Un mio vecchio professore un giorno provò a spiegarmi come la parte più difficile nell’insegnare la Storia non fosse far capire agli studenti gli avvenimenti del periodo A e del periodo B, ma la transizione tra A e B, l’anello di congiunzione tra una fase e l’altra. C’è sempre un processo consequenziale, a volte è anche solo una scintilla, e il cambiamento avviene. Uno dei fenomeni che mi hanno incuriosito di più in questo senso è il passaggio dal boom economico italiano, il risveglio di un Paese ferito che riscopre libertà perdute e ricostruisce se stesso, agli Anni di piombo. Comunemente viene identificato un momento per l’inizio della strategia della tensione: il 12 dicembre del 1969, la strage di Piazza Fontana. Diciassette morti e ottantotto feriti presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, e alla stessa ora altri attentati a Roma e nella stessa Milano. La “madre di tutte le stragi”, certo, ma il seme era già stato piantato prima, anche se molti non se ne erano ancora accorti.
Un romanzo che spiega bene questa transizione è sicuramente Cronache private, esordio di Valentina Parasecolo, giornalista che attualmente lavora come addetta stampa. Attraverso un riuscitissimo intreccio tra fiction e documentazione storica, Parasecolo fa luce proprio su quel periodo di svolta: uno squarcio nell’Italia repubblicana dopo due decenni di risalite e nuove speranze. Per farlo si confronta con uno dei casi più sconvolgenti dell’epoca: il rapimento e l’uccisione del dodicenne Ermanno Lavorini. “Il 1969 è un anno chiave della Prima Repubblica”, mi dice Parasecolo, “e si apre con il caso Lavorini, il primo episodio di kidnapping post bellico. Fu uno shock collettivo perché il caso divenne mediaticamente rilevante e diede vita a un gioco di false accuse, ritrattazioni e insabbiamenti, creando uno spartiacque della Storia anche nell’immaginario di una generazione che ancora ricorda l’orrore di quei giorni”.
Le due settimane che chiudono il gennaio del 1969 sono intense, tanto che la loro eco si espande anche a livello internazionale. Il 16 gennaio Jan Palach si dà fuoco a Praga per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia; il 20 Richard Nixon si insedia alla Casa Bianca come nuovo presidente degli Stati Uniti; il 30 i Beatles tengono la loro ultima esibizione pubblica sul tetto della Apple a Londra. Il giorno dopo, Ermanno Lavorini scompare nel nulla. Parasecolo compie un gesto coraggioso e funzionale a livello narrativo mantenendo intatta la verità sul caso, ma cambiando i nomi dei protagonisti e spostando la vicenda qualche mese più in là, durante i giorni dell’allunaggio, a luglio. Sembra una scelta necessaria per approfondire la discrepanza tra la verticalità e il sottosuolo, tra i nuovi orizzonti e l’immobilismo di una provincia che comunque mantiene dei tratti lunari, quasi landolfiani. Il protagonista maschile del romanzo, Giovanni, è un giovane tombarolo che si ferisce a una gamba mentre scava alla ricerca di reperti antichi. L’arrivo dell’uomo sulla Luna fa quindi da contrasto a ciò che custodisce la terra, come mi spiega Parasecolo: “È la fine del mondo premoderno, rurale, qualcosa che traghetta la società occidentale verso una nuova epoca, e in qualche modo si infrange anche il rapporto con il sacro. Consiglio il documentario di Giuliano Ricci L’uomo sulla Luna, che parla delle donne in Barbagia, le vecchie vedove che hanno un rapporto quasi magico con il mondo dei morti e che considerano lo sbarco sulla Luna una sorta di colpa primaria, l’inizio di una modernità che ha profanato i rituali del mondo antico”. Scorrendo tutti gli altri avvenimenti del 1969 forse oggi suona come una didascalia, ma è davvero l’ultimo anno del tempo che fu e il primo della modernità per come la conosciamo oggi.
In quell’anno hanno infatti preso il potere Arafat in Palestina e Gheddafi in Libia, (nomi che poi sono rimasti in auge fino al terzo millennio), e lo hanno perso De Gaulle in Francia (rassegnando le sue dimissioni) e Ho Chi Minh in Vietnam (morendo con un attacco di cuore), che invece ormai appartengono più ai libri di scuola che alla nostra vita. Abbiamo avuto Woodstock e la strage compiuta dalla setta di Charles Manson. In Italia ci sono state due conquiste epocali: sono state cancellate le gabbie salariali ed è stata introdotta la pensione sociale. Passata quasi sottotraccia, in un hotel di Chiavari è stata ufficializzata la nascita delle Brigate Rosse. Parasecolo sposta il caso Lavorini in quel luglio che, ancora una volta, delinea il conflitto tra ciò che affonda e ciò che ascende. Brian Jones, fondatore dei Rolling Stones, viene trovato morto sul fondo della sua piscina dopo un’overdose di eroina, e pochi giorni dopo decolla l’Apollo 11, lasciandosi alle spalle un pianeta che ancora, come descrive bene il romanzo, fa affidamento sulle lapidi, le targhe commemorative, le statue, il mondo ereditato dagli avi – che allora si appresta però a spiccare il volo, in tutti i sensi. È anche l’anno in cui nasce ARPANET, la fase embrionale di Internet. Tutto inizia a collegarsi, e mentre le persone si riuniscono davanti alla televisione per assistere ai primi passi di Neil Armstrong e Buzz Aldrin sul suolo lunare, nello scenario di Parasecolo è il momento in cui Ermanno Lavorini scompare. Prima ancora di Piazza Fontana, l’era moderna si apre con quello che inizialmente viene additato come uno scandalo sessuale alla stregua dei “balletti verdi”, mentre in realtà nasconde una realtà ben più estesa che tocca diversi rami del potere, con il coinvolgimento dell’estrema destra e del Fronte Monarchico Giovanile.
Il corpo di Lavorini viene ritrovato dopo poco più di un mese nella pineta di Marina di Vecchiano, in provincia di Pisa, sepolto grossolanamente sotto la sabbia. Nel mentre alla famiglia era arrivata la richiesta di quindici milioni di lire per il riscatto. Di fronte al male, la comunità reagisce aggrappandosi alla ricerca di un nemico, a costo che sia immaginario. Così venne accusata la giunta socialista di Viareggio di adescare i ragazzini nella pineta e lasciarli in mano ai pedofili.
Partì una caccia agli omosessuali, e a farne le spese furono Giuseppe Zacconi, morto nel 1970 dopo essere stato considerato un mostro dall’intera comunità, e Adolfo Meciani, morto impiccato col suo lenzuolo nel carcere di Pisa. Qualcuno voleva fare opera di depistaggio e collegare la tragedia alla prostituzione omosessuale. Anche per la strage di Piazza Fontana si cercò per anni di deviare l’attenzione dalla vera matrice, ovvero il terrorismo di estrema destra, attraverso l’arresto dell’anarchico Pietro Valpreda e il famoso interrogatorio in cui Giuseppe Pinelli “cadde casualmente” dal quarto piano della questura. Innocenti usati dal potere per nascondere altro: è un po’ il tratto caratteristico del nostro Paese con l’avvento degli Anni di piombo.
In quei giorni arriva a Viareggio anche Junio Valerio Borghese, intento ad appendere dei manifesti in tutta la città per avallare la tesi della perdizione della giunta socialista, dipinta come una manica di depravati e quindi carnefice nel caso Lavorini. Il Secolo d’Italia, organo ufficiale del MSI, segue lo stesso iter. Borghese, l’anno dopo, tenterà un colpo di Stato supportato dal suo ambiente di destra e da un numero rilevante di componenti dell’Esercito. Sarà lui stesso ad annullarlo, nel bel mezzo dello svolgimento. Ancora oggi non sappiamo per che motivo. Si parla di una telefonata decisiva per bloccare tutto, in cambio di successivi favori (la fuga in Spagna, certo, ma altro che è ancora ignoto). Le ipotesi sull’interlocutore dall’altro lato della cornetta restano due: Licio Gelli e un collaboratore di Giulio Andreotti. Non è escluso che le piste siano complementari e valide entrambe. Sta di fatto che il golpe Borghese, il caso Lavorini e la strage di Piazza Fontana hanno nella destra i reali colpevoli. Anche per il caso Lavorini restano ancora collegamenti irrisolti. Gli esecutori, dei ragazzini maldestri che uccisero il bambino il giorno stesso del sequestro, erano sì collegati al Fronte Monarchico Giovanile, ma non sono mai venuti fuori i nomi degli adulti che mossero i fili. Il riscatto serviva a finanziare atti eversivi con l’acquisto di armi, ma non si capisce per arrivare a cosa. Nell’Italia di provincia degli anni Sessanta, nonostante la “modernità della Luna”, cercare la verità è più difficile che seguire i sentimenti di un gruppo che chiede solo la vendetta e un nemico, possibilmente “depravato”. Parasecolo nel romanzo omaggia invece il giornalista Marco Nozza, che indagò in modo determinante sul caso Lavorini e venne chiamato “Il Pistarolo”. Nel romanzo è Giovanni che compie la famosa scena realmente avvenuta, con Nozza che si accorge della spilletta del Fronte Monarchico sul petto di Marco Baldisseri, uno dei giovani indagati, e capisce così che c’è una pista diversa rispetto a quella sessuale.
Cronache private è anche una lente sul giornalismo dell’epoca, su quelle redazioni buzzatiane dove c’è un’enorme distanza tra i giornalisti interessati alla verità e quelli che lavorano sulla vendibilità delle notizie, asserviti ai meccanismi di mercato. Giovanni, così, scopre una Milano molto diversa dalla provincia, vissuta anche dalla protagonista femminile dell’opera, Dora. I due si sfiorano negli anni, è un amore struggente nella sua incompiutezza, ma entrambi sono i perfetti rappresentanti del passaggio tra due ere. La provincia in quegli anni cercava infatti una rivalsa, i giovani volevano l’emancipazione, essere contemporanei. Dora la sarta diventa imprenditrice, e il riscatto sociale nel romanzo di Parasecolo appare come la dialettica su cui l’Italia stessa si fonda. A prescindere dall’appartenenza sociale, gli abitanti di paese assistono al “mondo nuovo” cogliendone i segnali.
Lo stesso Lavorini di Parasecolo, in una scena prima del rapimento, legge Viaggio al centro della Terra di Jules Verne, alimentando quel contrasto tra il mondo sotto e quello sopra, con la Luna che appare come nuova dimora dell’umanità. Lo “scemo del villaggio” scrive un biglietto che recita: “Ora che l’uomo va sulla luna, dove finisce la terra? Sopra alla testa dei bambini”. È un riferimento alla sepoltura del giovane Lavorini, ma anche alla saggezza dei matti, di chi si rende conto della fine di un’epoca e della difficoltà nell’abbracciarne un’altra. È il 1969, la provincia scopre un nuovo mondo e la sabbia è anche quella usata dal potere per nascondere le tracce scomode. Benvenuti negli Anni di piombo, il primo assaggio della modernità in Italia.