Ieri la nota rivista di cinquantenni convinti che Almost Famous sia un documentario sulla loro vita – che per brevità da ora in poi chiamerò “Rolling Stone” – ha deciso di celebrare il cambio di direttore prendendo una posizione netta contro il ministro dell’Interno. “Noi non stiamo con Salvini”, dice la copertina dell’edizione cartacea sopra una bandiera della pace – un simbolo inutilizzato dai tempi della protesta contro la guerra in Iraq nei primi anni Zero, quando vestirsi così in pubblico era socialmente accettabile – per poi chiudere con “da adesso chi tace è complice”. Una posizione dura e netta, sicuramente la più forte dai tempi dell’inchiesta di Rolling Stone sui giornalisti 45enni di Rolling Stone che non scopano per colpa delle donne che leggono troppi libri.
L’appello è stato sottoscritto? Firmato? Visto? Sciolto in un drink mentre erano girati? Non è un appello, ma un sogno di un mondo migliore? Da una cinquantina di artisti, giornalisti, registi, cantanti, rapper, scrittori e Chef Rubio. Dopo ventiquattro ore non è ancora ben chiaro chi o come o cosa le persone abbiano deciso di non essere complici non tacendo all’iniziativa della rivista.
In diversi hanno negato di aver acconsentito a partecipare a questa iniziativa o hanno espresso dubbi. Enrico Mentana ha smentito per primo, poi si sono fatti avanti l’autore e scrittore Alessandro Robecchi e i fumettisti Gipi e Zerocalcare. Quello che sembra essere emerso, leggendo le dichiarazioni su Twitter del nuovo direttore Massimo Coppola, è che varie e vaghe prese di posizione pubbliche espresse sui social network dai personaggi dello spettacolo e dell’informazione che compaiono nell’elenco e alcuni pensieri raccolti e inviati alla redazione dopo espressa richiesta sono stati fatti passare come un appello, o un manifesto, contro Salvini sottoscritto e firmato. Il linguaggio stesso della presentazione dell’iniziativa è cambiato più volte durante il corso della giornata, arrivando infine a un’aggiunta – a fondo del testo e in grassetto – che recita, inquietante, “Tanti sono stati contattati, non tutti hanno risposto.” Insomma, se mai Rolling Stone dovesse scrivervi per confermare o meno un test di paternità fareste bene a rispondere a quel cazzo di WhatsApp.
Questi problemi sono stati ovviamente utilizzati dai fan di Salvini per smontare l’iniziativa di Rolling Stone. Il vero problema è che non penso sia nemmeno necessario.
Perché attaccare qualcosa che ti rafforza?
La campagna elettorale che mai terminerà di Salvini si basa interamente sul far passare Pd e sinistra come una “elite” che non capisce i “problemi della gente reale”. È letteralmente quello che dice ogni volta che viene criticato, durante tutti i suoi comizi e ogni giorno sui suoi profili social. Quale risposta hanno ricevuto le critiche che Saviano ha rivolto a Salvini?
Saviano vive in un maestoso attico di New York.
Fine della risposta.
Per quanto possa sembrare assurdo a chiunque abbia un pollice opponibile, questo, nel 2018, basta per spegnere, distruggere, massacrare – o un qualsiasi degli altri aggettivi che hanno smesso di essere utilizzati per descrivere scene di Dragonball per diventare invece i titoli YouTube delle discussioni contenute nei nostri talk show politici – Saviano.
Questo non vuol dire rassegnarsi a un’atavica passività nei confronti di Salvini. Il silenzio non è la soluzione, anzi. Il leader della Lega non è invincibile e la sua comunicazione può essere contrastata con efficacia. Ma proprio perché Matteo Salvini è di gran lunga il politico che meglio sa utilizzare tutti gli strumenti messi a disposizione dei social network ogni attacco nei suoi confronti se non va a segno, se non disinnesca la sua retorica, semplicemente la rafforza. E non c’è nulla che rafforzi di più Salvini che far passare l’idea che un gruppo di ricche celebrità di successo facciano gruppo – in massa – contro di lui. Attaccarlo sui 49 milioni che la Lega ha fatto sparire e che sarà costretta a restituire tramite sequestro – da sentenza della Cassazione – come fa invece la copertina de L’Espresso va a disattivare la retorica del buonsenso, dell’ordine e della pulizia che gli ha permesso di portare la Lega dove mai era arrivata prima.
Se Salvini si pone come “uomo del popolo” contro i “poteri forti”, se per mesi, anni, ha lavorato per posizionarsi come quello che partendo dal basso, contro giornali, tv, intellighezie varie, da solo vuole sconfiggere il “sistema”, il blocco di personaggi scelti da Rolling Stone non può che rafforzare la principale narrativa salviniana.
Come ha risposto, del resto, Salvini? Ha ignorato qualsiasi argomentazione portata avanti da Rolling Stone per focalizzarsi sui “milionari” che non hanno contatti con “il paese reale”. Alla fine riesce pure a passare per vittima bullizzata da questo gruppo di “ricchi privilegiati”, scrivendo che nonostante tutto continuerà a vedere i loro film e ascoltare le loro canzoni. Salvini, quello che vuole radere al suolo le case delle persone con le ruspe, vittima vessata.
Come ha risposto alla storia dei 49 milioni? In modo goffo, impacciato, imbarazzato. “I soldi non ci sono”, riesce solo a dire, “parlate di altro”. Sembrano le risposte che danno gli studenti di Scienze della Comunicazione a Natale quando i parenti chiedono che cosa stanno facendo con la loro vita.
Pensare di sconfiggere Salvini con una firma di Michele Serra e Daria Bignardi è come pensare di trasformare in eterosessuale qualcuno con una canzone di Povia.
Anzi no, Michele Serra ha detto che non ha mai acconsentito ad alcun manifesto.
La sinistra ha sempre avuto la strana ossessione di contarsi tramite questo genere di iniziative. Repubblica, ai tempi d’oro di Berlusconi, aveva serializzato come format di protesta “la gallery” contro l’inevitabile dichiarazione shock del leader di Forza Italia. Ogni settimana chiedeva ai propri lettori una foto compromettente come prova della propria fede anti-berlusconiana. E ogni settimana la posta veniva rialzata. Oggi, rivedere quelle gallery, è straniante – l’ideale punto di incontro fra una sotto-categoria di Pornhub dedicata al revenge porn e le foto dei prigionieri rilasciate dall’ISIS. È l’unica cosa che puoi pensare vedendo gente con nome, cognome e città di provenienza con dei post-it appiccicati in faccia per protestare contro la “legge bavaglio”.
Quelle proteste non sono mai servite a nulla. Ogni legge veniva approvata, ogni frase dimenticata. Berlusconi ha sempre continuato a fare quello che voleva e Repubblica a raccogliere gigabyte di foto che potrebbero farti perdere il lavoro.
Perché utilizzare nel 2018 strategie che non funzionavano nemmeno 10, 15 anni fa?
Questi appelli, queste raccolte di firme e alzate di mano, sembrano una di quelle cose che le persone si costringono a far piacere per una insistente e diffusa pressione esterna, come il sesso anale o Fiorello.
È comprensibile lo spirito dietro l’iniziativa di Rolling Stone. Capisco il conforto nel sapere di non essere soli contro queste polluzioni di odio con cui ogni giorno dobbiamo risvegliarci. Ma bisogna capire che la retorica utilizzata dalla sinistra fino a oggi ha solo consolidato il tipo di potere che pretende di combattere.
Salvini lo ha capito, la sinistra no.