
Da un saggio su come la Luna influenza la nostra esperienza terrestra all’intimo racconto di cosa significa oggi diventare madri, passando per nuove prospettive sulla salute mentale, sul rapporto con i cani e sull’era del rifiuto perpetuo, ecco cosa abbiamo letto questo mese.

La nostra Luna, Rebecca Boyle (Aboca)
C’è un pensiero che mi accompagna da sempre, ogni volta che alzo lo sguardo al cielo buio: la Luna è una presenza attiva, una forza discreta ma potente che modella la vita sulla Terra, più di quanto ci piaccia credere. Rebecca Boyle, ne La nostra luna, ci ricorda proprio questo: la Luna non è solo una compagna romantica delle nostre notti, è l’architetto silenzioso della nostra esistenza terrestre. Boyle accompagna il lettore attraverso migliaia di anni di osservazione e intuizione, dall’antica Mesopotamia ai laboratori di astronomi e filosofi, fino ai programmi spaziali più attuali. Ma il suo racconto non è un manuale di storia o di astronomia: è un’esperienza che fa vibrare la connessione tra ciò che ci sentiamo di essere e ciò che ci sovrasta.
Scopriamo allora che la Luna regola le migrazioni, guida la riproduzione, detta il ritmo delle maree e forse persino il flusso delle nostre vene. Che ha influenzato battaglie e strategie militari, ma anche le danze dei polipi nelle barriere coralline, che la sua presenza è stata fondamentale perché la vita emergesse, dalle piccole pozze d’acqua calda fino alle complesse società umane. Leggere questo libro è come osservare la storia con una lente insolita: la Luna come filo rosso che unisce scienza, mito, filosofia e letteratura. Boyle ci ricorda che ogni rivoluzione scientifica – da Copernico a Galileo, da Keplero a Kant – porta con sé un’ombra lunare, una costante che rende la nostra civiltà diversa da qualsiasi altra. E mentre le agenzie spaziali del mondo si preparano a reclamare questo satellite, il libro ci invita a fermarci e chiedere: a chi appartiene davvero la Luna? Alla scienza, alla politica, o a chi sa ancora ascoltarla, sentirla?
La nostra luna è un invito a guardare il cielo con occhi nuovi, a capire che il destino umano, biologico e culturale, è scritto anche nelle fasi di questo astro lontano, ma incredibilmente vicino. È un saggio che affascina, insegna e commuove, un piccolo capolavoro di divulgazione che fa sentire ogni lettore parte di una storia molto più ampia.

Un’altra vita, Amanda Hess (Einaudi)
Diventare madre oggi significa fare i conti con una presenza silenziosa, onnipervasiva e per nulla innocua: lo schermo del nostro telefono. In Un’altra vita. Fare un figlio nell’era digitale, Amanda Hess racconta con acume e ironia caustica il paradosso della maternità contemporanea: un desiderio profondamente intimo e biologico, il bisogno di generare e nutrire una vita, che si ritrova a sottomesso dal freddo calcolo delle app e al giudizio costante del web. Cicli, posizioni favorevoli, cibi “propedeutici” diventano parametri da seguire, come se il corpo e la mente non avessero già abbastanza da fare. E quando finalmente arriva la gravidanza, l’ansia non diminuisce, anzi, aumenta, perché il mondo digitale – fatto di consigli, reel, articoli di autoproclamatisi guru e gure – è pronto a ricordarci quanto si possa fallire e fare tutto molto male.
Hess osserva questo fenomeno con uno stupore buffo e penetrante, eppure la sua scrittura non è mai distaccata. Racconta di notti passate a leggere forum e blog, di occhi che non riescono a staccarsi da ciò che fa più male, di mani che cercano sicurezza tra icone luminose e incessanti notifiche e misurazioni. E questa pressione non si dissolve nemmeno quando il bambino nasce: il digitale continua a giudicare, a insinuare il sospetto di non essere all’altezza, di non meritarsi la propria nuova vita. Ma Hess, con sincerità tagliente, ci ricorda una cosa ovvia e che pure oggi è molto facile dimenticare: che internet, per quanto invadente, non può sapere tutto di noi; che basta posare lo sguardo su un bambino che dorme, respirare e ascoltare il nostro corpo, per rientrare in pieno e diretto contatto con ciò che davvero conta. La nostra presenza, la nostra attenzione, il nostro esserci nella relazione.
Questo libro non è solo per genitori, ma per chiunque senta l’assillo del controllo tecnologico e la fragilità della propria intimità nel mondo contemporaneo. Hess racconta la maternità come un viaggio che è insieme divertente, doloroso, discretamente folle e straordinariamente umano. Un viaggio che in un certo senso ci costringe a guardare lo schermo, ma ci invita anche a guardare altrove: dentro di noi e negli occhi di chi ci rende responsabili di un’altra vita. Con acutezza, ironia e lucidità, Un’altra vita ci mostra che la vera rivoluzione non sta nelle app, ma nella capacità di staccare lo sguardo e ricominciare a vivere nel qui ed ora.

Scusate il disturbo. Storie e idee per un nuovo sguardo sulla salute mentale, Scilla Chirizzi e Francesco Caroli (Laurana Editore Milano)
In Italia, una persona su quattro convive con un disturbo mentale. A livello globale, secondo l’OMS, il 50% dei disturbi insorge prima dei 15 anni e l’80% entro i 18. In Europa, oltre il 20% dei giovani tra i 15 e i 29 anni manifesta sintomi di ansia o depressione, con un aumento del 25% rispetto ai livelli pre-pandemia. Sono cifre enormi, eppure il tema resta ancora ai margini del dibattito pubblico. Spesso ridotto a un fatto privato, se non a un tabù, il disagio psicologico colpisce milioni di cittadini ma riguarda tutti e tutte. In questo scenario, Scusate il disturbo. Storie e idee per un nuovo sguardo sulla salute mentale sceglie di partire dalle persone per fare la differenza. Scritto da Francesco Caroli e Scilla Chirizzi, il testo non è un saggio tecnico né un semplice reportage, ma un’opera corale che intreccia storie vere, dati allarmanti, esperienze professionali e una visione politica chiara: riportare la salute mentale al centro della società, come bene comune.
Il simbolo scelto dagli autori, non a caso, è una panchina: un luogo semplice e quotidiano, ma carico di significati. È lo spazio dell’ascolto e dell’attesa, della solitudine e dell’incontro. Su quella panchina si siedono madri, adolescenti, anziani, adulti in crisi, ma anche operatori, psicologi ed educatori. Figure diverse, accomunate dal bisogno – o dalla scelta – di ascoltare e accogliere. Le loro voci si intrecciano a quelle di oltre venti esperti – neuroscienziati, psichiatri, psicologi, sociologi, dirigenti scolastici, architetti e professionisti del lavoro e del sociale – che offrono uno sguardo completo sui diversi momenti della vita, dall’infanzia alla vecchiaia, restituendo la salute mentale alla sua dimensione più ampia e condivisa.
Nato dall’incontro di percorsi personali e professionali diversi ma complementari, Scusate il disturbo è un libro che invita a guardare la fragilità non come un fallimento ma come una dimensione costitutiva dell’esistenza, da accogliere e condividere. Caroli e Chirizzi non si limitano a denunciare, ma propongono una vera e propria agenda del cambiamento, con proposte concrete: una regia nazionale per la salute mentale, maggiore prevenzione nelle scuole, un rafforzamento dei servizi territoriali e il riconoscimento del ruolo di Comuni e Terzo Settore. Perché investire nella salute mentale significa, soprattutto, costruire una società più coesa, inclusiva e umana.

Parola di cane. I segreti della straordinaria relazione umano-canina, Sara De Cristofaro e Lauretana Satta (Baldini+Castoldi)
Tra tutte le creature che l’uomo ha incontrato, il Cane è quella che più gli somiglia. Non per forma, ma per destino: entrambi dipendono l’uno dall’altro, si cercano, si fraintendono e si salvano. Parola di cane. I segreti della straordinaria relazione umano-canina, di Sara De Cristofaro e Lauretana Satta, racconta proprio la storia del rapporto millenario tra uomo e cane, raccontata dalla voce del Cane: un animale che, nel corso delle generazioni, ha imparato a comprendere la nostra lingua, i nostri odori, le nostre emozioni. Dalle pagine emerge la figura di un animale capace di imparare la nostra lingua, riconoscere i nostri odori, leggere le nostre emozioni e costruire, generazione dopo generazione, un codice di comunicazione con noi. Lo fa per amore, per fiducia, ma anche per paura, vivendo in una condizione di dipendenza totale dall’essere umano. Una dipendenza che il Cane ha imparato a considerare naturale, ma che lo espone a tutti i rischi che essa comporta: la vulnerabilità, la mancanza di scelta, la possibilità di trovarsi accanto a un umano distratto, inconsapevole, o peggio, crudele. Nel racconto, infatti, il Cane osserva gli umani con gratitudine e tenerezza, ma anche con la consapevolezza della propria vulnerabilità: la qualità della sua vita dipende interamente dalla sensibilità e dalla coscienza di chi lo accompagna. Non è un gioco, non è un possesso: è una relazione piena, complessa e reciproca con un individuo senziente.
Il libro alterna riflessioni etologiche e osservazioni poetiche: si parla del naso che “legge” feromoni e ormoni, della pelliccia come sofisticato sistema di termoregolazione, dell’abbaio come linguaggio dalle infinite sfumature, dei comportamenti che rivelano capacità cognitive sorprendenti. Ma, al di là della descrizione scientifica, ciò che colpisce è l’approccio etico e affettivo: capire il Cane significa riconoscere la sua alterità e, allo stesso tempo, la sua profonda prossimità. Parola di Cane diventa così anche una metafora del nostro tempo. Come il Cane affida la propria esistenza all’uomo, così il presente e il futuro si affidano alla nostra capacità di assumerci responsabilità collettive. Ma spesso, per paura o pigrizia, preferiamo la scorciatoia del facile e dell’immediato.

Rifiuto, Tony Tulathimutte (Edizioni E/O)
Nato nel 1983 in USA da genitori thailandesi, Tony Tulathimutte è uno di quegli scrittori che non temono di sporcarsi le mani con le parti oscene dell’animo umano. Cresciuto in California, ha esordito nel 2016 con Private Citizens, un romanzo che squarciava il velo ipocrita della Silicon Valley, ritraendo millennial ambiziosi e nevrotici in una satira tagliente. Ora, con Rifiuto – tradotto in italiano da Vincenzo Latronico – si infila ancora di più nel marasma del presente: una raccolta di sette racconti intrecciati che non è solo un romanzo scomposto, ma un incubo lucido sull’era del rifiuto perpetuo. Un rifiuto viscerale: sessuale, sociale, identitario.
Tulathimutte non scrive per consolare. I suoi personaggi sono elder-millennial intrappolati in un loop di umiliazioni autoimposte, dove le chat, il porno e i forum anonimi diventano rifugi precari contro il vuoto. La sua prosa è iperbolica, grottesca e sporca, con immagini che restano. Il primo racconto, The Feminist, segue un ventenne woke che divora bell hooks e modera gruppi femministi online, ma sotto la patina progressista nasconde un risentimento atavico. Rifiutato dalle donne che idealizza e pedina, scivola in un forum incel dove il femminismo diventa “un cancro”. Tulathimutte lo ritrae con crudeltà comica, in un’autopsia del maschio performativo che finge alleanza per mascherare il terrore.
Poi, i fili si dipanano in un ecosistema di miserie collegate. In Pics, una giovane asiatica-americana, stanca del “terrorismo identitario”, rifiuta il vittimismo coatto e finisce ostracizzata dalle coinquiline. Tulathimutte affonda il coltello nella politica dell’identità, osservando con sofisticatezza e mettendo sul piatto gli infiniti modi in cui un certo attivismo si sta autodistruggendo.
Gli altri pezzi – Main Character, su un troll nichilista, The Opposite Sex, su un eterno single che accumula amiche senza mai sfondare; Re: Rifiuto, su un troll che semina zizzania su Reddit – formano un coro di voci spezzate, unite da un filo di umiliazione condivisa. Il finale è un coup de théâtre che smonta il libro stesso. Definito su Vulture “il primo grande romanzo incel”, Rifiuto è un veleno che non uccide, ma ti lascia con l’amaro in bocca.