È passato un anno dall’attentato razzista di Macerata commesso da Luca Traini. La mattina del 3 febbraio del 2018, è salito sulla sua auto armato e ha sparato contro sei persone: cinque uomini e una donna, provenienti dal Mali, dalla Nigeria, dal Ghana e dal Gambia. La caratteristica che queste persone avevano in comune era il colore della pelle, elemento che avrebbe portato Traini a trovare un target ben preciso su cui focalizzarsi. Una volta arrestato e conclusesi le indagini, l’uomo è stato condannato a dodici anni di reclusione per tentata strage con l’aggravante di odio razziale.
Se è vero che una parte di Italia ha risposto a questo gravissimo avvenimento con una grande manifestazione, rivendicando i principi fondamentali di antirazzismo e antifascismo impressi nella Costituzione, dall’altro c’è stata, e continua a esserci, una parte di Paese che considera l’atto di Traini una conseguenza giustificata di ciò che era successo giorni prima a Pamela Mastropietro. La ragazza, tossicodipendente, dopo essere sparita dalla comunità di recupero in cui si trovava, è stata ritrovata morta e mutilata, schiacciata in una valigia. L’unico imputato, coinvolto in un giro di spaccio, sarebbe Innocent Oseghale, di origine nigeriana. È stato arrestato con l’accusa di omicidio, vilipendio di cadavere e violenza sessuale.
Il 3 febbraio 2019 molti giornali sono tornai su questi avvenimenti, anche attraverso collegamenti dal carcere e interviste a Luca Traini. A lasciare perplessi è il modo in cui quest’uomo viene preso in considerazione, come a volerlo riabilitare. Subito dopo il suo gesto, Luca Traini aveva detto di non essersi pentito perché il suo obiettivo era esattamente quello di sparare ai “neri che spacciano”. Ora invece i titoli di giornale lo descrivono come “il pentito” . In un’intervista, Ezio Mauro fa emergere dettagli intimisti dell’attentatore e dà voce a un Traini che parla come se il tempo trascorso in carcere lo avesse cambiato completamente. Dice che se ad uccidere Pamela fosse stata una persona bianca avrebbe fatto lo stesso, e descrive la sua ideologia fascista come un semplice “innesco” che ha fatto scatenare la sparatoria. Peccato che proprio quell’ideologia, attraverso Forza Nuova, avesse detto di voler sostenere le spese legali di Traini e il ministro Salvini stesso – collega di partito – avesse imputato la colpa agli immigrati.
Oseghale, così come le persone colpite da Traini, hanno in comune solo una cosa: il colore della pelle. Dunque la causa scatenante non può essere solo l’ideologia fascista. Non si può ignorare l’influenza che deve per forza aver avuto su Traini la generalizzazione cieca che viene continuamente applicata a una certa parte di stranieri – o agli italiani di origini diversa. La continua narrazione, di una certa parte politica, che induce le persone a considerare stranieri e migranti come criminali o potenziali tali. Nonostante esista la mafia, e abbia fatto e faccia tuttora molte vittime, nessuno in Italia prende una pistola e va a sparare contro il primo italiano bianco che incontra, pensando che sia affiliato a Cosa Nostra. Utilizzare gli stranieri come target e generalizzarci sopra senza fare le corrette distinzioni è pericoloso e ingiusto.
Luca Traini, secondo la miriade di commenti che invadono i post delle testate giornalistiche principali, sembra diventato quasi un “eroe”, un tizio che ha fatto la cosa giusta perché, come si dice oggi, “siamo esasperati”. Ma è piuttosto scontato, o dovrebbe esserlo, che quel “siamo esasperati” e quel “E allora Pamela?” che compaiono ogni volta che si parla di aggressioni a sfondo razziale non potranno mai giustificare l’atto di quell’uomo. Eppure, leggendo le recenti interviste e le sue risposte, sembra quasi che si voglia giustificare Luca Traini, come se fosse una sorta di Derek Vinyard, il protagonista del film American History X che, dopo aver ucciso una persona nera sconta diversi anni di carcere, fa amicizia con altre persone nere e comprende l’assurdità delle sue ideologie.
Solo che American History X è un film, mentre il fatto che la storia di Luca Traini venga romanzata in questo modo, con notizie che hanno più l’aspetto del gossip – come il suo presunto pentimento o mazzi di fiori inviati al funerale di Mastropietro o la lettera mandata alla madre il giorno del processo – non farà altro che dare validità alle sue azioni.
C’è molta ipocrisia in chi dice che il suo unico obiettivo fosse quello di “far fuori solo gli spacciatori”. E se è vero che esiste un problema di spaccio di droga anche tra gli stranieri residenti a Macerata, di certo questa non può essere una motivazione valida per commettere una simile forma di giustizia sommaria, come se fossimo ancora ai tempi della legge del taglione. Luca Traini, prima di sparare, non ha chiesto carta d’identità, non ha chiesto da dove venissero, non ha chiesto se fossero spacciatori o meno. E soprattutto, Luca Traini non aveva alcun diritto di “fare giustizia”. Dove ha visto neri ha sparato, perché convinto che i neri siano tutti uguali, criminali per natura, spacciatori. Questo è il punto. Un punto che non può essere cambiato o dimenticato.
Il problema è che quando una persona straniera commette un reato, agli occhi di alcuni diventa la rappresentazione di tutto il gruppo etnico di cui fa parte, senza fare le corrette distinzioni. Ricordiamo che prima di essere vittima della violenza di quei criminali, Pamela Mastropietro è lo è stata di un uomo italiano che ha abusato della sua vulnerabilità; anziché chiamare i soccorsi, trovandosi di fronte a una ragazza sola e in evidente difficoltà, ha voluto pagarla per approfittarsi del suo corpo. Tuttavia, di quest’uomo non si ricorda nessuno. Nessuno generalizza mai sugli uomini italiani bianchi, dicendo che siano tutti, ad esempio, autori di femminicidio o violenza sulle donne – nonostante i dati a riguardo siano piuttosto preoccupanti. Quando si inizierà a parlare di responsabilità penale, che è personale e non collettiva, forse si potrà porre fine a quelli che sono dei doppi standard razzisti a tutti gli effetti.
Traini non può essere riabilitato come angelo vendicatore e il fatto che i giornali ci aggiornino in continuazione sulle sue condizioni in cella non fa altro che dare validità alla sua posizione e alle sue azioni. Di certo esiste il vprincipio riabilitativo che dovrebbe avere il carcere, ma mi chiedo se sia possibile in così poco tempo. E soprattutto, sarà possibile far cambiare idea a chi continua a giustificare la sua strage?