili da applicare: così come è molto più semplice insultare qualcuno nella barra dei commenti di un post piuttosto che dargli del deficiente faccia a faccia in un bar, anche rimorchiare ed esporre nudità quando c’è un telefono di mezzo e la protezione di uno spazio tra chi manda e chi riceve assume una forma più disinvolta. E così, da questa zona franca dell’esposizione personale, vengono fuori fenomeni apparentemente inspiegabili che possono invece tornarci utili per capire misteri della sessualità umana, come ad esempio l’hobby di certi uomini di inviare quelle che in inglese vengono dette “unsolicited dick pics”, foto non richieste di peni.
All’interno di un terreno consensuale di sexting, ovviamente, non è affatto strano che un uomo senta la necessità di mettere in mostra i propri genitali con una fotografia. Anzi, la pratica di coltivare una relazione, anche di tipo puramente carnale, attraverso piattaforme online prima ancora di aver avuto rapporti nella realtà non è per nulla una rarità nel 2019. Capita spesso, ad esempio, che ci si conosca attraverso delle dating app, ma anche semplicemente attraverso i social più canonici come Instagram e Facebook, e che tra una chiacchiera e un’altra alla fine ci si ritrovi a portare avanti una conversazione esplicitamente connotata da messaggi erotici. Ma come non esistono solo relazioni perfettamente consensuali, può succedere che qualcuno fraintenda la situazione, interpreti con eccessiva indulgenza i segni lanciati dall’altra persona e finisca per inoltrare un’immagine del proprio apparato genitale senza che nessuno glielo abbia mai chiesto né abbia dato in qualche modo da intendere che lo desiderasse. La linea di confine tra ciò che può essere inteso come un “sì” è spesso difficile da tracciare, e per questo mi appellerei al contesto comunicativo in cui avvengono questi episodi, ma il vero dubbio è incentrato piuttosto sul perché ci siano molti uomini che si sentono liberi di farlo anche quando non c’è stato proprio nessun segnale di complicità rispetto alla possibile visione di un pene. E non un pene a caso, proprio quello dell’interlocutore. La cosa che più lascia perplessi è come questo fenomeno si verifichi in situazioni in cui sembrerebbe più un attentato kamikaze che una vera e propria tecnica di approccio: perché mai una donna o un altro uomo dovrebbero gradire una dick pic che salta fuori dal nulla?
Alcuni anni fa, dopo aver scaricato Tinder per la prima volta, mi ritrovai a chattare tramite Whatsapp con una persona con cui avevo avuto un match. Non ricordo con quale scusa fossimo passati dalla chat dell’app d’attracco a quella con cui ci si tiene in contatto con familiari e coinquilini, ma il motivo di questo passaggio fu presto ben chiaro, dato che all’epoca su Tinder non si potevano mandare file video né foto. Se ti trovi su una dating app è perché stai cercando qualcuno con cui avere un rapporto, occasionale o meno, ed è abbastanza ipocrita affermare il contrario per chissà quale principio di pudicizia e innocenza. Ciò tuttavia non sottintende che tu sia immediatamente disponibile a passare da un piano comunicativo formale a uno decisamente molto più informale. Nonostante questo, la persona in questione decise, qualche secondo dopo la mia risposta alla domanda “Che cosa stai facendo?” – stavo guardando Game of Thrones – fosse necessario deliziarmi con un video di 3 minuti di lui che si masturbava, con il pene in primo piano e il suo viso in secondo piano. Lì per lì la cosa mi fece piuttosto ridere, considerato che comunque non avevo intenzione di sposare né di avere chissà quale contatto profondo con questa persona. Mi sembrò a dir poco allucinante pensare al fatto che, dal suo punto di vista, una piccola creazione audiovisiva simile fosse qualcosa di attraente per una sconosciuta beccata a caso su un’app di incontri. Inutile specificare che la conversazione morì in quell’istante, e per me quella persona rimase marchiata a vita come “il tizio che mi ha mandato un video del suo pene a caso”. La cosa si verificò però altre volte, con altri ragazzi e in altri contesti, e quella che sembrava una stranezza isolata diventò una pratica ricorrente.
Le domande che sorgono di fronte a episodi simili, per quanto mi riguarda, sono sempre tante. Prima di tutto, viene da chiedersi quale effetto ci si auguri di innescare una volta inviata una foto dei propri genitali. Secondo, viene da interrogarsi sulla natura di questo gesto, e sul fatto che abbia dei tratti auto-sabotatori, considerato che è decisamente improbabile che una persona che si ritrova un documento simile mandato senza nessuna condivisione di intenti accetti la sfida e ricambi con la stessa moneta. Terzo, è una questione che apre molte altre porte rispetto al tema di internet, dei confini che questo non riesce a stabilire e dei cambiamenti nei rapporti interpersonali che inevitabilmente stanno mutando forma: se è molto più semplice dire quello che si pensa attraverso un commento a un post piuttosto che in un confronto diretto nella vita reale, anche dare libero sfogo ai propri impulsi sessuali senza riflettere sul peso del gesto che si sta compiendo risulta meno complesso. In poche parole, non credo che uno dei tanti uomini che hanno deciso di condividere il loro pene con me senza che io abbia chiesto loro nessun documento fotografico a riguardo avrebbero la stessa disinvoltura nel tirare fuori i propri genitali durante un aperitivo. Porsi tali domande non vuole in alcun modo ridurre la questione a una mera ridicolizzazione del genere maschile nei suoi tratti più incomprensibili, né generalizzare dando a tutti gli uomini dei porci, ma dovrebbe semmai generare una riflessione rispetto alle differenze, anche poco chiare e biasimabili, tra i generi e tra ciò che ognuno ritiene essere erotico. E non a caso, anche in ambito psicologico e mediatico il fenomeno comincia ad avere una sua risonanza. Una risonanza tanto grande da diventare, per esempio, il centro di una vicenda recente che coinvolge uno degli uomini più ricchi del mondo, Jeff Bezos, e Donald Trump.
La prima ipotesi di risposta razionale a questa pratica tanto coraggiosa quanto sconsiderata potrebbe essere la percezione sbagliata che molti uomini hanno della sessualità femminile: dare per scontato che anche le donne si eccitino alla vista di nudità è un errore piuttosto grossolano che spesso coinvolge il sesso maschile. Esistono quintali di rubriche del cuore e quiz del Cioè che testimoniano l’evidente differenza, anche abbastanza stereotipata, tra i due modi di percepire l’eccitamento, e il fatto che un uomo si aspetti che da una foto del suo pene scaturisca una reazione di eccitamento, magari ricambiata da un documento fotografico femminile simile, non è altro che una forma di miopia relazionale. Così come un modo di fare spavaldo, anche aggressivo e arrogante, viene ritenuto da certi maschi la chiave giusta per ottenere l’attenzione del sesso opposto, come dimostrano i libri, i video e le teorie – a mio parere abbastanza ridicole – dei vari pick-up artist, i quali fondano la propria tecnica di approccio proprio su questa filosofia del “o la va o la spacca”. Anche l’esibizionismo potrebbe essere una componente fondamentale per questa forma di approccio, declinazione moderna dell’uomo con l’impermeabile che gira per il parco e dà spettacolo delle sue grazie non appena incontra qualche possibile spettatrice.
In sostanza, dietro le dick pic non si nasconde nient’altro che una serie di usanze e atteggiamenti tipici del sesso maschile – non imputabili a tutti gli uomini del mondo per fortuna – che si manifestano in una nuova forma, quella digitale. Grazie al senso di protezione che ci dà la vita su internet siamo portati a fare con una certa disinvoltura cose che normalmente richiederebbero molta più sfacciataggine. C’è anche chi ha provato, ad esempio, a fare lo stesso mandando foto non richieste di genitali femminili agli uomini, suscitando una reazione ben diversa da quella che di solito si innesca nelle donne, e dimostrando ancora una volta quanto può essere diverso e soggettivo il modo di vivere la sessualità tra generi diversi. Più che deridere o condannare l’esistenza di questo fenomeno, dunque, si potrebbe analizzare con più attenzione per capire come funzionano elementi complessi e condizionanti della nostra vita come il sesso. Oltre che rendersi conto di quanto la poca consapevolezza di come funziona l’erotismo per il genere opposto al nostro possa determinare comportamenti spiacevoli anche da parte di chi non definiremmo esattamente un “maniaco sessuale”. Se esistesse una cognizione meno stigmatizzata e bigotta della sessualità femminile, cosa che piano piano si sta concretizzando, magari molti di quelli che credono che la foto di un pene possa eccitare una sconosciuta su Tinder si risparmierebbero anche la figuraccia.