Si potrebbero usare tante parole per descrivere le persone entrate nella sede di “Como senza frontiere” per leggere un proclama anti-immigrati o i militanti di Forza Nuova che hanno manifestato sotto la redazione de la Repubblica, ma perché usarle quando basta il termine “idioti”?
I nazisti e fascisti che abbiamo visto – probabilmente le invasioni italiane più patetiche dalla sconfitta nel 1896 del nostro esercito per mano di etiopi scalzi armati di lance, spade e cavalli — hanno dominato l’attenzione politica e mediatica dell’ultima settimana. Renzi ha chiesto una netta condanna da parte di tutti i partiti e Salvini – no, non è necessario finire la frase. Dopo Ostia, questi fatti sono stati visti come l’ennesimo segnale del ritorno dell’estremismo di destra nella società italiana.
Tralasciando il disperato tentativo di acquisizione di elettori da parte della Lega Nord – e la corretta condanna del leader del partito di governo –, davvero sono loro, i tizi tipo quelli entrati nella sede di “Como senza frontiere”, in cima alla lista dei soggetti da arginare per fermare la diffusione del fascismo in Italia ?
Abbiamo visto tutti lo stesso video?
L’imbarazzo della gente seduta, la diffusa goffaggine esistenziale di chi parla, il tentativo di tutti i presenti di non guardarsi mai negli occhi, il controllo ossessivo dei propri orologi sperando che tutto finisse il più in fretta possibile – più che un’aggressione fascista mi ha fatto venire in mente quello che accade quando qualcuno si masturba su un autobus o una presentazione di Minimum Fax.
Io il video ho fatto fatica perfino a vederlo per intero. Così carico dello stesso fastidio e imbarazzo che provi quando guardi qualcun altro subire uno scherzo.
Solo il Paese convinto che Gomorra sia uno spot per la criminalità organizzata o che giocare a GTA5 possa diventare un trampolino per diventare serial killer poteva pensare che qualcuno, guardando un video del genere, sarebbe arrivato a pensare: “sai cosa? Credo che abbandonerò le mie decennali convinzioni che ripongo nella democrazia occidentale ed entrerò nel distaccamento veneto della crew del Patata dei Simpson”.
Lo stesso vale per quanto avvenuto sotto la redazione di Repubblica.
Sono una decina i militanti di Forza Nuova che arrivano, ripresi dal cellulari di un giornalista del quotidiano. Sono armati di fumogeni e indossano le maschere che usano le coppie scambiste nei porno amatoriali in dialetto pugliese. Non mi viene in mente nulla che puzzi di sfiga più di tutto questo. Ma le più alte cariche dello Stato hanno chiamato il direttore Mario Calabresi per testimoniare vicinanza e solidarietà.
Certo, è grave se c’è chi minaccia la libera informazione, ma è anche importante razionalizzare chi lo sta facendo e perché.
Alcune delle più importanti associazioni internazionali di psicologi hanno rilasciato dei vademecum per spiegare ai giornalisti il modo corretto di raccontare gli attacchi terroristi e le stragi nelle scuole o in altri luoghi pubblici. Raccomandano sempre di non sensazionalizzare la paura procurata, di non rendere i responsabili delle star. Di non usare i loro nomi. Di non mostrare le loro foto. Chiedono di non far girare in modo ossessivo i video che documentano le violenze. E soprattutto di non diffondere un eventuale manifesto.
Insomma, di non fare tutto quello che la stampa italiana continua a fare.
È stato dimostrato un collegamento diretto fra il modo in cui si raccontano simili avvenimenti e la frequenza con cui si ripetono. Non è un caso che la manifestazione di Forza Nuova sia avvenuta dopo così pochi giorni dai fatti di Como. E i fatti di Como dalla testata di Roberto Spada. Nei casi italiani non parliamo di stragisti, ma i profili umani sono identici: uomini emarginati incazzati con la società.
L’unica cosa che desiderano queste persone è farsi vedere e ascoltare. Il loro unico modo di farlo è tramite azioni di questo tipo. E i media stanno facendo di tutto per aiutarli.
Sempre più spesso non devono neppure indossare maschere o fare “irruzione” all’interno di associazioni per la difesa dei migranti.
I militanti neo-fascisti sono ormai ospiti fissi e dialoganti in tutti i maggiori talk show italiani. Servono a raccontare la “rabbia crescente” della popolazione italiana. Vengono presi per commentare i servizi su Rom e negri cattivi in quelle trasmissioni dove le persone urlano dentro split screen. Loro, gli italiani veri, stufi e arrabbiati per i soprusi degli stranieri, contro vari fantocci mosci che dovrebbero rappresentare la sinistra di questo Paese.
Formigli, il conduttore di Piazza Pulita, ha spiegato il perché di questi continui inviti nei talk show. “Ospitiamo Casapound,” dice in diretta su La 7, “perché siamo giornalisti. Sapere cosa pensa Casapound di queste violenze e aggressioni è una notizia”.
Ma Formigli era stato ospite di Casapound diverse settimane prima di queste aggressioni e violenze, in uno dei tanti “dibattiti” organizzati per mettere a confronto Di Stefano con i principali giornalisti televisivi italiani. Dopo di lui sono andati Nicola Porro, Davide Parenzo e perfino Enrico Mentana. È un’operazione che fa comodo a tutti. CasaPound rimane on brand come partito fascista con il pollice opponibile e i giornalisti possono invece scrivere sui social di quanto siano “pluralisti” e “democratici” e altre stronzate tipo “le idee sbagliate si combattono con le idee giuste” — una di quelle cose in cui credono solo gli uomini convinti che le donne lesbiche esistono solo perché non hanno ancora accettato la loro richiesta di amicizia su Facebook.
Mentana sostiene di non stare “legittimando” Casapound: è la democrazia stessa a farlo. Ha ragione: lui, Formigli e tutti gli altri stanno solo normalizzando Casapound e il fascismo. I dibattiti a cui tanto tengono nessuno li ha mai visti. A meno che non si vogliano contare le poche decine di presenti e le 17.000 views su YouTube. Sono stati usati da CasaPound come propaganda.
Le loro foto, i volti di personaggi pubblici stimati e riconoscibili, sono state affisse per Roma e postate su tutti i social, come fossero manifesti elettorali. Il messaggio che vogliono veicolare è implicito: se il conduttore del Tg delle 20:00, quello che entra nelle case di tutti gli italiani, quello che modera i dibattiti per le politiche, che intervista Renzi e Di Maio, parla amabilmente con dei fascisti, che male fanno questi fascisti? E che differenza c’è veramente fra loro e gli altri partiti politici? Discutere con CasaPound di stronzate pop, tipo Che Guevara, in questi dibattiti o ospitare i suoi esponenti in TV significa far entrare nel dibattito nazionale anche tutto il resto della loro retorica fascista.
Anche negli Stati Uniti, dopo Trump e soprattutto dopo Charlottesville, i fascisti e i nazisti sono diventati “notiziabili” e sì, anche il giornalismo americano ha commesso l’errore, in alcuni casi, di normalizzare i fascisti, ma almeno nessuno ha lasciato Richard Spencer, il neo-nazista che ha coniato il termine alt-right, monologare per 40 minuti sulla CNN o su Fox News.
È stato invece preso a pugni in faccia. E la stampa ha poi discusso sulla necessità di prendere a pugni in faccia in pubblico i nazisti.
Il giornalismo non può rimanere equidistante.
CasaPound deve rimanere un problema locale romano, come la metropolitana che si blocca con la pioggia e i gruppi indie che rovinano il rap. I giornalisti televisivi non possono Santorizzare i movimenti neo-fascisti come hanno fatto col M5S nel 2007-2008.
Il compito del giornalismo dovrebbe essere quello di annichilire i fascisti, riscrivendo il profilo LinkedIn con cui oggi si presentano: come movimento sociale e populista che viene dal basso, come ha fatto in modo esemplare fino a oggi solo l’inchiesta de L’Espresso. Non di renderli persone con cui relazionarsi. La satira dovrebbe quindi usare le inchieste giornalistiche e ridicolizzare i fascisti, sbriciolando la posa omoerotica da pseudo maschi alfa che fa sentire così “duri” e “pericolosi” i militanti di questi movimenti.
Negli Stati Uniti la riposta migliore alla marcia neo-nazista a Charlottesville è infatti venuta proprio dai comici del Late Night e delle tramissioni satiriche come quelle di Stephen Colbert o di John Oliver. Non hanno invitato i leader neo-nazisti a parlare nelle loro trasmissioni, non hanno romanzato il loro vissuto, non si sono raccolti in posizione fetale aspettando la morte, ma hanno messo in moto le loro redazioni giornalistiche per ridimensionare gli uomini che hanno terrorizzato gli Stati Uniti in figure patetiche. Non si tratta di ridicolizzare un pericolo reale, ma di riconoscere quando un pericolo proviene da personaggi ridicoli.
In Italia noi abbiamo Maurizio Crozza.
E le nostre trasmissioni “giornalistiche” sono Matrix di Nicola Porro, Mattino 5, il contenitore quotidiano di Canale 5 accusato di pagare i Rom per dichiarare che rubano migliaia di euro al giorno, Dalla Vostra Parte di Belpietro e Quinta Colonna di Del Debbio su Rete 4, La Gabbia di Paragone chiusa di recente su La 7 e ora Non è L’Arena di Giletti, che continuano a terrorizzare i loro spettatori creando un’emergenza che non esiste. Nel 2014 i reati sono diminuiti del 7% rispetto l’anno precedente. Nel 2015 dell’8%. Nel 2016 addirittura del 15%. Ma guardando i talk show e leggendo i giornali italiani sembrerebbe di vivere nella più grossa emergenza di criminalità della nostra storia. E sta funzionando: il 46% si sente in pericolo, il dato più alto negli ultimi dieci anni. L’approvazione nei confronti dello Ius soli fra gli italiani in 6 anni è crollata dal 71% al 44.
Volete
il ritorno del fascismo ? Cominciate dal giornalismo italiano.