Sulla riapertura delle scuole serve chiarezza, ora. O in Italia ci lasceremo sfuggire il nostro futuro. - THE VISION

Dopo una conclusione di anno scolastico accompagnata da incertezze e continui cambi di programma – soprattutto su maturità e bocciature – la riapertura delle scuole si avvicina inesorabile. Non si può continuare a rimandare: le conseguenze della chiusura prolungata avranno strascichi disastrosi, in un Paese che ha già uno dei tassi d’istruzione più bassi d’Europa. Il lockdown, infatti, ha verosimilmente aumentato la dispersione scolastica – già prima a livelli record – e le rinunce all’università, aumentando le diseguaglianze sociali che proprio la scuola dovrebbe appianare. Il 26 giugno scorso il Ministero dell’Istruzione ha presentato le linee guida per la riapertura delle scuole, basate sulle indicazioni del Comitato tecnico-scientifico per il contenimento del contagio, ma quasi un mese dopo non c’è ancora quasi nulla di certo. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ostenta ottimismo, promettendo la riapertura il 14 settembre in tutta tranquillità, ma la situazione, a poco più di un mese dal ritorno in aula, resta confusa.

Le linee guida prevedono una regia nazionale che coordini il piano, lasciando però ampia autonomia ai singoli istituti scolastici, che avranno la possibilità di sfruttare gli spazi all’aperto, modulare diversamente l’orario settimanale, stabilire turni differenziati, ridurre le classi a “gruppi di apprendimento” e, per le scuole secondarie di secondo grado, integrare le lezioni con la didattica a distanza. E in caso di un nuovo lockdown, il ministero dovrebbe varare una piattaforma nazionale per la didattica online comune a tutte le scuole, che, invece, tra marzo e giugno hanno improvvisato, ciascuna con le proprie possibilità e capacità. Non è chiaro, però, se questa piattaforma sia già allo studio degli esperti o se, ancora una volta, c’è il rischio concreto di farsi trovare impreparati. Non ci sono ancora, poi, indicazioni sull’uso della mascherina, su cui il Ministero si riserva di decidere a ridosso della ripresa scolastica, in base dell’andamento dei contagi: decisione comprensibile, ma che potrebbe comportare una corsa all’approvvigionamento in massa di dispositivi di protezione. Spetta ai presidi, invece, decidere come impiegare i 331 milioni di euro stanziati dal Decreto Rilancio per l’acquisto di gel igienizzanti e nuovi arredi, per provvedere alle pulizie straordinarie, all’aggiornamento del personale, alla messa in sicurezza degli spazi, all’assistenza medico-sanitaria e psicologica e alla manutenzione leggera.

I sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Gilda e Snals, nella conferenza stampa online di venerdì scorso “La Scuola si fa a Scuola”, hanno però attaccato l’ottimismo delle istituzioni, secondo loro la scuola non è in condizione di ripartire. Davanti alle critiche, la ministra Azzolina ha giocato una carta sporca, strumentalizzando la lotta al sessismo e alla misoginia che in questo caso non c’entra nulla; agli affondi sul merito, infatti, ha risposto: “Mi attaccano perché sono donna, giovane e Cinque Stelle, c’è l’idea che noi M5S siamo incompetenti”. La ministra è stata recentemente vittima di un riprovevole attacco sessista, quando la sua foto in spiaggia è stata diffusa con volgari commenti sul suo corpo, ma quell’episodio non ha niente a che vedere con la critica della sua gestione dell’emergenza sanitaria a scuola. Anzi, è grave che Azzolina usi questi mezzi per rispondere a delle critiche di merito politico, dando così manforte a chi sminuisce le rivendicazioni femministe, con un’affermazione fuori luogo che svilisce le denunce quotidiane di attacchi sessisti.

Lucia Azzolina

I sindacati, in quell’occasione, hanno sottolineato di non aver ricevuto risposta per mesi alle richieste sui problemi che oggi sono diventati ancora più urgenti e che ormai sembra difficile pensare di risolvere entro il 14 settembre. A partire dal personale: scettici che sia tutto pronto entro l’inizio, i sindacati giudicano insufficienti le 50mila assunzioni previste dal Decreto Rilancio, di cui denunciano anche le modalità di contratto a tempo determinato con possibilità di licenziamento immediato. Intanto, sono state ufficializzate all’ultimo momento le nuove Graduatorie provinciali per le supplenze, mentre non ci sono ancora le date ufficiali dei Concorsi ordinario e straordinario per l’assunzione degli insegnanti di ruolo, che avverranno ad anno scolastico già in corso. Senza cospicue assunzioni di docenti e personale ATA non sarà possibile garantire un’adeguata gestione delle classi e la pulizia degli spazi, che restano un nodo non del tutto risolto. Sarebbe complicato, infatti, fare lezione in musei, biblioteche e teatri, come ventilato dal Ministero: non è chiaro come avverrebbero gli spostamenti, chi si occuperebbe della pulizia e chi di garantire la sicurezza. Anche se si continua a parlare del 14 settembre, poi, in realtà le scuole devono essere pronte il primo del mese per l’avvio della programmazione didattica e per organizzare i recuperi delle lacune degli studenti. I presidi hanno quindi poco più di un mese per riorganizzare gli orari, con l’ipotesi di lezioni da 40 minuti, e chiedono protocolli di sicurezza univoci e risposte sulla responsabilità penale nel caso di contagi nella scuola.

Tra le ultime polemiche, in ordine cronologico, relative al ritorno a scuola c’è quella sui famigerati banchi monoposto. Il Ministero il 20 luglio ha pubblicato un bando europeo per l’acquisto di un massimo di tre milioni di banchi, di cui la metà di modello tradizionale, in sostituzione di quelli doppi che alcune scuole hanno ancora, mentre gli altri saranno di una tipologia particolare che da un lato si presterà, in futuro, a modalità didattiche innovative, ma dall’altro suscita perplessità per le ridotte dimensioni, la facilità di danneggiamento e perché non garantirebbe protezione in caso di terremoto. Si tratta di banchi monoposto dotati di ruote e seduta integrata, interamente in plastica, pensati per facilitare il distanziamento. Stanno facendo discutere soprattutto per il costo – che pure ufficialmente non è noto, dato che il relativo bando scade il 30 luglio – perché il modello più citato costa 320 euro a pezzo, se acquistato singolarmente: l’acquisto in grandi quantità consentirà a degli sconti, ma in ogni caso il prezzo sarà decisamente più alto di quello dei banchi tradizionali. Anche su questo tema, comunque, non ci sono direttive univoche e il Ministero sta ancora raccogliendo le necessità degli istituti, che si chiedono anche cosa fare degli arredi in sovrannumero. Le aziende, intanto, lamentano la corsa contro il tempo che dovranno fare per produrre in 23 giorni una quantità di banchi normalmente distribuita su cinque anni.

In ogni caso, banchi con le ruote o no, buona parte delle aule italiane non è grande a sufficienza da garantire il distanziamento, se non riducendo il numero di studenti per classe. I tempi per applicare la riduzione al numero di alunni, però, sono troppo stretti e allora le linee guida citano la possibilità di sfruttare gli spazi esterni, ma anche eventuali edifici scolastici dismessi, musei, cinema, biblioteche, teatri o parchi, per cui si porrebbe innanzitutto il problema della sicurezza, per non parlare del meteo. Non sembra sia ancora in funzione, poi, quello che il Ministero chiama “cruscotto”, un software per simulare la disposizione delle classi e capire se rispettano il distanziamento, permettendo di individuare quali scuole abbiano bisogno di interventi ad hoc per rispettare la distanza di un metro tra bocca e bocca, prevista nelle indicazioni. Per ora sono i dirigenti scolastici, muniti di metro, a misurare le distanze. Se queste non ci sono, vanno trovate alternative.

Le cose da stabilire e organizzare restano tante, e ci sono molte variabili, che dipendono anche dal coordinamento di diversi enti. Per evitare assembramenti saranno anche necessari orari scaglionati di ingresso e di uscita da scuola, ma anche su questo si lascia autonomia a ciascun istituto. Probabilmente l’orario dovrà prevedere uscite posticipate, cosa che necessiterà di un aumento sia del corpo insegnante che del personale ATA, promesso dal Ministero ma non ancora effettivo. Ingresso e uscita, poi, dovranno essere armonizzati con un altro grosso nodo, quello dei trasporti, su cui Azzolina ammette “qualche piccola criticità”, assicurando, però, che sarà risolta. Ma sono ancora molti i problemi senza soluzione, dalla responsabilità dei presidi all’incognita dei controlli anti-assembramento.

Tutti questi interventi hanno bisogno di fondi, stanziati dal governo inizialmente per una somma di 330 milioni di euro, a cui si è aggiunto un ulteriore miliardo, e forse un altro miliardo e 300 milioni chiesto dalla ministra al governo. In questa cifra potrebbe poi confluire una parte del Recovery Fund ottenuto dall’Unione Europea: l’Anief chiede almeno 25 miliardi per scuola, università e ricerca, ma probabilmente i fondi non si sbloccheranno prima del 2021, rendendo ancor più difficile questo inizio d’anno scolastico. Il lockdown ha costretto milioni di studenti a una pausa forzata dalla vita sociale, dalla formazione e dalla progettazione del proprio futuro. La ripresa non si può più rimandare: ora bisogna conciliare la sicurezza con i bisogni formativi e psicologici della popolazione. La scuola è un’istituzione primaria della democrazia e l’istruzione è la base su cui si costruisce un Paese: se non riusciamo a garantire una ripresa puntuale e in sicurezza non dobbiamo poi stupirci che l’Italia scricchioli.

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