Aggiornamento di martedì 31 marzo, alle ore 13:00, con rettifica in calce del Movimento Genitori Lombardia
Lo scorso 11 marzo, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato lo stato di pandemia rispetto alla diffusione ormai globale e incontrollabile di COVID-19. I casi totali riportati nel mondo sono ormai 173.344, 152 nazioni sono state coinvolte e in tutto il mondo ci sono stati 7.019 morti. Oltre alla Cina, il Paese da cui l’epidemia è partita e si è poi diffusa in tutto il mondo, le nazioni al momento più colpite sono l’Italia, l’Iran e la Corea del Sud, ma il nuovo epicentro dell’infezione sembra spostarsi verso l’Europa, con un numero di casi sempre maggiore in Spagna, Francia e Germania. Così, mentre l’Europa passo dopo passo si ferma, il mondo della ricerca si affretta a mettere a punto un vaccino.
Un virus che è ancora poco conosciuto dal momento che prima d’ora non era mai stato identificato nell’uomo, avendo solo da poco fatto quello che viene definito il “salto di specie”, cioè il passaggio da un ospite animale – un pipistrello, secondo un recente studio dell’Università del Campus Bio-Medico di Roma – a un ospite umano. Dopo averlo confrontato con gli altri ceppi umani di coronavirus conosciuti – quelli che provocano il raffreddore, per esempio, o quelli che causano la Sars e la Mers – il nuovo virus è stato isolato da diversi team di ricerca in tutto il mondo per studiarlo e combatterlo meglio.
I ricercatori sono al lavoro non solo per trovare dei medicinali in grado di debellare l’infezione una volta manifestata, ma anche e soprattutto per mettere a punto un vaccino, che permetterebbe di fermare l’avanzata del virus contenendone i rischi. Nei Paesi occidentali, una situazione pandemica come quella che stiamo vivendo è una novità, perché normalmente ci confrontiamo con virus conosciuti da tempo, con cui la nostra specie è in contatto da diverse generazioni e per cui abbiamo sviluppato già – nella maggior parte dei casi – anticorpi o vaccini efficaci, che hanno debellato determinate malattie o comunque ridotto esponenzialmente la possibilità di entrare in contatto con virus per cui non abbiamo anticorpi. Le campagne di vaccinazione di massa degli ultimi anni, infatti, si sono dimostrate efficaci nella riduzione della mortalità di molte malattie infettive nel mondo. Le iniziative globali dell’Oms hanno permesso di eradicare il vaiolo e di ridurre l’incidenza del morbillo e della poliomielite: negli ultimi sette anni, infatti, le vaccinazioni di massa hanno ridotto la mortalità del morbillo del 74%, mentre la poliomielite è oggi endemica solo in quattro nazioni, invece delle 185 del 1988. I programmi di vaccinazione di massa si basano sul concetto di immunità di gregge: quando gran parte di una popolazione è vaccinata, la trasmissione della malattia da persona a persona viene interrotta. La percentuale di individui vaccinati necessari a garantire l’immunità di gregge varia a seconda dell’agente patogeno, e solo quando questa percentuale minima viene raggiunta la trasmissione della malattia si interrompe. I vaccini hanno anche aiutato a tenere sotto controllo l’influenza stagionale, che come COVID-19 può portare a complicazioni letali per alcune fasce a rischio (anche se molti continuano a non farsi vaccinare pur essendo vulnerabili). Solo in Italia in media ogni anno muoiono 8mila persone a causa dell’influenza stagionale e delle sue complicazioni.
Un vaccino per COVID-19 richiede ancora del tempo per essere diffuso, almeno un anno e mezzo, come ha detto davanti al Senato degli Stati Uniti Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, dopo che il presidente Trump aveva chiesto di realizzarne uno entro questo novembre. Sebbene un anno e mezzo al momento possa sembrare un’eternità, è un periodo di gran lunga inferiore ai normali tempi di realizzazione di un vaccino. Secondo Jon Andrus, epidemiologo della George Washington University, la maggior parte dei vaccini richiede dai cinque ai quindici anni prima di essere messa in commercio, anche a causa del periodo necessario per i test e per lo studio degli effetti collaterali sugli individui. Tempi che, però, ora potrebbero essere accelerati dalla situazione di emergenza. È di inizio marzo, infatti, la notizia che nell’area di Seattle è iniziata la ricerca di volontari per la prima fase di sperimentazione di un vaccino contro la COVID-19, mentre anche in Israele un gruppo di ricercatori si è detto pronto a iniziare la sperimentazione.
Se i primi test di sicurezza verranno superati, si potrà passare alle due fasi successive, cioè la sperimentazione del vaccino su un numero più ampio di persone e poi su un’area focolaio. I tempi, però, sono comunque lunghi, dal momento che prevedono, per ogni fase, dai sei agli otto mesi. Solo a questo punto, se tutto è andato per il verso giusto, un’agenzia come la Food and Drug Administration statunitense oppure, in Europa, l’Agenzia europea per i medicinali dovrà prendere una decisione sull’approvazione del nuovo vaccino, prima di procedere con la produzione, la distribuzione su vasta scala e l’avvio di un programma di vaccinazione di massa. Nel nostro Paese, presumibilmente, il vaccino contro la COVID-19 rientrerebbe nei Lea, i Livelli Essenziali di Assistenza, come le altre vaccinazioni. Non è però ancora chiaro in che modo, dal momento che nelle diverse regioni cambiano le modalità di accesso ai vaccini: quelli che sono gratuiti per tutti in alcune, lo sono solo per i soggetti a rischio in altre.
Ma, come dimostrato solo pochi anni fa, nel nostro Paese il problema principale resta la mancata consapevolezza, per molti cittadini, della fondamentale importanza di una copertura vaccinale. Una consapevolezza messa ancora più a rischio dalla presenza dei movimenti no-vax a cui, soprattutto sui social, viene data libera espressione, permettendo il proliferare di bufale e teorie complottistiche che spesso le persone non riescono a distinguere dalla realtà scientifica. Al momento, la preoccupazione maggiore dei diversi gruppi sparsi per il mondo, oltre alla sfiducia verso i ricercatori, le case farmaceutiche e il mondo scientifico in generale, è che i governi possano obbligare tutti a vaccinarsi, aumentando così il loro controllo e potere sui singoli cittadini. A gennaio, per esempio, ha iniziato a circolare la voce, ovviamente infondata, che Bill Gates fosse in possesso del brevetto del coronavirus o di un vaccino in grado di curare la malattia. Nonostante molti social media, come Facebook, abbiano rinforzato le loro politiche contro le fake news, la notizia continua a girare tuttora nei gruppi no-vax, con l’aggiunta di altre bufale legate alla malattia stessa e a improbabili cure che le fonti ufficiali “vogliono tenerci nascoste”.
Il coronavirus sarebbe sfuggito a un laboratorio cinese, o sarebbe stato creato in centro di ricerca appositamente per rinforzare le politiche di vaccinazione di massa. La malattia si curerebbe con la semplice assunzione di vitamina C, bevendo molto tè o con altre sostanze miracolose da pagare a caro prezzo. Un esempio è la “Miracle mineral solution”, una soluzione – a base di candeggina, come è stato scoperto – che dopo essere stata pubblicizzata come cura miracolosa contro il cancro e l’autismo, ora neanche a dirlo è diventata anche una panacea contro il coronavirus. Come è facile aspettarsi, in questi casi l’ignoranza e le bufale, a volte, fanno più vittime del virus stesso: come in Iran, per esempio, dove nei giorni scorsi 44 persone sono morte per intossicazione da alcool, dopo che era stata diffusa la falsa notizia che l’assunzione di alcool potesse uccidere il virus.
Anche in Lombardia, la regione che in questo momento sta soffrendo di più per la pandemia in corso, i no-vax non hanno perso la voglia di parlare: in un video, diffuso qualche giorno fa, la presidente e la vicepresidente del Movimento genitori Lombardia informano, con aria di supponenza, che non faranno ai propri figli un eventuale vaccino contro COVID-19, perché secondo loro “non è quello il modo di fermare un’epidemia”. Il problema è che opinioni del genere, oltre a essere prive di fondamento scientifico, sono dannose. Sebbene in Italia Facebook abbia recentemente attivato una politica di informazione sull’importanza dei vaccini, mediante un avviso che compare quando ci si collega a pagine social o gruppi antivaccinisti, ancora non basta. Solo con la diffusione capillare di una cultura approfondita sull’importanza dei vaccini si riuscirà a far fronte alla pericolosa deriva no-vax. Solo così, partendo fin dalla scuola, si riuscirà a combattere l’ignoranza scientifica estremamente radicata nel nostro Paese, ma non solo, sempre più dannosa per la collettività, soprattutto nelle situazioni di emergenza.
Rettifica ex art. 8 L. 47/1948 di martedì 31 marzo 2020 Ore 13:00
*Con riferimento all’articolo “I novax potrebbero lottare contro il vaccino al coronavirus. Non possiamo permetterglielo.”, pubblicato il 17 marzo 2020 riceviamo e pubblichiamo la seguente richiesta di rettifica da parte del Movimento Genitori Lombardia e della Presidente e Vicepresidente dell’Associazione stessa, Sara Anzellotti e Veruska Scarpino.
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Il Movimento Genitori Lombardia e la Presidente e Vicepresidente dell’Associazione stessa, Sara Anzellotti e Veruska Scarpino, per il tramite dell’Avv. Linda Mestriner, hanno contestato l’articolo realizzato dalla giornalista Alessia Poldi, pubblicato in data 17 Marzo 2020 sul sito internet del quotidiano “The vision” dal titolo «I novax potrebbero lottare contro il vaccino al coronavirus. Non possiamo permetterglielo» per i seguenti motivi. In primis, il contenuto del video citato nell’articolo (un estratto di soli 2,49 minuti a fronte di oltre 45 min. di ripresa) risulta tagliato e artatamente rimontato rispetto alla videointervista originaria, dalla quale sono state omesse dichiarazioni rese nel corso della ripresa in grado di mutare completamente il significato di quanto pubblicato. L’articolo di The Vision non risulta poi veritiero in quanto omette di riportare che il video menzionato era già stato contestato dal Movimento prima della pubblicazione dell’articolo stesso mediante un Comunicato Stampa inviato in data 9.3.20 a tutte le testate giornalistiche interessate dalla pubblicazione del video in questione e pubblicato in pari data nei commenti apparsi nelle pagine internet dei suddetti quotidiani. Il titolo ed il testo dell’articolo riportano, altresì, notizie non vere laddove le intervistate ed il Movimento vengono associate al termine “NoVax”, mentre le suddette hanno espressamente dichiarato di non essere, né loro né l’Associazione da esse rappresentata, contrarie ai vaccini e di non voler essere accostate a tale espressione, considerato il carico negativo che tale termine ha assunto ormai nella comunicazione mediatica nonché nell’opinione pubblica e visto il momento di grave crisi sanitaria in atto in Italia e nel mondo. Infine, il brano giornalistico appare una commistione di cronaca e critica totalmente gratuita ed inopportuna, oltreché diffamante del Movimento e delle intervistate, come le seguenti affermazioni ed incisi: “,…con aria di supponenza…,”; “Il problema è che opinioni del genere, oltre a essere prive di fondamento scientifico, sono dannose.”; “…pericolosa deriva no-vax.”; “… si riuscirà a combattere l’ignoranza scientifica estremamente radicata nel nostro Paese…”.