Mi sembra ci sia un modo tutto italiano di parlare di cibo che, scherzando, si sintetizza spesso nel parlarne anche mentre lo si mangia. Una liturgia che da fuori può sembrare parossistica, ma che più che con una barzelletta mi sembra abbia a che fare con un impeto che racconta profondamento chi siamo – come esseri umani, al di là di ogni confine nazionale. Mangiare, cucinare, prima procacciarsi e ora procurarsi gli ingredienti, le materie prime, fa infatti intrinsecamente parte della nostra storia come specie. Non a caso, l’introduzione della cottura dei cibi avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella nostra evoluzione.
Come sostiene Richard Wrangham, docente di Antropologia biologica a Harvard, la preparazione del cibo ha infatti un ruolo centrale per l’identità, la biologia e la cultura umane. Oltre a offrire nuovi modi per nutrirsi, la cottura ha fornito probabilmente anche l’abitudine di mangiare insieme in un luogo e in un momento stabiliti, perché al contrario degli alimenti crudi, da poter assumere anche in cammino, il fuoco necessitava di una pausa. Cucinare, insomma, definisce chi siamo molto più di quanto pensiamo, ed è forse anche per questo che mai come oggi, in un momento di disorientamento comune, passiamo così tanto tempo a pensare e a parlare di cibo, a guardare altre persone prepararlo in televisione e sui social, ma soprattutto a scoprirlo e ad assaggiarlo. Come se fosse una rassicurazione. Per me, per esempio, rientra senza alcun dubbio tra i linguaggi della cura, come atto d’amore verso sé stessi e gli altri, secondo quell’educazione familiare per cui, come Elsa Morante andava ripetendo, l’unica vera frase d’amore è “Hai mangiato?”. Un atto fondativo che è normale che tocchi corde profonde: non solo quelle sensoriali, ma anche emozionali, appunto, fino a elevarsi a forma di pensiero, portando il mondo al suo interno e raccontando di noi, di ciò che conosciamo e del tanto che ancora ci resta da scoprire, di cui fare conoscenza per la prima volta.
Un sapore può risvegliare in noi un’emozione intensa e autentica, simile allo stupore dell’infanzia, quando tutto era novità, scoperta. Un odore può legarsi a un ricordo, e richiamarlo nei momenti più inaspettati, quando solletica i nostri sensi in contesti diversi da quello in cui ci è diventato noto. Succede magari assaporando un certo vino, oppure gustando un ingrediente o un piatto che appartiene a una cultura diversa dalla nostra. In quell’istante, veniamo come trasportati altrove, immersi in un’altra dimensione sensoriale. D’altronde, cibo e viaggio si intersecano dall’inizio della civiltà, non solo perché molti degli ingredienti o delle ricette che consideriamo erroneamente “nostri” sono in realtà frutto di scambi, importazioni, passaggi orali, modifiche corali tra generazioni, culture e società diverse, ma anche perché, soprattutto oggi, si viaggia anche per scoprire nuovi sapori, per assaporare i piatti della tradizione che ormai sono diventati protagonisti dei nostri feed social, per immergersi nella cultura locale. Spesso si organizza un viaggio proprio a partire dalla cucina locale, per poi provare a ricreare a casa ciò che si è scoperto in vacanza – quando non se lo si porta direttamente dietro come può accadere con lo street food. Il cibo, infatti, è molto più di una semplice necessità biologica: è un linguaggio universale, un veicolo di identità culturale e un potente strumento sociale. Nelle società umane, ha sempre svolto una funzione che travalica il nutrimento: è simbolo, rito, memoria, esperienza. Parallelamente, il viaggio, inteso come scoperta dell’altro, si arricchisce da sempre proprio attraverso l’incontro con nuove cucine, sapori e rituali gastronomici.
È da qui che nasce la ricerca “Viaggio nel gusto. Le tendenze gastronomiche d’Italia, tra tradizione e cibo da strada”, realizzata da Moveo, il magazine di Telepass, in collaborazione con le agenzie di marketing Seed e Change Media. Partendo dalla selezione di un elenco di ricette tipiche delle diverse regioni italiane, è stato esaminato il volume di ricerche online negli ultimi dodici mesi di ciascuna per esaminare come sia cambiato l’interesse nel tempo e individuare eventuali tendenze emergenti. Un lavoro che non ha la pretesa di stabilire quale sia la ricetta più gustosa, autentica o rappresentativa del Paese, né quale regione sia mai la migliore – se mai un simile titolo possa essere assegnato –, perché l’approccio di Moveo è quello del viaggio inteso come esplorazione, curiosità e scoperta culinaria, scevro da qualsiasi spirito di inutile competizione. Il risultato, infatti, è uno studio che permette di comprendere quali siano i piatti che attirano maggiormente l’attenzione degli utenti online: chi cerca una ricetta da replicare in cucina, chi si informa prima di partire per una nuova meta, o chi si imbatte in un piatto incuriosito da un programma televisivo o da un trend sui social. Perché anche la cucina, proprio come il viaggio, è fatta di storie, connessioni e nuove passioni, di scoperta e condivisione.
Secondo l’analisi condotta da Moveo, è la pizza la ricetta più cercata in Italia nell’ultimo anno. Che sia bassa, alta, alla napoletana o alla romana, d’altronde è forse il simbolo per eccellenza del nostro Paese, un piatto semplice, nato dall’ingegno popolare, capace di conquistare ogni angolo del mondo e di raccontare anche una storia fatta di contaminazioni, incontri e trasformazioni culturali. Alla pizza seguono poi la carbonara, ormai centro di accesi dibattiti sul web, la piadina, emblema della Romagna, l’amatriciana e la cacio e pepe, così come il gateau di patate, e la pasta alla Norma, espressione pura della Sicilia. E poi la parmigiana di melanzane – al centro della disputa eterna sul friggerla o se farla al forno –, la pasta e fagioli e i pizzoccheri, piatto tipico valtellinese che sorprende per la sua crescente popolarità. Un insieme di ricette che coprono l’Italia da Nord a Sud, perché il cibo e il buon mangiare non conoscono latitudine, ma sono una scoperta continua, ovunque ci si trovi. A dimostrarlo sono anche le ricette che hanno registrato il maggiore incremento di ricerche nell’ultimo anno, inserite in una lista decisamente più curiosa e variegata, che va dai vincisgrassi, sontuosa variante marchigiana delle lasagne, ai dolcetti pugliesi chiamati “Tette delle monache” per la loro forma inconfondibile, fino ai cevapcici, a base di carne speziata, tipici della tradizione triestina e di tutti quei territori confinanti con l’ex-Jugoslavia, dove sono un fondamento della cucina balcanica.
Che sia gourmet o popolare, rivisitato, trasformato o il più possibile aderente all’idea che la tradizione ne ha tramandato, il cibo è un patrimonio immenso, anche nella forma dello street food, una delle manifestazioni più genuine e popolari della nostra cultura gastronomica. Nato come cibo semplice, economico e profondamente legato al territorio, affonda le sue origini in tradizioni antiche, spesso tramandate di generazione in generazione, oppure preservate nei laboratori artigianali dei centri storici e dei piccoli borghi. Dalle panelle della Sicilia al friciulin piemontese, passando per la piadina romagnola e i cuoppi napoletani, ogni regione ha creato le sue specialità da gustare rapidamente: nei mercati, durante le sagre o passeggiando tra le vie dei centri storici. Come prevedibile, nella lista di “Viaggio nel gusto. Le tendenze gastronomiche d’Italia, tra tradizione e cibo da strada” compaiono la pizza e la piadina, ma anche il lampredotto, tipico di Firenze, le arancine – o gli arancini, per non scontentare nessuno –, gli arrosticini abruzzesi, la focaccia barese, lo gnocco fritto, i panzerotti e i fiocchi di neve, un dolce partenopeo forse tra i meno conosciuti.
Nella società contemporanea, viaggiare significa sempre più spesso scoprire un luogo attraverso il gusto. La gastronomia è ormai una delle principali leve che motivano lo spostamento: si parte per provare la cucina tipica, partecipare a eventi culinari, esplorare mercati locali o seguire corsi di cucina tradizionale. Le esperienze autentiche che ricerchiamo si esprimono sempre più spesso nel cibo. Lo dimostrano anche i dati condivisi dal Ministero del Turismo riguardo al segmento enogastronomico, che comprende degustazioni, percorsi del gusto, visite a produttori e aziende agricole: nel 2024 si è registrato un aumento del +176% nei soggiorni, con 2,4 milioni di presenze e una spesa internazionale pari a 395,5 milioni di euro, in crescita del +9% rispetto al 2023. Numeri che confermano l’importanza strategica di questo settore, ormai sempre più centrale nell’offerta turistica italiana. Quella che nei primi anni Zero era infatti considerata una motivazione di viaggio di nicchia, oggi si è trasformata in una tendenza consolidata anche tra i turisti internazionali. In questo tipo di viaggio, il cibo non è più solo un accompagnamento, ma diventa il fulcro dell’esperienza: uno strumento per “assaporare” un territorio, comprenderne l’identità culturale e creare connessioni umane, ma anche per esprimere che tipo di turisti si vuole essere, come una dichiarazione simbolica per cercare un contatto autentico.
Il cibo, insomma, non è più solo parte del viaggio, ma è esso stesso un viaggio. Nei sapori, nei racconti, nelle identità che ogni cultura, con le sue ricette e i suoi riti, porta con sé. Non a caso gli aspetti culturali del mangiare non si esprimono solo nella sua preparazione, ma anche nel suo consumo, nel modo in cui si condivide, e nella maniera in cui si ospita per condividerne il piacere. I saperi culinari si trasmettono da nonni a nipoti, da madri a figlie, così come tra partner, trasformando il cibo in memoria, in un ponte tra passato e presente, e in condivisione. Un punto di intersezione tra tradizione e innovazione, che rivela la cucina per ciò che è sempre stata: il luogo della contaminazione, dello scambio, della scoperta, luogo essa stessa di viaggio.
Questo articolo è realizzato da THE VISION in collaborazione con Telepass, tech company leader nel telepedaggio e all’avanguardia nella rivoluzione della mobilità in un’ottica sempre più innovativa e sostenibile. Con un’unica app che tiene insieme un esclusivo metodo di pagamento è possibile accedere a una pluralità di servizi legati alla smart mobility, come strisce blu, parcheggi, carburante, ricarica dell’auto elettrica, noleggio di bici, monopattini e scooter elettrici. Inoltre con Telepass Sempre risparmi sui tuoi viaggi: hai fino a 150€ di cashback e 3 mesi di abbonamento gratis con tutti i servizi di mobilità inclusi.
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