Per arrivare alla presidenza di un’azienda, qualsiasi azienda, sono necessari alcuni requisiti. Quando l’azienda è la Rai, portabandiera del servizio pubblico e con un fatturato che si avvicina ai 3 miliardi di euro, le aspettative si alzano ulteriormente, o così dovrebbe essere. Dunque nessuno potrebbe ricoprire quel ruolo avendo nel curriculum una catasta di bufale, fake news e insulti da far impallidire anche chi non è avvezzo alle dinamiche della comunicazione.
Nessuno, tranne Marcello Foa.
Quando il 27 luglio il governo propose Foa per la presidenza della Rai, stampa e opposizioni si attivarono per cercare qualche scheletro nell’armadio del giornalista. Ambivano a qualche macchiolina, un cavillo su cui imbastire un articolo o una linea politica di sbarramento. Nemmeno loro potevano immaginare la quantità di controversie che si nascondeva dietro la figura di Foa. Il consiglio di amministrazione della Rai aveva già dato il suo benestare il 31 luglio, ma il giorno dopo tutto era cambiato: la Commissione di vigilanza aveva bocciato la sua nomina. Quel che era stato scoperto sembrava proprio impedire la legittimazione di quel nome. Un nome che rispecchia in pieno gli ideali di Lega e M5S, e che adesso è tornato alla ribalta, visto che il Cda della Rai gli ha dato il via libera per la seconda volta.
Erano i giorni frenetici della querelle su Savona, e Foa aveva le idee ben chiare. Sfidando il rischio dell’accusa di vilipendio, ha perseguito la sua battaglia accusando Mattarella di voler instaurare una dittatura ritwittando un post del leader di CasaPound Simone Di Stefano che definiva il Presidente della Repubblica “Blasfemo, ignobile e anticostituzionale”. Il suo rapporto online con l’estrema destra è continuato con un retweet a favore della C-Star, la nave di “Generazione identitaria” che voleva pedinare le Ong per impedire loro di salvare i profughi davanti alle coste libiche. Foa si è più volte accanito contro le organizzazioni non governative, definendo la loro operazione una “fabbrica dell’immigrazione”. Altri retweet, di certo non riconducibili a una informazione imparziale e oggettiva, riguardano i post di Francesca Totolo, protagonista di diverse fake news su Josefa, la migrante salvata dalla Proactiva Open Arms. Ma le invettive di Foa non si limitano all’immigrazione e a Mattarella: riguardano svariati punti che confluiscono in un esteso populismo che va da Trump a Putin, dal M5S a Salvini.
Quando Foa ha dichiarato che “Iniettare 12 vaccini in un tempo ristretto nel corpo di un bambino provoca uno shock al suo corpo molto forte che rischia di danneggiare il suo normale equilibrio,” la comunità scientifica gli ha risposto per le rime con la velocità di una blastata di Burioni. È nota anche la posizione di Foa contro l’ideologia gender, sostenuta da motivazioni evidentemente retrograde: “Per scongiurare un’assurda, folle manipolazione sociale, volta a inibire la propria naturale sessualità e la forma più ovvia, elementare, naturale di associazione tra umani: quella della famiglia con un padre e una madre. Una normalissima famiglia eterosessuale.” Non sentite anche voi questo odore di Medioevo?
Per quanto concerne il panorama internazionale, non stupisce l’acceso fervore con cui Foa divinizza ogni gesto di Trump. Resterà agli annali il suo intervento dal titolo: “Attenzione: stanno tentando di rovesciare Trump!”, in cui ipotizzava un fantomatico colpo di stato contro il presidente degli Stati Uniti. Inoltre, per screditare gli avversari, non si è tirato indietro quando ha avuto l’occasione di rilanciare le bufale sulle cene sataniche di Hillary Clinton a base di “Mestruo, sperma e latte di donna.”
Il Corriere del Ticino lo scorso anno ha pubblicato un falso dalle dimensioni colossali, attaccando le forze dell’ordine tedesche – colpevoli, secondo la testata di Foa, di aver nascosto i reali pericoli del terrorismo alla popolazione. L’attacco era sostenuto da alcuni documenti della Bka (la polizia federale tedesca) pubblicati da giornale, poi rivelatisi dei falsi, così da costringere Il Corriere del Ticino a smentire e a scusarsi.
Un altro idolo del futuro presidente della Rai è Vladimir Putin. Foa non ha mai nascosto le sue simpatie per il leader russo, sbrodolando complimenti a ripetizione come: “Tutti riconoscono al presidente russo grande sagacia nel calibrare le sue mosse. Eccelle sia nella strategia che nella tattica.” Nel 2014 addirittura riportava strampalate teorie sul volo Malaysia Arlines 17 abbattuto in Ucraina, parlando di “crisi provocata ad arte” per destabilizzare il Cremlino. Gli intrighi americani del RussiaGate non si sono ancora sciolti, l’effettivo ruolo russo nella propaganda di Lega e M5S resta solo una voce, ma gli indizi disseminati nel corso degli anni tracciano un reticolo di infinite strade che portano a Putin. E Foa è un tassello di questo ingranaggio, inconsapevole o meno.
A luglio un’inchiesta dell‘Espresso ha dipinto un quadro che, se confermato, sarebbe preoccupante. Tutto ruota attorno alla società Moving Fast Media, proprietaria del sito “Silenzi e falsità”. La classica pagina web che promette di svelare “quello che i media non dicono.” Il sito appoggia incondizionatamente il governo Conte e non di rado massacra gli avversari. A capo del progetto c’è Marcello Dettori, che ha lavorato alla Casaleggio Associati ed è fratello di Pietro, stretto collaboratore di Casaleggio e uno dei quattro soci della piattaforma Rousseau. Marcello Dettori nel frattempo si è messo in proprio, come consulente. Tra i clienti risulterebbe annoverata una società svizzera, la MediaTi Holding, che fa parte di un gruppo editoriale del Ticino. L’amministratore delegato di questo gruppo ha un nome e un cognome: Marcello Foa.
Quest’ultimo, una volta uscito lo scoop dell’Espresso, ha definito diffamatorio il comportamento del settimanale e ha preannunciato querele. Ai tribunali la sentenza.
Intanto, tutti gli esponenti del M5S e della Lega hanno difeso Foa con tutte le forze. Di Battista, dalla sua amaca in Messico, ha dichiarato: “Mi sembra un sogno, Marcello Foa presidente della Rai. Foa è un uomo con la schiena dritta, un giornalista mai servo che si è battuto con coraggio contro le fake news.” Forse forse si era confuso su qualche notizia o gli erano sfuggiti alcuni tweet.
Salvini ovviamente ha riempito i suoi social di elogi nei confronti di Foa. Ma c’è un piccolo dettaglio: il figlio lavora nello staff di Salvini, e non è facile trattenersi dal pensare che alla stesura di quei post possa aver collaborato anche lui.
I favoritismi esasperati, la logica dell’avvantaggiare il “figlio di” e palesare queste operazioni alla luce del sole, ricordano l’apice del berlusconismo. Con la differenza che adesso non è più visto come un malcostume, ma come prassi. Il figlio di Foa lavora per Salvini, quest’ultimo spinge il padre verso la presidenza della Rai, e le voci di protesta sono così flebili da apparire quasi tolleranti. Tutto rientra nel quadro dei paradossi accettati. Un presidente Rai, che invece che apparire l’assoluto garante di un’informazione obiettiva, è vicino ad ambienti in cui il ritorno mediatico della comunicazione è più importante delle notizie, il cui nome è ammantato di autorevolezza soltanto per una nomina e il cui figlio che lavora ogni giorno a stretto contatto con il Ministro dell’Interno. È una delle tante situazioni grottesche del governo del cambiamento; se non fosse tutto vero ci sarebbe anche da ridere. Purtroppo però è la realtà.
Una delle battaglie principali del M5S è sempre stata quella contro la lottizzazione della Rai. Il grido “fuori la politica dalla Rai” è risuonato per un lustro, quando i grillini erano all’opposizione. Ora sono al governo, si comportano non solo come tutti gli altri, ma persino peggio, e hanno messo un proprio uomo in un posto così rilevante.
Adesso il destino di Foa si giocherà nuovamente in commissione di vigilanza. Stavolta però c’è una novità: gli uomini di Forza Italia hanno già dichiarato che non metteranno il veto come accaduto due mesi fa. Salvini è infatti andato ad Arcore per pianificare il futuro con Berlusconi. Un tempo i cosiddetti “inciuci” avrebbero fatto accapponare la pelle dei grillini. Adesso è tutto normale: Berlusconi ha ancora potere e la Rai sarà in mano a un dispensatore di notizie create ad hoc e con pensieri retrogradi su omosessuali e vaccini. Ovvero il prototipo dell’uomo medio di questa bruta Terza Repubblica. Dovremmo aspettarci al Tg1 una rubrica a cura dei terrapiattisti e in prima serata un documentario sui rettiliani? Il dubbio sorge, mentre la certezza è che questo governo si creda così avanti da aver fatto il giro ed essere tornato indietro. I cittadini però non sono una congrega di stolti e prima o poi, speriamo, la corda si spezzerà.