Questa la nostra selezione di libri letti a febbraio 2025 - THE VISION
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Da saggi su come sia cambiato l’amore e del perché la sofferenza dell’innamoramento è prima di tutto un modo per conoscersi davvero, o su come i riallineamenti economici stanno plasmando la contemporaneità, a letture sulla storia puntuale e sovversiva della masturbazione e sull’affascinante e fulgida intelligenza del grande psicoanalista Donald W. Winnicott, ecco cosa abbiamo letto questo mese.

L’amore è cambiato. L’era post-romantica, Annalisa Ambrosio (Einaudi)

Oggi l’amore è scomparso dal discorso pubblico, almeno nel suo senso politico. Il nostro immaginario, da San Valentino alle commedie romantiche, è farcito di amore, spesso edulcorato e inverosimile, mentre nelle nostre vite vediamo i rapporti sfaldarsi: le statistiche ci dicono che non ci sposiamo più, i divorzi aumentano e facciamo sempre meno sesso. L’amore, cioè, è sparito dalle nostre vite, diventando una fantasia per adolescenti o un lusso di pochi. Partendo da un’intervista di Michela Murgia, in cui l’innamoramento è paragonato a “una forma di psicosi”, Annalisa Ambrosio si interroga sulle possibilità che oggi può assumere l’amore nell’era post-romantica. Il sentimento più analizzato di sempre è infatti cambiato perché la cultura terapeutica, l’istituto giuridico del divorzio, le lotte dei movimenti LGBTQIA+ hanno allargato la morfologia delle relazioni amorose. 

Come sostiene Ambrosio, la società ha inquinato il dibattito pubblico sull’amore attraverso quattro bugie: che l’amore deve essere per sempre, e per sempre ugualmente intenso; che solo il vero amore ci permette di realizzarci pienamente; che al grande amore corrisponde sempre una travolgente attività sessuale, e viceversa. In un momento storico in cui rifiutiamo di affrontare le emozioni negative della vita, rigettandole a tal punto da non confrontarci con le loro conseguenze, innamorarsi ed entrare in relazione con l’Altro arriva a sembrarci un rischio insormontabile, perché amare significa, se non sempre ma spesso, anche soffrire. Ambrosio, invece, in L’amore è cambiato, ci invita a cambiare punto di vista: “La chiamiamo sofferenza ma dovremmo chiamarla conoscenza: è la conoscenza di qualcosa che non ci piace, ma che esiste così. E cioè che gli altri e il mondo non sono minimamente sottoposti al dominio della nostra volontà: per quanto la nostra immaginazione sia forte, da sola non basta per fare la realtà”. Una torsione nella posa che solitamente assumiamo che rende l’innamoramento un mezzo per conoscere se stessi e se stesse, e che in fin dei conti ci conferma che amare è bruttissimo, è bellissimo, è l’inferno e la leggerezza. In quest’ottica, rinunciare alle aspettative irrealistiche a cui ci assoggettiamo anche nella dimensione emotiva, probabilmente è il gesto catartico di cui ora abbiamo più bisogno.

 

La globalizzazione è finita, Rana Foroohar (Fazi Editore)

All’inizio del ventunesimo secolo, Thomas Friedman proclamava la globalizzazione come il nuovo ordine economico nel suo celebre libro Il mondo è piatto. Mentre i movimenti che vi si opponevano venivano annichiliti dalla violenza, come è accaduto notoriamente a Genova, i maggiori player globali trascinavano capitali da un angolo all’altro del mondo, senza curarsi delle conseguenze. Ora, però, la storia sta cambiando direzione.

Lo sostiene la giornalista Rana Foroohar, editorialista del Financial Times e analista economica della CNN. La globalizzazione è finita, il suo ultimo libro, è un’analisi del declino dell’iper-globalizzazione a favore di un modello economico più localizzato. Decenni di delocalizzazione e finanziarizzazione hanno svuotato le industrie locali, specialmente negli Stati Uniti e in Europa, rendendo i paesi troppo dipendenti da fornitori lontani, in particolare dalla Cina. Così, la promessa neoliberista della globalizzazione — costi più bassi, maggiore efficienza e prosperità diffusa — si è rivelata in gran parte fallimentare, arricchendo le multinazionali ma destabilizzando la classe media e le comunità locali occidentali.

Il saggio, scritto nel 2022 e tradotto recentemente in Italia, intreccia  l’analisi macroeconomica con dei reportage sul campo, evidenziando lo sforzo di imprese locali e esponenti politici nel cercare di ricostruire le catene di approvvigionamento nazionali. Nonostante l’autrice sia fondamentalmente critica nei confronti delle politiche dei dazi di Donald Trump, come emerge da alcune recenti interviste, argomenta sul valore della “ri-regionalizzazione”. Foroohar, infatti, riconosce i rischi del protezionismo, ma sostiene che un’economia più localizzata e resiliente sia necessaria per affrontare le sfide del cambiamento climatico, della disuguaglianza e della rivoluzione tecnologica. In questo senso, La globalizzazione è finita è una lettura imprescindibile per chiunque voglia comprendere i riallineamenti economici che stanno plasmando la contemporaneità.

 

E tutti danzarono, Alessandro Bertante (La nave di Teseo)

Le estati milanesi, sempre più torride, non sanno mai di buon auspicio, hanno invece l’odore di una sedia di plastica in un giardino privato, su cui un professore accaldato di mezza età, Ivan Boscolo, si interroga sulla vita tra un drink e l’altro. La sensazione è oltremodo sinistra se il sindaco di una Milano distopica – ma con una topografia precisissima – decide di indire una sorta di rave legale in centro città, che attirerà giovani da tutta Europa, nel tentativo troppo entusiasta di assumere una posa progressista. La danza, nei vari parchi cittadini, si trasformerà però in un sortilegio sinistro, un’allucinazione di massa che colpirà soltanto i più giovani, che non riusciranno a smettere di ballare nemmeno in assenza di musica, presi da una sorta di trance.

In questo contesto, in cui le morti naturali a causa del caldo e della disidratazione si mescolano a violenze e delitti, Ivan Boscolo cerca in tutti i modi di riportare a casa sana e salva la sua figlia diciottenne, Micol, insieme alla sua ex moglie, Francesca. Mentre le forze dell’ordine appaiono completamente incapaci di agire in maniera efficace, così come accademici ed esperti nell’interpretare il fenomeno, la corsa contro il tempo si popola di domande senza risposta. 

E tutti danzarono, fiaba oscura ispirata a un evento realmente accaduto – la piaga del ballo di Strasburgo, nel 1518, in cui persero la vita centinaia di persone – è un romanzo in cui la fiction si mescola a lucide riflessioni quasi saggistiche sul tetro presente della nostra società. La completa assenza di supporto istituzionale nella gestione della crisi, la mancanza di informazioni di sorta, il caos e la folla di giovani zombie rendono la ricerca di Micol un viaggio nella disperazione, ma anche un racconto iperbolico dell’attualità. Il ballo sembra infatti la metafora di una generazione perduta, “priva di sguardo sul futuro, percossa, impaurita e vilipesa“, troppo sensibile per sopravvivere al mondo che ha ereditato, ormai sull’orlo dell’Apocalisse.

 

Il sentimento del reale, Donald W. Winnicott (Raffaello Cortina Editore)

Questo libro, a cura di Sara Boffito e Anna Ferruta, raccoglie trentanove inediti del grande psicoanalista Donald W. Winnicott, primo a sgravare sapientemente la figura materna dalla pressione verso un’irraggiungibile e ossessiva perfezione. La madre secondo lui, o meglio la figura di cura primaria, doveva essere solo “sufficientemente buona”, e quindi umana nelle sue imperfezioni e al tempo stesso nelle sue manifestazioni di amore. Ma Winnicott non ha fatto solo questo, ha cambiato alle fondamenta il nostro modo di pensare la figura del bambino, ma anche il significato della violenza delle emozioni, e cosa possa significare “diventare sé stessi”.

Le due curatrici hanno compiuto un lavoro notevole di organizzazione del testo (ogni sezione del libro si apre con una ricca introduzione e si chiude con una sezione di “Lampi d’intuito”, con alcuni dei passaggi più folgoranti) e dei temi raccolti, dalla maternità alla figura del bambino (Winnicott era inizialmente un pediatra) e dell’adolescente, alla famiglia e alle tensioni che le danno forma o che invece la disgregano, passando per l’inconscio, significativo per definizione in quanto appunto “inconscio”, e la sessualità, la comunicazione, ma anche esperienze cliniche, tra schizofrenia e nevrosi, appunti e una selezione di alcune lettere scambiate con alcune figure di spicco della psicoanalisi dell’epoca, come la grande Melanie Klein Roger Money-Kyrle, John Bowlbu, Ernest Jones, Michael Balint e Francesca Bion.

In questa raccolta – che raccoglie le pagine più vicine alle inquietudini che ancora ci tormentano, a tanti anni di distanza – appare come un lampo assolutamente affascinante la fulgida intelligenza di Winnicott, la sua ironia e la sua passione per l’umano e per il suo funzionamento. Con “sentimento del reale”, espressione che appare anche nelle riflessioni di Simone Weil sull’infelicità, Winnicott apre a una dimensione dell’esperienza che riguarda il “sentirsi vivi”, che secondo lui ciascuno di noi rischia di perdere adeguandosi a ciò che la società si aspetta da noi, perdendo a un tempo stesso la totale ricchezza dell’amore, così come per contro la pienezza della tragedia.

 

Il piacere sovversivo. Breve storia della masturbazione, Alessia Dulbecco (Tlon)

Per restare in tema di educazione e pressione sociale, la pedagogista Alessia Dulbecco in questo libro ci offre una breve ma puntuale storia della masturbazione, come azione sovversiva. Anche in questo caso viene dato grande spazio al peso dell’apparato educativo come dispositivo di coercizione dell’individuo fin dai primi anni di vita, per controllarlo il più possibile attraverso una ferrea disciplina, applicata neanche a dirlo a partire dal corpo e dalle sue pulsioni. Anche per questo la masturbazione, maschile e ancor più femminile, diventa un vero e proprio moto di ribellione, capace di dare libera espressione all’immaginazione, sottraendosi alla repressione sociale.

Dulbecco, raccontandoci di strumenti erotici del passato e del presente, approfondisce in maniera essenziale e precisa le ragioni del terrore legato a questa pratica spesso solitaria e segreta, alimentato dalle istituzioni, così come dai medici e dagli educatori, che spesso rimane introiettato fino a oggi. L’autrice, invece, ci invita a considerare l’autorotismo per ciò che è una volta spogliato dalle ombre del moralismo: una pratica di conoscenza di sé e autodeterminazione, capace di sfidare attivamente il sistema, liberandoci da tabù che non hanno più alcuna ragione di essere.

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