Nel 2002, Duncan White di Relate, la più grande organizzazione di consulenza relazionale del Regno Unito, è stata citata dal Daily Mail per aver affermato che il matrimonio “si estinguerà tra trent’anni”. Anche se mancano ancora dieci anni, in effetti, questo presagio sembra rispecchiare una tendenza attuale e globale: per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, ad esempio, la maggioranza dei giovani adulti non è sposata. L’anno scorso, anche l’Office for National Statistics del Regno Unito ha riferito che i matrimoni eterosessuali “restano ai minimi storici”. Allo stesso modo il tasso di bambini nati fuori dal matrimonio è esploso nel mondo globalizzato, superando il 50% nei Paesi scandinavi e in molti altri. Come ha concluso la storica Stephanie Coontz, siamo “nel mezzo di una trasformazione storica del matrimonio e della vita familiare”.
L’apparente crollo del matrimonio è sconcertante perché il matrimonio è onnipresente. Certo, ci sono (o c’erano) luoghi in cui le donne sposano gruppi di fratelli, dove le persone possono sposare fantasmi o cugini, dove il matrimonio è un collante che unisce le famiglie in alleanze durature. E se è vero che in alcuni luoghi un matrimonio viene inaugurato con danze e banchetti, lo sposo addobbato come un principe che cavalca trionfante su un cavallo, in altri, senza alcuna fanfara, basta che un uomo condivida un piatto con una donna per far sapere a tutti che stanno insieme. Il matrimonio si adatta senza dubbio alle norme sociali e alle aspettative che lo circondano. Tuttavia, come ha concluso l’antropologo George Murdock, nessuna società “è riuscita a trovare un sostituto adeguato alla famiglia nucleare”. Ma Murdock non sapeva, ad esempio, dei Mosuo della Cina sudoccidentale. Situati a più di duemila e quattrocento metri sul livello del mare, sulle sponde lussureggianti di un lago turchese rannicchiato tra montagne di sempreverdi che si estendono più in alto del Monte Fuji, il gruppo etnico Mosuo è diventato infatti uno dei casi di studio più noti dell’antropologia contemporanea.
I Mosuo sono famosi per non avere l’istituzione del matrimonio. Hanno invece il “tisese”, letteralmente “camminare avanti e indietro”. In una relazione “tisese”, un uomo e una donna (non abbiamo descrizioni di tisese non eterosessuali) vivono e mangiano nelle proprie famiglie d’origine e quando hanno voglia, l’uomo visita la donna e, ammesso che lei acconsenta, passa la notte da lei e se ne va al mattino. Sebbene molte relazioni “tisese” siano a lungo termine, non c’è alcun obbligo tra gli amanti, nessuna cerimonia formale che inizi o termini la relazione e, in linea di principio, i partner possono avere tante relazioni “tisese” quante ne riescono a gestire. È qualcosa quindi di simile agli appuntamenti casuali, tranne per il fatto che se una donna rimane incinta, il padre ha pochi obblighi nei confronti del bambino.
In realtà, anche i Mosuo hanno un legame analogo al matrimonio, nella pratica sorprendentemente simile a quelli dell’Occidente contemporaneo. Lo chiamano “zhi-chi-ha-dzi”, che significa “bere liquore e mangiare pasto” e si riferisce alle feste a base di carne e liquori che accompagnano la cerimonia nuziale. Tuttavia, le persone sposate sono – o almeno erano – una minoranza nella società Mosuo. Quando gli antropologi cinesi condussero per la prima volta indagini su oltre 1700 adulti Mosuo nel 1956, scoprirono che il 74% praticava relazioni “tisese”, mentre meno del 10% era formalmente sposato. Anche dopo che la ricchezza, il turismo e l’acculturazione hanno trasformato la vita dei Mosuo, il matrimonio è rimasto secondario. Quando, nel 2008, l’antropologa Siobhan Mattison ha intervistato le comunità Mosuo frequentate dai turisti, ha scoperto che il 13% degli adulti era sposato mentre il 23% aveva una relazione “tisese”. Il restante 64% era single o conviveva. Il matrimonio è stato meno influente tra i Mosuo che forse in qualsiasi altra società sulla Terra.
Per capire come mai, dobbiamo prima chiarire cosa sia effettivamente il matrimonio. Esso sii compone di due parti: la prima è il legame di coppia, una relazione a lungo termine in cui due persone in genere vivono insieme, hanno rapporti sessuali, cooperano economicamente, e magari allevano anche dei bambini. Gli esseri umani sono biologicamente preparati al legame di coppia e, dal modo in cui organizziamo la relazione, sembra essere una buona soluzione per crescere i figli. Ciò non significa che gli esseri umani si impegnino in un solo legame di coppia alla volta, né significa che le deviazioni dai tipici legami di coppia siano sbagliate o difettose. In Indonesia, le coppie Minangkabau, ad esempio, non vivevano insieme. In Africa occidentale, le coppie Yoruba non hanno mai presumibilmente unito le loro risorse in un fondo comune per la famiglia. E innumerevoli coppie, nelle società di tutto il mondo, non procreano né allevano figli. L’unico punto comune per tantissime popolazioni, che ci tengo a sottolineare, è che gli umani in genere sono sempre stati inclini a cimentarsi in relazioni a lungo termine, e queste hanno fornito la base per l’istituzione del matrimonio.
Un legame di coppia da solo, però, non si qualifica come matrimonio. Deve essere anche istituzionalizzato. La relazione deve essere legata a privilegi e responsabilità, con regole socialmente riconosciute. Entrambi i pilastri del matrimonio sono deboli tra i Mosuo. Non solo i rapporti “tisesi” sono privi di formalità istituzionali, ma mancano dei comportamenti comuni ai legami di coppia. La coppia fa sesso, sì, e a volte procrea anche, ma i suoi componenti non vivono insieme e la loro cooperazione economica è scarsa rispetto alla caratteristica di mettere in comune le risorse della maggior parte dei matrimoni.
Perché i Mosuo presentano tali valori anomali? Una risposta fondamentale arriva dalla testimonianza di Jiaama, una donna che nel 1963 raccontò la propria esperienza agli antropologi cinesi e che si trovò a rifiutare Liangzhe Bubu, un uomo da cui era rimasta incinta e che le aveva proposto di sposarsi. “Chi ha bisogno di un marito quando hai nove fratelli?”, disse. Nella maggior parte delle società questa domanda non si pone, perché i fratelli sono impegnati a prendersi cura dei propri figli, ma la struttura sociale dei Mosuo è peculiare. Piuttosto che andare a vivere con i loro partner sessuali, uomini e donne spesso rimangono nella famiglia della madre. Fratelli e sorelle adulti finiscono quindi per vivere insieme e, di conseguenza, i fratelli di una donna possono aiutare a crescere i suoi figli. Naturalmente, ci sono variazioni nelle modalità di vita. La vita familiare dei Mosuo si è trasformata per decenni e c’erano anche villaggi patrilineari quando gli antropologi arrivarono per la prima volta negli anni Cinquanta. Tuttavia, la lezione di base regge: quando le donne fanno meno affidamento ai loro partner sessuali, i legami di coppia si indeboliscono. Sta forse succedendo qualcosa di simile oggi? Il matrimonio sta crollando perché le donne emancipate hanno meno bisogno di sposarsi?
Date le statistiche sbalorditive dell’Islanda – oltre il 70% delle nascite nel 2018 sono state al di fuori del matrimonio – questo Paese è diventato un caso studio popolare. Scrivendo per The Atlantic nel 2016, Emily Epstein ha sottolineato che, in Islanda: “Una combinazione di generosi programmi sociali e una società laica hanno praticamente reso le nozze obsolete, dando origine a una cultura unica della maternità indipendente… Vivere in una piccola comunità significa che i parenti sono spesso vicini e possono contribuire all’assistenza all’infanzia”. La maternità single è sicuramente più facile oggi rispetto al passato, ma comunque non sembra sufficiente a dare una spiegazione per la crisi del matrimonio. La tendenza principale, infatti, non è tanto un aumento della genitorialità single, ma un declino della formalità stessa del matrimonio. Le persone si innamorano ancora, vivono ancora insieme, fanno ancora sesso, allevano bambini e mettono da parte risorse. Semplicemente non si sposano: non stanno sottoponendo le loro relazioni all’insieme di diritti e responsabilità che i governi chiamano “matrimonio”. Come ha chiarito il demografo islandese Ari Klængur Jónsson nel suo provocatorio report del 2019 “A Nation of Bastards?”, la stragrande maggioranza delle nascite extraconiugali in Islanda non riguarda madri single, ma coppie di conviventi.
Per i demografi, a essere al centro della rivoluzione matrimoniale è l’aumento delle convivenze. Negli Stati Uniti, il numero di coppie eterosessuali conviventi è passato da 1,6 milioni nel 1980 a 8,5 milioni nel 2018. In Norvegia, nel 1984, un terzo degli intervistati pensava che andasse bene per una coppia non sposata vivere con bambini; entro il 2007, più di quattro su cinque sono andati a convivere senza avere il progetto di sposarsi.
Stando ad alcuni focus group condotti dal Nonmarital Childbearing Network, un gruppo internazionale di studiosi che lavora su come stia cambiando la famiglia in relazione alle caratteristiche specifiche dei vari Paesi, che nel 2014 aveva intervistato quasi 600 persone provenienti da otto Paesi europei e l’Australia, emerge una storia comune. Quasi ovunque, le persone sono concordi sul fatto che il matrimonio richieda un impegno maggiore rispetto alla convivenza. Fai una promessa davanti ad amici e famiglie e accetti che, se ti ritiri, affronterai l’inferno amministrativo del divorzio. Le persone di solito accettano l’impegno del matrimonio, perché sposarsi offre loro dei benefici. Puoi vivere insieme e, se lo desideri, crescere bambini. Ti senti più sicuro perché anche il tuo partner si impegna. E ottieni privilegi legali, inclusi alcuni che sono essenziali per guadagnarsi da vivere. Man mano che è aumentata la libertà sessuale e si sono allentate alcune norme sociali, i partner non sposati hanno potuto iniziare a vivere insieme, a fare figli e costruire una vita insieme. Tutto questo senza rinunciare alla loro vita con un contratto di matrimonio che ha la pretesa di essere eterno.
Agli occhi del governo olandese, i conviventi registrati hanno praticamente le stesse tutele delle loro controparti sposate. E anche in Svezia e in Francia non è molto diverso. Questo però ha un risultato paradossale: la convivenza sta diventando una nuova forma di matrimonio. Il matrimonio è infatti un legame di coppia istituzionalizzato: sesso più economia più coresidenza, più diritti e doveri. I governi consentendo ai conviventi di coassicurare il partner che non lavora, o richiedendo che uno dei due paghi il mantenimento del coniuge dopo la rottura, rimodellano una nuova forma di matrimonio un po’ meno impegnata.
Nonostante queste tendenze, secondo un recente sondaggio del Pew Research Center negli Stati Uniti, circa il 70% degli intervistati ha affermato che il matrimonio è essenziale o importante per vivere una vita appagante. E anche tra quei norvegesi entusiasti della convivenza, il matrimonio nell’immaginario sembra essere l’ideale. È solo che il suo significato sta cambiando. Il matrimonio sta diventando un modo per le persone che si sentono fortemente legate l’una dell’altra per consolidare e celebrare la loro relazione.
La stessa idea emerge nelle conversazioni sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nel 2006, la sociologa statunitense Katrina Kimport ha intervistato persone gay e lesbiche che si erano sposate quando San Francisco aveva legalizzato brevemente il matrimonio egualitario due anni prima. Alcuni intervistati hanno parlato soprattutto delle implicazioni legali; altri vedevano il matrimonio come un atto politico; ma molti si sono concentrati sull’amore.
Guardando le tendenze attuali, la tanto temuta “crisi del matrimonio” è già qui. La modernità, distruttiva e inaspettata come un asteroide, ha devastato le norme sociali. L’egemonia del matrimonio formale sulle relazioni sta finendo. Eppure, come i dinosauri che si sono evoluti in uccelli, il matrimonio formale persiste, appena un po’ diverso e più marginale rispetto a prima all’interno della società. Al suo posto, stanno apparendo tante forme diverse di relazione. Può esserci la convivenza per le coppie che tastano il terreno; c’è il registro delle unioni per chi non vuole fare il grande passo; e c’è una guida sul campo degli accordi meno conosciuti, dalla convivenza separata (quando i partner a lungo termine mantengono indirizzi separati) al poliamore.
Il matrimonio si sta indebolendo, o meglio, si sta diversificando, ma di certo non scomparirà presto, si trasformerà solo.
Questo articolo è stato tradotto da Aeon.