In un fase di recrudescenza della pandemia, con l’incognita della variante Omicron che si diffonde rapidamente nel mondo e le polemiche sul Super Green Pass e sulla terza dose di vaccino contro il Covid-19, servono ancora di più voci autorevoli e qualificate che sappiano spiegare con precisione e chiarezza l’evolversi della pandemia e rispondere ai dubbi delle persone. Una di queste voci è quella di Barbara Gallavotti.
Biologa, divulgatrice scientifica, giornalista e autrice di programmi televisivi di successo come “Ulisse – Il piacere della scoperta” e “Superquark”, Gallavotti da un anno è ospite fissa della trasmissione Dimartedì condotta da Giovanni Floris, in cui spiega con trasparenza e grandi capacità comunicative le novità e i dubbi relativi alla pandemia di Covid-19.
Gallavotti è, fra le altre cose, un’esperta di virus ed epidemie. A maggio 2019, prima dell’esplosione della pandemia, è uscito il suo ultimo libro, Le grandi epidemie – come difendersi.
In questo scritto la biologa ricorda che l’intera storia dell’umanità è scandita da lunghe battaglie contro i virus responsabili di malattie infettive. Dal morbillo alla poliomielite, dal vaiolo alla peste fino all’Hiv, l’autrice ripercorre la lunga e faticosa strada che ha portato l’umanità a debellare o tentare di combattere questi nemici invisibili, grazie soprattutto all’invenzione di vaccini e antibiotici, da anni al centro di accese polemiche e campagne di disinformazione.
In un momento storico in cui scienza e ricerca scientifica sono spesso messe in discussione, il lavoro di sensibilizzazione di Gallavotti ha un’importanza fondamentale nell’opera di divulgazione corretta di dati e conoscenze scientifiche, per evitare che queste possano essere distorte e strumentalizzate da ciarlatani, populisti e personaggi in cerca di popolarità.
Nel libro la studiosa spiega che la lotta contro gli agenti virali è una lotta impari per l’uomo: mentre i primi si evolvono rapidamente, il nostro sistema immunitario è molto più lento nel farlo. Il progresso ci ha però fornito uno strumento prezioso che i virus non possiedono: l’intelligenza. Grazie a questa, nell’ultimo secolo siamo riusciti a sconfiggere o contenere malattie che prima erano in grado di decimare intere popolazioni. Basti pensare all’influenza Spagnola, che avrebbe provocato in tutto il mondo tra i 50 e i 100 milioni di morti tra il 1918 e il 1920, oltre dieci volte quelli causati oggi, e in un mondo molto più interconnesso, dal Covid-19. O ancora, pensiamo al vaiolo, che nel corso del Novecento ha causato più di 300 milioni di vittime, ben tre volte di più di tutte le guerre del secolo scorso. Per questo oggi non ha senso criticare o demonizzare i vaccini e quei farmaci che hanno permesso e permettono all’umanità di progredire e vivere in uno stato di salute decisamente migliore rispetto al passato.
“Ancora pochi decenni fa – scrive Gallavotti nel suo libro – non ci saremmo posti il problema. Ciascuno avrebbe potuto citare una lista di persone direttamente o indirettamente conosciute, vittime di malattie oggi evitabili con un vaccino. E l’esperienza individuale avrebbe coinciso, nella sostanza, con i dati scientifici. Oggi per fortuna non è più così, quindi è divenuto necessario raccontare come funziona l’epidemiologia”.
Quando si parla di scienza e di vaccini è importante allora distinguere le opinioni personali da prove scientifiche fondate su studi, esperimenti e ricerche che ne possano confermare la validità.
A ribadirlo è stata proprio Gallavotti in diretta tv, il 23 novembre scorso, quando, per rispondere alle insinuazioni della giornalista No-vax Beatrice Silenzi, ha spiegato che anche uno scienziato illustre come Luc Montagnier, premio Nobel per le sue preziose scoperte sull’AIDS, può avere credenze infondate sui vaccini per il Covid-19. Il motivo è molto semplice: Montagnier non ha mai fatto studi sull’efficacia di questi vaccini e per questo le sue restano semplici opinioni personali. “Nell’ultimo anno”, ha continuato Gallavotti, “i vaccini sono stati somministrati a sette miliardi di persone: abbiamo visto una moria di persone da vaccino o una moria di persone per Covid-19?”.
La risposta, come sempre, la fornisce la scienza: dall’inizio della pandemia, i morti di Covid-19 nel mondo sono oltre 5 milioni e 200mila. Quelli accertati per i vaccini, secondo i dati che abbiamo a disposizione oggi, sono nell’ordine delle poche decine. 6 morti confermate per un rarissimo effetto avverso del vaccino Johnson & Johnson negli Stati Uniti (su oltre 196 milioni di persone vaccinate) e 9 nel Regno Unito, di cui 5 in cui il vaccino è risultato solo una delle cause scatenanti, su oltre 46 milioni di persone vaccinate. Numeri che non reggono un confronto.
Nonostante le evidenze scientifiche, le teorie del complotto dei negazionisti continuano a imperversare su internet, sui social e anche nella realtà. Il motivo della negazione della realtà dei fatti da parte dei negazionisti si trova, come ha spiegato sempre Gallavotti nella puntata del 10 novembre 2020 di Dimartedì, nel bisogno irrazionale di trovare una soluzione semplice a un problema complesso.
Riportando quanto sostenuto da Bruce Miller, neuroscienziato esperto in malattie neurodegenerative, la ricercatrice ha ipotizzato che le false convinzioni si radicano nel cervello di chi nega l’evidenza tramite un meccanismo parzialmente simile a quello che si verifica in alcune demenze. Mentre in quest’ultimo caso sono i sensi a restituire al cervello un’immagine falsata della realtà, nelle persone sane questa immagine ingannevole si insinua nella mente a causa della difficoltà a distinguere le informazioni vere da quelle errate. È comprensibile, ha concluso la scienziata, che di fronte all’emergenza posta dal nuovo virus, si possa essere attratti dall’idea di negarne l’esistenza o la pericolosità, ma si tratta soltanto di un’illusione, spesso pericolosa.
Secondo Miller, l’incapacità di distinguere tra informazioni fondate e infondate è dovuta alla mancanza di una cultura scientifica di base, ma Gallavotti non è del tutto d’accordo con questa affermazione. Per la studiosa i negazionisti non sono tutti ignoranti, dato che a volte si tratta di persone dotate di un buon livello di istruzione e cultura; quindi è molto più probabile che la negazione della realtà sia più legata al bisogno irrazionale di trovare una soluzione semplice a un problema complesso. Ma soluzioni semplici a problemi complessi di solito non ce ne sono, a meno che non siano false soluzioni. Il negazionismo, da questo punto di vista, ci offre il rimedio perfetto: ci dice che il Covid-19 non esiste e se esiste non dobbiamo preoccuparcene. È vero, sostiene Gallavotti, che la conoscenza scientifica può aiutarci a uscire dalla trappola del negazionismo, ma ancora più utile potrebbe essere il senso di solidarietà sociale: anche se il Covid-19 colpisce maggiormente le categorie fragili, questo non significa che quelle persone non abbiano diritto a vivere il più a lungo possibile e in salute; nessuno dovrebbe avere il potere di privarle di questo diritto con comportamenti socialmente sbagliati o egoistici.
Se le istituzioni, le emittenti tv e i media evitassero di dare spazio a esponenti No-vax, complottisti e medici contrari ai vaccini e si affidassero, invece, a divulgatori esperti e professionali come Gallavotti appunto, probabilmente ci sarebbero anche meno persone indecise o intimorite da fantomatici rischi e danni collaterali, mai accertati.
Nonostante il successo e la fama raggiunti a seguito delle sue pubblicazioni e per la sua presenza fissa in tv, la biologa, diversamente da tanti altri suoi colleghi, ha continuato a portare avanti con grande serietà il suo lavoro di ricercatrice e divulgatrice senza trasformarsi in una scienziata-influencer.
Grazie alla sua capacità di anteporre la ragione scientifica a ogni superstizione, teoria complottista o fake news, Gallavotti è riuscita a rendere comprensibili al grande pubblico temi scientifici, anche molto complessi, dalle epidemie all’inquinamento, dalla spazzatura spaziale all’autismo, senza sminuirli o intaccarne la complessità.
Gallavotti è oggi l’esponente di punta di una tradizione scientifica e agnostica, che fa riferimento a Margherita Hack e che possiede gli strumenti adatti a decifrare la complessità del reale e a sconfiggere le paure derivanti dall’ignoranza e dalle credenze anti-scientifiche, purtroppo ancora troppo diffuse nella nostra società.